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Autore: Bloody_Rose3    25/11/2012    1 recensioni
E se il sorteggio di Prim non fosse stato un caso? Se a tutto questo ci fosse dietro un piano, cominciato sin dall'inizio? Una sorta di vendetta tardiva da parte di Capitol City. Perché Capitol City non perdona, le colpe e i debiti di una persona pesano perfino sui figli. Verity Ember, Distretto 4, si rifiuta di sottostare alla politica dispotica di Capitol City. Durante una rivolta, viene portata via da Logan, qualcuno che perderà la vita per tante altre, per portare giustizia. E Verity odia sentirsi in debito, ma con Logan ormai morto, come può sdebitarsi? Non resta che provare a sconfiggere il presidente.
Ecco a voi i Giorni Bui.
Genere: Azione, Drammatico, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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«Mi chiamo Verity Ember ... sì, come la brace» dopo due ore di camminata, gli altri cominciano a fare domande, ma solo cose superficiali, domande che servono soltanto a conoscere i nomi dei ribelli; ciò non vuol dire che si possa risalire al passato di qualcuno o a cosa lo abbia portato qui. “Come il carbone che brucia, ma che non produce fiamma? Mi piace, Ember...” dicono più o meno le stesse cose. Io non so come ricambiare, in verità non faccio alcun commento sui loro nomi, a malapena me li ricordo. Eppure, cercare di socializzare li distrae un po', anche se l'immagine di Logan è ancora impressa nella loro mente, suppongo. Difficile dimenticare il viso di un angelo, soprattutto le sue gesta. Ora so, che sotto quello sguardo dolce e delicato era celato un enorme coraggio. Donna è ancora priva di sensi, mentre la ragazza – Kara – resta avvinghiata a Chace, suo fratello.

Brancoliamo nel buio, a volte inciampando, altre cercando il sostegno altrui, nel tentativo di inseguire la luce là in fondo. Incredibile di come la disperazione abbia reso la gente più solidale e meno schizzinosa: ci passiamo le bottiglie d'acqua e ne beviamo solamente piccoli sorsi, ci dividiamo il pane, attenti a razionare il cibo. Qualcuno riesce addirittura a ridere e a fare delle battute, altri raccontano le loro avventure e di quanto siano stati vicini alla fine. Forse è isteria, nervosismo, ma ridono. Io non ce la faccio, non ho nemmeno la forza di guardare avanti, e se mi volto, il nulla incombe. Ed io ho paura del nulla.

Mi rendo conto di procedere sempre più lentamente: non oso guardare indietro, ma dato che la maggior parte della gente sta davanti, è logico che io sia tra i pochi a chiudere il gruppo. Accade qualcosa, inizialmente penso di essere io, ma il mondo trema un po' troppo per essere solamente una mia impressione; sento le viscere sobbalzare, la roccia si sgretola leggermente e ci cade addosso, come polvere. Urla di panico aumentano la mia ansia, tutti si stringono l'un l'altro... solo io resto sola, l'ultima. Rivedo la mia casa in fiamme, in riva al mare, nel bel mezzo dei bombardamenti: «Vattene, Verity!» la voce di mia madre mi implora di andarmene, le fiamme la divorano. Un altro boato.

«Calmi, hanno ripreso a bombardare. Non è la prima volta» urla Nate, lontano. Mi sforzo di credergli, di fidarmi.

«Chissà come starà Sophie...» mugugna una donna al mio fianco; un'altra, quasi identica a lei, l'abbraccia: «Tranquilla.. tua figlia starà bene, vedrai». Mi si stringe lo stomaco solo a pensare ad una bambina che aspetta sua madre, ma che non tornerà così presto come ha promesso prima di andarsene. Non ho nessuno che possa venirmi incontro e farmi sentire amata e a casa, e forse è un bene: nessuno per cui preoccuparsi, nessuno che debba stare in pena per me... Eppure, molti di loro hanno qualcuno per cui combattere. E allora perché combatto, io?

Tra bombe, polvere e buio, continuiamo a camminare imperterriti, senza permetterci neanche una pausa. Sento la voce di Chace, qualcosa riguardo ad un incrocio di gallerie, un'enorme caverna, presto vicina. Dice che siamo milioni, che non siamo soli. Se questo è il suo modo per incoraggiarci a proseguire, be', diciamo che in parte ci sta riuscendo. Non con me. Mi rifiuto di sperare, voglio solo camminare e giungere a destinazione, non importa dove e quando. Sinceramente non mi va più do fare niente; lo faccio perché devo. Bevi, dice il mio corpo, ma non lo posso accontentare. Mangia, si lamenta ancora, ma non ho cibo appresso. Riposa, vorrei proprio farlo, Verity.

