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Autore: LyraB    04/12/2012    3 recensioni
È una calda sera d'estate, a Sacramento, e tutto scorre come al solito: Teresa Lisbon lavora, Patrick Jane sonnecchia sul divano. Una chiamata improvvisa li obbliga a visitare un condominio fatiscente in periferia, dove una giovane coppia viene ritrovata senza vita. Il caso è più complicato del previsto e, mentre una bambina di cinque anni manda in fumo la quieta vita del CBI, Patrick e Teresa sono costretti ad affrontare il passato quando si rendono conto che tutta l'indagine ruota attorno a cosa sia davvero una famiglia.
Genere: Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo Personaggio, Patrick Jane, Teresa Lisbon, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Al di là del rosso dell'arcobaleno'
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Era tarda sera, e le luci ronzanti dei lampioni di Sicomor Grove erano l'unico rumore che si udiva nel silenzio perfetto dell'appartamento deserto.

Acquattati contro la parete dello stretto corridoio della casa dei Fairbanks, nascosti alla vista dall'ombra della luce spenta e dalla tenda tirata, Teresa e Patrick aspettavano immobili da quasi un'ora.
- Giuro che se non succede niente... - Iniziò Teresa in un sibilo.
- Sì? -
- Non vuoi davvero sapere cosa ti farò, Jane. -
- Mi interessa, invece. -
Teresa si limitò a fulminare con gli occhi lui e quel suo sorrisetto strafottente.
L'aveva chiamata appena prima di cena, dicendole di raggiungerlo il prima possibile al condominio ma raccomandandole di non lasciare la macchina parcheggiata in vista. Così, invece di cenare, aveva dovuto litigare con Dorothy per lasciarla al CBI, discutere con Rigsby che non aveva voglia di badare a una bambina irrequieta, convincere Cho ad accompagnarla e a rimanere a due isolati dal condominio in attesa della sua chiamata..
Tutto questo, senza la minima spiegazione da parte di quel testardo arrogante del suo consulente, il quale continuava ad essere sibillino dopo essere scomparso per tutto il pomeriggio.
- Mi vuoi spiegare cosa... -
- Shh. - La mano di Patrick le afferrò il braccio e Teresa si azzittì bruscamente, voltando lo sguardo verso lo spicchio di salotto che la tenda socchiusa lasciava intravedere. I toni freddi e cangianti della televisione muta spezzavano il buio e la loro luce azzurra illuminava la figura di un ombra che si aggirava per la stanza senza fare rumore.
Teresa posò la mano sulla pistola, attese ancora un istante e poi tirò bruscamente la tenda, puntando la pistola verso l'ombra grigia e azzurra al centro della sala.
- CBI, metta le mani in alto! - Gridò.
Confuso, il robusto uomo apparso magicamente nell'appartamento si guardò intorno, fece cadere il coltello che stringeva in mano e si mise le mani sulla nuca, mentre i suoi occhi fiammeggiavano nel buio della stanza. Solo quando lo sconosciuto fu ammanettato, Patrick comparve nella sala accendendo la luce.
- Alla fine abbiamo il piacere di conoscerla. - Disse con un sorriso.
Teresa guardò prima Patrick e poi il robusto uomo ammanettato senza capire.
- Lisbon, ti presento Frank McDale. - Disse Patrick raggiante.

Quando Wayne vide il suo capo tornare, tirò un malcelato sospiro di sollievo.
Dorothy saltò giù dalla sedia girevole di Grace, da cui aveva bombardato Wayne di domande, e corse incontro alla donna con un luminoso sorriso.
- Sei tornata! - Esclamò allegramente. - Wayne diceva che... -
Le parole le morirono in gola quando vide l'uomo ammanettato tra Teresa e Kimball. Si fermò, con le labbra ancora socchiuse e gli occhi pieni di quello che sembrava sgomento, terrore e stupore. Raggelata, rimase immobile, in silenzio, a subire lo sguardo inespressivo dell'uomo di fronte a lei. Fu Kimball a rompere il silenzio che regnava nell'ufficio.
- Andiamo. - Disse all'improvviso, strattonandolo verso la sala interrogatori.
