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Autore: appleschoice    21/11/2012    8 recensioni
Dal primo capitolo:
Mi infilo i tacchi, mi alzo in piedi e impongo a me stessa di fare ciò per cui sono uscita questa notte. Inizio a camminare, slacciandomi il cappotto e lasciando il vestitino di pelle in bella vista.
Dopo dieci minuti una macchina accosta.
Il mio cuore balza in gola e le mie mani prendono a tremare, non per il freddo.
Mi giro lentamente verso il finestrino e una macchina nera e grossa mi appare davanti.
Il finestrino scende lentamente e scorgo al suo interno un uomo riccio e moro, con occhi verdi e stanchi, con un viso magro, ma è dannatamente bello e... familiare.
No, non può essere lui.
Genere: Commedia, Erotico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Parigi.
Sì, Parigi: la città dell'amore, degli innamorati, dei sogni, della speranza e di tutte quelle robe lì.
Sono esattamente quattro mesi che sono qui.
Oggi è il primo di novembre e fa un freddo cane, ma io non posso lamentarmi.
Mi guardo allo specchio e seguo ogni particolare che quel vestitino mette in evidenza.
Mi sento bella, forse perché tutti me lo continuano a ripetere ogni santissimo giorno.
O forse perché è l'unica cosa di cui posso ancora vantarmi.
Stretto, di pelle, corto e che copre poco.
Come ci sono arrivata fin qua? Questo me lo ricordo.
Il primo di Luglio sono partita dall'Italia, da casa mia, dal mio paese, alla ricerca di un vita diversa e forse anche migliore, anche se l'ultima cosa di cui mi lamentavo era di come vivevo. I miei genitori sono sempre stati dolci e comprensivi e quando mi hanno regalato un biglietto di sola andata per Parigi e duemila euro ero al settimo cielo.
Mi avevano detto che se ciò che volevo era andare in un posto all'estero per provare a vivere sola senza l'aiuto di nessuno, loro mi avrebbero lasciato.
Sono arrivata piena di grinta, di voglia di vivere, di lavorare e di sognare ed ha funzionato il primo mese.
Finché non ho finito i soldi dei miei, mi rendo conto che ho l'affitto da pagare e che di lavoro non ne ho cercato.
Allora ho iniziato ha raccontare cazzate ai miei genitori, dicendogli che la casa che avevano affittato per me è bellissima, che ho trovato un lavoro come cameriera in un lussuoso ristorante e che il francese inizia a piacermi.
Solo l'ultima non è una bugia.
Dopo un mese di relax, è iniziato l'inferno: il tipo dell'appartamento vuole l'affitto, che io però non riesco a pagare e così mi caccia di casa.
Nel giro di una mattina e un pomeriggio trovo un lavoro da barista in un night-club squallido nel terzo quartiere messo peggio di Parigi, dove le puttane e il sesso in mezzo alla strada sono all'ordine della notte. Dove la polizia gira per farsi una scopata con quelle povere ragazze che sorridono, ma che piangono dentro.
Mi pagano di merda in quello schifo di locale, ma non importa, io almeno non devo fare la puttana.
La prima notte che non ho più un posto per dormire, conosco Debbi, una ragazza lesbica e francese con i genitori di origine Italiana, ma che non vede da quando era piccola.
Lavora nel mio stesso locale, solo che lei fa la spogliarellista e ha 25 anni, e quando non lavora la notte fa la puttana, perché i soldi che le danno non sono abbastanza.
Mi offre di dormire a casa sua, ma che avrei dovuto pagare metà affitto, più metà delle spese.
Mi va bene, almeno avrei iniziato a fare qualcosa.
Passo tre mesi così, lavorando la notte e dormendo il giorno.
Debbi diventa una buona amica anche se non la ritengo affidabile, ma comunque mi fa ridere qualche volta.
Il francese ormai lo so quasi perfettamente e la mia vita va avanti così.
Mi chiamo Serena, ho 20 anni e tra un mese e 13 giorni ne faccio 21, ma questo non mi interessa.
Sono ancora davanti allo specchio, mentre penso a questi mesi passati.
Pochi, ma mi sembrano un'infinità. Forse perché li ho vissuti da schifo.
E' il primo di novembre e fa un freddo cane, ma io non posso lamentarmi, perché i soldi che mi danno in quel - si fa per dire - locale, non sono sufficienti per vivere e me ne servono altri.
