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Autore: Lulumyu    14/06/2007    2 recensioni
Può capitare nelle vite delle persone che un avvenimento passato segni per sempre il futuro.
Lei era convinta di essersi lasciata tutto alle spalle, incubi a parte.
Ma si sbagliava.
Il suo destino era già stato predisposto e, dopo quell'incontro, non poteva far nulla per tornare indietro.
Ma era davvero quello che voleva?
Genere: Generale, Romantico, Malinconico, Dark, Azione, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Ginny Weasley, Il trio protagonista, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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NdA:Ciauz^^
Alla fine della scuola (danza della vittoria) torno a scrivere (danza della libertà).
Gioite, lettori^^.

Questo sarà un capitolo incentrato sui nostri tre eroi dispersi, più una piccola comparsa della nostra eroina alla fine.
Più di così, che posso dirvi^^? È un capitolo abbastanza introspettivo. Ma spero non risulti noioso!

Ringraziamenti

X jess: Ciauz^^
Sono felice che anche l’ultimo capitolo ti sia piaciuto. Purtroppo ti dovrò far aspettare ancora un pochino per vedere come si evolverà la relazione tra Ginny ed Evil. Spero che riuscirai a resistere fino ad allora^^.
Un bacio.

X fiubi: Ehilà^^.
Eccomi con un nuovo capitolo. E stavolta, incredibile ma vero, una risposta precisa ad almeno una delle tue domande l’avrai^^. Non so se ci crederai, ma è così.
Quindi vedi? La pazienza è la virtù dei forti! (si diceva così?? Boh! XD).
Baciuzzi^^.

X Kaho_chan: Ma ciauuuz^^!
Cioè, fammi capire un po’… Leo dovrebbe sopravvivere… perché piace a te? Ho ho ho ho. Questa sì che è bella! Me la devo scrivere. Hihihi quanto sono cattiva. Comunque dai^^ abbi fede. Le cose andranno per il verso giusto. Ed io non ho detto assolutamente nulla. E lascia stare il povero Hans. L’ultima volta che l’ho visto era terrorizzato che tu spuntassi fuori da qualche angolo a rapirlo di nuovo. Non me lo sciupare^^.
Per l’uovo boh. Nel senso, l’avevo deciso già da un po’ che sarebbe spuntato… ma forse un po’ di ispirazione c’è stata^^. Tanto le loro funzioni saranno diverse. Sono diverse. No? Almeno spero! Povero Garuda. Ups! Ho detto una cosa che non dovevo. Vabé. Tanto. Lo leggerai. Non importa.
Mo fuggo. Sto lasciando uscire anche troppe informazioni per i miei standard.
Un bacione^^.

X seven: Ciauz^^!
Non ti preoccupare per il ritardo^^. Ti ricordo che stai recensendo la storia della regina dei ritardi T__T.
Sono enormemente felice che la storia ti stia piacendo così tanto! Inoltre sono soddisfatta di me stessa per il fatto che non risulti noiosa, visti tutti i passaggi introspettivi dei personaggi… Sia ringraziato il cielo^^.
Le coppie ti soddisfano, eh? Mwah ha ha. Non hai ancora visto nulla. Wah ha ha. Ooh, vedrai. Oh, se vedrai XD.
Ginny e Draco, uhm? È effettivamente una coppia che adoro lo ammetto. Ma, come oramai saprai dopo l’esperienza di leggere almeno 20 capitoli di un mio scritto, ‘myu non è una scrittrice che scrive in modo lineare. Perché decide tutto all’ultimo momento XD. Quindi vedremo.
Per ora ti saluto. Spero che anche questo capitolo ti soddisfi.
Un bacione^^.

Okkeeey. Anche per questa volta è andata.
Questo capitolo l’ho scritto senza ascoltare musica, stranamente, quindi non ho musica da consigliarvi. Poco male. Sarà per la prossima.

Auguro a tutti una buona lettura e anche buone vacanze, nel caso non riuscissi a scrivere altri capitoli nelle prossime settimane.
Aspetto come sempre i vostri commenti^^.
Un bacione^^
vostra ‘myu.


Destini Intrecciati
by Lulumyu

21.“Per scelte passate”


Com’era prevedibile, la missione risultò un successo.

L’obbiettivo era scacciare un modesto gruppo di Dissennatori da una piccola cittadina magica che avevano preso sotto il loro controllo e, ovviamente, cercare di arrivare in tempo per salvare almeno una piccola parte dei maghi che ci abitavano.

