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Autore: piccolaluce    18/11/2012    6 recensioni
Mi bastò guardare il suo viso, pochi secondi , il tempo di riconoscerlo e capire che non potevo scappare.. che ormai non potevo più.. sapevo la risposta , si poteva cambiare tutto e sarebbe successo.
Non avrei mai creduto di arrivare a questo , solo perché in passato non avevo avuto il coraggio di impormi e di fare quelle domande che sicuramente mi avrebbero impedito di ritrovarmi in questa situazione..
Tenere un segreto dento e già di per se difficile , lo diventa ancora di più se non puoi condividerlo con nessuno.. ed io non potevo davvero confidarmi con nessuno, non potevo permettere che qualcuno lo sapesse , dovevo farlo , lo dovevo fare per lui..
Genere: Erotico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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CAPITOLO 35 .. crederci.....

*Ma ciao. Ma vi ricordate ancora di me? Eh? Io mi ricordo di voi. Molto bene in verità, però certo fossi in voi mi sarei dimenticata da un pezzo. Dove eravamo rimasti? Edward che sfugge da Bella, la evita, perchè? e poi... ah già, doveva tornare qualcuno,no? vi avviso che è il momento della verità. Ci sono tante cose che i due devono dirsi, forse non molto piacevoli. Ma non ve lo siete sempre chieste tutte cosa cavolo è passato nella testa di Edward 5 anni fa? bene adesso lo saprete. Chissà se ve lo aspettavate. So che i miei ritardi stanno abbassando le letture e me ne dispiace tantissimo. Per ora è il massimo che riesco a fare, cercherò comunque di dimezzare i tempi. Questo è uno dei capitoli più lunghi che io abbia mai scritto, e fosse stato poco tempo fa, l'avrei diviso in due, in modo da averlo pronto per la prossima volta e non farvi attendere troppo. Ma ve lo meritavate... per questo non mi andava di lascirvi sospese con le cose a metà. spero vi piaccia. E... grazie, è ciò che di meglio posso dirvi , un bacio, piccolaluce*


*
*
*
Quando comprendi di esser sola a lottare con il mondo , tutto è più difficile , più complicato. Perdi l’importanza anche delle piccole cose. Sai solo che ciò che di più bello hai , fugge da te, scappa per l’ennesima volta. E quando fa così, tu , infondo che puoi fare? Si può davvero fare qualcosa quando quel qualcuno non vuole che tu la faccia? Non vuole essere cercato? Non vuole far parte di quel mondo che tu troppo presto avevi immaginato di condividere insieme?

Edward stava facendo questo , stava scappando. Scappava come era sempre scappato da me. Ma stavo capendo una cosa. Nel bene e nel male tutto ciò che avevo, lo avevo per il semplice fatto di aver lottato per averlo. E se può sembrare qualcosa di bellissimo, se ci si ragiona bene , se si presta davvero attenzione , non lo è affatto.

Edward mi aveva fatto riflettere…

Ho lottato per il mio bambino. Lo volevo, dal primo momento e l’ho avuto. Ma quando ho smesso di lottare io per qualcosa, come Edward, anche se è stata colpa sua, io l’ho perso. Nessuno ha mai lottato per me, nessuno. Ho tutto ciò che mi ritrovo, perché sono stata io a volerlo. Le persone che mi sono accanto son quello a cui ho impedito di andar via, quello per cui ho lottato. Quando ho smesso di farlo, potrei partire dai miei genitori e finire con Edward, loro non l’hanno fatto per me, sono sola a combattere. Sono sempre stata sola. E mi rendo conto che forse lo sarò sempre e vorrei tanto rinunciare, non correre dietro a qualcuno che non vuole essere rincorso. Ma poi ecco i dubbi: e se solo non fosse pronto ad essere rincorso? Se avesse solo bisogno di tempo? Potrei aspettarlo? Ma forse la domanda è un’altra : potrei mai , adesso, dopo esserci ritrovati, lasciarlo andare?

La risposta è una sola, è sempre stata una : no, non potrei mai.

Ecco perché sono sul divano, aspettando che si decida a scendere. Dovrà farlo prima o poi, no?

