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Autore: Samurai Riku    04/12/2012    0 recensioni
Prima dell'agenzia tuttofare, dopo il termine della guerra per l'espulsione dei barbari.
Scorcio della vita di Gintoki separatosi dai suoi compagni, dopo aver conosciuto una giovane ragazza che gli ha offerto il suo aiuto, andando contro le leggi Amanto. Perché i samurai non si fermano davanti a simili inezie, un samurai non abbassa la testa...
Genere: Comico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Gintoki Sakata, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Un candido tappeto di neve bianca ricopriva il cortile interno della mia casa, e la nevicata appena passata con il sorgere del luminoso ma freddo sole non lasciava pensare che si sarebbe trasformato presto in acqua per la terra. Alzatami di buon’ora ripulii la passatoia di legno dagli spruzzi di neve che come leggere pennellate si erano depositati durante la notte. Non c’è che dire, questo inverno sarebbe stato lungo e davvero freddo.
Sentendo dei passi nel corridoio posai la scopa e rientrai attraversando la stanzetta per il thè, lasciando, ahimè, deboli impronte bagnate sul tatami. Appena oltre l’ingresso della stanza vidi Gintoki, in quel vecchio yukata marrone che gli avevo procurato, camminare trascinando le gambe come se pesassero tonnellate, passandosi una mano tra i folti capelli ricci.
-Buongiorno, Gin!- lo salutai.
Lui si voltò verso di me, nascondendo uno sbadiglio -‘giorno… i tuoi non sono in casa?-
-No, sono usciti presto stamane, sono da Kanbee, al tempio.- spiegai -Dammi un attimo e ti preparo la colazione!-
-Non c’è bisogno… non disturbarti tanto…-
-Non preoccuparti, tanto devo mangiare anche io!!-
Annuì, abbozzando un sorriso di gratitudine, e cercando di nascondere quel velo di imbarazzo che non lo abbandonava da quando era nostro ospite.
La stagione invernale era arrivata presto e in fretta, i vivaci colori dell’autunno avevano presto lasciato spazio all’opacità del freddo, senza che Edo se ne accorgesse. Vedere il mio amico e maestro di spada in balìa del vento e della neve sempre più frequente su questa terra mi rabbuiava e mi intristiva… non potevo lasciarlo congelare. Fu un’impresa convincere mio padre ad ospitare un samurai, per di più reduce della guerra, in casa nostra, ma alla fine seppur riluttante acconsentì. Mia madre al contrario lo aveva subito preso in simpatia.
-Stai pulendo fuori? Posso darti una mano.-
-Certo, come vuoi! Fa pure mentre preparo il riso!-
Come per guadagnarsi tutto questo aiuto, faceva il possibile in casa per non pesare alla mia famiglia, anche se per me non era affatto un peso.
Gintoki uscì sulla passatoia, riprendendo il mio lavoro, mentre io mi diressi alla cucina.
Ero sempre più convinta che aiutarlo, dargli una possibilità era la cosa migliore da fare. È una brava persona, con i suoi tormenti, ma chi non ne ha a questo mondo.
Non ebbi neanche il tempo di prendere due ciotole che sentii bussare all’ingresso, con insistenza -… chi è a quest’ora?- andai alla porta, aprendola quel poco che bastava per scrutare chi stava al di là di essa. -Sì…?-
Mi ritrovai di fronte tre Inui, i soliti tre Inui che puntualmente facevano incombere la loro presenza in casa mia -Ci serve tuo padre, ragazzina.- disse uno dei tre, quello che aveva bussato, presumo.
-Mi dispiace, mio padre non è in casa al momento. Ripassate domani.- mi mostrai il più accondiscendente possibile, per non aizzare quei cani pulciosi.
-Be’, non me ne frega niente se non è in casa, vogliamo i nostri soldi!- aggiunse il secondo.
-Soldi…? Mi dispiace, non idea di che cosa vogliate. Non ne so nulla. Arrivederci.- e così dicendo mi mossi a richiudere la porta, sperando di essermeli levati di torno.