Fin dall’inizio non avevano nutrito molte speranze di trovare maghi vivi ed ancora in possesso della propria anima; ma il fato era stato magnanimo, e aveva permesso loro di arrivare in tempo per salvare almeno la metà di loro, catturando oltretutto ben cinque Mangiamorte che avevano ricevuto l’ordine di rimanere in quel luogo a comando degli ex mostri di Azkaban.

Tutto sommato, Ron poteva ritenersi soddisfatto. Finalmente aveva potuto constatare con i propri occhi quanto era migliorato, e se ne rallegrava. Da solo aveva combattuto quattro Dissennatori senza gli affanni o la paura che un tempo lo catturavano al solo nominarli ed aveva catturato due dei cinque Mangiamorte con l’aiuto dei suoi nuovi compagni.

- oi Ronnie! Ci abbiamo dato dentro, eh? – esclamò ridendo soddisfatto Jason, tirandogli una pacca sulla spalla.

- bah… non hanno ancora visto nulla, quei bastardi – rispose Ron, emulando il gesto e sorridendo rilassato.

- ovviamente – annuì Jason, assumendo un’espressione marziale – devono solo provarci ad avvicinarsi o a trovarsi sulla nostra strada -.

- soprattutto la tua, Jas – gridò divertita Dianne, da poco lontano, - deve essere una strada molto terremotata, visto il tremore che hai avuto tutto questo tempo alle gambe! -.

A discapito del povero Jason, che si chiuse in un mutismo offeso, si alzarono dei risolini sommessi dai compagni. In realtà tutti loro non erano stati immuni ai timori e alle preoccupazioni che quella missione aveva scatenato. Era pur sempre stata la prima, dopo un lungo periodo di duro addestramento.

- dai, Jas… scherzava… tirati su – disse conciliante Jean, scompigliando i capelli del compagno che lo guardò con gli occhi lucidi.

- tua sorella è un’arpia – constatò.

- io avrei utilizzato il termine Acromantula, ma credo di dovermi ricredere sulla questione. Visto il terrore di Ronald per qualsiasi animale munito di otto zampe o più, dubito che avrebbe sviluppato un qualche interesse per Dianne se fosse stata tale – rispose Jean, con la sua usuale ironia pacata, ricevendo in risposta la visione della linguaccia della sorella e dello sguardo fulminante di Ron.

Illuminandosi in volto, Jason li osservò, cominciando a canticchiare mellifluo un motivetto che suonava molto come “tra rose e fior, nasce l’amor…”, ma fu nuovamente interrotto, questa volta dalla voce seria di Franz, che fece sorridere tutti costatando che in verità sarebbe stato più corretto parlare di bacchette e palestre, piuttosto che di rose e fiori.

Ignorando le bonarie prese in giro degli amici, Dianne si diresse sorridendo verso Ron, afferrandogli un braccio e appoggiandovisi contro, a dimostrare che nessuna delle loro battute sarebbe riuscita a sfiorarla.
Dal canto suo, Ron ebbe qualche problema a controllare il proprio rossore.

Insieme a tutti gli altri auror continuarono a ridere e scherzare, smorzando finalmente la tensione che aveva attanagliato tutti fino a poche ore prima.

Ron non poteva evitare di pensare come ciò accadesse di rado, quando era in compagnia dei suoi due migliori amici. Nonostante anche loro scherzassero spesso sia durante che dopo le missioni, non si era mai sentito così rilassato come in quel momento. Perché al fianco di Harry Potter non c’era il sollievo di pensare “per oggi è finita”. Perché non era mai finita. Mai.

Ron si era sentito colpevole nel formulare quel pensiero. Ma in fondo era la verità. Non incolpava il suo amico. Non era certo colpa sua.

Se c’era qualcuno da incolpare, quello era il Signore Oscuro. Solo con la sua sconfitta lui ed anche Harry, soprattutto Harry, avrebbero trovato sollievo.

Formulare quei pensieri lo fece rabbuiare, e smise di partecipare alle risa ed agli scherzi degli altri.

Chi voleva ingannare?

Neanche in quel momento la sensazione di disagio e pericolo a lui famigliare non si stava alleviando.
Neanche scherzando con i suoi nuovi amici senza la presenza di Harry, poteva trovare pace.
Era stato lui stesso a rinunciare ad essa, dieci anni prima, scegliendo di continuare a stare al fianco di Harry dopo la faccenda della Pietra Filosofale. E non se ne rammaricava.