Si dovrà farlo, e allora ne sentirà.

<< Ali, mi dai il tuo cell un attimo? >> mi serviva una cosa e per quanto banale fosse, mi andava di essere infantile. Quando si ha a che fare con qualcuno che si comporta da immaturo, come un ragazzino, che senso ha fare le persone mature? Tanto vale abbassarsi al suo livello. Non voleva vedermi? Bene. Non voleva sentirmi? Più che bene. Mi avrebbe letta allora.

<< Certo tieni… >> me lo diede senza nemmeno guardarmi o farmi anche la minima domanda al riguardo. Si fidava troppo. Ma poi, io non avrei fatto lo stesso con lei? Certo.

Mm, è un Nokia. È tanto che non ne posseggo uno, ma credo che nonostante l’evoluzione e gli aggiornamenti, il sistema operativo sia quasi uguale. Okay… bene, ovviamente i tasti non esistono più, no? Parlo proprio io che ho un telefono con un unico tasto. Bene… menù. Cerco l’icona dei messaggi, eccola. Opzioni. Crea messaggio. A : mm, vediamo un po’. Rubrica. Ecco l’elenco.

Amorino mio. Amorino mio 2. Amorino mio 3. Oh, Jazz, ma quanti numeri hai? Cavolo!

Amorino mio casa. Amorino mio mare. Ada. Finalmente un nome normale. Ma nel dubbio decido di scorrere fino alla EEmily. Eric. Fanny. Ma come? E… e… Edward dov’è? Può non esserci? Per un attimo –ma solo uno- penso di lasciar perdere, ma per fortuna Alice non aveva molti contatti con la F e ciò mi permise di scorgere immediatamente due nomi. Fratello e fratellino. Okay… ero quasi giunta alla meta. Ora mi toccava scegliere. Testa o croce? Tre scimmiette sul comò? Chiedere no , eh? No. Allora andando ad intuito –perché ovviamente non volevo sbagliare- sicuramente era fratellino quello giusto , visto che era il più piccolo. Selezionai il contatto e andai a scrivere il messaggio. Breve e concisa.

-Eri solo stanco. Non credi di esserti riposato abbastanza?-

Opzioni. Invia. Una piccola attesta di pochi secondi e poi : messaggio inviato. Bene, ecco l’ansia. Avrei forse dovuto dirgli che ero io? No , non avrebbe mai risposto. Una leggera vibrazione mi fece saltare sul posto, ma per fortuna nessuno si accorse di me, tutti ormai seguivano il pirata Rubber, costretti da Rob ovviamente.

Un nuovo messaggio. Apri.

-Ma sei scema? Da quando mi mandi messaggi invece di saltellare come una bambina per rompermi le palle? – sicuramente dopo questo messaggio avrei saputo come rinominarlo nella rubrica : mr finezza.

-Da quando anche tu fai il bambino. Perché non scendi?- forse non era giusto fingermi Alice ,non lo era affatto, e inizialmente la mia idea era quella di prendere il numero e scrivere da me, ma poi la voglia di sapere aveva preso il sopravvento.

-Perché non ti fai i cazzi tuoi?- come avevo detto? Ah si, mr finezza.

<< Ali, tu mi vuoi bene, vero? >> le chiesi facendo gli occhi più dolci che potessi, sperando assomigliassero almeno un po’ a quelli del gatto con gli stivali.

<< Si si, ti amo. Non hai bisogno del mio permesso. Fa ciò che devi… >> e dopo la sua linguaccia non avevo bisogno di altre conferme.

-Ma qui ti voglio tutti. Ti cerca la mamma…- sapevo che non era il caso di mettere in mezzo anche Esme, ma non avevo chance.

-Si certo, lei mi cerca, come no. Dì a “mamma” che sto dormendo e non rompere- ma guarda questo stronzo! Ops.

