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Autore: Bloody_Bess    04/06/2007    15 recensioni
"BARBOSSA! JONES! E' questa la vostra idea di 'pulizia del ponte', razza di topi di stiva?" All'urlo del capitano i due ragazzi si bloccarono, gli scopettoni ancora sollevati a mezz'aria. La testa dello scopettone di Davy si era già staccata nella foga del 'duello', mentre quello di Hector pendeva tristemente dall'asta, anch'esso sul punto di staccarsi. "Ehm..." In effetti, non era esattamente a questo che pensavano quando avevano deciso di diventare pirati... AVVISO: dal momento che questa storia è stata cominciata mooolto prima dell'uscita del terzo film, gli avvenimenti in essa narrati non terranno conto degli avvenimenti e le rivelazioni contenuti nello stesso.
Genere: Generale, Azione, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Davy Jones, Hector Barbossa, Nuovo Personaggio, Tia Dalma
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Ok, solo un paio di cose:

Ok, solo un paio di cose:

innanzitutto, mi scuso per non aver aggiornato per secoli. Purtroppo la scuola si è presa gran parte del mio tempo. Questo capitolo è stato scritto in un paio di giorni, dal momento che l’uscita del terzo film della saga ha aggravato la mia febbra da “Pirati dei Caraibi”.

A proposito: per un po’ dopo aver visto il film sono stata in dubbio se proseguire questa storia o no, dal momento che, essendo stata ideata e iniziata prima dell’uscita dell’ultimo capitolo della trilogia, non ha alcun riscontro con la storia rivelataci in quest’ultimo film. Alla fine ho deciso di proseguirla, anche perché mi divertiva scriverla. Tanto per sicurezza, aggiungerò AU agli avvertimenti.

 

Ehm…siete ancora lì? Benissimo, allora la pianto di ammorbarvi con queste note d’autore (già immagino in quanti le leggeranno…^^) e vi auguro buona lettura.

 

 

“Pronti a scendere a terra, ragazzi?” domandò uno dei marinai, portando sulle spalle un grossa trave “Il capitano vuole che consegnate quella lettera a Grant Sparrow entro le tre. Avete capito in quale locanda lo dovete cercare?”

“Sì, sì” bofonchiò Hector, impaziente “una locanda con l’insegna rossa vicino al molo. Quello lì ci ha preso per dei postini, per caso?”

Lo sguardo dell’uomo si indurì. “Non vi conviene discutere gli ordini di Spezzamarinai.”

“E chi li discute?” fece Davy, che stava appollaiato sul parapetto a sistemare le ultime cime.

 

“Meglio per voi” commentò il marinaio, poi si voltò si scatto per andarsene, evidentemente dimentico della lungheza della trave che portava sulle spalle.

“Davy, attent…” tentò di avvertirlo Hector, ma era troppo tardi: l’estremità della trave colpì con forza Davy sotto lo sterno, scaraventandolo sul ponte.

Mapporc…

Il marinaio si lasciò sfuggire una risatina mentre si allontanava.

“Cane rognoso” ringhiò Hector, poi si chinò su Davy “tutto a posto, amico?”

 

Davy si limitò a borbottare qualcosa a proposito della madre del tizio con la trave, tenendosi il fianco.

“Sì, che fosse un figlio di puttana già lo sapevo” disse Hector “tu come stai? Costole rotte?”

“No, le costole stanno benissimo” fece Davy, rialzandosi con una smorfia “stavolta ha beccato la milza.”

“Poco male, sopravvivrai.”

“Grazie tante, dottore.”

“Dovere.”

 

 

“E cosa vuole Spezzamarinai da questo Sparrow?” chiese Hector mentre scendevano dalla nave.

“Non ne ho idea, la lettera dice solo di incontrarsi alla Grotta dell’Impiccato questa sera” rispose Davy, ricacciandosi la lettere in tasca.

“Grotta dell’Impiccato? Un nome che è tutto un programma…”

“Ah, puoi dirlo forte. Ecco la locanda.”

Davy si fermò di fronte ad una locanda con l’insegna rossa.

“Benone, se non altro stavolta non ci ha spediti in mezzo ad una palude” commentò Hector, entrando per primo.

 

Essendo soltanto il primo pomeriggio all’interno del locale non c’era molta gente, fatta eccezione per un gruppetto di ubriaconi che se ne stavano sdraiati gli uni sugli altri sui tavoli in fondo.

“Cercate qualcuno, ragazzi?” domandò l’oste, un cinquantenne sfregiato dal vaiolo.