Dorothy tremava, immobile, e Teresa rimase ferma a guardarla per un momento, combattuta tra il desiderio di andarle a chiedere come stava e il senso del dovere che le diceva che doveva andare a seguire l'interrogatorio.
- Tutto bene, Dorothy? - Disse Patrick, anticipandola e raggiungendo la bambina, accovacciandosi per parlarle con gli occhi allo stesso livello.
Dorothy annuì, con gli occhi pieni di paura, e quando parlò la sua voce era poco più che un sussurro.
- Non mi farete andare con lui, vero? -
- Certo che no, tesoro. - Intervenne Patrick. - No, certo che no. Vieni, andiamo di là. Sono sicura che nell'ufficio di Teresa ci sono ancora le tue matite colorate. -
Teresa guardò Patrick prendere per mano Dorothy e portarla nel suo ufficio e si avviò verso la sala degli interrogatori sentendosi decisamente sollevata.
Aprì la porta della sala degli interrogatori e guardò l'uomo seduto dall'altra parte del tavolo. Alto e slanciato, sulla quarantina, con folti capelli bruni e un accenno di barba non rasata. I suoi occhi neri erano intensi e penetranti e la fissavano colmi di rabbia.
Senza scomporsi minimamente - non era certamente il primo reo incavolato che le compariva davanti, per quanto avesse un'aria decisamente elegante - Teresa si sedette al posto vuoto accanto a quello di Kimball.
- Che cosa ci faceva al 152 di Sicomor Grove? - Domandò Kimball.
- Ero andato a trovare mia madre. - Rispose l'uomo a denti stretti.
- Sua madre? -
- Abita all'interno 14. -
- Abbiamo già avuto il dispiacere di conoscere Karl Reed. - Intervenne Teresa - E credo proprio che non sia lei. Vogliamo farla breve, signor McDale? Perchè è andato a cercare Shayla e Rick? -
Infastidito, l'uomo sbattè i pugni ammanettati sul tavolo, biascicando una imprecazione.
Fulminò con lo sguardo prima Teresa e poi Kimball, sbattendo di nuovo i pugni sul tavolo con un tale vigore da far sobbalzare entrambi gli agenti.
- Avete preso la persona sbagliata! - Gridò. - Voi piedipiatti non siete capaci di fare niente! Arrestate la gente per bene e lasciate per strada rapitori drogati! -
- Non la seguo. - Disse Kimball senza scomporsi minimamente.
- Non mi segue? Non mi segue? Oltre che incapaci siete anche degli idioti, allora. - Disse l'uomo. Si avvicinò ai due agenti e sotto la luce al neon il suo labbro superiore imperlato di sudore luccicava con la stessa veemenza dei suoi occhi neri.
- Glielo spiego con parole semplici, così potrà capire. Quei due bastardi si sono presi mia figlia. -
- Sua figlia? -
- La bambina che quei due fenomeni da baraccone si sono trascinati dietro in quella lurida topaia è mia figlia Katherine. Mia figlia. Mia. - Ripetè, indicandosi con fare teatrale - Io spendo migliaia di dollari per ritrovarla e mi ritrovo in manette, mentre a quei due drogati non è mai stato torto un capello! -
- Se i Fairbanks hanno rapito sua figlia perchè non ha sporto denuncia? Abbiamo fatto dei controlli, non ci sono segnalazioni di bambine scomparse o rapite che concidano con la sua descrizione. - Domandò Teresa.
- Come ho già detto, gli sbirri non sanno muovere i loro culoni ben pagati dalle costose sedie di pelle dei loro uffici. Non si sarebbero mai mossi per cercare una mocciosa. -
Prima che Kimball o Teresa potessero rispondere a quella frecciatina, la porta si aprì bruscamente e Patrick entrò, avvicinandosi all'uomo.
- Una sola domanda, Frank: dove hanno rapito la sua bambina? -
- Cosa... che diavolo vi importa? Quello che conta è che quei due stronzi hanno rapito mia figlia e voi perdere tempo a interrogarmi come se fossi io il colpevole! -
- Risponda alla mia domanda. - Disse Patrick con calma. - Non è difficile. Dove è stata rapita? -
Frank McDale sbattè le ciglia un paio di volte, rimanendo in silenzio.