A terra. Sei a terra, Verity. Alzati, mi intima la mia mente. Chiudo gli occhi, sono troppo stremata per rialzarmi. Assaporo l'odore del suolo, la sua consistenza sabbiosa sotto la guancia e le mie mani. Avrei dovuto fare una colazione abbondante invece di correre frettolosamente verso la piazza. Mi concentro sulle onde che s'infrangono sugli scogli, un orizzonte azzurro, i gabbiani, i pescherecci...

«Lasciatela respirare!» qualcuno mi solleva e mi scrolla leggermente, forse per svegliarmi, forse per levarmi di dosso la terra, ma comunque, funziona. Ritrovo la lucidità. Non sono nel Distretto 4, rammento a me stessa, ed un'ondata di nostalgia mi travolge più di quanto fame e sete abbiano fatto finora.

«Sto bene» sono costretta a ripeterlo più di una volta e a ricorrere ad un atteggiamento più duro e deciso per convincerli, ma quando incontro i loro sguardi, decido di ammorbidire il tono. «Non è niente, davvero... grazie».

«Perché vi siete fermati?» sbraita Chace a parecchi metri da noi. Ha alzato il braccio nel tentativo di illuminare il punto della galleria dove stiamo noi. Mi accorgo solo ora che porta una lanterna, mentre Nate tiene una torcia, e questo perché qui siamo più in profondità, e quel poco di luce che riusciva a raggiungerci, è definitivamente sparito.

«Tutto okay» rispondo. «Possiamo proseguire». Li sento marciare di nuovo, e stavolta mi avvicino alle pareti per aiutarmi a stare in piedi. Il mio stomaco gorgoglia e ho la sensazione che potrei vomitare da un momento all'altro e, quando avverto odore di brioche, la sofferenza aumenta. Il profumo si fa più vicino, penso di averlo sotto il naso.

«Mangia, ma non so se basterà» dice una voce femminile. Cieca, cerco nervosamente con le mani, e finalmente lo trovo. Decido di mangiarlo con cautela, di farlo durare finché posso, poiché prevedo altre ore di camminata. Nutella. L'ho assaggiata solo una volta, tanto tempo fa. La vendono a prezzi esorbitanti, per una crema alle nocciole e cacao, che scarseggiano sempre più. È oro. «Grazie mille!»

«Figurati» replica gentilmente; percepisco la sua presenza allontanarsi piano. Solo quando finisco di mangiare, le domande sorgono crudeli: era il suo ultimo spuntino e ha deciso di cedermelo? Anche gli altri devono avere fame, eppure sopportano senza svenire come ho fatto io. Mi sento male, in colpa, ma mi impongo di avanzare e di non fare più scenate del genere. Camminiamo per molto tempo, a volte permettendoci perfino una sosta, in cui tutti sospirano, si siedono, si massaggiano i piedi... Io mi trovo una nicchia e ci rimango per tutto il tempo, finché Chace non ordina di rimetterci in marcia. Dice che entro le sette dovremmo trovarci nella grande grotta, il luogo in cui ci uniremo con altri due nuclei. Talvolta, quando i brusii cessano e si sentono solamente i nostri passi, Nate spiega che procederemo sempre sotto terra, per evitare che Capitol City possa rintracciarci.

«... Proprio come il 13» termina, ridacchiando. Io non ci trovo niente da ridere, la sua battuta è veramente pessima. Non avrei mai pensato che fosse così insensibile. Il Distretto 13 sotto terra... migliaia di corpi sepolti per sempre sotto le macerie, il terreno ancora fumante a causa degli incendi e dei missili. Si leva un coro di proteste nei confronti di Nate, che subito riesce a riprendere il controllo della situazione. «Ehi, ehi!»

«Nate, non lo sanno» ringhia Chace.

«Be', ora sì. Il Distretto 13 è vivo e... be', non esattamente vegeto, ma sta sotto terra. Ciò dimostra che, se loro vivono qui sotto, noi possiamo benissimo camminare per ore. Quindi, muovete il culo, la guerra non aspetta». Rielaboro mentalmente le sue parole, e l'unica cosa che riesco a comprendere è che il Distretto 13 esiste ancora. La sua scomparsa era stata infatti fin troppo semplice e veloce per essere vera. Ho molto da sperare, adesso. Ritrovo la forza, e decido di uscire da questa bolla di solitudine in cui mi sono rinchiusa, di andare avanti e chiedere altro a Chace e Nate. Aumento il passo, pur stando attenta a dove mettere i piedi e a chiedere permesso, ma quando sono a pochi passi da loro, un avvertimento mi martella in testa: non sono poi così diversi da Capitol City. Ti hanno spiata, scelta, costretta a seguirli, che differenza c'è tra loro e il presidente? Dico a me stessa che noi combattiamo per una causa più giusta, e la voce tace.

*La guerra è un'ossessione dei vecchi, che mandano i giovani a combatterla.

