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Autore: Bruli    22/11/2012    3 recensioni
Mia prima fanfiction, in cui troviamo una Nami alle prese coi fantasmi del passato. Riuscirà a ritrovare la fiducia in se stessa o avrà bisogno di una piccola spinta? Spero vi piaccia e che attraverso le vostre opinioni mi aiuterete a migliorare =)
Dal cap 2 :
"Piangeva, Nami piangeva.
Per l’ennesima litigata con lo spadaccino. Per le parole del nemico che le rimbombavano insistentemente nella testa. Per quello che avevano fatto a Bellemere, per quello che avevano fatto a lei. Per la sua debolezza e il suo orgoglio, che non le permettevano di aprirsi con gli amici. Per la consapevolezza dell’ingratitudine nei loro confronti.
Piangeva, scossa dai singhiozzi, incurante del dolore che le straziava il petto, dando finalmente sfogo a tutta la frustrazione e il dolore accumulati, all’angoscia che le opprimeva il cuore. Cacciando insieme alle lacrime tutto ciò che aveva in corpo.
Piangeva, perché non riusciva a non piangere.
Perché quando si comincia a piangere, si piange per tutto e si piange a lungo."
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nami, Roronoa Zoro, Un po' tutti | Coppie: Nami/Zoro
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Una sola lacrima cristallina scivolò lungo lo zigomo della ragazza per poi depositarsi, salata, sulle sue labbra.

La navigatrice, i pugni stretti lungo i fianchi, guardava il sole sorgere all’orizzonte donare un piacevole colore dorato al mare.

Un tremore rabbioso percorreva il suo corpo, rabbia verso se stessa e il suo brutto carattere, isterico e orgoglioso, che malediceva silenziosamente, non riuscendo a capacitarsi della propria debolezza. Pensava di essere forte, di poter resistere e affrontare qualsiasi difficoltà con quella tempra e quella faccia tosta che avevano contribuito nel tempo al suo soprannome : la “Gatta Ladra”. Ma come poteva considerarsi forte dopo aver trattato così male i compagni, la sua famiglia, senza che avessero colpa alcuna? 

La verità era semplice: era spaventata, anzi terrorizzata, da quei fantasmi del passato che ormai da una settima infestavano i suoi sogni senza che lei potesse in alcun modo difendersi da quelle intrusioni. Ma lei, invece di reagire come una persona adulta, come la donna forte che credeva di essere, aveva preferito sfogare la sua frustrazione sui compagni, urlando cattiverie gratuite anziché lasciarsi consolare.

Ora, calmatasi finalmente, cercava di trovare un modo per sanare il danno che aveva fatto, desiderando che a furia di mordersi la lingua non potesse più fare del male aprendo quella sua boccaccia, a cui come al suo solito aveva dato aria senza pensare.

Sapeva, però, che era inutile starsene a piangere sul latte versato, perché a pagarne le conseguenze sarebbero stati sempre loro che, buoni com’erano, pensavano essere la causa del suo male, mentre in realtà erano proprio coloro che più le donavano forza. 

Odiava sentirsi così dipendenti dagli altri, così schiava delle sue paure e piagnucolona, così… così mocciosa! Per una volta il termine usato dal buzzurro le sembrava davvero quello che le calzava meglio!

“Mocciosa” sibilò triste, “Sono solo una mocciosa che gioca a fare la donna”.

Si morse con maggiore forza la lingua, fino a sentire il familiare sapore metallico stuzzicarle le papille gustative.  

No, non poteva continuare a starsene lì a piangersi addosso, doveva fare qualcosa, doveva trovare un modo per farsi perdonare. Ne avrebbero parlato, si, ne avrebbero parlato e tutto sicuramente si sarebbe sistemato! Ma come poteva scusarsi senza spiegare il motivo del suo comportamento, senza mostrarsi ancora una volta quella debole e insicura, bisognosa di aiuto? Per cosa, poi? Per dei sogni! Diamine, loro erano pirati, forti e temerari, non avevano certo bisogno di una mocciosa piagnucolona che non sapeva far altro che tremare in caso di pericolo, costringendo gli altri a rischiare la vita per aver salva la sua!