Anche in quel momento di falso rilassamento tutti i suoi sensi erano all’erta, tutti i suoi pensieri rivolti al suo migliore amico. Se stesse bene. Dove fosse. Se fosse ancora vivo. Se ci fosse ancora una speranza per il mondo magico, e non, di liberarsi di Tu-Sai-Chi.

Erano rivolti ad Hermione. Se stesse bene. Se fosse riuscita a dimenticarlo. Se avesse trovato già qualcun altro da amare.

E poi non c’era un secondo delle sue giornate in cui non pensasse a Ginny. Era per lei che era cambiato. Era per lei che era entrato in un campo di addestramento. Era per lei che stava tentando in tutti i modi di migliorarsi. Era lei che doveva a tutti i costi ritrovare.

Con Ginny il Principe aveva portato via la luce a lui ed alla famiglia Weasley.

Ed era compito suo, di Ron Weasley, riportare la luce sulla sua legittima candela.

Dianne aveva notato subito il repentino cambiamento di umore di Ron. Lo notava sempre. Lo notavano tutti. Ma il ragazzo non aveva mai detto una parola che potesse aiutar loro a comprendere cosa lo tormentasse.

Di Ron Weasley non sapevano assolutamente nulla, al di fuori di cosa comportasse il cognome che portava.
Conoscevano la sua famiglia. Conoscevano la sua abilità, la sua lealtà ed il suo coraggio.

Ma del suo passato avevano udito solo voci indistinte da persone che come loro ne sapevano poco e niente. Voci di un’amicizia con il Bambino Sopravvissuto, voci di avventure pericolose contro il peggiore dei loro nemici, sospeso tra la vita e la morte, collegato alla prima da un filo sottile.

Nonostante non premessero sull’argomento, tutti, lei per prima, avrebbero voluto sapere. Avrebbero voluto comprendere le pene che facevano rabbuiare lo sguardo di un giovane dall’allegria contagiosa e dagli occhi luminosi.

Ma lui sembrava non accorgersi delle loro braccia tese.

E la sua porta rimaneva chiusa.

- scusa, Dianne – la voce di Ron la fece sussultare lievemente. Era talmente concentrata sui propri pensieri da aver chiuso la realtà completamente fuori dalla sua mente.

- sì? – rispose, riprendendosi, con un sorriso.

- devo fare una cosa veloce. Non ci metterò molto – e, con un gesto eloquente, districò il braccio dalla presa della ragazza e, con un sorriso forzato ed appena accennato, le voltò le spalle dirigendosi chissà dove.

Ma quella volta, non lo avrebbe lasciato andare da solo.
Pochi minuti dopo Dianne prese in disparte, in fretta e furia, Jason, Jean e Franz.

- che hai? Perché quella faccia? – le chiese il fratello, preoccupato dal repentino cambiamento di modi della sorella.

- è per quella cosa di cui abbiamo parlato – sussurrò – su Ron. Si è appena allontanato e aveva quell’espressione… e io… -.

I ragazzi si scambiarono cenni di assenso, domandando in quale direzione Ron si fosse diretto e cominciando a percorrerla di corsa, tutti e quattro insieme.
Visto che tutti loro tenevano molto a Ron e volevano aiutarlo, avevano deciso di scoprire da soli il motivo delle sue pene. Ed il modo più veloce per farlo era di sicuro tenerlo d’occhio.

Si accorsero subito che Ron si era diretto nel luogo in cui tenevano momentaneamente rinchiusi i Mangiamorte catturati, e ciò non fece altro che far aumentare la velocità della loro corsa.

La loro preoccupazione era azzeccata. Entrati nel piccolo capanno infatti trovarono un Ron furioso come mai avevano visto, intento a devastare di pugni la faccia di uno dei loro nemici, sotto gli sguardi sorpresi e timorosi degli altri.

- Ron! – gridò la ragazza, mentre Franz si precipitò a trattenere il ragazzo.

- maledetti cani! ridatemi mia sorella! Ditemi dove posso trovare quel bastardo! Maledetti! -.

Non avendo mai avuto a che fare con la furia omicida di Ron (e non avendo mai neanche sospettato che potesse averla) la soluzione che venne loro in mente fu portarlo lontano da quel luogo, prima che i loro superiori scoprissero qualcosa.

Per proteggere l’identità del ragazzo Jean formulò un incantesimo di memoria su tutti i Mangiamorte.
Ora, volenti o dolenti, erano tutti complici di Ron.