“Veniamo da parte del Capitano Garrett” disse Davy “cerchiamo un certo Grant Sparrow. E’ qui che…?”

“CAPITANO!” esclamò una vocetta indignata da un angolo.

 

“Eh?”Hector si voltò dal punto dove proveniva la voce: un bambino sui cinque o sei anni, coi capelli neri e gli occhi scuri, li stava guardando con aria offesa.

“Chiedo scusa?”

“Mio padre è il Capitano Grant Sparrow” ripetè il bambino col tono di ci sta parlando ad un povero idiota  “comprendi?”

 

“Comprendiamo” disse diplomaticamente Davy, ignorando il tono strafottente del bambino “allora…il Capitano Grant Sparrow è tuo padre?”

“Così pare” rispose il bambino, scrollando le spalle e avvicinandosi. Davy batté le palpebre. Ma come diavolo camminava? Sembrava avesse appena preso un colpo di sole.

“Pare?”

 

“Finiscila, Jack” lo rimproverò l’uomo al bancone, poi si rivolse ad Hector e Davy “sì, questa piccola peste è il figlio del Capitano Sparrow. Il Capitano non è qui, ma dovrebbe arrivare a momenti. Qualcosa da bere, nel frattempo?”

“Un bicchierino di rum non ci sarebbe male, grazie” rispose Hector, sedendosi di fronte al bancone “Davy?”

“Un bicchiere di gin per me.”

 

 L’oste riempì i due bicchieri, poi si ritirò nel retrobottega, borbottando qualcosa a proposito dei ‘beoni buoni a nulla che gli avevano finito le scorte’.

“Allora, voi siete dei pirati?” domandò incuriosito il bambino chiamato Jack, appollaiandosi su una seggiola.

“Così pare” rispose Hector, strizzandogli l’occhio. Jack sogghignò.

“Da quanto tempo?”

“Da un po’” rispose Davy “diciamo che siamo in prova.”

 

“Dei mozzi, allora” disse il bambino, con una lieve smorfia di…disgusto? Sì, sembrava proprio qualcosa del genere.

“Direi di sì” disse Davy, seccato dalla tracotanza di quello strano bambino “e tu, uomo navigato, cosa saresti? Ammiraglio?”

“Io sono un Capitano. Come papà” dichiarò Jack, sollevando il mento con fare insolente.

 

“Ma certo” disse Hector, bevendo un sorso di gin “e io sono un Commodoro.”

Davy gli tirò una gomitata, divertito. “Sai, ‘Commodoro Barbossa’ suona uno schifo.”

“Capirai, quando sei Commodoro poco te ne importa di come suona…”

“Non posso darti torto.”

 

Ci fu un breve silenzio mentre i due ragazzi bevevano…silenzio rotto immediatamente dalla vocetta petulante di Jack.

“Sono vere quelle spade?” domandò, indicando la spada che entrambi portavano alla cintura.

“Certo che lo sono” rispose Hector “perché?”

“Credevo che i mozzi le avessero di legno” disse allegramente il piccoletto, dimenandosi sulla sedia per trovare una posizione più comoda.

 

Hector batté le palpebre, leggermente interdetto, mentre Davy prendeva un profondo respiro per dominare la tentazione di prendere la pistola e scavargli un terzo occhio in mezzo alla fronte. Se quel piccoletto voleva fargli saltare i nervi, ci stava riuscendo perfettamente.

“E sapete usarle?” stava proseguendo Jack con beata innocenza “la maggior parte dei mozzi che conosco non sa tenere in mano una spada senza mollarla sul piede di qualche malcapitato…”

 

“Non credo che tu conosca poi tanti mozzi, marmocchio” disse seccamente Davy, finendo in un sorso la birra e ripulendosi il mento con la manica.

“Infatti no. A me non serve mica conoscere i mozzi” ribatté il ragazzino “io diventerò capitano, mica un mozzo.”

 

“Peccato che non resteresti capitano a lungo” commentò con leggerezza Hector “personalmente, se mai mi capitasse di ritrovarmi sotto il comando di un capitano come te, credo che non resisterei più di due ore prima di stufarmi e di buttarti a mare…ehi, cosa stai…?!”

Accadde tutto in una frazione di secondo: prima che potesse finire la frase il bambino, che nel frattempo era silenziosamente scivolato alle spalle di Davy, aveva tirato fuori  un pugnale e glielo aveva piantato fra le costole. “Colpito!” esclamò trionfante.

