Ok, solo un paio di cose:
innanzitutto, mi scuso per non aver
aggiornato per secoli. Purtroppo la scuola si è presa gran parte del mio tempo.
Questo capitolo è stato scritto in un paio di giorni, dal momento che l’uscita
del terzo film della saga ha aggravato la mia febbra da “Pirati dei Caraibi”.
A proposito: per un po’ dopo aver visto
il film sono stata in dubbio se proseguire questa storia o no, dal momento che,
essendo stata ideata e iniziata prima dell’uscita dell’ultimo capitolo della
trilogia, non ha alcun riscontro con la storia rivelataci in quest’ultimo film.
Alla fine ho deciso di proseguirla, anche perché mi divertiva scriverla. Tanto
per sicurezza, aggiungerò AU agli avvertimenti.
Ehm…siete ancora lì? Benissimo, allora
la pianto di ammorbarvi con queste note d’autore (già immagino in quanti le
leggeranno…^^) e vi auguro buona lettura.
“Pronti
a scendere a terra, ragazzi?” domandò uno dei marinai, portando sulle spalle un
grossa trave “Il capitano vuole che consegnate quella lettera a Grant Sparrow
entro le tre. Avete capito in quale locanda lo dovete cercare?”
“Sì,
sì” bofonchiò Hector, impaziente “una locanda con l’insegna rossa vicino al
molo. Quello lì ci ha preso per dei postini, per caso?”
Lo
sguardo dell’uomo si indurì. “Non vi conviene discutere gli ordini di
Spezzamarinai.”
“E
chi li discute?” fece Davy, che stava appollaiato sul parapetto a sistemare le
ultime cime.
“Meglio
per voi” commentò il marinaio, poi si voltò si scatto per andarsene,
evidentemente dimentico della lungheza della trave che portava sulle spalle.
“Davy,
attent…” tentò di avvertirlo Hector, ma era troppo tardi: l’estremità della
trave colpì con forza Davy sotto lo sterno, scaraventandolo sul ponte.
“Mapporc…”
Il
marinaio si lasciò sfuggire una risatina mentre si allontanava.
“Cane
rognoso” ringhiò Hector, poi si chinò su Davy “tutto a posto, amico?”
Davy
si limitò a borbottare qualcosa a proposito della madre del tizio con la trave,
tenendosi il fianco.
“Sì,
che fosse un figlio di puttana già lo sapevo” disse Hector “tu come stai? Costole rotte?”
“No,
le costole stanno benissimo” fece Davy, rialzandosi con una smorfia “stavolta
ha beccato la milza.”
“Poco
male, sopravvivrai.”
“Grazie
tante, dottore.”
“Dovere.”
“E
cosa vuole Spezzamarinai da questo Sparrow?” chiese Hector mentre scendevano
dalla nave.
“Non
ne ho idea, la lettera dice solo di incontrarsi alla Grotta dell’Impiccato
questa sera” rispose Davy, ricacciandosi la lettere in tasca.
“Grotta
dell’Impiccato? Un nome che è tutto un programma…”
“Ah,
puoi dirlo forte. Ecco la locanda.”
Davy
si fermò di fronte ad una locanda con l’insegna rossa.
“Benone,
se non altro stavolta non ci ha spediti in mezzo ad una palude” commentò
Hector, entrando per primo.
Essendo
soltanto il primo pomeriggio all’interno del locale non c’era molta gente,
fatta eccezione per un gruppetto di ubriaconi che se ne stavano sdraiati gli
uni sugli altri sui tavoli in fondo.
“Cercate
qualcuno, ragazzi?” domandò l’oste, un cinquantenne sfregiato dal vaiolo.
“Veniamo
da parte del Capitano Garrett” disse Davy “cerchiamo un certo Grant Sparrow. E’
qui che…?”
“CAPITANO!”
esclamò una vocetta indignata da un angolo.
“Eh?”Hector
si voltò dal punto dove proveniva la voce: un bambino sui cinque o sei anni,
coi capelli neri e gli occhi scuri, li stava guardando con aria offesa.
“Chiedo
scusa?”
“Mio
padre è il Capitano Grant Sparrow”
ripetè il bambino col tono di ci sta parlando ad un povero idiota “comprendi?”
“Comprendiamo”
disse diplomaticamente Davy, ignorando il tono strafottente del bambino
“allora…il Capitano Grant Sparrow è tuo padre?”