Certo, da quando l’avevano liberata dall’opprimente schiavitù di Arlong, quel viscido uomopesce che teneva sotto controllo la sua isola natale, era migliorata notevolmente quanto a combattimento e aveva imparato a fare gioco di squadra, ma ancora non era abbastanza. Persino Usop , fifone com’era, in battaglia risultava più utile di lei grazie alla sua formidabile inventiva! 

No, decisamente non meritavano le brutte parole che aveva rivolto loro la sera precedente, specialmente se provenivano da una mocciosa come lei.

La notte prima non era riuscita a chiudere occhio presa da quei terribili incubi e si era svegliata, come stava diventando ormai abituale, tremante e sudata , preda del panico.

Nella speranza di dare un taglio a quelle violazioni del suo subconscio, aveva deciso che probabilmente il modo migliore per rilassarsi fosse dedicarsi al disegno delle sue amate cartine, portandosi un po’ avanti col lavoro. La stanchezza, però, cominciava a farsi sentire e gli schiamazzi abituali della ciurma non aiutavano di certo la già scarsa concentrazione.

Ma la goccia che aveva fatto traboccare il vaso fu una botta fortissima al legno della nave causata da uno del loro soliti “amichevoli” combattimenti, che fece tremare l’intera struttura e rovesciare, così, la boccetta d’inchiostro sulle cartine appena finite.

Nami allora, vedendo il frutto della sua giornata di lavoro completamente rovinato, era uscita dallo studio come una furia e sbattendo i tacchi sul legno della nave aveva raggiunto i compagni all’esterno.

<< ADESSO BASTA! Non avete alcun rispetto per il mio lavoro e per il sogno che intendo realizzare, non avete alcun rispetto per me! Io vi assecondo in ogni vostra bravata e in ogni vostro capriccio, in cambio vi chiedo solo un po’ di tranquillità quando lavoro, ma voi niente, non ve ne importa niente! Siete solo degli egoisti e degli insensibili e io non vi sopporto più!>> aveva esclamato con le lacrime che le pizzicavano gli occhi. < >

Ormai sull’orlo delle lacrime , la ragazza aveva rivolto un’ultima occhiata furiosa ai compagni zittiti dall’irruenza di quelle parole, prima di volare i tacchi e correre rossa in viso nella sua camera.  Si era gettata con poca grazia sul letto e, appena poggiato il capo sul cuscino, Morfeo l’aveva accolta dolcemente tra le braccia.

Ancora una volta i sogni furono agitati e quando si era svegliata quella mattina al sorgere del sole, la avvolgeva una sensazione di pentimento e di tristezza.

Intenta a rimuginare sugli accadimenti della sera precedente, sobbalzò nel sentire una familiare voce assonnata chiamarla.

<< Mocciosa >>  fece il ragazzo.

<< Che vuoi? >> chiese acida la navigatrice, non aspettandosi ci fosse qualcuno ad assistere al suo pianto silenzioso. 

Lui le rivolse uno sguardo un po’ risentito per l’asprezza con cui erano state pronunciate quelle due parole.

<< Volevo solo controllare che stessi bene >> rispose con quel suo solito tono di voce calmo e indifferente , ma lo sguardo guardingo  << Ieri sera non sembravi te stessa: siamo sempre stati dei gran confusionari, ma per quanto tu ci riprenda sempre, non ti eri mai rivolta a noi in quel modo >>.

<< Sto benissimo >> fece lei fredda << E in ogni caso non credo ti interessi dal momento che tu pensi sempre e solo a te stesso. >> . 

Si sentiva in colpa, terribilmente in colpa, tanto per la sera precedente, quanto per come si stava rivolgendo ora al ragazzo. Sapeva di aver esagerato con le parole, ma l’acidità era l’unica arma che possedeva per difendersi da se stessa, l’unico modo per non scoppiare a piangere seduta stante. E lei non voleva che nessuno più la vedesse vulnerabile, specialmente quel ragazzo dai capelli verdi che tanto la irritava. Si era promessa più e più volte, dopo la morte di Bellemere, che non avrebbe versato ancora una volta una sola lacrima in pubblico. Per non dare la soddisfazione di vederla sconfitta e indifesa. E soprattutto, perché una volta che si comincia a piangere, si piange per tutto e si piange a lungo.