Mi rimproverai mentalmente solo per aver pensato una parolaccia di fronte a mio figlio. Eh, ma allora il padre? Altro che scuse, ne aveva dette –cioè scritte- più lui in un minuto che un grande parolacciere. Ecco parolacciere, se mi avesse sentita Alice l’avrebbe sicuramente inserita nel dizionario Bella-Italiano , Italiano-Bella. E quindi Edward sapeva che ero io a volerlo, bene tocchiamo l’istinto paterno allora.

-Anche Rob chiede di te… - troppo patetico? Non mi importava.

-Durante One piece? Non credo proprio. Non prendermi per il culo Alice, non ci sei mai riuscita, fallo salire con una scusa allora…- ma guarda questo qui. Ero tentata dal scrivergli che forse la sorella non ci era mai riuscita, ma lui adesso parlava con me, ma un rumore nel vialetto mi disturbò : una macchina. Sarà Carlisle, già di ritorno? Mm , potrebbe anche essere. Robert sembra tranquillo, ma vorrei Edward qui se qualcosa dovesse andare male.

La porta si aprì rivelando Carlisle per primo. << Eccoci a casa >> il suo plurale probabilmente inquietò un po’ tutti. E ci aspettavamo tutti di vedere comparire un omone dalla porta, ma tutto ciò che vedemmo fu un grandissimo cartellone. Pes 2013. L’unico indizio e tanti calciatori raffigurati.

<< Ah! Mamma! >> ecco, un timpano è scoppiato. << Mamma, mamma. Pes! Peeeeeees! >>

<< Si amore ho capito! >> bugia. Non avevo idea di cosa fosse.

<< Ehi… ciao Rob >> una voce che conoscevo e avevo odiato forse troppo. Ma cercava di farsi perdonare. L’attenzione era tutta per il piccolo.

<< Ehm… ho delle cose da sistemare, mi aiutate? >> il capo famiglia cercò di portare tutti in cucina in modo da lasciarci soli.

<< Ciao, Bella. >> era imbarazzato e non sapeva nemmeno come comportarsi. Volevo fargli capire che era tutto okay, ma non sapevo nemmeno come fare. << Ciao Emm! >> e forse avrei aggiunto qualcos’altro se mr finezza non avesse deciso di far la sua comparsa proprio ora.

<< Sei tornato eh? >> non era affatto cordiale, anzi, gli parlò proprio con astio.

Arrivò diretto sul divano senza degnare il fratello di uno sguardo e prese il piccolo tra le braccia. Forse pensava che se avesse tenuto Rob, con le mani occupate, si sarebbe trattenuto dal picchiarlo ancora. Con questo pensiero guardai Emmett in viso per la prima volta da quando era entrato. Una gran bella macchia violacea faceva bella mostra di sé sull’occhio sinistro. Edward doveva star pensando la stessa cosa. << Ti dona il viola, anche se credo che il nero avrebbe fatto un effetto diverso. >> cioè, a me era passata, perché a lui ancora no? Mi guardò un attimo e istintivamente nascosi tra le gambe il cellulare di Alice che era ancora tra le mie mani, sperando non se ne accorgesse. Mi sentii avvampare al pensiero della pessima figura che stavo per fare : beccata in flagrante, ma Edward per fortuna era concentrato sul fratello e non se ne accorse.

<< Scusate >> fu tutto ciò che disse Emmett in risposta ad Edward. Che poteva dire altro?

<< Non bastano le scuse, se non fossi arrivato in tempo? >> questo me l’ero chiesto anche io, ma non avevo voluto soffermarmici molto.

<< Pensi davvero che gli avrei fatto del male? Mi credi capace? È solo che non c’ho visto più, quando… >>

<< Non mi interessa >> lo interruppe Edward senza permettergli di spiegarsi. Pensai che stesse per finire male, specialmente quando appoggiai una mano sull’avambraccio di Edward e lui mi scansò via, ma invece mi sorprese. << Dai, che hai portato qui? >>

Si mise a controllare, per rendere partecipe anche il piccolo, ciò che aveva portato Emm.

<< Pes tredici. Finalmente possiamo fare una partita decente… >>

<< Ah ah ah >>. Edward scoppiò a ridere. Cosa c’era di così divertente adesso? << Dillo che è tutta una scusa per annullare il punteggio. Crede di vincere, no Rob? >> ah, cominciavo a capire.