Soldi… allora è questo che c’è nella busta che mio padre ogni due settimane consegna a questi esseri… soldi… schifoso mondo corrotto.
Purtroppo le mie scuse non bastarono a convincerli e con uno spintone l’Inui aprì la porta, costringendomi ad indietreggiare per non rompermi il naso e cascare a terra.
-Levati, facciamo da soli!!-
-Aah!! Non potete entrare in questo modo, è una proprietà privata!!- obbiettai, orami al limite di sopportazione.
-Sì certo, e io sono l’imperatore!!- schernì le mie parole facendosi largo in casa mia con i due compari.
-Aspettate!!-
Gintoki sbucò nel corridoio, incuriosito dal vociare concitato -Cosa succede, Riku?- appena vide i tre Amanto un lampo di stupore misto ad agitazione gli attraversò gli occhi color rubino, alterando i lineamenti del suo volto.
Il terzo Inui gli puntò il dito contro -Quello lo conosco!! È il samurai che vagabondava da queste parti, quel Demone Bianco!!-
-Cosa??- esclamò con sdegno l’altro cane, rivolgendosi poi con malcelata rabbia a me, come se gli avessi fatto chissà quale torto personale -Nascondevi quel bastardo in casa?! Ah, il vecchio Komatsu dovrà fare i conti con noi appena rientra!-
Ecco cosa temeva mio padre… -No, no, è solo un vagabondo, vi sbagliate!!- cercai di dire, ma non mi diedero minimamente retta, anzi, mi afferrarono per le spalle con forza, trattenendomi -Ehi…!! Lasciatemi!!- mi dibattei.
-Riku!!- Gintoki si mosse verso di noi, ma dopo aver fatto mezzo passo si bloccò.
Un Amanto si era messo nel mezzo del corridoio impedendogli l’avanzata -Allora, sei tu il Demone Bianco?-
Be’, mi ero già stufata di recitare la parte della fanciullina indifesa. Riuscii a dare una gomitata in mezzo alle gambe al cane che mi tratteneva e sgusciai dalla sua presa, superando il bullo che fronteggiava Gin.
Lui con una lieve spinta mi condusse verso il cortile, per allontanarmi -Va via, presto!-
Corsi sulla passatoia e balzai nella neve, voltandomi solo allora verso la stanza. L’Inui si fiondò con uno scatto quasi inverosimile per la sua stazza su Gintoki, assestandogli un destro micidiale che lo fece volare sulla passatoia. Un sottile rivolo di sangue gli scese dal labbro inferiore rotto.
Lo aiutai ad alzarsi -Gin, andiamocene!!- è in momenti come questi che rimpiango di non girare per casa con una spada…
-Vieni qui, tu!!- il capo del terzetto mi allontanò prendendomi per i capelli, con uno strattone tanto forte che mi salirono le lacrime. Incespicai nella neve fredda che mi gelava i piedi nudi, e finii in ginocchio. Un altro compare mi trattenne per un braccio.
Gintoki si sollevò, scendendo dalla passatoia, asciugandosi il rivolo di sangue
-Lasciatela stare, non c’entra nulla.-
-Oh, lascialo decidere a noi! Perché non te ne resti buono, buono, eh?- fece un cenno col capo e il terzo Amanto braccò Gin da dietro, bloccandogli le braccia lungo i fianchi e puntandogli la lama della sua spada dritta alla gola.
-E così…- iniziò il capo con un ghigno di soddisfazione in volto -la piccola Komatsu ha l’animo talmente buono da aiutare un povero reietto.- mi rivolse quel sorrisino -Sai che aiutare questi individui è grave quanto portare la spada?-
-Non me ne frega niente.- gli risposi fronteggiandolo senza timore negli occhi. Essere un samurai, seguire il bushidoo, lottare per il proprio Paese… come potevo fare tutto questo se un bastardino con il pelo arruffato mi metteva paura? Oh no, non mi sarei fatta intimorire.
-Davvero? Che ragazzina coraggiosa.- mi schernì.