“Così
pare” rispose il bambino, scrollando le spalle e avvicinandosi. Davy batté le
palpebre. Ma come diavolo camminava? Sembrava avesse appena preso un colpo di
sole.
“Pare?”
“Finiscila,
Jack” lo rimproverò l’uomo al bancone, poi si rivolse ad Hector e Davy “sì,
questa piccola peste è il figlio del Capitano Sparrow. Il Capitano non è qui,
ma dovrebbe arrivare a momenti. Qualcosa da bere, nel frattempo?”
“Un
bicchierino di rum non ci sarebbe male, grazie” rispose Hector, sedendosi di
fronte al bancone “Davy?”
“Un
bicchiere di gin per me.”
L’oste riempì i due bicchieri, poi si ritirò
nel retrobottega, borbottando qualcosa a proposito dei ‘beoni buoni a nulla che
gli avevano finito le scorte’.
“Allora,
voi siete dei pirati?” domandò incuriosito il bambino chiamato Jack,
appollaiandosi su una seggiola.
“Così
pare” rispose Hector, strizzandogli l’occhio. Jack sogghignò.
“Da
quanto tempo?”
“Da
un po’” rispose Davy “diciamo che siamo in prova.”
“Dei
mozzi, allora” disse il bambino, con una lieve smorfia di…disgusto? Sì,
sembrava proprio qualcosa del genere.
“Direi
di sì” disse Davy, seccato dalla tracotanza di quello strano bambino “e tu,
uomo navigato, cosa saresti? Ammiraglio?”
“Io
sono un Capitano. Come papà” dichiarò Jack, sollevando il mento con fare
insolente.
“Ma
certo” disse Hector, bevendo un sorso di gin “e io sono un Commodoro.”
Davy
gli tirò una gomitata, divertito. “Sai, ‘Commodoro Barbossa’ suona uno schifo.”
“Capirai,
quando sei Commodoro poco te ne importa di come suona…”
“Non
posso darti torto.”
Ci
fu un breve silenzio mentre i due ragazzi bevevano…silenzio rotto
immediatamente dalla vocetta petulante di Jack.
“Sono
vere quelle spade?” domandò, indicando la spada che entrambi portavano alla
cintura.
“Certo
che lo sono” rispose Hector “perché?”
“Credevo
che i mozzi le avessero di legno” disse allegramente il piccoletto, dimenandosi
sulla sedia per trovare una posizione più comoda.
Hector
batté le palpebre, leggermente interdetto, mentre Davy prendeva un profondo
respiro per dominare la tentazione di prendere la pistola e scavargli un terzo
occhio in mezzo alla fronte. Se quel piccoletto voleva fargli saltare i nervi,
ci stava riuscendo perfettamente.
“E
sapete usarle?” stava proseguendo Jack con beata innocenza “la maggior parte
dei mozzi che conosco non sa tenere in mano una spada senza mollarla sul piede
di qualche malcapitato…”
“Non
credo che tu conosca poi tanti mozzi, marmocchio” disse seccamente Davy,
finendo in un sorso la birra e ripulendosi il mento con la manica.
“Infatti
no. A me non serve mica conoscere i mozzi” ribatté il ragazzino “io diventerò
capitano, mica un mozzo.”
“Peccato
che non resteresti capitano a lungo” commentò con leggerezza Hector
“personalmente, se mai mi capitasse di ritrovarmi sotto il comando di un
capitano come te, credo che non resisterei più di due ore prima di stufarmi e
di buttarti a mare…ehi, cosa stai…?!”
Accadde
tutto in una frazione di secondo: prima che potesse finire la frase il bambino,
che nel frattempo era silenziosamente scivolato alle spalle di Davy, aveva
tirato fuori un pugnale e glielo aveva
piantato fra le costole. “Colpito!” esclamò trionfante.
Davy
si era voltato giusto in tempo per veder guizzare la lama del pugnale, ma non
aveva fatto in tempo a reagire: si era limitato a chiudere gli occhi nel
momento in cui la lama del coltello spariva nella sua carne, aspettando il
dolore…
…ma
il dolore non venne. Assolutamente nessun dolore.
“…eh?”
Il
ragazzo riaprì gli occhi giusto in tempo per vedere il piccolo Jack estrarre la
lama del coltello dal suo costato…una lama perfettamente pulita.