- Ai giardini pubblici? -
- Sì, sì, ai giardini. - Sbottò l'uomo. - Resta il fatto che non è importante! -
- È importante, invece. È importante perchè sta mentendo. - Ripose Patrick. - Sta mentendo perchè sua figlia non è stata rapita. Lei l'ha venduta a Rick e Shayla. -
- Ven... venduta? Come le viene in mente? -
- Avete notato? - domandò a Teresa e Kimball, alle sue spalle, senza togliere gli occhi dal volto pallido e sudato dell'uomo davanti a lui, i cui lineamenti erano tesi in un maschera di spavento - la paura si è dipinta sul suo volto nel momento in cui ha capito che avevo capito. Quando ho nominato la parola "venduta" non ha avuto nessuna reazione, perchè è stato quello che ha fatto. Ha avuto il coraggio di vendere una bambina. Perchè l'ha data via, Frank? Non era sua figlia davvero e se ne voleva liberare? Cercava di nuovo la pace della vita coniugale con sua moglie? Lo ammetta, si sentirà meglio. -
Frank reagì con tanta violenza che Teresa dovette strattonare Patrick indietro prima di vedergli il naso spaccato. L'uomo ammanettato si alzò in piedi gettando indietro la sedia e fissandoli con occhi fiammeggianti d'ira.
- No! È mia figlia, non l'avrei mai venduta! - Gridò. - È stata Tina! -
Le ultime parole dell'uomo echeggiavano ancora nella sala interrogatori. Teresa stringeva ancora la manica della giacca di Patrick, il quale fissava Frank ancora un po' stupito da quella brusca reazione dell'uomo.
Con la feroce consapevolezza di essersi tradito, Frank si voltò e sbattè i pugni contro il muro.
Kimball si alzò e lo ricondusse al tavolo, obbligandolo a sedersi con un'occhiata che non ammetteva repliche e rimanendo fermo vicino a lui, con le braccia incrociate sul petto el'aria di chi non aveva intenzione di vedersi ripetere una scena del genere.
Teresa, ripresasi dallo stupore, lasciò il braccio di Patrick, e il consulente si sedette nel posto lasciato vuoto da Kimball.
- Ci vuole dire la verità, adesso, o ha intenzione di fare un'altra sceneggiata? - Domandò Teresa con calma.
Frank la fulminò, poi fulminò Patrick e poi sbattè con violenza i pugni sul tavolo, in preda alla frustrazione.
- Ci facevamo, va bene? Troppo per le nostre sostanze. - Iniziò, guardandosi i pugni e parlando come se ogni parola gli costasse una fatica tremenda. - All'apparenza eravamo borghesi, avevamo una bella casa, una bella macchina, bei vestiti e frequentavamo i locali più in. Io ero capo del personale dell'azienda più importante di Manteca, ma i soldi che prendevo non bastavano per la roba. Ci servivamo da quei pazzi drogati dei Fairbanks, che ci avevano illuso di volerci venire incontro, ci facevano sconti, ci davano proroghe, "mettevano in conto"... Ma all'improvviso ci hanno detto che dovevamo saldare i debiti. Subito. Volevano uscire dal giro, cambiare vita, cambiare città.. e ci hanno minacciato. Quel pazzo delinquente pieno di tatuaggi si è presentato a casa mia con una pistola, ha detto che ci avrebbe ammazzati tutti se non avessimo pagato subito. Tina gli ha detto che non avevamo soldi o gioielli di valore. L'auto non era di nostra proprietà. Quel bastardo gridava, agitava la pistola, diceva che non aveva più tempo da perdere con noi e che se non avessimo pagato ci avrebbe fatto la pelle. In quel momento Katherine si è svegliata ed è comparsa nella stanza. Lui si è fermato all'improvviso, guardandola con occhi strani e Tina gli ha detto che, se voleva, poteva prendersi la bambina. -
Davanti allo sguardo di riprovazione di Teresa, Frank non riuscì a nascondere un moto di rabbia.
- Ci disprezza, vero? Certo, lei disprezza noi, non quel figlio di buona donna che ha preso in braccio mia figlia, ha ignorato le sue grida e le sue lacrime ed è sparito intimandoci di non cercarlo mai più. Nella vostra mente deformata sono io il bastardo, qui. - Disse con ferocia.
