Guardo fuori dalla
finestra, ricordando il sogno e il dolore che avevo provato, quasi
fosse reale.
La neve cade fitta e va ad aumentare lo strato che già si
è posato sul
davanzale. Nel silenzio che mi circonda sento i passi che si avvicinano
nel
corridoio e un fremito mi percorre le spalle, mentre il dubbio di aver
commesso
un grave errore invitandolo qui si fa largo nella mia mente. Ancora una
volta
richiamo a me le immagini della sua morte e so di star facendo la cosa
giusta.
Mi stringo nelle spalle e vado ad aprire la porta poco prima che bussi,
sorprendendolo con il pugno alzato pronto a battere sul legno. Mi
rivolge un
sorriso disarmante. Dentro di me tiro un sospiro di sollievo, felice di
vedere
che è vivo, nonostante sapessi che quello era solo un sogno.
Lo invito a
sedersi sulla panca con un gesto silenzioso. Mi guarda interrogativo,
attenendosi al mio silenzio, e mi limito a un sospiro mentre prendo
posto di
fronte a lui. Noto con piacere che ha aspettato che mi sedessi prima di
sedersi
a sua volta. Lascio passare un istante per trovare la forza e il
coraggio di
cominciare e non mi perdo in parole inutili, introduzioni di troppo,
domande
banali del tipo –come stai?–. Vado
dritta al punto, sperando che capisca.
–È
due anni che non ci vediamo. Non ci siamo più scritti,
nessun contatto– sussurro.
–Non ho
scordato tutto quello che abbiamo passato insieme, per quanto mi
sforzassi di
segregare i miei ricordi in un angolo della mia mente. Mi sono lasciata
alle
spalle il villaggio e gli amici, la Foglia quasi non esisteva
più per me, ma
tra i miei pensieri confusi, ogni tanto si faceva largo il tuo
volto…
–Potevi
tornare. Ti ho aspettata, ma tu non sei mai
ricomparsa– ribatte con un tono
leggermente accusatorio.
–Umpf…
come ti avrei trovato? Anche tu hai lasciato il
villaggio. E poi non eri cambiato e non lo sei ora, non ho mai
sopportato il
tuo modo di fare con le donne, come strabuzzi gli occhi ogni volta che
ne vedi
una…– mi interrompo,
maledicendomi per
ciò che sto dicendo.
Continua a guardarmi
curioso e serio.
–La
verità è che mi da’ fastidio che guardi
qualcun’altra e
non me.
–Ma
io ti guardo eccome! Eheh.
La sua risatina mi
infastidisce.
–Non
mi guardi come vorrei, mi guardi come tutte le altre!– blatero alzando la voce. –È
questo il
motivo per cui mi arrabbio tanto… Non sono niente
più di tutte quelle
sconosciute per te…
Mi guarda ancora, mi
fissa e aggrotta le sopracciglia, sforzandosi di capire, iniziando a
capire.
–Jiraiya,
come puoi non averlo ancora capito?– sputo
infine tra i denti.
–Non
vorrai dire che…
Non so più se
continuare, mi sono scoperta troppo, ho parlato di qualcosa che mi ero
ripromessa di tener chiuso in me fino alla morte, ma alla morte mancava
ancora –spero–
molto tempo e io sono stanca di essere
sola. Ormai ho parlato, tanto vale dire tutto.
–Sono
sempre stata innamorata di te, ma tu ti comportavi da
maniaco, il tuo sguardo mi passava sopra e passava da me a
un’altra, così ho
deciso di lasciarti perdere, ma le decisione della mente non hanno
potere sul
cuore…
Ora mi guarda e forse,
per la prima volta, mi vede davvero.
–Alla
morte di Nawaki… quando ero sconvolta, Orochimaru era
così freddo e indifferente nel mostrarmi il ciondolo di mio
nonno e nessuna
emozione sul viso… la tua presenza ha mantenuto intatto il
mio cuore, le tue
braccia, le prime che mi abbracciarono, mi impedirono di morire con
lui. Ma non
sembrava essere cambiato niente in te, eri determinato a porre fine a
tutto
quello e basta, mentre Dan mi si è avvicinato, e avevamo
così tanto in comune…
–Tu
lo amavi, lo ami ancora.
