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Autore: Lady Cheshire    17/11/2012    3 recensioni
Leggendo su questo fandom ho letto molte storie in cui Ikuto è un pirata e Amu una ragazza, una principessa o via discorrendo. Così mi sono chiesta come sarebbe se a essere il Capitano fosse Amu e non Ikuto... ed ecco che è nata questa storia, che spero vi piacerà!
Sulle onde del mare naviga un veliero, dalle vele rosso sangue, qual'è il segreto della Bloody Rose? Quale mistero avvolge l'imponente veliero e la sua ciurma? Da cosa nasce la tristezza negli occhi del suo Capitano?
Spero di ricevere numerosi commenti, positivi o negativi che siano :) il mio ennesimo esordio su EFP!!
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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ALLENAMENTI DI SCHERMA- Da dove nasce la tua tristezza?


Tutti erano in posizione sul ponte principale, uno di fronte all’altro. Nagi davanti a Kairi, Rima davanti a Yaya, Kukai era al timone e il Capitano era davanti ad Ikuto. Tutti si stavano già cimentando negli esercizi di combattimento, mentre Ikuto non stava di certo passando un bel momento, dato che Amu aveva considerato del tutto errate le sue basi con la spada aveva deciso di partire da zero. Ora si trovava in un’incerta posizione di attacco con i muscoli doloranti, con la spada in mano, gli occhi fissi su una Amu immobile davanti a lui, con le braccia incrociate al petto, un bastone di legno in mano e una faccia del tutto insoddisfatta che si stava, lentamente, tramutando in un ghigno malefico e gli occhi parzialmente coperti dal cappello le conferivano ancora più inquietudine. Nelle ultime due ore Ikuto aveva imparato a riconoscere quel ghigno, ed a esserne terrorizzato, perché significava solo una cosa… Ed eccole che arrivavano!

«Spalle indietro, non stare gobbo!» Bastonata sulla schiena!
«Piega le ginocchia!» Bastonata sulle rotule!
«Tendi del tutto il braccio!» Bastonata sull’avambraccio!
«Non abbassare mai lo sguardo, mai perdere di vista il nemico!» Bastonata sulla testa!
  «Ahi, la vuoi smettere?!» Disse abbandonando la posizione…errore fatale!
«Non replicare!» Altra bastonata sulla testa… E poi un’altra, più forte!
  «E questa per che cosa era?» Chiese massaggiandosi la testa.
«Hai abbandonato la posizione senza il mio permesso! Già sei pessimo, se poi ti prendi delle libertà siamo rovinati… Sappi che se ci attaccano, o se attacchiamo, anche tu dovrai combattere e non ho intenzione di mollare tutto per salvarti la pelle» Disse lei dura, puntandogli un indice al petto.
  «Ho i miei dubbi che dovrai farlo!» aveva risposto lui orgoglioso, afferrandole il polso ed allontanando la mano.
«Sarà meglio per te, perché se non ti ammazzano loro, lo faccio io! Non mi piaci, se mi fai arrabbiare ti butto fuori bordo! Per ora è tutto, dopo continuiamo, e vedi di farti passare in fretta quei lividi… non mi piacciono…» detto questo era andata a seguire gli esercizi degli altri.
-Ma perché a loro il bastone lo appoggia appena e con me lo usa come arma? Quella donna mi fa saltare i nervi! Certo che le ragazze però sono eleganti anche quando usano la spada… strano non dovrebbe essere indifferente per maschi e femmine? Qui per lo meno…-
«Dalla tua faccia sembra che muori dalla voglia di fare una domanda» aveva detto Amu affiancandosi a lui.
  «In effetti si, perché alle ragazze hai insegnato il combattimento tipico delle donne, non sembri esattamente il tipo che bada all’estetica»
«In effetti è vero però l’ho fatto per loro. Non resteranno su questa nave per sempre»
  «Perché dici così?»
«Che ficcanaso… Semplice, so che loro non sono come me! Un giorno scenderanno da questa nave e prenderanno la loro strada e non voglio che siano condizionate dalla vita che fanno adesso » aveva detto lei, guardando le due ragazze che si stavano impegnando negli esercizi. Il suo sguardo aveva qualcosa di estremamente malinconico, come se stesse parlando si qualcosa di molto triste. Ikuto era come ipnotizzato da quelle iridi melanconiche.