«Ciao, Distretto 4» mi saluta Chace, negli occhi riflette ancora la nostra discussione di prima. Fisso la luce azzurra della sua lanterna che crea luci e accentua ombre nel tunnel. Kara evita il mio sguardo. «Mi chiamo Verity» preciso con tono di sfida. Chace mi rivolge un sorriso beffardo e torna a guardare dritto.

«Stufa di startene in fondo?»

«Diciamo che non mi piace essere l'ultima» ed è vero. A scuola mi piaceva primeggiare in tutto, perché ambivo un lavoro capace di elevare le condizioni della mia famiglia; questo, prima che scoppiasse la guerra civile. Dopodiché le mie priorità divennero la pesca e la sopravvivenza, ma allora avevo ancora qualcuno per cui lottare. Per questo i bombardamenti mi fanno un certo effetto: hanno impresso a fuoco una paura dentro di me, che mi riporta sempre alla notte in cui ho perso tutto ciò per cui valeva la pena di vivere. Chace non può capire quanto mi abbia turbato quella domanda così innocua, ma con gli anni, il dolore diventa più sopportabile. Rimane solamente quel po' di rabbia, il fattore che più alimenta il mio fuoco.

«Strano che Capitol City, pur avendo chiuso i passaggi da un Distretto all'altro, abbia tralasciato la possibilità di potersi spostare sotto terra» mormoro, assorta. Chace a Nate si irrigidiscono, come se neanche loro ci avessero mai pensato.

«Hai ragione» ammette Nate, travolto da un'improvvisa agitazione. Spero che gli altri non abbiano sentito, ma a vederli così sereni e scherzosi, pare che non diano peso a ciò che ci diciamo noi tre. «Non voglio pensarci», per la prima volta dopo la morte di Logan, sento Kara parlare. È più decisa di quanto pensassi. «Il dado è tratto. Giunti nella caverna, decideremo sul da farsi».

«Abbiamo sempre un piano B» soggiunge Chace, ma la confusione dipinta sul viso di Kara e Nate mi rende più scettica. Donna comincia a muoversi sulla spalla di Nate, presto arriveranno i lamenti. «Sbrighiamoci».

«Quanto manca?» chiedo, ma nessuno mi risponde. Iniziamo quasi a correre, gli altri cercano di starci dietro. Se Donna si mette a strillare o robe del genere, sarà difficile andare avanti, e Nate e Chace non hanno alcuna intenzione di iniettarle ancora della morfamina o qualsiasi altra cosa possa stenderla: probabilmente a Logan non piacerebbe. «Dov'è Logan?» ancora semi-incosciente, Donna invoca il suo nome. «Abbiamo piantato un sacco di tulipani, poco fa. Mi ha detto di fare la brava» sghignazza, una palpebra ancora chiusa, «ma è lui il teppista, tra noi due. Eh, Kara?» la ragazza volge il viso verso di me pur di evitare lo sguardo di Donna, le sue labbra piene sono contratte nell'incredibile sforzo di trattenere i singhiozzi, ma fiumi di lacrime le rigano le guance. «Perché mi ignori, Kara? E perché è così buio? E tu, fammi scendere!»

«Ѐ notte, Donna. Dormi ancora» sussurra Chace, accarezzandole le mani rugose e secche in un delicato tentativo di liberare Nate dalla sua presa. Ma Donna si rifiuta di calmarsi, leggo nei suoi occhi che si ricorda tutto: inizia a piangere ininterrottamente, a maledire tutti noi e Capitol City. Rivuole Logan. Non sono matta! Urla, ma a questo punto siamo tutti obbligati a considerarlo. Kara le ficca in mano un sacchettino di tela. «Tu e Logan pianterete tanti tulipani, promesso» bisbiglia dolcemente, soffocata dai singhiozzi. Donna ripete un migliaio di “sì” e culla i semi di tulipano, ma la quiete non ha intenzione di rimanere a lungo. Chace dice che siamo ormai arrivati al punto d'incontro, l'enorme grotta. In mezzo al buio, una lanterna crea un cerchio di luce, lontano da noi. Non sento i brusii o qualsiasi cosa possa suggerire la presenza degli altri due nuclei. La luce si solleva e dondola, avvicinandosi. Il battito accelera, perfino le mie dita ed il mio collo sembrano pulsare. Arretriamo un poco, spaventati. Chiunque sia, non è il benvenuto. È troppo silenzioso per voler semplicemente conoscerci. Nessuno è così folle da arrivare qui in completa solitudine, sempre che gli altri non siano nascosti. Ad un certo punto, a poca distanza da noi, posa la lanterna sul suolo.

«Saggia decisione» ringhia Chace, puntando il fucile contro di lui. Quel po' di luce che si riflette sull'estraneo, mostra le sue mani alzate in segno di resa. Strano, lo facevo più combattivo, il Pacificatore.
 


*Iliade, A. Baricco.

 

   
 
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