Spostai lo sguardo su Gintoki, e sul suo volto lessi solo un grande senso di colpa per avermi messa in questa situazione.
L’Inui riprese a parlarle, ma più che rivolgersi a me, parlava con i suo compari, senza comunque staccarmi gli occhi di dosso -Quanti anni avrà? Quindici? Sedici, forse? Le giovani umane sono carine, e sempre ben volute, dico bene?-
L’altro che mi tratteneva abbozzò un sorrisetto divertito -Sì, sì, i clienti migliori richiedono sempre una o due di queste scimmie per arricchire il loro harem!-
-Direi che il vecchio Komatsu può finire di pagarci in questo modo.- concluse il capo.
Non serviva un genio per capire come volevano risolvere la situazione. Quale punizione avevano scelto per il mio ‘reato’. Mi sforzai di non apparire intimorita, non avrei mai voluto dar loro questa soddisfazione… ma in cuor mio speravo solo che mio padre rientrasse a casa. Non mi importava se si sarebbe infuriato con me, se avesse sbattuto fuori Gintoki, poteva chiamare lo Shogun Tokugawa in persona e farci fare seppuku… tutto pur di uscire da questa situazione.
-Levatele le mani di dosso.-
Disse Gintoki, senza una particolare emozione nella voce, ma era fermo e convinto. I pugni serrati in una morsa di tensione e malcelata rabbia.
-Taci, bastardo!- gli intimò l’Inui, sfiorandogli la pelle della gola con l’affilata lama.
Il capo si voltò verso di lui, dapprima osservandolo in silenzio -Oh, cosa c’è samurai? Hai paura per le sorti della tua ragazza? È colpa tua, non dovevi coinvolgerla!- disse con un falso tono di rimprovero -Sa chi sei per davvero? Sa chi è il Demone Bianco?-
Gin non rispose. Si limitava a fissarlo.
… Demone Bianco… me ne aveva parlato una volta. Era il soprannome che gli avevano dato in battaglia, ma non ero mai riuscita a scucirgli di più. Anche se con un soprannome del genere immaginavo fosse un combattente di prima categoria, e per questo ero convinta di non averlo mai visto fare sul serio con la spada, nemmeno nei nostri allenamenti.
-No, non lo sa.- continuò l’Inui -Potevi sognartela questa bella dimora, se no! Chi vorrebbe mai un mostro come te in casa, chi vorrebbe mai aiutare un demonio?!-
-Ho detto di levarle le mani di dosso.- ripeté.
-Zitto, tu!! Non lo conosci, smettila di dire idiozie!!- invii contro l’Inui, ma questo per nulla contento del mio tono ribelle si voltò dandomi un manrovescio -… aah!!-
-Tu fa’ silenzio, puttana!!-
Nel giro di pochi secondi un gorgoglio sommesso uscì dalla bocca del terzo Inui, accompagnato da un fiotto di sangue, che assieme a quello che colava dal buco che la lama gli aveva fatto all’addome andò a macchiare la candida neve ai suo piedi.
Gintoki era riuscito a liberarsi dalla sua presa, e piegandogli il braccio si era impossessato della spada e lo aveva trapassato.
Pochi secondi, sì… ne ero certa, solo pochi secondi.
Fu maledettamente rapido.
-Ehi!!!- strillò il cane che mi teneva, ma non venne minimamente preso in considerazione.
-Perdonami, Riku. Purtroppo quel cucciolo ha ragione, è colpa mia se sei in questa situazione. Non avrei mai voluto che vedessi questo, ma è l’unico modo che conosco per sistemare i vermi che non sanno stare al loro posto.-
Lo guardai senza proferire parola. Sentivo la guancia destra gonfiarsi e pungere di dolore, ma non mi importava… non riuscivo a staccare gli occhi dalla figura del samurai che sfilò la lama dall’addome come se fosse uno spiedino di carne.
Un pezzo di carne cotta male, ancora grondante sangue. Quel sangue che si sparse sugli indumenti, sul volto e sui capelli di Gintoki con piccole e dense goccioline.