Niente
sangue, nemmeno una goccia.
Davy
guardò il bambino sogghignante ad occhi sgranati, mentre Hector scoppiava in
una fragorosa risata.
“Non
posso crederci!” fece Hector, ridendo così forte da doversi appoggiare al
bancone “è lo scherzo più vecchio del mondo, e ci siamo cascati come due
allocchi!”
“Uno
scherzo” ripetè Davy nel tono assolutamente incolore di chi non ci sta capendo
nulla.
Hector
fece un cenno al bambino, ancora ridacchiando. “Fagli vedere il coltello,
Jack.”
Il
sogghignò del bambino si allargò mentre sollevava il coltello all’altezza degli
occhi di Davy con uno dei suoi soliti movimenti scomposti, rischiando di
cacciarglielo in un occhio. “Me lo ha regalato il mio papà” disse allegramente
“non è un vero coltello, però…non taglia neanche il burro. Vedi?”
Premette
la punta della lama, che rientò completamente nel manico. “Forte, no? Ma anche
piuttosto semplice. Solo un fesso poteva cascarci!”
Senza
nemmeno curarsi di rispondergli, Davy si voltò verso il sogghignante Hector. “A
quanto pare ho fatto la figura del pesce rosso. Che dici, elimino il
testimone?”
“Sì,
direi di sì” disse Hector, finendo di bere e asciugandosi la bocca con l’orlo
della manica “io lo tengo fermo e tu lo fai a pezzi?”
“Ottima
idea” rispose Davy, finendo a sua volta di bere e alzandosi in piedi.
Il
bambino si lasciò sfuggire un risolino nervoso mentre i due ragazzi gli si
paravano innanzi, precludendogli ogni via di fuga. “Suvvia, gentiluomini…non ve
la prenderete mica per uno schero innocente, no?”
“Cosa
gli taglio prima, la lingua o le mani?” domandò Davy, ignorandolo
completamente.
Hector
si strinse nelle spalle. “Direi la lingua. Almeno così non potrà urlare e
chiamare il papà…oh, pardon, il Capitano.”
L’altro
ragazzo sogghignò, tirando fuori un coltello e chinandosi in modo da portarlo
proprio di fronte agli occhi sgranati di Jack. “Lo vedi questo, giovanotto?
Questo è un coltello. Un vero
coltello. E ti garantisco che se te lo caccio negli occhi fa male. Hai dato del
fesso alla persona sbagliata, bimbo.”
Gli
occhi del bambino saettarono verso la porta per poi tornare al coltello.
“Andiamo…” il suo risolino si era fatto ancora meno convinto mentre
indietreggiava. Ormai aveva quasile spalle al muro. “Non stai mica dicendo sul
serio…”
Davy
si limitò a sollevare un sopracciglio. “Ah, no?”
Il
piccolo Jack si voltò verso Hector, il sorrisetto strafottente definitivamente
incrinato. “Ehi, sta scherzando…vero?”
Svanito
l’atteggiamento arrogante e sornione, sembrava solo un bambino spaurito.
Hector
e Davy si scambiarono un’ occhiata, poi scoppiarono ridere entrambi. Davy tornò
a sedersi sullo sgabello, mettendo via il coltello. “La tentazione di darti una
spuntatina a quella lingua lunga c’era tutta” ammise, ancora sghignazzando “ma
non ho intenzione di mettermi nei guai per un piccoletto con più lingua che
cervello.”
“Oh…”
Jack battè le palpebre, poi la sua espressione si fece nuovamente spavalda.
“Tanto lo sapevo!”
“Sì,
come no!” lo prese in giro Hector “è una mia impressione o te la stavi facendo
sotto?”
“Non
me la sto facendo sotto!” protestò il bambino.
“Ma
certo. Ed io sono il figlio segreto della Regina.”
“Ringrazia
il cielo che non lo sei, giovanotto” disse una voce alle loro spalle
“altrimenti ti avrei già rapito per chiedere il riscatto.”
“Uh?”
I
ragazzi si voltarono: un pirata sulla quarantina, coi capelli neri e la faccia
butterata era appena entrato nella locanda. Gli occhi neri dell’uomo si
spostarono sul bambino. “Jack, quante volte ti ho detto di non infastidire le
persone? Prima o poi qualcuno perderà la pazienza e ti taglierà la gola. Vedrai
se non ho ragione.”