Lo trascinarono lontano, in un luogo al riparo da sguardi indiscreti, e impiegarono un po’ di tempo per calmarlo.
Lo costrinsero a sedersi e si sedettero anche loro a semicerchio attorno a lui. Dianne, seduta al suo fianco, era di sicuro la più preoccupata di tutti loro.
Quando finalmente il ragazzo diede segno di essersi calmato su di loro scese un silenzio alquanto imbarazzato.

I loro sguardi indecisi non fecero altro che irritare il giovane, poiché svilupparono in lui un lieve senso di colpa che, nella visione delle azioni che aveva compiuto poco prima, non aveva alcun motivo di sussistere.

- perché siete venuti a cercarmi? – domandò, osservandoli torvo.

- Ron… noi… noi vogliamo aiutarti! Siamo stufi di guardarti senza poter fare nulla quando sappiamo che stai soffrendo per qualcosa – sbottò Dianne, seriamente preoccupata.

La sensazione di deja-vu che lo colpì fu potente.

Hermione che parlava con Harry per convincerlo ad aprirsi con loro.
Hermione che parlava con lui poco prima della sua partenza per il campo di addestramento.
Hermione che non se ne era mai andata.
Hermione che continuava a tormentarlo.

- finiscila Hermione! – sbottò, portandosi le mani alle tempie come un pazzo, rendendosi conto solo successivamente che non era Hermione, quella che aveva di fianco.

Fu come svegliarsi all’improvviso da un brutto sogno.
L’immagine di Dianne, stupita per la reazione del ragazzo, si sovrappose al volto di Hermione.

- cosa ci fate voi qui? – chiese all’improvviso, rendendosi conto solo in quel momento che gli occhi che lo avevano guardato oltre a quelli di Dianne non erano di Harry ma di Jason, Jean e Franz.

- Ron? Tutto bene amico? – gli chiese incredulo Jason – lì dentro sembravi posseduto! Ed ora… ma si può sapere cosa ti è successo di tanto grave da renderti così instabile? -.

Instabile.

Quell’aggettivo risuonò imperioso nella mente di Ron. Ed egli fu costretto a riconoscere che il ragazzo aveva ragione. Lui, che fino a quel momento si era convinto di essere in grado di reggersi in piedi in quella situazione senza il supporto dei suoi vecchi amici, lui aveva dimostrato di essere il più debole, il più insicuro di tutti.

- Ron… - chiamò dolcemente Dianne, prendendogli una mano, - noi… noi vogliamo davvero aiutarti, se possibile. Siamo stanchi di osservarti impotenti mentre ti consumi nelle tue sofferenze -.

Ron non emise un fiato dopo quelle parole. Se avesse ceduto alla sua debolezza, al suo bisogno di avere qualcuno accanto con cui confidarsi, non sarebbe mai riuscito a diventare forte come Harry e a combattere al suo fianco.

Harry al posto suo sarebbe rimasto in silenzio. Se ne sarebbe andato. Avrebbe trovato la forza di risolvere da solo i propri problemi.

Ma io non sono Harry.

E la tentazione era troppo forte.

- vi trascinerei con me nell’occhio del ciclone – disse – non posso permetterlo -.

Quella frase era falsa. Perché la mente di Ron, la sua mente debole, sapeva già quale sarebbe stata la loro risposta.

Come la bestia che odiava di più al mondo aveva teso la sua tela sapendo che loro ci sarebbero cascati.

Si sentì, come poche volte nella sua vita, incredibilmente crudele.

Loro in quel momento si trovavano nella stessa identica posizione in cui si erano trovati lui ed Hermione dieci anni prima. Solo che questa volta, era Ron a recitare la parte di Harry. Con la differenza che Ron già sapeva come i “Ron” e la “Hermione” del presente avrebbero reagito. Ed Harry non aveva formulato una frase simile allo scopo di ingannare lui ed Hermione per il proprio tornaconto.

- oi Ronnie – rispose Jason con un sorriso – noi ci siamo già nell’occhio del ciclone, non vedi? -.

Gli altri annuirono e Dianne sorrise incoraggiante, stringendo la mano del giovane fra le sue.
Fuoriuscì un sorriso mite dalla bocca di Ron; un sorriso che nascondeva una colpa pesante da digerire.
Mormorò un grazie, prima di parlare.

