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Autore: Maricuz_M    28/11/2012    7 recensioni
Dopo una delusione amorosa, c’è chi dice “Si chiude una porta, si apre un portone” oppure chi afferma “Meglio soli che male accompagnati”.
Ebbene, Eleonora fa parte di quest’ultimo gruppo di persone.
Le sue giornate, però, la porteranno in situazioni che la convinceranno a cambiare idea e, cosa non meno importante, a non fidarsi delle docce, dei marciapiedi e degli ascensori. O anche di alcuni suoi amici che si divertono a mixare il suo nome con quello dei suoi conoscenti, giusto per suddividersi in team e supportare coppie diverse in cui lei, ovviamente, rappresenta la parte femminile.
Dal secondo capitolo:
“Elle, guardati le spalle.”
“Ci manca pure che la sfiga mi attacchi da dietro.”
“La sfiga attacca dove vuole lei, mica dove vuoi tu.”
“Sennò come ti coglie impreparata? Vuoi una telefonata a casa, la prossima volta?”
Genere: Comico, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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XVII Capitolo


It’s a small world!

“Dove ero arrivato? Ah, sì. C’era questa ragazza con un lungo vestito bianco e lo sguardo perso che mi camminava incontro sussurrando cose del tipo ‘Non morire. Non hai ancora realizzato i tuoi sogni, non hai ricordato ai tuoi amici che vuoi loro un bene immenso, non hai ancora firmato il tuo primo autografo, nessun fan ti ha ancora chiesto di fare una foto con lui. Non puoi morire. Non hai ancora compiuto lo scopo della tua vita terrena. Apri gli occhi, Simon.’ E dopo ho sentito una folata di vento, i miei polmoni si sono riempiti esageratamente e.. eccomi qui, con gli occhi aperti, vispo, sempre più bello.” Finisce il racconto, soddisfatto dopo aver fatto una memorabile interpretazione della ragazza dal lungo vestito bianco.
Azzurra, incantata, si sporge verso il ragazzo e sbatte più volte le palpebre “Davvero?”
“Certo che no.” Dice ovvio Simon “Non ricordo un fico secco di niente. A malapena mi ricordo dell’albero.”
Non sono passate neanche settantadue ore dal suo risveglio ed è già tornato un coglione. Possiamo tutti vedere il suo massimo splendore, insomma.
Io, mia sorella, Samuele e Filippo siamo venuti a trovarlo circa mezz’ora fa, e tra non molto tempo arriveranno anche gli altri per darci il cambio. Lo scopo è quello di non lasciarlo un attimo solo. O forse non è così: vogliamo solamente avere una scusa per vederlo. E’ mancato a tutti, e tutti hanno avuto paura di perderlo. Penso che queste continue visite siano come un modo per dimostrarlo a lui, senza usare parole e cadere sul sentimentale.
“Simon,” comincia a rimproverarlo Samuele, posando protettivo un braccio intorno alle spalle di Azzurra “non prenderti gioco della più piccola. E’ un’adolescente, sta ancora maturando.”
