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Autore: Nicolessa    16/11/2012    1 recensioni
[«Ti conosciamo, Dean. Tutti. Io, Bobby, mia madre, Sam.. penso che anche Rufus abbia capito il tuo caratteraccio. Sapevamo che se fosse capitata una cosa come la morte di tuo fratello, tu avresti fatto un patto anche con Satana in persona per riportarlo indietro. Quindi questa novità non avrebbe dovuto farmi alterare così, no?» motivò con un intercalare di voce tormentato, come se avesse una lista infinita di motivi per non detestarlo. «Pensi che sia per il fatto che tu non abbia voluto dirmelo? Non erano affari miei. Allora perchè sono stata l'ultima a saperlo, o meglio, a scoprirlo? Non erano affari miei. Saperlo o non saperlo, ora, non cambia niente.» si fermò non potendo più dare fiducia alle sue mani e al suo auto-controllo di ferro. «Come non sarebbe cambiato nulla se fossi stata lì con te mentre partorivi quella geniale idea suicida. L'avresti fatto comunque.» scosse la testa senza aspettarsi una risposta, non ne aveva bisogno.]
Momento struggente nel quale Jo viene a conoscenza del patto di Dean e del suo ultimo anno di vita.
AVVISO: questa storia è il seguito di Dangerous Hunt e Dangerous Feelings (che potete trovare sul mio profilo).
Genere: Azione, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro Personaggio, Bobby, Dean Winchester, Jo, Sam Winchester
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Terza stagione
Capitoli:
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6 Capitolo 6 - Il francese provoca sonnolenza.



  • Effettivamente quella situazione era precipitata: completamente sconvolta da un mare di sentimenti e tutti diversi per di più!
    Erano passati dalla frustrazione all'ira, fino a quello che non erano comunque riusciti a denominare.
    Passo dopo passo, tanto da aver percorso una maratona in una manciata di minuti.

    O almeno, quelli che li erano sembrati minuti.
    Quando Dean le si allontanò motivando quel suo gesto, Jo non riuscì a non ridere immaginando la scena. Ci sarebbe stato un po' di scompiglio con Ellen (o magari l'anticipo dell'Apocalisse) ma... era meglio non pensarci.
    Ora la sua mente giocava brutti scherzi, immaginando sua madre con una qualche arma letale tra le braccia.
    Scosse la testa continuando a ridere come una stupida e riprese il controllo di sé stessa.
    «Sì, lo so. Faccio spesso pratica!» disse lei come a volergli mandare una frecciatina mentre sbatteva le sue lunghe ciglia da ragazza tornata improvvisamente innocente.
    Il carattere di Jo era impossibile: complicato come qualsiasi donna del mondo, forte come quello di una cacciatrice ed incomprensibile come le Harvelle.
    «Ah sì?» domandò come sorpreso lui, inarcando le sue sopracciglia in un modo quasi buffo.
    «Come mai ti stupisce tanto?» rispose lei con un'altra domanda mentre si dirigeva verso le scale passandogli accanto accentuando di proposito il suo già spiccato "charme". «Attento a non farti sanguinare il naso, Dean.» gli consigliò sfacciata dalla rampa delle scale voltandosi verso di lui ancora imbambolato nel centro della stanza, notando il suo sguardo su di lei. «E smettila di guardarmi il sedere, se ci riesci!» ruotò poi gli occhi al cielo iniziando a scendere i primi gradini per tornare dal resto del gruppo che avevano dimenticato temporaneamente.
    «Ti muovi?!» gli urlò dal piano di sotto scuotendo la testa, raggiungendo poi la ciurma riunita in consiglio. 
    Avevano una gamma di espressioni talmente varia che Jo non riuscì nemmeno a codificarle tutte.
    «Avete trovato qualcun altro da interrogare?» investigò come se niente fosse lei, evitando delle spiegazioni inutili e probabilmente campate in aria senza capo né coda.
    «No... tu hai dei suggerimenti?» chiese Ellen con un'aria praticamente arresa al fato, nascondendo un senso velato per cui credeva di aver a che fare con una figlia molto più aggiornata di lei sulla questione.
    «Ho visto abbastanza sangue per oggi. Ci dedichiamo ai libri?» propose Jo gettando un'occhiata a Sam quasi ad aspettarsi una conferma e poi una a Dean, trattenendosi a stento dal ridere. 
    «Credo di avere qualcosa di utile qui dentro.» disse prontamente Bobby aprendo il cassetto della vecchia scrivania. 
    Ecco che il club del libro si mobilitava in modo meno cruento e più rilassante: si faceva sempre più tardi e la stanchezza si vedeva chiaramente sui loro volti. 
    Era stata pur sempre una caccia pesante. 
    «Lasciate stare, sarete stanchi. Continuo io qui.» si offrì volontaria Jo ricevendo prontamente una risposta da tutti: Sam voleva partecipare attivamente alla ricerca, Rufus (non potendosene fregare di meno) andò al piano di sopra a riposarsi, Bobby insistette per rimanere con loro ed Ellen, nonostante non si reggesse in piedi, si mise a riordinare casa.
    Tutta quell'energia era invidiabile.