- ho aggredito quel Mangiamorte perché non voleva dirmi dove hanno portato mia sorella – cominciò così.

Fu così che spalancò a degli estranei innocenti la porta del suo mondo, proprio come Dianne, in cuor suo, si era sempre augurata facesse.

Ma Dianne, così come gli altri, non aveva mai visto come Ron il Signore Oscuro ed i suoi alleati più stretti.
Non conosceva ciò che comportava l’essere chiamato il migliore amico del peggior nemico del mago più malvagio e potente di tutto il mondo magico.

Ron, nella sua cieca e egoistica sofferenza, si sentì malvagio quasi quanto lui, nel formulare un pensiero che non espose agli amici che stava trascinando nel centro del vortice.

Benvenuti all’inferno.

OoOoOoOoO

Giunto al San Mungo per farsi curare una ferita piuttosto seria, il giovane era rimasto senza fiato nel vederla, poco distante dalla camera in cui in quattro e quattr’otto lo avevano ricucito, pallida come un cadavere e seduta su una sedia, sola nella sua disperazione, con le mani sul volto.

Naturalmente aveva pensato subito al peggio.

- Hermione? -.

La giovane, sentendosi chiamare per nome, sollevò lo sguardo.

Nel ragazzo che si trovò davanti, con i capelli castani lunghi e lisci e gli occhi del medesimo colore, non riuscì a riconoscere nessun volto amico.

- mi scusi ma chi è lei? Ci conosciamo? – chiese distrattamente, con la mente occupata in ben altri, e più importanti, pensieri.

Il ragazzo sembrò interdetto. Con movimenti goffi si guardò, e poi la guardò, e si guardò nuovamente intorno. Il suo sguardo incrociò in uno specchio appeso alla parete degli occhi castani e dei capelli fin troppo ordinati.

- stavolta mi sa che ho esagerato – borbottò tra sé e sé, suscitando una curiosità più viva nella sua interlocutrice.

Prese una sedia a sua volta e le si sedette accanto.
Si guardò attorno con circospezione per qualche attimo, assicurandosi che non ci fossero orecchie troppo lunghe nei paraggi, e si avvicinò ad un orecchio della ragazza.

- ma cosa…? – scattò lei allarmata, allontanandosi subito.

Il ragazzo roteò gli occhi e poi la guardò nuovamente, indicandosi con un dito il volto.

- sono io – sussurrò – Harry -.

Hermione lo osservò sbattendo le palpebre.

E scoppiò a ridere.

Il ragazzo la osservò, allibito.

- ma… ma… - borbottò.

- ceeerto. Come no. La sai una cosa? Io sono – e qui la voce di Hermione scese ad un sussurro – Draco Malfoy -.

E scoppiò nuovamente in una risata sardonica.

- non è divertente – rispose il ragazzo, guardandola di traverso.

Portò la mano alla tasca destra dei jeans, movimento che fece scattare Hermione sull’attenti, ma al posto di tirar fuori la bacchetta estrasse un paio di occhiali.
Occhiali tondi, con i contorni neri, tenuti insieme da diversi giri di scotch. Decisamente familiari.

- lenti a contatto graduate e colorate babbane – borbottò il giovane, indicandosi gli occhi – avrei voluto cercare qualcosa di più adatto ma qui nel mondo magico non sanno nemmeno cosa siano. Ed inoltre sono solo riuscito ad imparare come modificare i miei capelli e a nascondere la cicatrice. Anche se ci metto minimo un’ora per fare il tutto. Per non parlare dello scotch. Lo so che mi avevi insegnato l’incantesimo per sistemarli, ma non ho tempo. Non me lo ricordo, ecco. Lo ho detto. Contenta? Si lo so. Sono un danno. Ma non pensi che abbia incantesimi migliori da imparare e soprattutto da eseguire che uno stupido incantesimo per ripararmi gli occhiali? E… - il flusso infinito di parole fu bloccato da una mano della giovane che gli chiuse la bocca.

- come si chiama la tua civetta? – domandò severa Hermione.

- Edvige. Ma non vedo cosa… -.

- il mio gatto? -.

- Grattastinchi, ma… -.

- durante il quinto anno quante parate ha fatto Ron nella finale? –.

- uhm -.

- allora? -.

- non lo so! Ok? Non c’ero! Non ho visto la partita -.

- attento a come rispondi. La prossima volta che sgarri sei eliminato – disse Hermione guardandolo con gli occhi ridotti a fessure – il nome del topo di Ron? -.