<< Si ma lo battiamo >> era bellissimo vedere collaborare padre e figlio. Erano perfetti.

<< Giochi ancora con zio, eh? >> ecco la domanda da un milione di dollari.

<< Si! >> non ci pensò nemmeno un attimo. Nel suo cuore l’aveva perdonato subito e lo stesso era per Edward. Solo ora capivo, davanti a Rob voleva far vedere che le brutte azioni vanno punite, ma sapendo la strana percezione del tempo dei bambini, era subito passato a far pace.

Gli altri vedendo le acque calmarsi rientrarono in salotto e vidi Edward alzarsi.

Prima che mi scappasse ancora mi alzai anche io per parlargli, magari avremmo fatto una passeggiata per vedere che cavolo gli succedeva. Lasciai Rob al sicuro che giocava alla play. Sentii Edward sbruffare al solo rendersi conto che mi stavo alzando anche io. Cominciavamo proprio male…

<< Edward… >> lo chiamai.

<< Devo andare >> si dileguò come sempre per le scale, ma questa volta non lo lasciai, lo seguii. Ma lui imperterrito fece finta di niente e continuò la sua fuga. Lo bloccai arrivati alla sua stanza. Eravamo parecchio lontani, non ci avrebbero sentiti, ma non si sapeva. Avrei preferito entrare dentro.

<< Edward! >> mi esasperai al suo ennesimo rifiuto.

<< Che c’è? >> come?

<< Si può sapere che ti prende? Non dire che sei stanco, so che mi stai evitando >> era evidente.

<< Che mi prende? Mi chiedi che mi prende? Lo vuoi sapere? >> era il momento perfetto. Finalmente ci saremmo detti tutto.

<< Si certo che lo voglio sapere >> ma forse mi pentii subito di volerlo sapere, non sapendo cosa mi aspettava.

<< L’hai voluto tu >> ecco, appunto. << Me l’hai tenuto nascosto. E non parlo dei cinque anni, no. So già che troveresti mille scuse. Parlo di questi mesi. Tu lo sapevi, dici che sono io il padre, no? Allora l’hai sempre saputo. Dimmi perché cazzo non me l’hai detto subito. Dal momento in cui hai messo piede qui. Perché. Cazzo. Non. Me. Lo. Hai. Detto. >> sputò tutto ciò che aveva dentro, con rabbia e odio.

<< Ma sei forse impazzito? >> lo trascinai a forza dentro la stanza, incurante del suo rifiuto, e senza potermici soffermare molto, visto che era la prima volta che vi entravo e desideravo farlo da tanto. << Perché non te l’ho detto? Perché? Mi hai lasciata con un messaggio, te lo sei forse dimenticato? Eh , certo. Ricordiamo solo quello che ha fatto Bella, no? Certo, così è più facile. Così sono solo io a sbagliare. Certo, avrei potuto dirtelo, subito. È vero, ma mi hai aggredita dal primo istante. Da quando ho messo piede qui. No anzi, appena hai visto quell’angelo di sotto mi hai sputato addosso cattiverie e accuse infondate, mentre mi accusavi, avrei dovuto dirti la verità? >> lui aveva le sue accuse ma anche io non ero da meno.

<< Non sapevo fosse mio figlio… >> oh caro, questa non è una scusa.

<< E credi che ti giustifichi? Pensi che, solo perché non sapevi che fosse tuo figlio, ciò ti autorizzava a spruzzare veleno addosso a me? Dopo cinque anni di silenzio? Dopo cinque anni di vuoto? L’ignoto ti dava il diritto di accusarmi? >>  questa volta non avrei sorvolato, avrei chiarito ogni dubbio. Approfittai del suo silenzio per fargli le famose domande. << Perché sei andato via? Perché non mi hai mai cercata? >>

<< Perché tu mi hai tradito… >> tradito. Quante volte avevo dovuto sentire quella parola prima di oggi? Proprio da lui. La persona che più avevo amato nella mia vita.