Lo spadaccino continuò ad osservarla imperturbabile, negli occhi color ebano un’ombra pensierosa a scurirli ancor di più. Odiava, la bella Nami, odiava non riuscire a scorgere su quel viso fiero alcun indizio che potesse aiutarla a capire i pensieri che gli attraversavano la mente. 

<< Smettila di fissarmi >> sibilò a denti stretti. Si sentiva nuda davanti a quello sguardo indagatore, nuda e vulnerabile.

Il ragazzo alzò le spalle con il suo solito atteggiamento indifferente.

<< Come vuoi>> .

Si voltò incamminandosi verso la cucina, per poi fermarsi dopo pochi passi.

<< Non so cosa tu stia passando, >> disse << purtroppo non ho idea di come ragionino le mocciose come te, ma ieri hai davvero ferito Rufy col tuo comportamento… Addirittura non ha toccato cibo a cena! >>.

Rufy che rinunciava alla cena? Le gambe di Nami cominciarono a tremare, ma con voce ferma esclamò : << Non c’è bisogno che sia tu a spiegarmi che mi sono comportata male, lo so benissimo da sola! >>.

<< Allora smettila di fare la mocciosa e fa’ qualcosa! >>.

<< Non sono una mocciosa! >>.

Ormai sull’orlo delle lacrime, la cartografa scappò via prima che Zoro potesse replicare o potesse vedere quei piccoli cristalli d’acqua che si stavano formando nei suoi occhi. Lo spadaccino aveva ragione invece, aveva maledettamente ragione e lei lo sapeva.

Chiusa nel bagno, osservò l’immagine che lo specchio le rimandava. Una ragazza dai capelli rossi scompigliati la guardava con occhi gonfi dal pianto. No, quella non era lei, non era la Nami che conosceva e che aveva superato tanti pericoli nella sua vita: pirati, malviventi, ladri… non aveva avuto mai timore di affrontare gente della peggior specie perché aveva un obbiettivo bene preciso, salvare la sua gente. Ma ora, quanto di quella ragazza determinata era nell’immagine che si trovava dinanzi? Scosse la testa triste. Prese dell’acqua e se la gettò in viso mischiandola con le sue lacrime. Si asciugò il volto e prese coraggio. “Forza Nami, di cosa hai paura? Sono la tua famiglia, ti ascolteranno e capiranno, e tutto tornerà come prima! Ma ora va’ da loro”.

Andò in cucina e aspettò che la ciurma fosse al completo. Rufy, Sanji, Zoro, Chopper, Usop, Nico Robin. E un silenzio soprannaturale.

<< Ragazzi >> esordì alzandosi in piedi. << Vi chiedo perdono per ieri, per quello che ho detto, non ero in me.  Non lo penso davvero,  ma ero così stanca che non rispondevo delle mie azioni e tutto mi dava fastidio. Scusatemi!>> 

<< No >> una voce ferma la costrinse, sorpresa,  ad alzare lo sguardo che in quel momento era rivolto verso terra per il dispiacere. << No >> ripeté il capitano << Avevi perfettamente ragione e la colpa è solo mia >>.

<< M-ma che stai dicendo? >> Nami era sempre più meravigliata.

<< Quando sei entrata nella mia ciurma ti avevo promesso che avresti realizzato il tuo sogno e saresti stata felice, e invece non faccio altro che ostacolarlo. Perdonami Nami >>.

La cartografa, esterrefatta, guardava gli altri compagni nel tentativo di avere man forte sul fatto che il capitano fosse impazzito, ma nei loro occhi leggeva il medesimo dispiacere e la medesima colpa. Evidentemente la sera precedente ne avevano discusso ed erano arrivati alla stessa conclusione.

<< No, Rufy, no. No, ragazzi. Non è giusto, non siete voi ad aver fatto qualcosa di sbagliato. Quindi non osate scusarvi con me! >> esclamò con voce tremante << Sono io che sono una mocciosa ingrata, che sono stata ingiusta con voi, che sono debole, che mi faccio trasportare dalle emozioni. Non vi merito, nemmeno un po’!>> . Ormai la voce della ragazza era rotta da piccoli singhiozzi << Perdonatemi! Perdonatemi! >>

<< Nami, cara… >> sussurrò Nico Robin.

<< PERDONATEMI! >> ormai stava urlando.