«Beh? Perché mi fissi ora?» chiese lei stizzita
  «No, niente, è che sembri molto dispiaciuta nel dirlo»
«Sono come sorelle minori per me, è ovvio che questa consapevolezza mi faccia male. Siamo molto legati, tutti, sebbene sia un triste legame… E ora smettila di ficcare il naso nella mia vita, sono il tuo Capitano ed è l’unica cosa che devi tenere a mente» aveva detto dando un colpetto sulla fronte del ragazzo per poi allontanarsi e raggiungere Kukai al timone, dopo poco eravamo andato a mangiare. Era Nagihiko ad occuparsi della cucina, insieme a Rima, e si erano dimostrati più che valenti… Era stato un pranzo delizioso, alla faccia di quelle schifose gallette che ti propinano di solito. Il pomeriggio era trascorso come la mattinata, cosa che permise ad Ikuto di prendersi un’altra dose di legnate dal sadico Capitano, e di scoprire che alcuni membri della ciurma avevano uno stile tutto loro, oltre alla scherma. Nagi combatteva a distanza con una pistola, Yaya dei lecci con delle palle di piombo da usare per bloccare i nemici in fuga, Kairi e Kukai si cimentavano nel corpo a corpo, mentre Rima lanciava candelotti di dinamite, cosa che rendeva Ikuto leggermente inquieto.
  «Spero solo che non sia accesa…»
«Concentrati su di me, non su Rima, è una professionista! E poi è ovvio che non è accesa…ci credi così folli?»
  «Devo rispondere? Stamane hai sfottuto la marina!» disse lui, sedendosi a terra.
«Se non li stuzzichi un po’ poi smette di essere divertente! Ora smettila di cincischiare, anche io devo allenarmi sai?»
  «Ah si? In che combattimento ti cimenti?»
«Stai facendo un po’ troppe domande sai novellino?» aveva detto lei, alzando il mento del ragazzo con il bastone, che aveva sempre sotto mano per eventuali “correzioni” come le definiva lei, e avvicinando i loro volti. Lui rimase molto stupito di quel gesto, nessun’altra ragazza avrebbe mai fatto una cosa del genere, solitamente le donne erano intimidite da lui e dai suoi occhi freddi. Ma quella che gli stava davanti non era di certo una ragazza qualunque.
«Combatto con dei veleni, mentre sono impegnata in un corpo a corpo, inietto un veleno, spesso istantaneo…non sono così cattiva»
   «Infatti sei peggio, sei sadica!» aveva detto Kukai, intromettendosi nella discussione
«Chi ti ha dato il permesso di staccare, sentiamo un po’!»
   «Ma Capitano, ormai è quasi buio»
«Vero… Bene, per oggi basta. Ragazzi si cena!!»
Dopo cena ognuno si era ritirato nella propria stanza, chi per rilassarsi dopo la giornata, chi direttamente per dormire o chi, come un certo ragazzo, per interrogarsi sulle esperienze di quella prima giornata su quella nave singolare. Ripensava alla strana ciurma di cui era entrato a far parte, agli allenamenti massacranti e a lei. A quegli occhi color miele caldo coperti da una lastra di ghiaccio impenetrabile. Mentre se ne stava li a rimuginare sulla strana ragazza , gli era parso di sentire della musica, triste note trasportate dal vento… A Ikuto piaceva la musica, da sempre, così si mise una camicia e salì sul ponte principale dove vide una cosa che non si sarebbe mai aspettato di vedere. Amu stava seduta sulla prua della nave, con indosso una camicia da notte bianca con dei ricami rossi, i capelli leggermente smossi dalla brezza, e suonava un flauto di pan ad occhi chiusi. Suonava una canzone simile ad una triste ninna-nanna. Una volta finita la melodia era calato il silenzio che Ikuto decise di rompere.
  « Non dirmi Capitano?»
«Ancora tu? Mamma mia che rompiscatole! Non ho sonno, contento? Nemmeno tu a quanto ho il “piacere” di notare»
  «Che gentilezza…»
«Chiuditi quella camicia! Te l’ho già detto, non mi piacciono i lividi»
  «Se ne andrà via in fretta, ma aiuterebbe non essere preso a bastonate sai? Non è che ti da fastidio vedere un ragazzo senza camicia?» aveva chiesto lui un po’ strafottente.
«Vivo con tre ragazzi da tutta la vita, li ho visti anche in mutande se è per questo. Per lasciarmi di stucco ci vuole altro… E’ che i lividi mi ricordano brutti momenti del mio passato» e dalla faccia fatta dalla ragazza, Ikuto decise che era meglio cambiare discorso.
  «Era una canzone molto triste»
«L’ho scritta quando è morta mia sorella minore» aveva risposto senza troppi giri di parole.