- Vada avanti. - Intervenne Kimball, gelido.
- Qualche giorno più tardi mi sono reso conto che non avevo intenzione di darla vinta a un bastardo di quel genere. E che i poliziotti non mi avrebbero mai aiutato. E a giudicare da questa situazione, facevo bene. - Disse con sarcasmo.
- E così avete deciso di fare da soli. - Intervenne Patrick. - Avrete chiesto agli spacciatori, vero? Ma nessuno sapeva niente di loro. I Fairbanks si erano volatilizzati. -
- Aiutati da qualche piedipiatti corrotto a fuggire, senza dubbio. - Replicò Frank. - Tina ha deciso di inscenare la morte di Katherine per levarci dagli impicci tutti quelli che ci chiedevano come mai la bambina non si vedesse più in giro. Abbiamo fatto un gran funerale che ci ha dato modo di avere un po' di pace dagli scocciatori. -
Teresa si passò le mani sul viso, cercando di non far all'uomo quanto trovasse rivoltante quella messinscena. Patrick, invece, sembrava completamente padrone della situazione.
- Ma qualcuno non ci è cascato. - Intervenne. - Qualcuno che conosceva sua figlia e che l'aveva vista da un'altra parte dopo il funerale. -
Frank lo fulminò, riversando il suo odio sull'innegabile acume del consulente, mentre Teresa iniziava a capire qualcosa di quella situazione.
- Karl mi ha avvicinato un giorno al lavoro. Quel bastardo mi ha detto che sapeva. Conosceva il mio segreto, mi ha detto con un sorriso da stronzo. E che mi avrebbe aiutato, se volevo... e se facevo quello che voleva lui. -
- Che cosa le ha offerto, signor McDale? -
- Voleva il mio posto. - Rispose l'uomo, a denti stretti. - L'ho riempito di raccomandazioni, di favori e l'ho messo in buona luce con tutti. Sei mesi fa mi ha dato l'indirizzo di Sicomor Grove e diecimila dollari, poi mi ha detto di sparire e non farmi mai più vedere nè sentire. -
Frank McDale si fermò, si asciugò il viso sudato e poi picchiò con violenza i pugni sul tavolo.
- Ha seguito Shayla e Rick negli ultimi mesi, non è vero? - Intervenne Patrick - Li seguiva quando andavano al parco e fissava la sua bambina, cercando di attirarla a sè. Ma Dorothy non aveva intenzione di venire con lei. -
- Come... come lo sa? - Mormorò Frank, talmente stupito da dimenticarsi della sua rabbia.
- L'abbiamo visto. Eravamo al parco con sua figlia e un uomo con la sua struttura fisica si è avvicinato. Dorothy si è precipitata verso di noi, nell'unico posto che le sembrava sicuro. -
Teresa realizzò solo in quel momento il senso di quello strano incontro al parco, dell'uomo robusto vestito elegantemente e del terrore di Dorothy quando l'aveva visto. Scoccò uno sguardo a Patrick, rendendosi conto per l'ennesima volta di quanto il suo collega fosse sveglio.
- E quindi ha pensato di uccidere Shayla e Rick e rapire sua figlia, visto che sapeva che non sarebbe mai venuta con lei di sua spontanea volontà. - Intervenne Teresa.
- Non sono un assassino! - Gridò Frank, con gli occhi di nuovo luccicanti di rabbia. - Quel bastardo mi ha fatto perdere le staffe! Mi diceva che non sono mai stato un bravo padre, che non avevo mai amato Katherine quanto lui amava Dorothy. Dorothy, vogliamo parlarne? Un nome così idiota non si era mai sentito! Sembra uscito da uno stupido libro di favole! - La risata nervosa che gli sfuggì dalle labbra sembrò spaventarlo ancora di più della sua stessa confessione e Frank Donovan si asciugò di nuovo la fronte imperlata di sudore col dorso di una mano. - È vero, sono andato a casa loro. Gli ho offerto tutto quello che avevo per riavere la bambina, ma loro mi hanno scacciato, ridendo di me. Ridevano di me! Quel bastardo drogato e quella sgualdrina di sua moglie ridevano di me! -
- E lei ha perso la testa. È un uomo sanguigno, lei, uno che non riesce a mantenere la calma. - Disse Patrick.