“Che c’entra? Anche io sto maturando!” ribatte subito il biondo “E poi non è un’adolescente normale, questa. E’ una strega.”
“Strega sarai tu.” Esclama offesa mia sorella.
I due bambini continuano a battibeccare, esattamente come hanno sempre fatto da quando hanno preso confidenza. Samuele intanto si schiera dalla parte di Azzurra –in fondo, l’ha vista nascere- e la difende a spada tratta. Lei non sembra a disagio nonostante la presenza della statua, forse perché comunque, oltre a lui, ci sono tre delle persone con cui riesce a sentirsi veramente tranquilla. Fa semplicemente finta che Filippo non ci sia. Al contrario, lui si gode la scena con un sorrisetto divertito stampato sulla faccia. Se devo esser sincera, l’ho beccato anche a scrutare mia sorella come se volesse studiare anche il suo profilo psicologico, oltre a quello di tutto il resto della popolazione mondiale.
Lo sto ancora osservando quando sento la voce scandalizzata di Azzurra “Elle, gliel’hai detto?!” e gli occhi di Filippo spostarsi sui miei. Sussulto e mi volto immediatamente verso la quindicenne cercando di capire alla svelta di cosa stessero parlando prima di interpellarmi, ma non ne ho la minima idea.
“Eh?” me ne esco, poco intelligentemente.
“Hai detto a Simon che Sabato esco con Michele?” riformula la domanda, non facendo caso al rossore dovuto a quell’incrocio di sguardi non previsto. Mi sto sentendo stupida.
“No.” Dico istintivamente “Sì.” Mi correggo “E’ che lui voleva sapere se c’erano state novità!”
“Ma parla della tua, di vita sentimentale, invece che della mia!”
E fu così che, di nuovo, tutti gli occhi furono su di me. Simon è il primo a chiedere spiegazioni, come se ci fosse effettivamente qualcosa dietro quelle parole di Azzurra “Mi son perso qualcosa, Elle?”
“Penso che fra tutti sono quella col minor numero di cose da raccontare.” Ed in fin dei conti, è vero. Azzurra uscirà con Michele, a Samuele piace Manu, Gin e Roberto hanno litigato.. Io che dovrei dirgli? Della recita con i miei amici quando dicevo loro che stavo bene? Della crisi in pasticceria? Della mia totale perdita della parte del mio cervello che tende a tenere i miei pensieri dove stanno invece di dirli in giro in compagnia di Filippo? In sostanza, in questi ventitré giorni, sono diventata una persona mentalmente instabile, e pure bugiarda. Niente di cui gli altri debbano essere a conoscenza.
“Rimane il fatto che son cazzi mia, se esco con qualcuno.” Insiste lei, arrabbiata.
“Ho rovinato una famiglia.” Borbotta intanto Simon, guardando stranito l’espressione di Azzurra.
“Hai ragione. Scusa.” Dico io. Che altro dovrei fare, se non scusarmi?
“Se.” Mette il broncio e incrocia le braccia, facendo intendere che non ha intenzione di dire nient’altro. Sospiro roteando gli occhi, mentre Samuele nasconde un sorrisetto divertito. Quello semisteso sul letto, invece, ridacchia apertamente proprio per farlo notare a lei “Vipera.”
“Rospo.”
 