 

Davy si era voltato giusto in tempo per veder guizzare la lama del pugnale, ma non aveva fatto in tempo a reagire: si era limitato a chiudere gli occhi nel momento in cui la lama del coltello spariva nella sua carne, aspettando il dolore…

…ma il dolore non venne. Assolutamente nessun dolore.

“…eh?”

 

Il ragazzo riaprì gli occhi giusto in tempo per vedere il piccolo Jack estrarre la lama del coltello dal suo costato…una lama perfettamente pulita.

Niente sangue, nemmeno una goccia.

Davy guardò il bambino sogghignante ad occhi sgranati, mentre Hector scoppiava in una fragorosa risata.

 

“Non posso crederci!” fece Hector, ridendo così forte da doversi appoggiare al bancone “è lo scherzo più vecchio del mondo, e ci siamo cascati come due allocchi!”

“Uno scherzo” ripetè Davy nel tono assolutamente incolore di chi non ci sta capendo nulla.

Hector fece un cenno al bambino, ancora ridacchiando. “Fagli vedere il coltello, Jack.”

 

Il sogghignò del bambino si allargò mentre sollevava il coltello all’altezza degli occhi di Davy con uno dei suoi soliti movimenti scomposti, rischiando di cacciarglielo in un occhio. “Me lo ha regalato il mio papà” disse allegramente “non è un vero coltello, però…non taglia neanche il burro. Vedi?”

Premette la punta della lama, che rientò completamente nel manico. “Forte, no? Ma anche piuttosto semplice. Solo un fesso poteva cascarci!”

Senza nemmeno curarsi di rispondergli, Davy si voltò verso il sogghignante Hector. “A quanto pare ho fatto la figura del pesce rosso. Che dici, elimino il testimone?”

 

“Sì, direi di sì” disse Hector, finendo di bere e asciugandosi la bocca con l’orlo della manica “io lo tengo fermo e tu lo fai a pezzi?”

“Ottima idea” rispose Davy, finendo a sua volta di bere e alzandosi in piedi.

Il bambino si lasciò sfuggire un risolino nervoso mentre i due ragazzi gli si paravano innanzi, precludendogli ogni via di fuga. “Suvvia, gentiluomini…non ve la prenderete mica per uno schero innocente, no?”

“Cosa gli taglio prima, la lingua o le mani?” domandò Davy, ignorandolo completamente.

Hector si strinse nelle spalle. “Direi la lingua. Almeno così non potrà urlare e chiamare il papà…oh, pardon, il Capitano.”

 

L’altro ragazzo sogghignò, tirando fuori un coltello e chinandosi in modo da portarlo proprio di fronte agli occhi sgranati di Jack. “Lo vedi questo, giovanotto? Questo è un coltello. Un vero coltello. E ti garantisco che se te lo caccio negli occhi fa male. Hai dato del fesso alla persona sbagliata, bimbo.”

Gli occhi del bambino saettarono verso la porta per poi tornare al coltello. “Andiamo…” il suo risolino si era fatto ancora meno convinto mentre indietreggiava. Ormai aveva quasile spalle al muro. “Non stai mica dicendo sul serio…”

Davy si limitò a sollevare un sopracciglio. “Ah, no?”

Il piccolo Jack si voltò verso Hector, il sorrisetto strafottente definitivamente incrinato. “Ehi, sta scherzando…vero?”

Svanito l’atteggiamento arrogante e sornione, sembrava solo un bambino spaurito.

 

Hector e Davy si scambiarono un’ occhiata, poi scoppiarono ridere entrambi. Davy tornò a sedersi sullo sgabello, mettendo via il coltello. “La tentazione di darti una spuntatina a quella lingua lunga c’era tutta” ammise, ancora sghignazzando “ma non ho intenzione di mettermi nei guai per un piccoletto con più lingua che cervello.”

“Oh…” Jack battè le palpebre, poi la sua espressione si fece nuovamente spavalda. “Tanto lo sapevo!”

“Sì, come no!” lo prese in giro Hector “è una mia impressione o te la stavi facendo sotto?”

“Non me la sto facendo sotto!” protestò il bambino.

“Ma certo. Ed io sono il figlio segreto della Regina.”

 

“Ringrazia il cielo che non lo sei, giovanotto” disse una voce alle loro spalle “altrimenti ti avrei già rapito per chiedere il riscatto.”

“Uh?”