–Io
avevo bisogno di essere amata!
Sono disperata, alcune
lacrime mi segnano il viso mentre parlo. Non posso crederci, sto
piangendo
davanti a qualcuno! Davanti a Jiraiya!
–Dan
mi ha dato l’amore di cui avevo bisogno. Ma lui non
era… non eri tu.
Mi fermo e asciugo le
lacrime, cerco di ridarmi un contegno, cerco di non pentirmi di quello
che sto
dicendo. Lui mi guarda silenzioso, un po’ sconvolto forse.
–La
sua morte mi ha straziata e stavolta non c’erano le tue
braccia a sostenermi, solo il vuoto, il sangue, il buio, la
morte…
I miei occhi non
guardano più il suo viso, fissano la finestra scura e vedo
la morte di Dan di
nuovo, così vivida e dolorosa. Abbasso la testa, mi sento a
pezzi.
–L’unica
possibilità che avevo per non perdere altri pezzi
di me stessa era andarmene e lasciarti a qualcun’altra, non
vederti più e non
pensare ogni volta a quanto ti amavo. E i tre ninja leggendari se ne
andarono
ognuno per la sua strada… Ma questo non fu sufficiente a
cancellarti dalla mia
mente…
Lo guardo muoversi sulla panca, una sfilza di emozioni passano nei suoi occhi fissi sul tavolo, poi non vi scorgo più niente. Si alza e penso che stia per andarsene, lo capirei. Chiudo gli occhi, sentendomi di mille anni più vecchia. Ho l’impressione di star galleggiando nel vuoto e attorno a me non percepisco più niente. Un tocco sulla spalla mi fa sobbalzare, credevo se ne fosse andato. La sua mano calda si posa sul mio braccio e quel calore mi trascina fuori dal vuoto ovattato in cui mi ero sentita precipitare. Giro appena la testa e lo vedo inginocchiato di fronte a me, gli occhi all’altezza dei miei, che mi guardano colmi di qualcosa che non so iinterpretare. Si fa avanti e mi posa un bacio sulla fronte. Mi scosto bruscamente, sorpresa, un po’ sconvolta, mille emozioni che sfrecciano avanti e indietro tra mente e cuore. Un lampo di delusa incomprensione guizza nei suoi occhi e qualcosa mi fa desiderare di non vedere più quella delusione mentre mi guarda. Mi faccio avanti e gli passo le braccia dietro il collo, baciandolo senza nemmeno pensarci. Le sue labbra sorridono contro le mie e le sue mani mi avvolgono i fianchi. Un bacio, due baci e ancora e ancora e ancora. È quello che ho desiderato per tanto tempo e mi chiedo se anche lui l’abbia desiderato. In un attimo di razionalità mi accorgo di quanta dolcezza mi sta donando, senza la benchè minima traccia della sua tipica perversione.
Lo sento alzarsi in piedi e seguo i suoi movimenti
senza
allontanarmi da lui, che mi stringe con più forza. Tengo gli
occhi chiusi,
consapevole che i suoi passi all’indietro mi stanno portando
verso il materasso
della stanza, posato su un letto all’occidentale, rivestito
da lenzuola morbide
e una coperta calda e pesante. L’atmosfera è
riscaldata e alla tenue luce delle
candele mi scordo che fuori c’è un freddo
tremendo. Scivolo sul letto seguita
da lui, che continua a baciarmi e mi sfiora le braccia scoperte con
delicatezza. Perdo la cognizione del tempo, non ricordo quando le sue
mani sono
passate oltre, quando ci siamo ritrovati sotto le coperte senza
più i vestiti
addosso. So di essermi addormentata ad un certo punto della notte
perché nel
dormiveglia ho avuto la sensazione di essere di nuovo sola in questo
letto, ma
quando mi sono riscossa l’ho trovato ancora lì,
con le braccia a cingermi. Non
voglio aprire gli occhi, temo di aver solo immaginato i gesti dolci che
mi ha
riservato, temo che l’abbia fatto solo per arrivare al punto
in cui siamo
arrivati. Le sue labbra che sfiorano piano la mia fronte in un bacio
appena
accennato allontanano immediatamente ogni dubbio e non posso far altro
che
voltarmi verso di lui e baciarlo, baciarlo di nuovo e non smettere
più.