“Quale obbiettivo dovrei prendere?” chiedo, con voce acuta. E’ inutile che mi dice termini specifici della fotografia quando io non ci capisco un fico secco. Intanto Azzurra, di fianco a me, mi guarda con sguardo perplesso. Siamo in macchina di Samuele, il quale si è offerto di accompagnarci tutti –Filippo incluso- a casa, e la prima fermata è proprio quella in cui saremo io e mia sorella a scendere.
Mia madre rinuncia a spigarmi quale obbiettivo desidera, comincia invece ad illustrarmi direttamente il posto in cui si trova. Oggi è a fare un servizio fotografico per dei capi d’abbigliamento qua vicino, a quanto ho capito in una specie di villetta dotata di un bel salotto da utilizzare come location. Ma io mi chiedo: come può una fotografa dimenticarsi del suo strumento di lavoro? Quando chiudo la chiamata, Samuele mi guarda attraverso lo specchietto retrovisore “Problemi?”
“No, no. Devo portare un obbiettivo a mia madre, niente di che.” Rispondo sorridendo.
“Vuoi che ti dia uno strappo?”
“Non c’è bisogno, grazie.” Rispondo un po’ a disagio per la continua gentilezza del mio ex-vicino di casa “E poi non dovevi andare da Jonathan?”
“Vabè.” Sventola la mano destra per aria, staccandola per un paio di secondi dal volante “Aspettava, nel caso. Sei sicura, comunque? E’ già buio a quest’ora..”
“Da casa mia al posto in cui è ci vogliono giusto cinque minuti. Non preoccuparti!” non cederò mai “Al massimo mi accompagna Azzurra.”
“Scordatelo.”
“Vado da sola, nessun problema.”
Nessuno replica, ma vedo chiaramente Samuele e Filippo scambiarsi uno sguardo indecifrabile. Subito dopo, la statua si gira col busto e pianta gli occhi azzurri nei miei “Se vuoi ti accompagno io. Così al ritorno ne approfitto per comprare qualcosa per cena.” Non so perché, ma quest’ultima affermazione mi sa di scusa. Messa in questo modo, però, non mi sento di rifiutare. Punto primo: sarebbe scortese, come se non volessi stare con lui. Punto secondo: non voglio rifiutare. Mi piace parlare con lui, e non facciamo una chiacchierata degna di nota da giorni.
Sospiro e annuisco “Va bene..”
“Se ti devi sacrificare non importa, eh.” dice, fintamente offeso. Ridacchio scuotendo la testa, senza dire nient’altro. Anche perché mia sorella mi distrae dandomi un pizzicotto sulla gamba, poco prima di fermarci di fronte a casa mia. Ringrazio Samuele, e tutti noi passeggeri scendiamo. Azzurra ed io entriamo in casa lasciando Filippo con una sigaretta tra le labbra. Quando prendo l’obbiettivo e faccio per salutare mia sorella, lei mi si piazza davanti con espressione maliziosa e insinuatrice.
“Cosa vuoi?” chiedo, assottigliando lo sguardo.
“Se vuoi ti accompagno io.” Dice, e capisco immediatamente che sta ripetendo le parole del ragazzo che in questo momento è solo e al freddo. Neanche spreco fiato per risponderle, alzo gli occhi al cielo e esco di casa, ritrovandomi subito l’altro davanti, voltato verso la strada. Appena sente la porta chiudersi, volta un poco il capo verso di me e abbozza un sorriso. Continuando a stare in silenzio, lo affianco e cominciamo a camminare. Pochi secondi dopo butta a terra il mozzicone della sigaretta e lo pesta col piede destro con una naturalezza quasi comica. Infatti, sorrido lievemente. Lui se ne accorge e mi guarda aggrottando la fronte.
“Che c’è?”
“Pensavo.”
“A qualcosa di divertente?”
“Più o meno, sì.” Ridacchio tranquilla, fissando però il marciapiede.
“Sei tornata quella di prima in pochissimo tempo.” Osserva “Se devo esser sincero, mi sarei aspettato un recupero un po’ più lento, sai?”
A questo punto, alzo lo sguardo “Davvero?”
“Davvero. Sei forte.”
“Grazie.”
“Prego.”
E, di nuovo, cala il silenzio. Il sorriso sulla mia faccia non si decide ad andarsene, forse anche a causa del freddo che è riuscito a congelare la mia espressione senza che me ne rendessi pienamente conto. O forse perché sono tornata a fissarmi i piedi e non ho il timore di arrossire per le sue continue analisi. Neanche un minuto dopo, lo sento sghignazzare leggermente. Ora sono io a guardarlo confusa, e per più di un motivo: perché ride? Da quando lo fa così spesso?