E devo averli.
E' la prima notte per me e ho paura. E Debbi lo nota mentre mi guarda dal letto pronta per mostrarmi quello schifo di mondo che non ho mai creduto di poter conoscere da così vicino.
«Si vede che sono una puttana?» sussurro con uno sorriso di disgusto sul volto.
Debbi si alza dal letto e mi abbraccia da dietro. Ora siamo in due riflesse su quello specchio.
Mi bacia il collo e io chiudo gli occhi facendo un lungo respiro.
«Ti prometto che passerà velocemente questa notte.» mi sussurra nell'orecchio.
Io torno a guardarci riflesse nello specchio. Entrambe puttane da stasera.
Una lacrima mi scappa senza nemmeno che me ne rendo conto e la mia espressione è terrorizzata.
«Tieni.» dice Debbi prendendo qualche preservativo dal suo giubbotto.
Lo infilo nella tasca del mio cappotto, più lungo del vestito.
Usciamo fuori da casa e il vento gelido mi graffia i polpacci, l'unica parte nuda e ancora visibile finché ho addosso il cappotto.
Sono le 2:03 di notte e Parigi non dorme, anzi questo è il momento di vivere e per me di morire.
Si accosta una macchina rosso fuoco e il finestrino si abbassa. Osservo Debbi che si china e parla con tono provocatorio con il conducente, sorride e lo provoca mostrando il suo seno.
Quell'uomo sulla sessantina tira fuori dei bigliettoni da 500 euro e Debbi fa il giro della macchina per poi salire davanti con l'uomo.
Mi lancia uno sguardo preoccupato e poi mi fa un occhiolino prima di partire e mi lascia lì da sola, con uno scopo: soddisfare gli uomini e farmi pagare.
In trenta minuti sette macchine si sono fermate accanto a me.
Inizialmente provo a fare come ho visto fare da Debbi, ma poi qualcosa dentro di me mi ferma e faccio capire che non sono quello che pensano, e loro ripartono, pronti a trovarsene un'altra.
Sono seduta sul marciapiede, che mi massaggio i piedi e maledico quei tacchi di merda che mi ha dato Debbi.
E noto quel tatuaggio sul mio polso, che avevo fatto quando avevo diciotto anni per il mio compleanno, quando finalmente non dovevo più avere il consenso dei miei genitori.
Sorrido guardandolo e mi ricordo di ciò che facevo fino a tre mesi fa. Prima di finire dove ora sono.
«One direction…» sussurro sfiorandomi il polso.
Ascoltavo musica, e vivevo della loro musica.
«Ecco cosa mi faceva star bene.» dico incantandomi a guardare il tatuaggio.
E ora sono qui, che sciupo la mia vita, o per meglio dire provo a farla funzionare in un modo che nessuna persona su questa terra vorrebbe fare.
Amavo ascoltare musica, amavo quei cinque ragazzi. Io vivevo grazie a quei cinque ragazzi, sognavo e non smettevo di sperare.
Ma poi la mia testa ha imposto al mio cuore di frenare i sentimenti e i sogni e di rinchiuderli in un cassetto, e sigillarlo. E io ho ceduto, dimenticando l'amore e la libertà che provavo ascoltando la loro musica, i battiti che creavano le loro voci, la sua voce...
Li ho dimenticati perché io devo smetterla di illudermi. Perché ormai è questa la mia vita e non andrei mai a chiedere aiuto ai miei genitori, per orgoglio, per vergogna e per paura di ferirli.
Mi infilo i tacchi, mi alzo in piedi e impongo a me stessa di fare ciò per cui sono uscita questa notte. Inizio a camminare, slacciandomi il cappotto e lasciando il vestitino di pelle in bella vista.
Dopo dieci minuti una macchina accosta.
Il mio cuore balza in gola e le mie mani prendono a tremare, non per il freddo.
Mi giro lentamente verso il finestrino e una macchina nera e grossa mi appare davanti.
Il finestrino scende lentamente e scorgo al suo interno un uomo riccio e moro, con occhi verdi e stanchi, con un viso magro, ma è dannatamente bello e... familiare.

No, non può essere lui.






•••

Ciao amorini, eccomi con una nuova storia. E' un po' diversa da quelle che avete sempre letto, almeno lo spero.
Faccio un appunto: Harry ha tre anni in più della protagonista, quindi la storia è ambientata in un 'futuro prossimo'.
Detto ciò, non vi svelo niente e vi lascio leggere.
Spero vi piaccia, bacioni.


  
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