<< E sulle basi di cosa, dici questa stronzata? >>

<< Ti ho vista, sai? Quel pomeriggio ti ho vista con Black… >> rimasi paralizzata dalla sua affermazione. << Non l’avevi capito, davvero credevi che mi fosse sfuggito? Che non lo sapessi? >>

<< Ma che stai dicendo? Quale pomeriggio? Sai che non l’ho più visto… >> ero molto confusa. Non l’avevo più visto. Eccetto…

<< Il giorno che me ne sono andato. Il giorno in cui avremmo dovuto parlare … tu eri lì, ai giardini, con lui. Vi ho visto. Ho visto mentre ti accarezzavi il ventre, ma non potevo sapere. Mi sono avvicinato, sue queste parole , mi apparterrai per sempre, no? Credi davvero che volessi altre conferme? Che volessi sentirtelo dire? Ti ho tolto il peso… >> come immaginavo, si riferiva a quella sera, ma della verità, di come erano andate realmente le cose, aveva capito ben poco. << Me lo sono chiesto in questi giorni. Quando hai saputo che era mio? Al parto? È stato allora che vi siete lasciati? O col tempo ha visto la somiglianza, il povero stronzo? >> stava esagerando e la mia mano volò, senza che potessi impedirlo, sulla sua guancia. Non si scompose più di tanto, forse se lo aspettava dopo ciò che aveva detto ,ma ne approfittai per chiarire le cose una volta per tutte.

<< Sei solo un cretino. E non hai capito un bel niente. Lo sai cosa mi ha detto? Lo sai? Lo vuoi sapere davvero? Adesso gli apparterrai per sempre. Queste sono state le sue parole e non quelle che hai interpretato tu. Queste. E sai perché? Eh no. No, che non lo sai, perché non me l’hai mai chiesto. Mi ha vista, mi ha vista felice, felice perché stavo ancora con te. Non mi ha mai perdonata per averti scelto, ma ha capito che non c’erano speranze per lui, ha capito che non mi ero mai pentita. Mai. Non so se lo intuì, non l’ho mai saputo, perché non l’ho più visto. Forse come dici tu, mi accarezzavo il ventre, un gesto involontario. Lo sapevo da così poco tempo. Non l’avevo detto a nessuno, tu dovevi essere il primo. Non avevo dubbi che fosse tuo, mai avuti. Era di questo che dovevamo parlare, questa era la mia sorpresa… >> non potei evitare alle mie lacrime di sgorgare. Le avevo trattenute per troppo tempo.

<< No. Io… non può essere. No! lui… >> non sapeva più come continuare. Aveva creduto davvero in ciò che aveva visto?

<< Lui che cosa? È bastato così poco a farti cedere? Per farti perdere fiducia in me? Così poco per smettere di credere in noi? >> anche se aveva frainteso, non bastava. Non era sufficiente per sparire. Non poteva essere sparito per questo.

Si gettò sconfitto sul letto. I gomiti sulle ginocchia, le mani tra i capelli a torturarli.

<< No. Lui me l’ha detto. >> ah? << Quel pomeriggio andai da lui. Volevo spaccargli la faccia. In verità lo feci anche. Non sapevo ancora nemmeno perché, ma dovevo farlo. Volevo che mi giurasse che non era successo, che tu non volevi. Qualsiasi cosa, pur di non credere che tu mi avessi tradito, che io ti stessi per perdere. Ma… >> cosa mi stava raccontando? Quando era successo tutto ciò?

<< Ma…? >> lo incitai a continuare.