- Eliminato? Ma cosa… comunque Ron non ha un topo – disse confuso, ma poi, capendo dove la giovane stava andando a parare, rispose prontamente – Crosta. Già. Comunque ripeto, Ron non ha mai avuto un topo, visto e considerato che si trattava di un Animagus, non meglio noto come Peter Minus, ex migliore amico nonché traditore di mio padre e… - ma la ragazza frenò nuovamente quel flusso di parole gettandosi a peso morto contro di lui abbracciandolo tanto forte da fare concorrenza alla signora Weasley.

- oh Harry! -.

- eh già. Proprio lui – rispose il ragazzo, metà a disagio, metà divertito.

- ma dove eri finito? Sei scomparso nel nulla! Ero così preoccupata – disse, staccandosi da lui con gli occhi lucidi.

L’espressone di Harry si addolcì, e finalmente Hermione poté distinguere chiaramente i suoi lineamenti in quelli del ragazzo sconosciuto che aveva di fronte.

- avevo, o meglio, ho tuttora alcune faccende da sbrigare piuttosto importanti e pericolose. Non volevo mettervi di nuovo in mezzo ai guai, egoista come sono -.

Hermione scosse la testa.

- oh Harry! Ancora con questa storia? Lo sai che sarei pronta a tutto per aiutarti. Come sempre -.

- lo so Hermione – disse Harry, appoggiandole una mano su una spalla – ma io no. Io non sono pronto a mettervi in pericolo. Tu e Ron… avete fatto molto per me. È giusto che io faccia qualcosa anche per voi -.

Ma si fermò, notando il cambiamento che il nome di Ron aveva apportato nell’espressione della ragazza. Ed ebbe paura.

- Ron… Ron è…? – ed indicò con poca convinzione la stanza davanti al luogo in cui Hermione era seduta, rimettendosi gli occhiali in tasca al sicuro.

- no – disse lei.

Harry si sentì sollevato dalla cosa, ma anche incuriosito.

- è Leonard. Eravamo in missione… è successo… è stato molto brutto – disse, evitando lo sguardo di Harry – è da ieri che i medimaghi non lo lasciano un secondo. Mi sono beccata anche una bella lavata di capo per averlo fatto smaterializzare fin qui. Ma cosa potevo fare? – e i suoi occhi si riempirono di lacrime – stava morendo! -.

Harry, terrorizzato da ciò che aveva scatenato, si affrettò ad abbracciare goffamente l’amica, permettendole di piangere e sfogarsi quanto voleva. Ma non durò a lungo. La giovane riprese quasi subito il controllo su di sé, pur indugiando nell’abbraccio.

Harry era lì con lei. Di nuovo.
Se da un lato la felicità di quel momento rischiava di farla volare via, la disperazione di ciò che le era accaduto in quegli ultimi tempi premeva e la soffocava.
Però doveva trattenersi. Per il bene di Harry. Non poteva riversare su di lui le proprie pene, quando lui aveva problemi ancora più grossi di cui occuparsi, problemi che facevano impallidire i suoi.
Non poteva permettersi di essere egoista con il ragazzo più altruista che conosceva.

Ma Hermione sapeva che non poteva resistere, tenendo tutto dentro ancora per molto. Avrebbe taciuto riguardo l’omicidio che aveva compiuto per paura di vedere disprezzo nello sguardo di quel ragazzo la cui amicizia per lei era tanto importante. Avrebbe taciuto riguardo quel fugace momento di sfogo che aveva unito per uno scherzo del destino lei e Leonard, perché non riconosceva ancora lei stessa quell’avvenimento. Ma di Ron…

- Ron mi ha lasciata – quelle parole furono poco più di un sussurro, e le lacrime che versò in seguito furono silenziose.

- cosa?! – disse incredulo Harry.

- è stato dopo il rapimento di Ginny – singhiozzò Hermione – quando te ne sei andato… io ho tentato di offrirgli un aiuto… con il mio amore… ma lui… se ne è andato… è andato in un campo di addestramento per auror e non… non mi ha voluta con sé… e ha detto che non era posto per me e che non voleva perdermi ma… ma non sapeva che mi avrebbe perduto comunque?! -.