“Scusa, è che.. Sei raggiante.” Fa spallucce, le labbra ancora stirate e gli occhi rivolti verso la strada “Mi correggo: non sei tornata come prima. Sei semplicemente nata per una seconda volta. Dovresti vederti. Cammini a metri e metri da terra, quasi saltelli, sorridi da sola, te ne freghi del freddo e anche di me, a dirla tutta. Emani luce e tranquillità. Ti brillano gli occhi.”
“Non so se darti dell’egocentrico perché hai sottolineato il fatto che non ti considero, o se stringerti la mano e farti i complimenti per la descrizione.” Replico, continuando a guardarlo. Sorride ancora e si passa involontariamente e velocemente la lingua sul labbro superiore, come per guadagnarsi qualche attimo in più per preparare una risposta decente. Questo pensiero mi diverte addirittura di più.
“Mah, sai, non penso che il mio sia egocentrismo. Se così fosse non mi sarebbe importato neanche di studiarti, o sbaglio?” mi lancia un’occhiata beffarda “Magari mi sono solo sentito svalutato perché non mi consideri. O forse voglio che tu mi consideri.”
In difficoltà e carente di risposte, opto per la difensiva “Cosa ti aspetti che dica?”
“La tua opinione. Secondo te perché l’ho detto?”
Ci penso un po’ seriamente, facendo anche una smorfia per far notare il mio impegno, poi sospiro “Probabilmente è stato casuale. Volevi solo rendere il concetto.”
Mi guarda senza una particolare espressione per qualche secondo, poi, cominciando a ridacchiare, gira la testa verso ciò che abbiamo davanti “Non deludi proprio mai. Speravo di averti sviato, invece niente.”
“Eh, che ci vuoi fare.” Mi vanto, ironicamente. Vedo finalmente il cancello della villetta e lo indico al ragazzo “Ci siamo!”
Filippo alza di poco le sopracciglia “E’ quella?”
“Già.”
“..C’è un tirocinante con tua madre?” chiede, dubbioso.
“..Uhm, sì.”
“Si chiama Pietro?”
“Sì.” Ripeto, sorpresa “Lo conosci?”
“E’ solo mio fratello.” Dice, calmo. Io spalanco gli occhi. Questa non me l’aspettavo proprio. Certo, forse potevo fare due più due visto che già sapevo cosa fa il fratello di Filippo per vivere, ma vai a pensare che è proprio il tirocinante di mia madre, con tutti i fotografi che ci sono in città!
“Ah. Bene.” Balbetto, spiazzata.
“Quando si dice ‘il mondo è piccolo’, eh?” scherza, privo di espressione.
Entriamo ed attraversiamo il giardino per arrivare alla porta dell’abitazione e suonare il campanello. Non so per quale ragione, ma la mia precedente serenità è svanita, lasciando spazio ad una strana tensione. I miei cambi di stato variano alla velocità di Speedy Gonzales. Trattengo il respiro quando vedo la porta aprirsi. Ormai spalancata, davanti ai nostri occhi compare un ragazzo visibilmente più grande di Filippo, ma comunque piuttosto giovane. Se è lui il fratello –e dal bell’aspetto pare proprio di sì- dovrebbe avere sui ventisette anni, se non ricordo male le parole di mia madre di qualche tempo fa.
Rimango un attimo disorientata a causa del suo sguardo chiaro e interessato su di me, ma per fortuna la presenza di suo fratello lo distrae, facendogli spuntare un sorriso spontaneo sul bel viso “E te che ci fai qui?”
“Accompagnavo lei. E’ la figlia di Claudia.” Spiega quello alla mia destra, facendomi capire che suo fratello gli parla di mia madre esattamente come mia madre parla di lui. Interessante. Intanto però riprendo a sentirmi a disagio, visto che Pietro riprende a studiarmi tranquillamente. Beh, in modo diverso da come lo fa sempre l’altro. E’ una semplice curiosità, la sua, non la voglia di sapere cosa c’è dietro la parte fisica delle persone. Ma rimane comunque uno sconosciuto.
“E vi conoscete?” domanda sorpreso.
“Già. Samuele era il loro vicino.”
 “Ma senti!” esclama, spostandosi per farci entrare “Come è piccolo il mondo!”