Il capo mi strappò dalla presa del compare, appena il terzo stramazzò a terra -Vai, fallo fuori!!-
Questo sguainò la katana e scattò verso Gin lasciando orme indistinte sulla neve compatta.
Gin rigirò la spada grondante tra le mani, pronto a contrastare la steccata dell’avversario; lo bloccò magistralmente, contrastando quella montagna di muscoli senza sforzarsi troppo e lo respinse per poi attaccarlo a sua volta.
L’Inui si scansò, e menò un fendente sicuro di infliggere il colpo di grazia -Sei finito!! … cosa?!-
Gin gli afferrò il polso destro, bloccando l’attacco a mezz’aria. Lo fissò in silenzio, serio e inespressivo… poi un sorriso gli illuminò il volto, un sorriso che non gli avevo mai visto. Ma certo… perché non era un sorriso, era un ghigno. Un ghigno perfido, divertito e sadico gli si dipinse in volto. Le iridi brillarono come pietre preziose al sole e in un lampo calò la spada sopra il corpo massiccio dell’Amanto, aprendo uno squarcio dalla spalla sinistra al fianco destro.
Il fiotto scuro che ne uscì gli si riversò addosso. Lo Yukata era fradicio, il volto gocciolava sangue non suo e i capelli così chiari erano tinti a macchie di quel liquido denso dal forte odore metallico.
Come se non fosse soddisfatto dal grido agonizzante del nemico, si spostò rapido alle sue spalle, serrandogli il collo in una salda presa. Guardò quasi con complicità l’Inui capo, con uno sguardo che poteva voler dire ‘ecco, guarda, guarda cosa sono capace di fare! Guarda che fine fa il tuo socio!’.
E come un ramoscello secco che si spezza schioccando sotto le ruote di una bicicletta, il collo di quel cane si ruppe con il medesimo suono, e quando la testa penzolò da un lato il samurai lasciò cadere il corpo.
Il cortile, la casa, forse l’intera città era sprofondata nel silenzio; un silenzio talmente fitto che fa male alle orecchie, talmente denso che pesa sulle persone, sugli alberi spogli e sulla neve caduta, opprimente, che taglia il respiro.
Forse non era il silenzio che mi mozzava il fiato, ma la visione di quella scena… il sorriso sadico si schiuse lasciando spazio alla punta della lingua che pulì il labbro superiore dal sangue assaporandolo con gusto.
Il Demone Bianco…
… e così è questo l’aspetto di un Demone?
È questo che fa un Demone?
Non lo avevo mai visto fare sul serio… fino ad ora.
Per la brusca tirata che ricevette il mio braccio sinistro fui costretta ad alzarmi, e mi ritrovai minacciata dalla lama della spada dell’Inui rimasto puntata sotto il mento.
-Fermo!! Non muoverti o l’ammazzo!!- ringhiò, o meglio, gracidò. Voleva dare l’impressione di giocarsi questo ultimo asso nella manica per placare la furia del Demone di cui aveva una fottuta paura.
Di tutta risposta Gin accentuò quel ghigno divertito -Ma davvero??-
-Non muoverti, ho detto!!- mi sollevò il mento con la lama.
Avrei voluto dire qualcosa, ma per quanto mi sforzassi, per quanto lo gridavo nella mia mente, dalla mia gola non uscì neanche una parola, né un lamento, e avevo la sensazione che nemmeno l’aria riusciva a farsi strada.
Avrei voluto muovermi, dibattermi per colpirlo, per scappare, ma il mio corpo non rispondeva a ciò che ancora la mia mente gridava con tutta se stessa.
Per un istante il mio sguardo incrociò quello di Gintoki… eppure avevo l’impressione che non mi vedeva, come se fossi trasparente, come se scrutasse attraverso il mio corpo il corpo dell’Amanto alle mie spalle, per trovare il punto più idoneo da infilzare per fargli sputare l’anima dal dolore.
Rigirò di nuovo la spada -Facciamo una gara… ti va?-
L’Inui non rispose, ma credo che come me si stesse domandando cosa passasse per la mente del samurai.