Il
bambino gli rivolse un sorriso accattivante. Hector doveva ammettere che gli
riuscivano parecchio bene.
“Ma,
papà…” cominciò con voce lamentosa.
“Niente
ma, giovanotto. Fila da tua madre.”
Jack
obbedì, ma prima di uscire non perse l’occasione di fare una linguaccia in direzione
di Davy. Il ragazzo sbuffò: non aveva mai incontrato un piccoletto così
irritante in vita sua. Aperava solo di non ritrovarselo mai più tra i piedi.
“E’
lei il Capitano Sparrow?” domandò Hector, guardando l’uomo che era appena
entrato.
“Esattamente”
disse l’uomo “e voi venite da parte di del Capitano Garrett, dico bene?”
“Esatto”
Davy gli tese la lettera “ci ha detto di consegnarvi questa. Se avete una
risposta, dovete consegnarla a noi.”
L’uomo
annuì, poi concentrò la propria attenzione sulla lettera. La lesse un paio di
volte, poi annuì e se la mise in tasca. “Molto bene. Potete riferire al vostro
Capitano che ci sarò.”
“Benissimo.”
“Oh,
a proposito…” la voce di Grant Sparrow li blocco mentre erano in procinto di
uscire.
“Cosa?”
L’uomo
li guardò con aria divertita. “Mio figlio vi ha fatto il giochetto del
coltello, vero?”
Davy
fece una smorfia. “Già.”
Grant Sparrow scoppiò a ridere, scrollando il capo.
“Allocchi…” commentò, sparendo nel retrobottega.
Quella
sera, per la prima volta da quando aveva cominciato a solcare i mari,
Spezzamarinai concesse ai suoi uomini una serata di franchigia.
“Ci
stiamo per imbarcare per un lungo viaggio” aveva detto prima di recarsi
all’incontro con Grant Sparrow, lasciando solo il Nostromo a guardia del Blue
Dragon “e non so quando faremo ancora porto. Perciò vedete di divertirvi finchè
potete, cani.”
Ovviamente,
la ciurma non si era fatta pregare.
“Hector?”
chiamò Davy, cercando di scrollare il ragazzo mezzo addormentato sul tavolo
della taverna.
“Hm…”
Hector mugugnò qualcosa senza nemmeno aprire gli occhi. Reggeva bene l’alcool –
meglio di molti uomini adulti che conosceva – ma alla quarta bottiglia di rum
aveva iniziato a dare segni di cedimento…e alla sesta era in uno stato che Davy
non avrebbe esitato a definire comatoso.
“Ehi,
Hector, vedi di darti una svegliata” sbuffò Davy “hai sentito Spezzamarinai,
doppiamo essere di nuovo a bordo tra mezz’ora. E no, non ho nessuna intenzione
di portarti sulle spalle.”
Hector
si degnò finalmente di aprire un occhio. “Ah, no?” biascicò.
Davy scosse decisamente il capo. “No, non lo farò”
scandì, il suo tono reso ancora più incisivo dal suo strano accento che lo
portava a marcare le doppie e gli accenti “nella maniera più assoluta.”
“Aspetta,
cerca di appoggiarti alla spalla destra…alla DESTRA, Hector! Quella è la
sinistra…e non ti azzardare a cadere di nuovo!” latrò Davy, cercando di sorreggerlo
in qualche modo “dannazione, vuoi almeno tentare
di reggerti in piedi? Non sei esattamente una piuma, sai!”
Hector
si limitò a sghignazzare per un qualche motivo tutto suo. “Sono sbronzo come
una tegola, eh?”
“Direi”
bofonchiò Davy “avanti, ci siamo quasi, ecco il molo.”
Hector
si divincolò dalla sua presa. “Lasciami andare, ce la faccio da solo qui…”
Davy
sollevò un sopracciglio. “Se permetti, avrei qualche riserva in proposito…”
“Ce
la faccio” insistette Hector “davvero.”
“No
che non ce la fai.”
“Scommetti?”
biascicò l’altro, liberandosi finalmente dalla sua presa. Mosse qualche passo,
incespicando leggermente, ma rimase in piedi “visto?”
Si
avviò lungo il pontile, traballando. Davy sospirò, alzando gli occhi al cielo.
“Hector?”
“Cosa?”
“Stai
salendo sulla nave sbagliata. Il Blue Dragon è più avanti.”