A quell’affermazione, io e Filippo ci scambiamo un’occhiata complice senza neanche rendercene conto. Appena la porta si chiude, il più grande mi porge la mano “Comunque, piacere. Sono Pietro. Ti chiami Eleonora, giusto?”
“Giusto.” Sorrido impacciata, ricambiando la stretta “Piacere mio.”
“Sei qui per l’obbiettivo, no?” chiede, facendoci strada per il corridoio “Venite pure, stiamo nel salotto. Fili, stasera che mangiamo? Ho fame.”
Sorrido divertita vedendo Filippo sbuffare “Lavora, alla cena ci penso io.”
“Va bene!” replica allegro l’altro, allungando la prima ‘e’. Ok, lo conosco da un minuto e già ho notato che i due fratelli sono l’uno l’opposto dell’altro. Sono felice comunque che fisicamente siano simili, davvero. E’ una bella sensazione stare tra di loro. Basta non guardarli negli occhi.
Arriviamo in salotto e quasi mi prende un colpo nel vedere mia madre fotografare la ragazza dai capelli rossi della scommessa di Simon. Oggi è il giorno dedicato agli incontri inaspettati, ho capito. Quando anche lei mi vede con i suoi grandi occhi verdi, abbozza un sorriso e fa un cenno con la mano. Faccio la stessa cosa.
Mia madre, invece, si fionda verso di me per afferrare il suo obbiettivo “Oh, grazie mille! Conosci Vanessa?” ecco come si chiama! Apro la bocca e boccheggio un paio di secondi “Ehm, no. Cioè, di vista.”
“Conosco il suo amico Simon.” Aggiunge la rossa, senza entrare nello specifico.
“Oh, Simon.” Sospira la donna “Che periodo che ci ha fatto passare, quel ragazzo. Per fortuna si è svegliato! A proposito, sei andata a trovarlo all’ospedale, giusto? Come sta?” Dio, quanto parla. Vanessa, mentre ascolta, rimane traumatizzata. Lei non sapeva niente della condizione di Simon fino a due secondi fa, ma non fa domande per non far capire a mia madre che non è molto informata come si suppone che sia.
“Sì, siamo tornati adesso. Azzurra è già a casa. Ah, comunque lui è Filippo,” indico il ragazzo che, silenzioso, se ne sta alle mie spalle “fratello di Pietro e migliore amico di Samuele.” Questa presentazione è ridicola.
“Non ci credo! Com’è piccolo il mondo!”
“L’ho detto anche io!” esclama Pietro. Intanto io e Filippo cerchiamo di non scoppiare a ridere.
“Mamma mia..” mormora mia madre, incantata dalla statua umana “Vi somigliate proprio tanto. Uno più bello dell’altro.”
“Io sono l’uno più bello dell’altro, per la cronaca.” Sottolinea il fratello maggiore, annuendo convinto. L’altro, scuote la testa rassegnato e si limita a sorridere verso la donna, ammaliandola maggiormente.
“E da quanto vi conoscete, voi due?” eccola, la madre che non si fa i cazzi propri. Adesso ho paura di tornare a casa. Tra lei e Azzurra mi faranno una testa enorme a forza di insinuazioni. Ho già capito: sono team Filinora. Anche loro. In ogni caso, rispondo mentre mi guardo intorno. Effettivamente è una bella stanza per fare delle foto. E poi c’è un andirivieni di persone sconosciute che ti fa sentire come in un formicaio.
“Da quando Samu e Simon si sono trasferiti.”
“Ma state insieme?” domanda Pietro con ben poco tatto. Io arrossisco all’istante, Filippo spalanca gli occhi azzurri preso alla sprovvista.
“Cosa? No!”
“Macché!”
“No, no.”
“Ah.” È scettico, il tirocinante “Scusate, non volevo mettervi in imbarazzo. Sembrava, da qualche occhiata che vi siete scambiati. Ritiro la domanda, dai.”
Forse è arrivato il momento di eclissarsi.
 
 


Ciao miei piccoli amici! (?)
Non so che dire riguardo al capitolo. Simon è sveglio e Filippo fa il ganzo. Non potete voler di più dalla vita.
Il prossimo capitolo (4 Dicembre) è in fase di scrittura (sono indietrooo T_T), vi posso dire però che, a parer mio, è piuttosto interessante!
 
Grazie come al solito a tutti coloro che mi supportano. :)
Se mi volete, sapete dove trovarmi! (EFP, Twitter e Blog)
 
Alla prossima settimana!
 
Maricuz
   
 
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