-Vediamo chi è più veloce. Il cane da caccia… o il demone asceso dagli inferi.-
Sentii aumentare la pressione del freddo metallo sulla mia gola, e per un istante temetti il peggio. L’istante in cui udii urlare di dolore l’Inui, e riaprendo gli occhi vidi lo yukata scuro di fronte a me, e la mano destra ancora impugnante la spada cascare a terra ai miei piedi.
Dopo avergli tranciato il polso di netto, Gintoki si spostò alle sue spalle, trapassandolo alla schiena.
La punta insanguinata della spada mi sfiorò i capelli.
Mi si mozzò il fiato.
-Che peccato…- lo sentii dire -Sei davvero lento.- sfilò la lama in un gorgoglio di sangue, e con un colpo secco lo decapitò.
Mi allontanai di due passi prima che le mie gambe cedettero, abbandonandomi sulla neve. La testa dell’Inui rotolò per un metro, fermandosi contro l’altro cane morto, e appena Gin lo lasciò anche il suo corpo stramazzò a terra.
Solo adesso sentivo il cuore battere freneticamente, come impazzito, temetti potesse scoppiarmi in petto tanto era forte il dolore che sentivo.
Gintoki se ne stava in piedi, fermo, con un accenno di fiato corto, più che per la fatica per l’adrenalina che pian piano cessava di fluire nelle vene, placando l’eccitazione di ogni fibra dell’organismo, rimettendo a dormire il Demone.
Si guardò attorno, spostando lo sguardo prima sui tre cadaveri, poi su di me, infine sollevò le mani, e rimase in silenzio ad osservarle.
Nella destra v’era stretta l’elsa della spada Amanto, spruzzata di sangue, mentre la sinistra ne era completamente ricoperta.
Come se si fosse improvvisamente risvegliato da uno stato di trans, sgranò gli occhi stupefatto e lasciò cadere la katana sulla neve non più candida.
-Ah… cosa…- si accasciò a terra sulle ginocchia, con le mani tra i capelli.
Gli andai di fronte, posandogli una mano sul braccio -Gin…- prima che potessi fare altro mi allontanò con una spinta agitando le braccia.
-Non avvicinarti!! Non mi toccare… sta lontana!!- si mise in piedi e corse in casa, sparendo alla mia vista.


Lo ritrovai in bagno, seduto a terra vicino alla vasca, senza yukata, mentre cercava di pulirsi da tutto quel sangue.
Gli tolsi lo straccio di mano e lo presi per le spalle -Gin, guardami! Gintoki!!-
Alzò lo sguardo su di me, e fu uno sguardo che non avevo mai visto prima, ma non era come quello del demone.
Spaurito, disorientato, colpevole… erano gli occhi di un disperato.
-Ascoltami bene, ok? Ci hai salvato! Hai salvato sia me che te stesso, capito?-
-… ma io…-
-Avrebbero portato te in prigione e poi ti avrebbero ucciso, e io e la mia famiglia chissà dove saremmo finiti! Non hai fatto niente di sbagliato, capito? Dimmi che hai capito.-
Chinò il capo senza proferire parole.
-Un samurai segue il bushidoo. Un samurai protegge ciò di cui è responsabile, anche a costo della sua stessa vita. Chugi, dovere e lealtà.- dissi con voce ferma, con tutta la convinzione di cui ero capace.
Gin mi guardò da sotto i ciuffi macchiati della frangia scomposta -… il bushidoo, dici... ho seguito il codice d’onore?-
-Certo. Non saresti un samurai se non tenessi fede al tuo codice, dico bene?- gli sorrisi, cercando di rasserenarlo e convincerlo, cercando di allontanare quegli spettri spaventosi che gli aleggiavano attorno e nell’anima.
Annuì, forse un po’ più sicuro.