  «E’…Morta? Mi spiace, non volevo…»
«Non ti preoccupare, ormai me ne sono fatta una ragione… Senti un po’, come mi hai deciso di unirti a dei pirati? Non sei esattamente il tipo di ragazzo che farebbe fatica a mettere su famiglia»
  «Sono venuto qui per cercare mio padre… Lui l’ha lasciata morire la mia famiglia. Tu invece? Come mai sei qui?»
«In che senso? La nave è mia!»
  «Intendo, sei una bella ragazza non penso che faresti molta fatica a trovare un ragazzo disposto a spostarti» Il ragazzo aveva detto quel commento con nonchalance, senza pensarci. Senza riflettere che la ragazza aveva passato la vita ad essere additata come la figlia di una prostituta da bambina, da sciagurata una volta cresciuta e che ora si ritrovava ad affrontare il primo complimento fattole da un ragazzo. Come di istinto aveva deciso di voltare il viso in modo da non incontrare lo sguardo del ragazzo, esaminando il fastidioso calore che sentiva le guance. Il suo intento però fallì visto che il suo gesto non era sfuggito agli occhi attenti del ragazzo.
  «E ora perché non mi guardi più in faccia? Sei arros-» Non aveva fatto in tempo a finire di parlare che si era ritrovato a terra, a faccia in giù con Amu che gli bloccava la schiena con il ginocchio e le braccia per i polsi.
«Non dire scempiaggini! Ti sembro il tipo? Idiota!» in realtà era vero, era arrossita seppur leggermente, ma non voleva mostrare al ragazzo il suo viso arrossato, non voleva mostrarsi debole… Non avrebbe commesso lo stesso errore una seconda volta.
  «Scusa, scusa! Come sei suscettibile! Cambiamo discorso che è meglio. Se non sono indiscreto, come… come è finita, si insomma tua sorella…»
«E’ morta con mia madre e i genitori dei ragazzi quando un’altra nave di pirati ci ha attaccati, noi eravamo tutti sotto coperta e quindi non ci hanno trovati… Quando siamo risaliti c’era solo un lago di sangue, mia sorella era preoccupata per nostra madre e hanno ucciso pure lei, aveva solo tre anni, se solo mi avesse ascoltato…» Prima di proseguire prese un lungo respiro «E così io e Kukai, appena undicenni, abbiamo tenuto insieme la ciurma.»
  «E’ per questo che le vele sono rosse?»
«Sai che non ti facevo così perspicace? Comunque si, è per quello»
  «Tu non hai un padre?»
«E’ vivo, ma per me è come se fosse morto molti anni fa»
  «Vedo che le figure paterne lasciano a desiderare un po’ ovunque…»
«Cosa ha combinato?»
  «Ne possiamo parlare in un altro momento, non sono molto comodo sai?» disse lui ricordando alla ragazza che lo stava ancora bloccando a terra con il ginocchio. Lei si era rialzata subito, sussurrando uno “scusami” che il ragazzo percepì appena, ma lasciò correre la cosa, non voleva rovinare il momento che si era venuto a creare.
  «Mio padre se ne è andato quando ero molto piccolo, lasciandomi solo con una sorella più piccola e mia madre gravemente malata… E morta l’anno scorso! Quel maledetto l’ha lasciata sola pur sapendo che fosse malata. Eppure lei l’ha sempre aspettato»
«Mi spiace, so cosa significa… Tua sorella?»
  «L’ha presa male! Adesso lavora in una locanda in una città, non è lontanissima da qui»
«Capisco…» disse lei semplicemente, posando lo sguardo sulla luna, alla quale mancava colo uno spicchio sottile per essere piena del tutto.
  «Credo che sia ora di andare a dormire, che ne dici Capitano?»
«Si, credo sia la cosa migliore… Ah, comunque…»
  «Si?»
«Comunque, grazie per avermi fatto un complimento, ma non serve mentire. E la seconda delle mie regole. Seconda regola della Bloody Rose: Mai mentire a nessun membro della ciurma.»
Lui, che era andato avanti di qualche passo verso il ponte inferiore, era giù sulla porta che conduceva alle scale e, nel sentire quelle parole si era voltato e le aveva rivolto un sorriso a metà tra il divertito e il malizioso e le aveva semplicemente detto:
  «Ho semplicemente detto la verità! Nulla di più» ed era sparito sotto coperta, lasciando Amu sul ponte principale, ad arrossire di nuovo alle sue parole per poi dirigersi in camera sua a grandi falcate, recuperando il suo contegno. Per la seconda volta in vita sua aveva mostrato il suo cuore ad un ragazzo, ora la domanda era: Quanto ci sarebbe voluto prima di rimanere scottati?

  
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