Harry era rimasto impietrito. Ron partito per un campo di addestramento. Ron si era allontanato come lui senza dir nulla. Ma allora… che ne era stato della loro triade invincibile?
Se ne era andato convinto di lasciare Ron ed Hermione tranquilli per un po’, ma ora scopriva che le cose, in sua assenza, erano precipitate ulteriormente.
Se da una parte avrebbe voluto cercare Ron in capo al mondo per picchiarlo e farlo tornare a calci da Hermione, che lo amava ancora nonostante tutto, dall’altra non poteva far altro che giustificarlo. Aveva lasciato Hermione per proteggerla. Il ragionamento di Ron era stato il suo stesso ragionamento.

- siete i miei migliori amici… eppure non sono riuscito ad impedire che foste trascinati con me dalla corrente di questa maledetta guerra – mormorò, con la voce instabile.

Hermione si scostò da lui, con gli occhi sgranati.

- non è certo colpa tua. Non incolparti, Harry. La scelta è stata nostra. Potevamo tirarci indietro ma non l’abbiamo fatto e… - ma fu interrotta.

- non è vero – sbottò Harry, scuotendo la testa – non è vero. Eravamo solo bambini allora. Nessuno di noi poteva sapere cosa avevamo davanti a noi -.

- anche a sedici anni? – rispose pronta Hermione.

- sì, Hermione. Anche a sedici. A tredici. A diciannove. A undici. Fin dalla prima volta che ci incontrammo sul treno. Che alternative hanno coloro che mi conoscono, se non combattere? Se non siete voi a combattere contro i miei nemici, sono i miei nemici a combattere comunque contro di voi. E questo solo perché mi conoscete! -.

Si era alzato, colto da una profonda inquietudine.

- pensa a Ginny… solo perché… l’ho amata più di altri. Solo per questo l’hanno portata via -.

Hermione scosse la testa.
Che cosa aveva scatenato per colpa del suo bisogno di sfogarsi? Vedere Harry in quelle condizioni le faceva sanguinare il cuore.

- Harry… Ron mi ha detto che sarà meno facile per noi essere presi o rintracciati se saremo separati. Ha detto che saremo meno vulnerabili. Ha detto che non è con l’amicizia che si vincono le guerre – gli disse pacata.

Harry rimase in silenzio, non rivolgendole nemmeno uno sguardo.

Hermione, sentendosi stanca come non mai, lo guardò dolcemente.

- sono solo io, dunque, a pensare che non è vero? Sono solo io ad essere convinta che è stata la nostra unione a permetterci di combattere e sopravvivere per tutti questi anni e farci vincere, in passato? -.

In quel momento la porta bianca che avevano di fronte si aprì.

- signorina Granger? Prego, può entrare – disse una medimaga, rientrando dentro poco dopo.

Hermione, nervosa per la sorte di Leonard, si alzò di scatto e si diresse verso la stanza.

Prima di entrare, però, si voltò nuovamente verso l’amico, questa volta incontrando il suo sguardo.

- vorrei solo che qualcuno possa aiutarmi a capire... non mi sembra di chiedere chissà cosa, ma forse sbaglio. Vorrei solo sapere se è giusto che i nostri destini si uniscano ancora in futuro, o no. Lo vorrei tanto. Perché io, Harry, non so più cosa credere -.

Entrò lentamente nella stanza, chiudendosi la porta alle spalle.
Quando la riaprì, neanche una mezz’ora dopo, del misterioso ragazzo castano non c’era più la minima traccia.

OoOoOoOoO

Quando aveva incontrato gli occhi del minuscolo rettile, si era sentita pietrificare dal terrore.
Sibilava, il piccolo, si contorceva come un bruco. Se non ne fosse stato privo, avrebbe di sicuro agitato febbrilmente le zampette.
Ma era un serpente. Le aveva portato un uovo di serpente.
Ma perché? A che gioco stava giocando?

Ginny osservò il piccolo serpentello a debita distanza, non sapendo cosa aspettarsi da un essere che era contenuto in quell’uovo che aveva assorbito il suo sangue e quello del Principe.
Ora si era calmato. Il giorno prima, quando era venuto alla luce, non aveva smesso un secondo di muoversi come un dannato, scatenando il panico nella ragazza.

Ma dov’era Nagini, quando aveva bisogno di lei?

Aveva paura di un’eventuale reazione del Principe, se fosse venuto a sapere che lei aveva inavvertitamente ucciso il piccolo! Ma non sapeva come comportarsi.
Forse, si era detta, la luce gli da fastidio. Lo sta accecando.
Quindi aveva chiuso le tende del baldacchino, premurandosi di lasciare accesa solo una piccola candela per permetterle di vedere.
Per un po’ si era calmato.