<< Ma non me lo negò, mai. Mi diede conferme, conferme che nemmeno avevo chiesto e nemmeno volevo sentire. Ogni conferma un pugno. Ne ricevette davvero tanti. Mi disse che stavate insieme già da un po’. Che eravate tornati insieme, che mi tradivi, che ti eri pentita, che hai sempre voluto lui. Io ero stato solo una sbandata. Avrei accettato anche questo. Avrei accettato tutto pur di non perderti. Ti amavo e sapevo che per te era lo stesso. Non potevi aver finto, qualcosa doveva esser successa e l’avremmo risolta. O forse lo credevo solo per non accettare che fossi tornata da lui. Non so, e non so nemmeno se lo capì lui. Più picchiavo, più volevo picchiere. E più ne prendeva, più continuava. Forse credeva fosse l’unico modo per convincermi, l’ultima speranza che avesse con te. Ma io non mollavo, non cedevo. >> si fermò un attimo perso nei ricordi di quella sera. << La goccia fu quando mi disse che eri incinta. Aspetta un bambino, lo sai? No! Perché è mio! Pestami, uccidimi, fai quel che vuoi, ma lei sarà sempre mia. Sue parole, non potrei mai dimenticarle. Unite a ciò che avevo visto solo poche ore prima mi fecero capire che era una partita persa. Non c’era più niente per cui lottare. Continuai a picchiare, finché non mi riempii le mani di sangue e lo resi irriconoscibile. Mi accertai che respirasse ancora e forse inconsciamente smisi per non lasciare un bambino senza padre, il tuo bambino, ma forse non so nemmeno io perché smisi. Ma mi alzai e me ne andai. Tornai a casa e ti mandai quel messaggio, il mio ultimo contatto con te. Nella mia mente ti stavo facendo un favore, nella realtà avevo perso tutto… >> ormai piangevo singhiozzando. Non era potuto succedere. Non a me, non al mio bambino, non a noi. Durante il suo discorso avevo provato diversi sentimenti contrastanti. Rabbia per quell’infame, dolore per Edward ma tutto era stato sostituito dalla delusione. Come aveva potuto credergli?

<< Tu avevi qualcosa per lottare. Avevi il tuo bambino… >> dissi tra i singhiozzi.

<< Io… io non potevo saperlo, dannazione! >> mi urlò contro.

<< Potevi invece, eccome se potevi. Dovevi venire da me. Saresti dovuto venire da me. A chiedere. Saresti dovuto venire a chiedermelo, a guardarmi in faccia. Non avrei potuto mentirti. Avresti capito che era un errore. Non ti saresti perso nulla… che cazzo ti costava parlarne con me, ero il tuo amore, no? >> non avevo più voce, usciva un suono rauco e disturbato, non riuscii nemmeno a capire se per il pianto o per le urla. Ormai erano un tutt’uno.

<< Non potevo, proprio perché eri il mio amore. Non avrei sopportato di sentirmelo dire da te. Sarebbe stato troppo per me, per il mio cuore. Se tu non l’avessi incontrato, se non vi avessi visti, non sarei mai andato da lui. Non mia avrebbe mai detto nulla e non mi sarei perso la vita di mio figlio… >>

<< Non darmi colpe che non ho. Non ho scelto di incontrarlo no, che non l’ho scelto. Non cercare di scaricarmi la colpa, perché non sono io ad aver sbagliato, o comunque non lo sola. Abbiamo sbagliato entrambi, accettalo… dovrai farlo >> erano errori commessi insieme.

<< Non posso accettare di essere io ad aver sbagliato. Non posso anche solo pensare di aver perso mio figlio per un mio errore… >>

<< Credi che io possa invece? Credi che sia facile accettare che mio figlio non ha avuto un padre anche per colpa mia? Ma possiamo cambiare le cose. Tu non hai perso un figlio. L’hai trovato. È vero, hai perso cinque anni, ma adesso è qui, sei qui… >> non avrei accettato che rinunciasse a lui.

<< Si è qui. Ma perché? Perché mia sorella ti ha invitata qui? Per un caso? >> no , non per un caso.

<< No,  certo che no, non è stato un caso. Il destino ci ha riuniti… >> era tutto troppo impossibile altrimenti.

<< Il destino un cazzo! Che destino separa un padre e un figlio? Eh? Me lo dici? Quale destino avrebbe separato due persone che si amavano? >> mi ferii molto il suo amavano. Ma erano passati troppi anni, ovvio che non fosse più così.

<< Un destino un po’ bastardo. Ma è sempre lo stesso destino che ci ha fatto incontrare una volta e ci ha riportato qui… >>

<< Non mettere in mezzo discorsi che non c’entrano, mi fai incazzare. Tutto si sarebbe potuto evitare. Se tu… se lui. Se solo… >> doveva smetterla di accusarmi.