Raccolsi lo yukata mettendoglielo sulle spalle -Non puoi restare così, con questo freddo finirai per congelare.- ed in effetti tremava, anche se non ero totalmente certa che l’unica causa fosse il freddo -Ti lavo i capelli, va bene? Non importa se lo yukata si bagna, poi laverò anche quello, e ti darò qualcos’altro da tenere addosso, mentre ti scalderai nel kotatsu.-
Schiuse le labbra per dire qualcosa, ma rimase nel suo silenzio, sapendo per certo che niente mi avrebbe persuaso a fare altro.
Così rimase seduto sullo sgabello, mentre con acqua e sapone cercavo di lavar via il sangue sulle ciocche bianche. Non lo vedevo in faccia, ma sembrava già più rilassato.
Dopo qualche minuto ruppe il silenzio -… ti ho spaventata?-
A morte…
-Sì…-
-Mi dispiace.-
Scossi la testa -Non importa. Ho avuto paura, ma non avresti mai fatto del male a me.-
-Come puoi esserne così sicura?-
-Lo so e basta. Tu lo sai?-
Silenzio, annuì -Non avrei mai potuto. Sei sempre così gentile con me… hai fatto tanto. Quando quello ti ha colpita e insultata non ci ho più visto…-
-Sei un ottimo combattente, Gin.-
-… grazie.-
-E un ottimo maestro.-
Sussultò, lasciandosi scappare una debole risata -Grazie.- questa volta lo disse con più convinzione e riconoscenza -Credo che dovrò lasciare questa casa, per la gioia di tuo padre.-
-Mh… e dove andrai? L’inverno è appena cominciato, non ti lascio fuori a diventare un ghiacciolo!!- obbiettai.
-Riku, sono il Demone Bianco, non sarà un po’ di freddo ad uccidermi!- disse, riacquistando quel velo di ironia che lo contraddistingue di solito.
-Non scherzare su questo, sei sempre un uomo non un essere soprannaturale!!-
-Aaah… gli occhi, il sapone negli occhi!!- si agitò cercando di prendermi le mani.
-Scusa, scusa, scusa!!- gli porsi uno straccio e mi inginocchiai accanto guardandolo
-Tutto bene?-
Gin si passò lo straccio sul volto, sciacquandosi poi con l’acqua -Sì, sì… sono diventato cieco, ma sto bene.-
-Non dire idiozie, non si diventa ciechi per un po’ di sapone!!- gli risposi senza prenderlo sul serio -Comunque non c’è più niente, i tuoi capelli sono tornati bianchi!- lo informai sorridendo.
-Bene, grazie.- posò lo straccio sul bordo in legno della vasca -Cosa ne facciamo dei cadaveri…?-
-Oh, be’… per il momento ammassiamoli e copriamoli con un telo. Dovrò comunque spiegare a papà cos’è successo, sbarazzarcene di nascosto mi sembra inutile e aggraverebbe anche le cose…-
Gintoki annuì, dandomi ragione.
-E in ogni caso anche lui deve darmi delle spiegazioni.-
-Su cosa?-
-Sulle mazzette che ogni due settimane consegna agli Amanto.-
-Non prendertela con lui per questo… lo sai, ormai gli Amanto hanno il pieno controllo e fanno il bello e il cattivo tempo come pare a loro. Tuo padre è costretto, come altri maestri di spada ormai in fallimento.-
Mi sorprese la risolutezza della sua spiegazione. In cuor mio lo sapevo che bene o male era così che andava, ma non mi piaceva il fatto che mi avesse tenuto nascosto una cosa tanto importante, non sono più una bambina!
Come se Gin avesse letto i miei pensieri disse -Non te lo ha detto per proteggerti, ne sono certo. Ha un caratteraccio, ma dopotutto è un buon padre…-
Rimasi in silenzio.
Sì, è un buon padre… e abbiamo lo stesso carattere.
Mi colpirono queste ultime parole di Gin, era così strano e insolito sentirgli fare un simile discorso e difendere mio padre… non so bene perché mi venne da pensare a che padre potesse avere lui. Non parlava mai della sua famiglia, se ne ha o aveva una, non dice mai nulla di sé che risalga a prima della sua guerra.