  • Improvvisamente Dean, alle parole della ragazza, sentì lo stomaco contorcersi come uno scarafaggio faceva nel tentativo di tornare sulle proprie zampe.
    Un formicolio lungo tutta la larga schiena; qualcosa gli diceva che quel piccolo mostro verde - la gelosia - era tornato a fargli visita e per molto tempo, lui sperava non tanto, sarebbe stato lì sulla sua spalla destra a fargli compagnia. 

    Non concepiva l'idea che Jo potesse baciare qualcun altro, in realtà non lo sopportava. La immaginava con qualcun altro, magari molto più attraente di lui, alto e più piazzato, in gamba, con la testa sulle spalle e un lavoro sul quale contare, e diventava rosso dall'invidia. 
    «E' impossibile, pff. Figuriamoci se Jo ha delle esperienze in quel campo lì...» pensò guardandola scrutante. 
    Aggrottò la fronte e subito dopo alzò gli occhi al soffitto, ripensandoci. 
    E perché no? Perché Jo non avrebbe dovuto avere un certo tipo di esperienze? Era una bella ragazza, simpatica, forte, sexy e divertente, perché non dovrebbe voler uscire con qualcuno? Perché non dovrebbe voler avere un certo tipo di rapporto con qualcuno che non fosse Dean? 
    Tornò a guardarla: il sorrisetto della cacciatrice diceva tutto. 
    «Che c'è, Dean? Credi di essere il primo di una lunga fila? Ti sbagli, bellezza.» 
    L'aveva sentito parlare quel maledetto sorrisetto, o forse era la sua mente che gli aveva tradotto ciò che lei intendeva dirgli silenziosamente.
    «Magari è quell'idiota di Miles il primo della fila, no? Perché se non sono io, sicuramente è qualcun altro che ti piace più di me...» pensò ancora assottigliando lo sguardo mentre la seguiva fuori la stanza di Bobby. Restò immobile per qualche secondo, osservandola avviarsi verso le scale. «... sono sicuro che c'è qualcosa tra di voi. E sono altrettanto sicuro che è scappato più di un bacio mentre Ellen non guardava.» 
    Abbassò lo sguardo sul suo bel posteriore e abbozzò un sorrisetto divertito quando si sentì urlare 
    «...e smettila di guardarmi il sedere, se ci riesci!». Dopo di ché la seguì, scese le scale e raggiunse gli altri che erano ancora in attesa del loro ritorno. 
    «Avete trovato qualcun altro da interrogare?» 
    «No. E voi?» chiese ironico Bobby gettando un'occhiata a Dean. «Che cosa avete trovato nel mio armadio? Narnia?» 
    Dean guardò accigliato il vecchio per la pessima battuta appena fatta e pensò seriamente che la vecchiaia lo stesse rincretinendo.
    Sam accennò un sorriso divertito e Jo roteò gli occhi scuotendo la testa. Per un momento, per un solo orribile ed inquietante momento, Ellen osservò Dean come se avesse in mente una lenta e dolorosa morte in serbo per il cacciatore.
    Che avesse capito cos'avevano fatto tutto quel tempo soli soletti? Beh, sperava di no. 