Ma poi, come per farle dispetto, aveva ricominciato, ancora più forte, ad emettere sibili e ad agitarsi.
Se fosse stato un cucciolo di qualsiasi specie mammifera, gli avrebbe dato del latte.
Ma i serpenti lo bevono il latte?

Fortunatamente quando era giunta all’apice della disperazione, era spuntata Nagini.
Sia lodata Nagini.
Si era occupata lei del piccolo. E Ginny si era accasciata senza forze sul letto.

- grazie – le sibilò – non avevo la minima idea di come fare per calmarlo! -.

Incontrò degli occhi gialli, che le parvero quasi divertiti.

- vorrà dire che dovrò insssegnarti parecchie cosssse prima di andarmene – le disse il serpente.

Ginny sbatté più volte le palpebre, tirandosi a sedere.

- in che senso? – domandò.

- questo è uno dei miei figli, cresssciuto essssclusssivamente per te – rispose Nagini, con un tono che Ginny riconobbe come orgoglioso.

- per me?! – esclamò la ragazza, nella propria lingua.

Nagini sembrò non capire, quindi Ginny si affrettò a riprodurre in Serpentese ciò che aveva detto. Il serpente mosse il muso come ad annuire.

- il sssuo compito è proteggere te e i tuoi dissssscendenti ovviamente. Per ordine del mio Sssignore -.

Che interesse avrebbe avuto il Signore Oscuro a proteggere i suoi discendenti? Figli di una Weasley? Ginny rimase silenziosa ad osservare Nagini occuparsi del cucciolo.
Il pensiero che le si affacciò alla mente la turbò non poco, ma preferì tacerlo. Ricacciò i suoi dubbi nel fondo del suo spirito.

- quindi me ne dovrei occupare io? – chiese, riferendosi al serpentello.

- certamente – rispose Nagini.

- ma io non mi sono mai occupata di un serpente prima d’ora! – ne voglio farlo, ma l’ultima parte preferì tenerla per sé.

Nagini le rivolse nuovamente uno sguardo acquoso.

- certo che l’hai già fatto, Ginevra. Anche sse purtroppo fu per poco tempo. Io non l’ho mai vissssto ma ho sssentito tanto parlare del Cussstode di Hogwartsss. Uno dei migliori esssemplari della sssua ssspecie -.

- ad Hogwarts? -.

Due occhi gialli si riaffacciarono alla sua memoria. Un’ombra gigantesca che la seguiva lungo i corridoi.
Aveva creduto fosse solo un incubo, all’epoca.

- il Basilisco! – esclamò, rabbrividendo.

Lo sguardo di Nagini sembrò accendersi.

- esssatto. Tutti i membri della mia ssspecie conossscono il nome di colei che ha curato e comandato il Cussstode. È per quesssto che il mio Sssignore ha decissso di affidare quesssto cucciolo alle tue cure, principessssa -.

Per qualche attimo Ginny fu troppo incredula per parlare. Ciò che lei aveva odiato del suo passato, qualcosa per la quale si era profondamente vergognata davanti alla sua famiglia ed ai pochi amici che sapevano, l’aveva fatta idolatrare da altri. Essere famosa per aver liberato quel serpente portatore di morte… era qualcosa di troppo orrendo da credere.

Ma la cosa che la sconvolgeva maggiormente era il pensiero che Nagini aveva insinuato in lei.

- quel cucciolo è… come lui? – domandò, sperando in un diniego che non venne mai.

- certo, principessssa. È un Basssilisssco creato apposta per te – rispose Nagini.

Se Voldemort si aspettava un ringraziamento, di certo non sarebbe giunto in altra forma di un Avada Kedavra.
Per quanto l’idea la disgustasse, sapeva di non avere altra scelta a parte crescere e accudire il serpente. Altrimenti avrebbe scatenato non solo le ire del Principe, ma anche quelle del Signore Oscuro e di Nagini.
Ed aveva troppa paura per osare anche solo pensarci.

- co… come si chiama? – domandò con un filo di voce, osservando quell’esserino che un giorno non molto lontano si sarebbe trasformato in un gigantesco serpente dallo sguardo fatale.

- Garuda – rispose compiaciuta Nagini.

- Garuda – ripeté Ginny, nella propria lingua.

Sarebbe stato molto difficile scordarsi quel nome, quando sarebbe stata libera. Anche più difficile che scordarsi del suo carceriere.

  
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