In effetti sapevo davvero poco su quest’uomo…
… poco, ma mi bastava.  
-… Riku? Ci sei?- Gin mi richiamò dai miei pensieri.
-Sì… sì, scusa. Hai detto qualcosa?-
-Solo che sei sporca in faccia di sangue…- riprese lo straccio bagnato e me lo passò su una guancia -Ecco…-
-Grazie…-
Lasciò cadere lo straccio e posò la mano sul mio viso, chiuse gli occhi e mi baciò.
Le sue labbra premute contro le mie erano ancora umide, e dolci allo stesso tempo. Non credo che quelle fossero le circostanze e il luogo più adatti per un gesto simile, ma di pensare razionalmente non ci riuscivo proprio. Era una sensazione così bella e chiusi gli occhi, posando una mano sulla sua spalla.
Appena si scostò mi prese la mano, distogliendo lo sguardo -… scusa.-
Francamente non sapevo bene cosa dire… non che mi fosse dispiaciuto -Ehm… non importa…-
Abbozzò un sorriso -So che è strano, ma la prima cosa che ho pensato è che se tuo padre fosse arrivato in questo momento ci avrebbe ucciso. Anzi, avrebbe ucciso me e rinchiuso te a vita.-
Lo guardai un attimo stupita, poi ci mettemmo a ridere insieme.
-Probabile!!- esclamai.
-Fa… fa finta che non sia accaduto nulla! Queste cose tra maestro e allieva non dovrebbero accadere!!-
-… non è successo niente di così scandaloso… no?-
Dopotutto era vero. Vero…?
Gin alzò le spalle, indifferente, lasciando la mia domanda in sospeso. Calò il silenzio, un silenzio leggero questa volta, quasi imbarazzante, ma sempre fastidioso; per romperlo Gintoki si mise in piedi, schiarendosi la voce e armeggiando con lo yukata
-Allora… posso lavarlo io, non c’è bisogno che ti scomodi.-
-Oh no, non preoccuparti! Ci penso io, davvero!!- mi affrettai a dire -Tu… tu sistema quei corpi…-
-In mutande?-
-Ma no, cretino!! Ti do qualcosa, aspetta un attimo!!- gli gridai dietro, arrossendo non so nemmeno io per quale motivo.
Uscii dal bagno, recuperando da uno degli armadi posti in fondo al corridoio un altro yukata per eventuali ospiti, anche se di ospiti non ce ne sono mai stati, eccetto Gin.
Mentre prendevo l’indumento ben ripiegato pensai che adesso era tutto come prima, più o meno. Vedere Gin tormentato dal suo passato, o preda di chissà quale furia omicida è un’esperienza che vorrei non ripetere. Da quando l’ho incontrato la prima volta ha fatto passi da gigante, è come se fosse tornato a vivere dopo la guerra e la miseria di stenti per strada. Mi faceva un immenso piacere vederlo più rilassato, con meno preoccupazioni e sorridente, anche perché aveva davvero un bel sorriso.
… mi ha dato un bacio.
Ma… ma perché? No, no, no!! Meglio non porsi simili domande… può capitare, no? È segno che mi vuole bene… che ci tiene a me, giusto? Ah, basta domande!! Tanto non capiterà più quindi è inutile darsi pena per cose così futili!!
… però è stato bello…
Scuotendo la testa, come a scacciare i pensieri, ritornai in bagno -Puoi indossare questo intanto.-
-Va bene…- e come se niente fosse si levò lo yukata sporco di sangue.
-A-aspetta!! Che fai, che fai??- sbraitai coprendomi il volto con le mani, imbarazzata.
-Cosa c’è? Anche prima mi hai visto senza yukata, non hai fatto tutte queste storie.-
-M-ma prima non ci badavo…!! I-insomma, copriti!!- senza guardarlo gli porsi il cambio, aspettando che lo prendesse e lo indossasse -…… messo?-
Lo sentii sospirare -Sì, sì..-
Questo è il genere di cose sconvenienti tra maestro e allieva… uff.
  
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