    «Ok, forza. Basta con le stronzate, mettiamoci a lavoro.» disse Rufus mentre si avviava su per le scale che portavano al piano superiore. 
    Sam inarcò le sopracciglia e spostò lo sguardo su Bobby, stranito. 
    «Ha la sindrome del leader incallito.» giustificò con una battuta il comportamento dell'uomo di colore. 
    Un'ora dopo erano tutti ai propri e riservati posti: Ellen aveva messo a soqquadro un'intera casa, era diventata quasi irriconoscibile senza la polvere e il disordine sparso per tutte le stanze; Dean e Sam, dietro la scrivania del proprietario della dimora, cercavano qualcosa tra le pagina giallastre e impolverate di un'alta pila di libri; Bobby e Jo, invece, seduti in cucina alternavano la loro attenzione tra vecchie enciclopedie sovrannaturali e il computer portatile di Sam. 
    «Credi si tratti di un demone?» sussurrò quest'ultimo quasi a non voler disturbare il lavoro degli altri. 
    Forse pensava di essere in biblioteca?
    Dean però non rispose.
    Seduto su una sedia girevole, con le gambe incrociate sulla scrivania, un libro su di esse e una matita tra i denti, fingeva di studiare la situazione con acuta attenzione. In realtà il suo sguardo era fisso sulla bella ragazza bionda aldilà della stanza della quale i Winchester si trovavano. 

    Sam sospirò tenendo gli occhi puntati sulla lettura scorrevole sotto il suo naso. La fronte mantenuta dalla sua mano grande e gli occhi incredibilmente stanchi e dalle palpebre pesanti.
    Sospirò.

    «Se non vuoi parlarmi fa lo stesso, io... volevo solo...» 
    Ma quando alzò gli occhi verde scuro sul fratello, notò che quest'ultimo stava viaggiando con la mente. 
    «Dean?» 
    Niente.
    Gli scioccò le dita d'avanti agli occhi e fu allora che Dean gli rivolse la sua distratta attenzione. Sbatté le palpebre più volte e deglutì.

    «Che c'è?» 
    «Mi stai ascoltando?» 
    «Certo, certo.» gli assicurò con poca convinzione. 
    Sam aggrottò la fronte e si voltò indietro, alle proprie spalle, proprio al punto esatto che Dean stava fissando, corrispondeva il corpo di Jo. Sam tornò a guardarlo incredulo e con un mezzo sorrisetto stampato sulla faccia.
    Sentendosi osservato, il maggiore dei Winchester, finse di leggere il libro che portava sulle gambe, continuando a sgranocchiare quella matita come se fosse qualcosa di commestibile. 

    «A cosa pensavi?» 
    «A niente.» rispose subito sulla difensiva, alzando gli occhi per guardare quelli del fratellino. «Ero... ero solo... mi sono distratto. Volevi dirmi qualcosa?» 
    Ci fu un attimo di pausa durante il quale Dean tornò a far finta di studiare, mentre l'espressione di Sam mutò in una delle sue personali da cane bastonato. Dean lo guardò di nuovo, accigliato, in attesa di risposta. 
    «Volevo scusarmi con te.» mormorò Sam inumidendosi le labbra. 
    Dean inarcò le sopracciglia e annuì. 
    «Mi dispiace per averti detto tutte quelle cose e... per averti... per averti tirato un pugno. Non so cosa mi è preso, scusa.» 
    «Ehi!» 
    Sam alzò il capo e Dean abbozzò un sorrisetto. 
    «È acqua passata ormai.» 
    Il ragazzo sorrise appena, l'altro ammiccò. 
    «Ringraziando il cielo, il tuo destro fa decisamente pena.» aggiunse dopo qualche secondo Dean abbassando per la milionesima volta gli occhi sul libro. 
    Sam rise debolmente e poi scosse la testa tornando a leggere.

