Fanfic su artisti musicali > Justin Bieber
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Autore: bieberlivesinme    22/11/2012    2 recensioni
Voglio urlare il suo nome, ma la voce mi si gela in gola.
La sua invece mi arriva e mi fa tremare il cuore.
‘Justin, Justin..’ urla.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2.




*due mesi prima*
Sono in ritardo, ‘che novità’, mi dico. E’ sempre così. Mi infilo i jeans in tutta fretta, prendo una maglietta a caso dall’armadio e la metto, rabbrividendo. Qui a Londra faranno dieci gradi, sto gelando. Prendo la borsa e scendo di fretta le scale di casa, passo in cucina, mi prendo un biscotto al volo e tenendolo stretto tra i denti, mi accorro ad uscire di casa.
Sta piovendo, così apro l’ombrello e mi catapulto alla fermata dell’autobus. Sta passando proprio ora, dannazione, corro veloce e urlo all’autista di aspettarmi. L’autista però andava di fretta più di me, a quanto pare, e riparte subito lasciandomi a terra. Oddio, è tardissimo. Che palle. E ora che faccio?
Cammino freneticamente avanti e indietro, controllando ogni secondo se arrivi un altro autobus. Nulla.
Mi rassegno e mi siedo, ancora con l’ombrello aperto sopra la mia testa, mentre continua a diluviare. Proprio oggi che avevano programmato una gita, direi l’unica gita che organizzano in un anno intero, e io sono ancora bloccata qui. Da scuola partiranno tra dieci minuti con il pullman, non farò mai in tempo.
Dio, mi sento una nullità.
Sempre così, non combino nulla di buono, mi immischio sempre nei guai. Non mi capita mai nulla di felice. Sono stanca di essere fatta così, voglio cambiare, voglio svegliarmi, ma non ce la faccio. Cerco di cambiare, ma non riesco.
Dal fondo della strada vedo arrivare l’autobus, così mi metto subito in piedi e faccio segno di fermarsi. L’autobus si blocca proprio di fronte a me, così chiudo l’ombrello ed entro. Forse sono ancora in tempo.

No, mi sbagliavo. Quando arrivo a scuola mi accorgo che la mia classe è già vuota, sono già andati, senza di me. E ora che faccio?
E’ inutile che torno a casa, è mattina presto, che farei? Decido che farmi un giro per Londra, seppure piove, non è una brutta idea. Ho qualche soldo con me, quindi magari potrei trovare quella pianola usata che avevo visto tempo fa in vetrina, e che vorrei tanto.
Amo suonare, mi sfoga, qui a scuola il professore di musica mi dice spesso che sono portata per il piano, io non gli do tanto peso ma in effetti, quando suono mi sento bene. Sento che non sono così una buona a nulla. Ho chiesto a mio papà se mi comprasse una pianola tante volte, ma da quando la mamma non c’è più è come se anche io fossi scomparsa. Non mi ascolta più.
Però sono riuscita a mettere da parte un po’ di risparmi, così ora ho una certa somma che mi permette di comprarmela da me, e oggi è la giornata perfetta per cambiare questo inizio traumatizzante e acquistarla facendolo diventare uno dei giorni più belli.
Saluto Jade, la bidella, e lei mi risponde con un ‘buongiorno cara!’.
E’ sempre stata carina con me. Infine esco da scuola, diretta al negozio di musica di Oxford Street.

Sono le undici passate, ma finalmente sono arrivata. Mi accorgo subito della grande fila che lunga sta facendo spazientire tutti i clienti. Io invece sono felice, perché sono vicina al comprare un mio grande sogno. Entro e cerco un impiegato del negozio. Eccolo, proprio qui vicino.
Buongiorno signore, volevo sapere dove si trovi il reparto dei piani e pianole’.
Certo signorina, si trova nella stanza qui a destra’.
Oh, grazie mille’.
Gli regalo un grande sorriso e mi dirigo verso la stanza. Appena entro noto un’infinità di piani a coda che mi illuminano gli occhi. Sono tutti meravigliosi, so già che non ne avrò mai uno simile. In effetti, allora, meglio smettere di sognare. Mi dirigo subito verso le pianole usate.
Eccola quella che avevo visto io, blu scura con dei riflessi argentei. Leggo il cartellino, ma c’è qualcosa che non va. E’ finito lo sconto, è tornata a costare un po’ più di prima. Non mi bastano i soldi.
No, no. Cazzo.
Io ho cinquanta sterline, questa costa settantatrè. Non è possibile. Capitano sempre tutte a me, non ce la faccio più.
Bella quella pianola. Te la compri?’.
Mi giro e noto un ragazzo, accanto a me, che guarda la pianola. Ha un larga felpa con un cappuccio che gli copre i capelli, lasciando uscire solo un ciuffetto di un biondo scuro. I suoi occhi poi si poggiano sui miei, e noto che sono di un color nocciola profondo.
Guardi, credo di non avere abbastanza soldi, però se me la potete mettere da parte io..
Ma che mi hai preso per un impiegato?’, il ragazzo sorride e mi porge la mano. ‘Mi chiamo Justin, sono venuto qui a comprare un plettro per la mia chitarra’.
Vedo solo ora che tiene una chitarra in mano, ricoperta da una fodera nera e ancora bagnata dalla pioggia.
Gli stringo la mano e sento subito il calore di essa riscaldarmi il cuore. Come sono morbide queste mani.
Oddio, scusa, non me ne ero accorta. Sono molto distratta, come puoi notare’.
E questa ragazza distratta, come si chiama?
Sorrido.
Piacere, sono Amanda. Sono venuta qui per comprarmi questa pianola ma ho scoperto di non avere abbastanza soldi, e questa cosa non fa altro che peggiorare la giornata di oggi, visto che ho anche perso un autobus che mi ha fatto saltare la gita di scuola.’
Hmm. Odio le brutte giornate. Sappi che l’avermi incontrato la renderà una delle più belle della tua vita’.
Scoppio a ridere e lo guardo bene, rapita da quei due occhi. Sembrano così familiari, così sicuri.
Justin prende la pianola e si dirige verso la cassa. Poi si gira e mi fa, ‘Beh, non vieni?
Ma dove? Ti ho detto che non posso..
Ma su, smettila, quello che ti manca te lo do io, così puoi comprarla.
Mi si apre il cuore. Perché uno sconosciuto dovrebbe mai darmi dei soldi?
Io.. non so come ringraziarti, davvero..
Facciamo che usciti da qui ci andiamo a prendere un caffè insieme, ci stai?
Lui mi porge la mano.
Come faccio a dire di no?
Mi avvicino e gli afferro la mano, facendo sì che una scossa di calore mi passi nuovamente per tutto il corpo.
Amanda, hai un bellissimo nome..
  
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