I ragazzi si voltarono: un pirata sulla quarantina, coi capelli neri e la faccia butterata era appena entrato nella locanda. Gli occhi neri dell’uomo si spostarono sul bambino. “Jack, quante volte ti ho detto di non infastidire le persone? Prima o poi qualcuno perderà la pazienza e ti taglierà la gola. Vedrai se non ho ragione.”

Il bambino gli rivolse un sorriso accattivante. Hector doveva ammettere che gli riuscivano parecchio bene.

“Ma, papà…” cominciò con voce lamentosa.

“Niente ma, giovanotto. Fila da tua madre.”

 

Jack obbedì, ma prima di uscire non perse l’occasione di fare una linguaccia in direzione di Davy. Il ragazzo sbuffò: non aveva mai incontrato un piccoletto così irritante in vita sua. Aperava solo di non ritrovarselo mai più tra i piedi.

“E’ lei il Capitano Sparrow?” domandò Hector, guardando l’uomo che era appena entrato.

“Esattamente” disse l’uomo “e voi venite da parte di del Capitano Garrett, dico bene?”

“Esatto” Davy gli tese la lettera “ci ha detto di consegnarvi questa. Se avete una risposta, dovete consegnarla a noi.”

L’uomo annuì, poi concentrò la propria attenzione sulla lettera. La lesse un paio di volte, poi annuì e se la mise in tasca. “Molto bene. Potete riferire al vostro Capitano che ci sarò.”

 

“Benissimo.”

“Oh, a proposito…” la voce di Grant Sparrow li blocco mentre erano in procinto di uscire.

“Cosa?”

L’uomo li guardò con aria divertita. “Mio figlio vi ha fatto il giochetto del coltello, vero?”

Davy fece una smorfia. “Già.”

Grant Sparrow scoppiò a ridere, scrollando il capo. “Allocchi…” commentò, sparendo nel retrobottega.

 

 

Quella sera, per la prima volta da quando aveva cominciato a solcare i mari, Spezzamarinai concesse ai suoi uomini una serata di franchigia.

“Ci stiamo per imbarcare per un lungo viaggio” aveva detto prima di recarsi all’incontro con Grant Sparrow, lasciando solo il Nostromo a guardia del Blue Dragon “e non so quando faremo ancora porto. Perciò vedete di divertirvi finchè potete, cani.”

Ovviamente, la ciurma non si era fatta pregare.

 

“Hector?” chiamò Davy, cercando di scrollare il ragazzo mezzo addormentato sul tavolo della taverna.

“Hm…” Hector mugugnò qualcosa senza nemmeno aprire gli occhi. Reggeva bene l’alcool – meglio di molti uomini adulti che conosceva – ma alla quarta bottiglia di rum aveva iniziato a dare segni di cedimento…e alla sesta era in uno stato che Davy non avrebbe esitato a definire comatoso.

“Ehi, Hector, vedi di darti una svegliata” sbuffò Davy “hai sentito Spezzamarinai, doppiamo essere di nuovo a bordo tra mezz’ora. E no, non ho nessuna intenzione di portarti sulle spalle.”

 

Hector si degnò finalmente di aprire un occhio. “Ah, no?” biascicò.

Davy scosse decisamente il capo. “No, non lo farò” scandì, il suo tono reso ancora più incisivo dal suo strano accento che lo portava a marcare le doppie e gli accenti “nella maniera più assoluta.”

 

 

“Aspetta, cerca di appoggiarti alla spalla destra…alla DESTRA, Hector! Quella è la sinistra…e non ti azzardare a cadere di nuovo!” latrò Davy, cercando di sorreggerlo in qualche modo “dannazione, vuoi almeno tentare di reggerti in piedi? Non sei esattamente una piuma, sai!”

Hector si limitò a sghignazzare per un qualche motivo tutto suo. “Sono sbronzo come una tegola, eh?”

“Direi” bofonchiò Davy “avanti, ci siamo quasi, ecco il molo.”

Hector si divincolò dalla sua presa. “Lasciami andare, ce la faccio da solo qui…”

Davy sollevò un sopracciglio. “Se permetti, avrei qualche riserva in proposito…”

“Ce la faccio” insistette Hector “davvero.”

 

“No che non ce la fai.”

“Scommetti?” biascicò l’altro, liberandosi finalmente dalla sua presa. Mosse qualche passo, incespicando leggermente, ma rimase in piedi “visto?”

Si avviò lungo il pontile, traballando. Davy sospirò, alzando gli occhi al cielo.

“Hector?”

“Cosa?”

“Stai salendo sulla nave sbagliata. Il Blue Dragon è più avanti.”

  
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