  • Non sapeva nemmeno cosa cercare esattamente. Se ne stava lì, accanto a Bobby e alla sua immateriale stanchezza, sfogliando libri dopo libri con una attenzione che in realtà non avrebbe dovuto avere. Ecco come per Jo si manifestava l'energia delle Harvelle.
    Anche il vecchio cacciatore barbuto circondato da un forte odore di alcol si era accorto di questa "combustione forzata di energie in riserva": le aveva già chiesto una volta se volesse riposarsi, non l'avrebbe rifatto ancora. Non era certamente un tipo oppressivo o ripetitivo.
    «Esattamente, cos'è che cerchiamo?» domandò sbuffando la ragazza poggiando pesantemente la testa sul palmo della propria mano mentre con l'altra continuava a far svolazzare veli e veli di polvere sotto il suo naso.
    Domanda che non ricevette risposta, quasi come se non la meritasse nemmeno.
    Questa volta si abbandonò però ad un sospiro e stiracchiò le braccia in aria, risentendone il rumore e la vibrazione in tutta la colonna vertebrale.
    Ennesima occhiata incrociata con Bobby ed Ellen.
    «Ma come diavolo fanno?» pensò immediatamente aggrottando la fronte e fissandoli in modo alterno per declinare la loro offerta inespressa di continuare il lavoro.
    Lei non voleva arrendersi.
    Non poteva arrendersi.
    Fin troppe persone, a suo parere, lo stavano facendo.

    «Sto bene, devo soltanto stiracchiarmi le ossa!» ribadì testarda ignorando lo scuotere la testa di suo madre e il borbottare di Bobby. Una specie di "donne" bofonchiato con poco spirito combattivo.
    Meglio così in quel caso.
    Si alzò dal suo posto, prese un casto e lucido bicchiere d'acqua dal frigo, un foglio ingiallito dal blocchetto di Bobby e una penna mangiucchiata per scriverci i suoi soliti percorsi mentali che la aiutavano nei casi complessi a trovare un nesso o spesso e volentieri una vera e propria soluzione.
    «Bobby è tardi... e prima che arrivassimo noi hai dato una mano a Steven con un gruppo di rugaru. Vai immediatamente a riposare!» incitò Ellen con tono dolce verso l'inizio della frase per poi sfociare in uno più deciso e fermo verso la fine.
    Le palpebre del cacciatore ringraziarono la donna con tutto il cuore ma era abbastanza evidente il fatto che Bobby volesse continuare con quell'eterna ricerca.
    «Come fai a sapere dei...» provò a chiedere Bobby prima di essere brutalmente interrotto dagli occhi della donna.
    La seconda occhiataccia di Ellen però andò a segno. Bobby infatti si alzò dalla sedia e bofonchiò qualcos'altro, qualcosa simile a "guastafeste", rinunciando al nome della "talpa" che aveva parlato troppo.
    Chiaramente Bobby era fin troppo stanco per collegare proprio Steven come talpa e spia per conto di Ellen.
    Da quando William era morto, Ellen non sorrideva spesso: per questo era un piacere per Jo poter notare quella curva sul viso della madre crearle delle leggere rughe ai lati delle labbra.
    «Dovresti andare anche tu, tesoro.» la sollecitò nuovamente tentando di chiuderle in libro da sotto gli occhi. 
    Abilmente però Jo riuscì far guizzare la mano tra le pagine che stava leggendo, rifiutando senza molti giri di parole sperava l'ultimo invito di sua madre a farsi una sana dormita.
    «Jo...»
    «Finisco questo e arrivo.» assicurò risoluta come a volerla invitare a sua volta ad andare a dormire. 
    Da quanto diceva l'orologio a muro di Bobby, i cacciatori avevano passato diverse ore su quei dannati libri, in quelle quattro mura.
    Quando anche Ellen abbandonò il campo, l'ardita Jo continuò a leggere e tradurre dal latino tutto ciò che poteva, rimpiangendo di non aver scelto il sangue alla carta.
    Finì di studiare quell'interminabile libro, un altro ed un altro ancora... poi crollò come una ragazzina inesperta sulle prime pagine di un vecchio manoscritto in francese.
    E lei odiava il francese. Lo trovava così noioso, appunto: anche troppo noioso in quel caso.
    Tutto quello che era riuscita ad assimilare in quattro devastanti e notturne ore iniziava a vagarle nella testa sotto forma di sogno quindi di incubo. 
    Sognare demoni che smaniavano per avere la tua anima era abbastanza stressante anche se visto sotto un piano non reale.
  •  Il tempo era passato in un modo sorprendentemente veloce.
    Di solito, in situazioni del genere, le ore passavano lentamente e torturavano Dean facendogli pensare che non avrebbe mai trovato la soluzione al problema. Non che adesso avesse trovato qualcosa di concreto, ma quella volta gli orologi sembravano essere dalla sua parte.
    Forse era perché si era distratto più volte: guardare una mosca svolazzare per tutta la stanza, osservare le larghe narici del fratello minore e pensare di essere più bello di lui, fissare Jo per interminabili minuti. Insomma, cose del genere.
    Fatto stava che l'enorme pendolo di Bobby cominciò a suonare non appena la lancetta dei minuti raggiunse quella delle ore sul numero due. Erano le due di notte. 

