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Autore: RebelleDawn    23/11/2012    3 recensioni
Il Governo Mondiale è ora in mano all'élite, ottenuto da essa con un violento colpo di stato.
Le masse ora sono nelle mani dell'esercito, sono controllate con ogni mezzo possibile.
Tutte le manifestazioni tarpate con la violenza e punizioni esemplari.
I ragazzi ribelli vengono mandati in dei collegi militari.
Alexander è uno di questi.
Ora lui dovrà fare i conti con il Governo.
Benvenuti nel suo inferno.
Genere: Azione, Dark, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Prologo

 
Saputo che sarei dovuto andare al Collegio Correzionale, la mia famiglia si chiuse in se stessa e non mi rivolse la parola per quasi quattro mesi, e fu così fino al giorno esatto del mio ingresso nell’istituto.
Fu l’estate peggiore della mia vita, e la passai perlopiù piangendo e girovagando in città come uno zombie, cercando di evadere da un mondo che mi riteneva pericoloso.
Il primo settembre mio padre mi svegliò alle cinque del mattino con uno scossone e cominciò a portare giù per le scale la mie valigie. Mi alzai con un peso nel cuore, che sembrava sempre più un macigno. Mi feci una doccia fredda, mi lavai e mi vestì lentamente. Scesi nel pianoterra, entrai nel soggiorno e mangiai velocemente i toast che mia madre doveva avermi preparato prima di scendere. Probabilmente per evitare qualche scenata lacrimosa si era chiusa in camera sua a piangere in silenzio.
Mio padre rientrò dalla porta d’ingresso bianca e disse:
<< Esci, dobbiamo essere lì per le undici >>, mi ero quasi dimenticato la sua voce. Sentii una forte nostalgia. Non volevo lasciare la mia casa. Volevo dire qualcosa ma il suono si interruppe nel profondo della mia gola.
Uscì in giardino e guardai la mia casa bianca-rosata per l’ultima volta.
Entrai in macchina e mi sedetti a fianco del posto guida. Accesi la radio, e allora dallo specchietto retrovisore vidi mio padre che parlava all’uscio dell’abitazione con quello che restava di Isabelle Stephen.
Chiusi gli occhi. Non volevo vedere strazi. Alzai il volume dell’apparecchio.
Dopo dieci minuti la portiera sinistra batté e sentì mio padre che metteva in moto la macchina. Riaprii gli occhi e declinai lo sguardo verso il mio cellulare (forse per imbarazzo, forse per evitare piagnistei), e salutai per l’ultima volta Rachel con un messaggio.
Mi sarebbe mancata. Era l’unica che mi era rimasta accanto dopo la mia Convocazione.
L’autovettura partì velocemente, sembrava che Arthur volesse sbarazzarsi il prima possibile di me.
Il cielo era ancora buio, ma si vedeva in lontananza l’ aurora che sbucava timidamente dalle nuvole.
Poggiai il capo nel finestrino e in men che non si dica, ero già sprofondato in un sonno profondo.

Sembrò che il viaggio fosse appena cominciato quando una frenata brusca mi risvegliò dal sonno.
Aprii il finestrino e mi sporsi. Ci trovavamo in mezzo al nulla.
Doveva essere una sorta di bosco, forse ai confini col Canada. C’era freddo.

Dove cazzo sono? Dove cazzo è questo posto? Mille pensieri si affollavano nella mia mente.

La Mercedes ingranò la marcia e talmente andava veloce che non riuscivo a distinguere il paesaggio.
Dieci minuti dopo ci fermammo. Scesi un po’ titubante e un’enorme cancello nero mi si parava davanti.
Era imponente, minaccioso, ma bellissimo. Il ferro era stato lavorato per formare una sorta di roseto ad edera. Alle estremità degli angeli barocchi un po’ arrugginiti osservavano la scena, con lo sguardo beato.
Non feci in tempo ad osservare tale magnificenza che questo si aprì automaticamente, provocando un rumore terribile.
Al di là vi era un enorme prato e in lontananza intravedevo una sorta di villa.

Mi girai e la macchina ripartì in un batter d’occhio, raschiando la ghiaia, senza un attimo di esitazione.
La mia Keepall era buttata per terra.
Non mi voleva vedere. Questo era il suo ultimo saluto.
Una lacrima di rabbia scivolò sul mio viso. Raccolsi la borsa ed entrai.
Sugli angeli, notai, erano posizionate delle telecamere che al mio ingresso si girarono verso la mia posizione.
Qualcuno mi controllava. Questi avvenimenti erano come una sorta di introduzione alla mia dannazione.
Erano il mio benvenuto.

Benvenuto all’inferno.
  
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