<< Basta con i se, Edward, non abbiamo più tempo per pensare come sarebbe potuta andare. Anche tu avresti potuto lasciarmi una traccia, un numero, qualsiasi cosa e io avrei messo da parte tutto. Io sarei tornata da te… >>

<< Stai dando la colpa a me? Io non volevo vederti, non volevo che mi cercassi, io quella notte ho perso tutto… >>

<< E pensi di essere stato il solo? Anche io ho perso tutto… >>

<< Tu hai Rob >> ma che cazzo di discorsi faceva?

<< Io ho Rob è vero. Ma ero sola. Avevo solo il mio bambino. Io e lui contro il mondo. E adesso anche tu hai lui… >> dovevo averne la certezza e non capii se non voleva più o se lo desse per scontato, ma non proferì più parola. Si alzò come se fosse tutto concluso e chiarito e arrivò alla porta.

<< Edward, spiegami. Che cos’è cambiato? Cosa? Andava tutto bene… >>

<< Tutto bene? Per te questo è bene? Tutto è costruito su delle cazzate e va bene? Eh no, a me non va bene. Non va bene per niente… >> ma cosa era scattato? Cosa ? Cominciò ad andarsene ma lo seguii, mi doveva delle risposte. Arrivati al bagno tornò indietro sperando che l’avvicinarci agli altri mi impaurisse, ma si sbagliava, lo bloccai a metà strada.

<< Qual è il problema? Paura di responsabilità? È troppo per te, tutto in una volta? >> in breve ripercorse i pochi metri di distanza che aveva creato e arrivò ad un soffio dal mio viso.

<< Non. Dire. Cazzate. >>

<< Dico quello che vedo… ci stai lasciando >>

<< No, non è vero. Io non lo lascerei mai… >> lui, lui non lascerebbe mai. Stava lasciando me…

<< Dimmi, perché? Perché ora? >>

<< Perché ci sono tante cose che non riesco a dimenticare, che non posso perdonare. >>

<< Perché ho aspettato, per dirtelo, è per questo? Lo sapevi anche prima. Io avrei chiarito subito, tu non hai voluto. Tu. Mi. Hai. Detto che. Che c’era tempo… che avremmo parlato >> la crisi isterica stava arrivando, la sentivo. Cominciavo a percepire tutto da un altro punto di vista, mi sentivo usata.

<< No. Io… credevo che l’avrei accettato. Ero così felice che pensavo non mi sarebbe importato dopo. Dovevo provare, sapere se mi stavo legando a te solo per il bambino o perché mi mancavi… >>

<< E cosa hai concluso? >> non ero sicura di voler sapere la risposta, non ero pronta.

<< Non lo so… tu, non me l’hai detto >>

<< Ma Vaffanculo Edward… >> ormai non mi importava nemmeno che mi sentissero arrivati a questo punto. << Avresti dovuto pensarci prima >>

<< Stanno accadendo troppe cose, io non riesco a non pensare che avrei potuto vivere ciò che ho perso >> perché non capiva che non era colpa mia?

<< Ti stai arrampicando… che cazzo ti succede? Quando hai smesso di credere in noi? Quando hai smesso di crederci? >> ormai avevo il viso rigato dalle lacrime e urlavo a squarciagola. Sentii dei passi, sicuramente Alice, ma non m’importava.

<< Cosa vuoi da me? Forse non c’ho mai creduto… è stato un errore >> e quella fu l’ultima pugnalata. Un errore. Ecco cos’ero per lui.

<< Cosa voglio? Voglio che avresti dovuto dirlo prima, prima di portarmi a letto >> e ci voltammo verso le scale contemporaneamente, impreparati a ciò che vi trovammo : Carlisle mortificato e Alice alle sue spalle. Combattuta dall’abbracciare me o uccidere il fratello, lo sapevo.

Forse anche lui adesso era combattuto, forse non sapeva davvero ciò che voleva , ma nella sua ricerca una cosa l’aveva fatta.

Aveva smesso di crederci, aveva smesso di credere in noi…
   
 
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