    «Detesto quel fottuto orologio.» commentò Dean sottovoce, in modo da non farsi sentire dal vecchio brontolone. 
    Ma ovviamente Bobby, apparso improvvisamente alle sue spalle, si fece sentire a gran voce. 
    «Sta attento a come parli, ragazzo.» 
    Sam abbozzò un sorriso quando Dean sobbalzò. 
    «E' inquietante!» si giustificò per il commento inappropriato. 
    «Era di mia moglie, lo tengo soltanto per questa ragione.» ammise accennando un flebile sorriso. 
    Dean lo ricambiò sorpreso e annuì appena inumidendosi le labbra. 
    Come mai aveva messo via il broncio? Forse la troppa stanchezza gli aveva cancellato quel po' di lucidità che gli era rimasta. 
    «Avete trovato niente comunque?» domandò dopo qualche secondo di silenzio. 
    «No, niente che non sapessimo già.» rispose Sam. «E tu?»
    «Niente.» 
    «Fantastico! Ore ed ore di ricerca per un bel mucchio di niente.» mormorò tra sé Dean, tornando con gli occhi sul libro. 
    «Dovreste riposare, ragazzi.» consigliò Bobby, alternando lo sguardo tra i due fratelli. 
    «Ahm... sì, certo.» 
    «Dico sul serio, è frustrante anche per voi idioti. E togli le gambe da sopra la mia scrivania!» 
    Dean abbassò le gambe e poggiò i piedi per terra guardando l'uomo, accigliato.
    Sam sorrise divertito, probabilmente gli mancavano momenti così. 