<< Nami! >> esclamarono all’unisono Usop e Chopper.

<< Mia dea! >> fece Sanji.

Zoro, con una tazza fumante in mano , osservava la scena in silenzio, senza dare segno apparente delle sue emozioni.

<< Capitano >> continuò la ragazza dopo aver ripreso in parte il controllo della voce << Tu e gli altri non state ostacolando il mio sogno, anzi, lo state rendendo possibile … Da quando mi avete salvato dalle grinfie di Arlong mi avete donato un nuova vita… no, mi avete ridato la vita! Non ho giustificazioni per il comportamento di ieri, posso solo dirvi che non ero in me, perché io vi voglio bene e non cambierei niente di voi, anche se qualche volta mi innervosisco per quello che fate! Vi amo così come siete, e i vostri schiamazzi sono musica per le mie orecchie e so che voi fareste di tutto per rendermi felice, perché io voglio fare di tutto per rendere felici voi! Quindi perdonatemi per quello che ho detto, sappiate solo che non eravate voi il motivo del mio nervosismo, che non lo penso davvero, che non userei una sola delle parole che ho usato per descrivere voi!  >>.

Calò il silenzio nella cucina. Nami guardava disperata i compagni temendo che non la perdonassero.

<< Nami >> disse Rufy interrompendo la quiete soprannaturale << cos’è che allora ti turba? >>.

<< C-che cosa mi turba? >> rispose lei con una risatina nervosa << Assolutamente niente, solo un po’ di stanchezza, te l’ho detto! Non ero riuscita a dormire la notta prima, per questo ero tanto nervosa!>>.

<< Non mentire, Nami. Sarò ingenuo, ma posseggo due occhi per vedere. Tutti quanti abbiamo notato che da qualche giorno sei un po’ strana, sempre soprappensiero, agitata… Dalle occhiaia che hai sembra che sia più di una notte che non dormi! >> . La ragazza si sfiorò istintivamente il viso con le dita.

<< È vero >> affermò Nico Robin << sei sempre distratta e urli anche di meno… A noi puoi dire tutto, lo sai >>.

<< Si, mia adorata, confidati col tuo amoruccio! >> esclamò Sanji.

<< Ma piantala! >> esclamò Zoro disgustato.

<< Se non ti senti bene o ti fa male qualcosa ti posso curare io >> disse ingenuamente la piccola renna.

Nami guardò Chopper con tenerezza.

<< Non vi preoccupate , ragazzi! Un periodo di stanchezza capita a tutti, è normalissimo! >> fece un sorriso da orecchio ad orecchio << Sto bene, ora come ora ho solo bisogno di mettere qualcosa sotto i denti! Ieri non ho cenato e ho una fame da lupo! >>

GROOOOOOOWN!!!

Fu invece lo stomaco di Rufy a brontolare sonoramente, scatenando così una risata generale. 

<< Ahahaha! A quanto pare non sono l’unica! >> esclamò Nami ridendo.

Alla serietà di pochi istanti prima si sostituì il solito caos dell’abbuffata mattutina, e tra patti e briciole volanti la ragazza riacquistò ben presto il buon umore e il suo sorriso sincero. Tutti sembravano aver dimenticato la tensione che alleggiava poco prima nella cucina, eccetto un certo spadaccino che continuava a fissare la rossa poco convinto.

“ A volte Rufy è proprio un bambino” pensò il ragazzo guardando l’amica che sembrava essersi rasserenata grazie alle facce buffe del capitano “Basta mettersi a parlare di cibo e tutti i suoi pensieri svaniscono all’istante! Ma a me Nami non convince di certo!”.

Non poté, però, fare a meno di sorridere alla risata argentina della ragazza che riempiva la stanza.

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Spero vi sia piaciuto questo primo capitolo! è la mia prima ff, quindi siate clementi :P
Vorrei precisare che non ci sono tutti i personaggi non perchè me li sono dimenticati, ma perchè ho riscoperto da poco One Piece e il racconto è ambientato al punto della storia dove sono arrivata io, quindi ancora non ci sono Franky e Brook. Spero non vi dispiaccia! XD
A presto! ^^

P.S. Se vi piace commentate! =)  ( uno ci spera sempre u.u )
  
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