- Non lo volevo uccidere! Gli ho dato uno spintone, ha sbattuto contro lo stipite e si è afflosciato. Quell'idiota di una bionda ha iniziato a urlare e io avevo il terrore che svegliasse Katherine, così le ho detto di stare zitta.. ma lei continuava, io ho perso la testa e ho fatto in modo che potesse stare buona definitivamente. -
- E in quel momento ha sentito le nostre voci, vero, signor McDale? - Intervenne Teresa, che finalmente riusciva a mettere i pezzi della storia tutti al loro posto.
Frank si guardò intorno, confuso, e sbattè di nuovo i polsi sul tavolo, frustrato.
Fu Patrick a completare il quadro:
- Si è reso conto che non poteva scappare portando via sua figlia, perchè saltare dalla finestra con una bambina irrequieta è impossibile, noi avremmo sentito le sue urla e saremmo intervenuti. Così ha deciso di lasciar perdere e di fuggire. Ha provato a chiamare Karl Reed per avere spiegazioni, ma non ne ha ottenute... fino a oggi pomeriggio, vero? -
Teresa guardò Patrick sbattendo le ciglia, senza capire cosa stesse dicendo il suo consulente, ma Frank annuì stancamente.
- Mi ha lasciato un messaggio in segreteria. Ha detto che avrei trovato Katherine nell'appartamento con un assistente sociale e che era la mia ultima occasione. Ma che rivoleva i diecimila dollari. - Frank picchiò i pugni sul tavolo, lanciando uno sguardo feroce agli agenti nella sala. - Mi sono fatto fregare come un'idiota! -
- Non è colpa sua. È stata la signora Reed a credermi, quando sono andato a raccontarle che avremmo riportato Dorothy a casa per un'ultima volta. Lei ha solo visto ciò che voleva vedere: un'occasione per riavere sua figlia. - disse Patrick.
"Ecco dov'è stato tutto il pomeriggio." Pensò Teresa, senza riuscire alla vaga ammirazione per l'acume del suo ribelle consulente. La faceva impazzire, ma senza di lui non sarebbero riusciti a chiudere i casi con la stessa rapidità.
Frank non rispose, limitandosi a fissare l'angolo del tavolo con occhi freddi e pieni di rabbia.
- Portalo via, Cho. - Disse Teresa, sospirando amaramente.
Kimball afferrò l'uomo per un braccio e lo obbligò ad alzarsi, ma prima di uscire, Frank si voltò verso Patrick.
- Come lo ha capito? -
- Che Karl Reed era coinvolto? La mattina che Karl è arrivato portando qui la bambina, ha detto che "volevamo coinvolgere sua madre in questo caso", ma non c'era nessun caso: ufficialmente la bambina era un'orfana che aveva bisogno di un posto dove stare. Ma lui sapeva che c'era di più, sotto, e aveva paura di essere scoperto. Si vedeva dal terrore dipinto nei suoi occhi. La sua promozione ha fatto il resto. - Spiegò Patrick con calma.
Frank si voltò per uscire, ma questa volta fu Patrick a fermarlo.
- Un'ultima cosa. Quando ho visto la sua foto sul sito della polizia di Stockton, ho visto che era assieme a una donna dai capelli rossi. È sua moglie, per caso? -
- S-sì, Tina ha i capelli rossi. - Disse. - Perchè? -
- Solo per sapere. - disse Patrick, stringendosi nelle spalle.



















Ooook, ora tutti i pezzi dell'indagine dovrebbero essere andati al loro posto.
Che ne dite? La soluzione fila? Ci eravate arrivati?
Avete capito come mai Dorothy aveva così paura di andare al parco
e perchè non sopportava Grace? Ormai dovrebbe essere tutto chiaro....
Spero di aver fatto un buon lavoro, non avevo mai scritto un giallo prima
e questo mi si è ingarbugliato sotto le dita a mia insaputa!
Nel prossimo - e ultimo - capitolo resta solo da scoprire il destino della nostra adorabile bambina.
Grazie per aver letto e grazie a Mici e Flox che commentano sempre.
Spero che questo capitolo abbia compensato la brevità del precedente! (:
Bacibaci a tutti!
Flora
   
 
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