    «Vado a dormire, o almeno a provarci. Non fate tardi!» aggiunse allontanandosi poi verso la scalinata che portava al piano superiore. 
    «Buonanotte Bobby.» disse Sam, come sempre educato. 
    «Sì, sogni d'oro.» fece Dean, invece, ironico. 
    Dopo una mezz'ora, forse anche di più Ellen li raggiunse in soggiorno, anche lei aveva la stanchezza segnata sulle palpebre pesanti. 
    «Che ci fate ancora qui?» 
    «Chiacchieravamo.» rispose Dean, alzando il capo verso di lei sorridendo. 
    Ellen scosse la testa e roteò gli occhi. 
    «Dean Winchester, sei sempre il solito!» 
    Il ragazzo ampliò il suo sorriso con soddisfazione e tornò a leggere il suo libro. 
    «Sam, tesoro, perché non vai a riposare?» 
    «Sì, tra un po'. Tu vai Ellen, non preoccuparti per noi.» 
    La donna rivolse un sorriso al ragazzo e poi si voltò verso Dean, dandogli due piccole pacche sulla spalla. Poi si allontanò verso le scale e anche lei sparì dopo i primi cinque gradini.
    Dean e Sam si scambiarono un'occhiata, poi entrambi tornarono concentrati sulle enormi pagine ingiallite che stavano sfogliando.
    Erano così presi dalle parole scorrevoli che riportavano quei libri che non si accorsero che il pendolo suonò ancora una volta, annunciando la tarda ora che erano arrivati a fare: le tre e mezza.
    Sam sospirò e chiuse il libro, alzando una piccola nuvola di polvere nell'aria. 

    «Ci conviene continuare domani a questo punto.» osservò, gettando un'occhiata all'orologio alle spalle del fratello maggiore. 
    Quest'ultimo sospirò e lasciò il libro sulla scrivania. Sbadigliò alzando le braccia in aria per sgranchirsi e poi annuì. 
    «Mh mh. Tu vai, ti raggiungo tra un minuto.» 
    Sam si alzò dalla sedia e andò anche lui a salire la lunga scalinata.
    Dean rimase da solo.
    Appoggiò la schiena contro la spalliera della sedia e cominciò a fissare un punto impreciso nella stanza.
    I pensieri lo assalirono; la notte in cui sarebbe morto, come sarebbe morto?
    Chi l'avrebbe scortato all'inferno?
    Sarebbe morto senza prima vedere Sam?
    O Bobby?
    O Jo?
    A proposito di Jo... era l'unica che non aveva ancora visto andare a dormire. Era ancora a lavoro? 

    Dean aggrottò la fronte, si sporse sulla destra e gettò un'occhiata nell'altra stanza: Jo era seduta a tavola e dormiva con la testa sul libro aperto. Se non fosse andato a dormire, anche lui avrebbe fatto quella fine.
    Tuttavia, prima, doveva svegliarla e obbligarla a seguirlo su per i gradini. Non poteva di certo lasciarla lì così.
    Entrò in cucina e le si avvicinò. Dolcemente scostò una ciocca dei suoi capelli dietro un orecchio. 

    «Jo?» 
    Ma non si svegliò. 
    «Ehi, Jo.» sussurrò ancora. 
    Niente di niente. 
    «Jo, svegliati...» 
    D' un tratto sussultò e si rizzò sulla schiena.
    Guardò Dean con un'espressione spaventata, come se avesse appena visto un fantasma. 

    «Ehi, tutto bene?» 
    «Cosa? Ehm... sì. È... era soltanto un incubo. Nulla di grave.» 
    Dean, accigliato, annuì e si inumidì le labbra. 
    «Ma che ore sono?» chiese lei lasciandosi poi andare in un lungo sbadiglio. 
    «E' tardi e tu sei stanca, andiamo a dormire.» 
    «Ma...» 
    «Niente ma, forza!» 
    Le rivolse un sorrisetto e poi le indicò le scale.
    Lei sospirò e si alzò dalla sedia senza dire una parola.

    Era bello quando perdeva la sua adorabile testardaggine.


------------------------------------------------------- Spazio dell'autrice-----------------------------------------------


Andiamo tutti a dormire: yeeeeeeah! :D
Aspettate un attimo prima di gioire, brutti maniaci! u.u
Siamo tutti molto stanchi qui, quindi non azionate la parte pervertita di voi stessi. xD
Comunque, a parte gli scherzi, ringrazio chiunque sia arrivato fino a qui, seguendo questa storia
con tanta (ma tanta eh!) pazienza.
Vi voglio bene ragazzi. E OVVIAMENTE anche Moonlight93 ve ne vuole ;)
A presto!
  
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