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Autore: Samurai Riku    04/12/2012    1 recensioni
Prima dell'agenzia tuttofare, dopo il termine della guerra per l'espulsione dei barbari.
Scorcio della vita di Gintoki separatosi dai suoi compagni, dopo aver conosciuto una giovane ragazza che gli ha offerto il suo aiuto, andando contro le leggi Amanto. Perché i samurai non si fermano davanti a simili inezie, un samurai non abbassa la testa...
Genere: Comico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Gintoki Sakata, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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La mattina seguente tornammo tutti al tempio, per la prima visita del nuovo anno. Andammo a pregare in silenzio, e con rispetto.
Vidi mio padre e Gintoki scambiarsi un’occhiata. Non erano proprio ostile, possiamo dire più che altro che avevano deciso di tollerarsi in un reciproco patto silenzioso, suggellato con le campane del tempio.
Mia madre fece una piccola offerta e pregò. Sempre così composta, l’aria fredda faceva brillare il trucco leggero del suo volto, ornato dai capelli rossi portati elegantemente con dei kanzashi decorati.
Sicuramente pregava per un mio futuro matrimonio… che donna…
Pregai…
Pregai che gli amanto nn ci infastidissero più.
Pregai di imparare l’arte della spada.
Pregai di diventare un bravo ed esperto samurai.
Pregai per la mia famiglia, per la mia casa e il dojo.
Pregai per Gintoki.
Pregai per il Paese…
Pregai… sperando che gli Dei non fossero troppo indaffarati per non sentire la voce della mia anima.
 
Una mattina di gennaio mio padre prese coraggio e decise di affrontare un’importante argomento.
Ci riunimmo nella saletta del thè, e io mia madre sedute sui cuscini, una accanto all’altra, mio padre di fronte a noi. Gintoki non c’era…
-Sembri teso, qualcosa non va Genzaburo?- domandò la mamma con tono preoccupato.
Lui annuì mesto e senza guardarci ci porse un foglio -Qualche giorno fa è arrivato questo.-
Io sbirciai sporgendomi verso mia madre -Quello è il sigillo shogunale?-
-No, è il sigillo del Governo. Si è differenziato da quello shogunale, è dei Tendoshu.-
-I Tendoshu…-  lessi le scarne righe e più assimilavo il concetto di quegli ideogrammi, più mi sentivo confusa e smarrita -Non capisco… aspetta, ditemi che ho capito male!-
Mia madre, che inizialmente aveva assunto un’espressione sgomenta, divenne più rassegnata -No, Riku… è un avviso di sfratto.-
Spostai lo sguardo da mia madre a mi padre -Non possono farlo!! Non possono cacciarci via così!!-
-Possono, invece.-
-… ma… papà, dove…-
-A dove andremo a vivere ho già pensato, non rimarremo alla diaccio, Riku.-
Non sapevo cosa dire… mi aveva completamente spiazzata, annientata. Prima vietano di portare le armi, poi ci fanno pagare una tassa aggiuntiva per il dojo e adesso questo. Ci sfrattano… senza una motivazione valida, senza possibilità di opporci.
Le divinità avevano troppo da fare…
-Andremo via da Edo, nella campagna.- riprese mio padre.
La sua voce mi richiamò alla realtà -… cosa?! Perché lasciare la città?-
-Perchè se restiamo non ci lascerebbero mai in pace.- rispose con risolutezza e convinzione -Mi sembra evidente la situazione. Non ci cacciano perché non paghiamo l’affitto, o per delle lamentele dei vicini. Non ci vogliono più qui, Riku.-
Non dissi nulla, non lo guardai nemmeno in faccia… non avevo il coraggio di farlo. Aveva ragione… siamo di troppo, diamo fastidio… dovevo lasciare la città in cui sono cresciuta in tutta fretta, come una fuggitiva, come se avessi fatto chissà quale torto al mondo. In quel turbinio di domande e dubbi inconsistenti, si fece largo nella mia mente con prepotenza un interrogativo che mi pesava sul cuore.
… e Gintoki?
Lui cosa avrebbe fatto? Sarebbe rimasto qui, senza nulla? Senza nessuno… no, mi ero impegnata tanto per aiutarlo, per ridargli speranza e adesso gli amanto stanno distruggendo anche questo.
Dovevo parlargli, e subito. Mio padre lo avrei affrontato dopo. 
Mi alzai e senza dire una parola uscii dalla stanza, dirigendomi a quella tre porte più a sinistra, affidata a Gin. Appena entrai lo vidi entrare a sua volta dalla passatoia del giardino, e mi rivolse uno sguardo mesto, cupo… possibile che avesse ascoltato tutto?
Non sapevo bene cosa dire, ma dovevo parlare -Gintoki…-
-In parte è anche colpa mia.- mi interruppe quasi subito.
-No...-
-Sì, invece. Ho fatto qualche casino di troppo, e ho attirato l’attenzione. Mi dispiace Riku, non volevo andasse in questo modo.-
Scossi piano la testa, rivolgendogli un piccolo sorriso -Sapevo in cosa sarei andata a cacciarmi scegliendo di aiutarti, e poi… credo che sarebbe successo comunque.-
Restammo entrambi in silenzio, uno di fronte all’altra. Fissavo il tatami e sentivo lo sguardo di Gin su di me. Non potevo andarmene in questo modo, trasferirmi chissà dove e lasciarlo lì, da solo… non volevo farlo.
Alzai la testa, incrociando i suoi occhi rubino -Vieni con noi!-
Alzò le sopracciglia visibilmente stupito -… come?-
-Vieni a vivere con noi!!- lo presi per le braccia, mentre un sorriso mi nasceva in volto
-Non è un problema, ormai sei quasi di famiglia e mio padre non potrà dire nulla in contrario! Vieni con noi, Gintoki!-
-Non posso.-
-… perché?-
-Riku…- mi scostò leggermente, posando le mani sulle mie spalle -Mi hai aiutato così tanto, e te ne sarò sempre grato, me ne ricorderò per sempre e prima o poi troverò il modo di ricambiare come si deve.- feci per dire qualcosa, ma rimasi solo a guardarlo a bocca aperta, mentre lui riprese a parlare -Però… è qui che io voglio ricominciare. In questa città, a Edo. Posso dimostrare di essere cambiato almeno un po’, ed è qui che voglio continuare a cambiare.-
Socchiusi le labbra in un piccolo sorriso -Credo di capire… sono solo preoccupata per quello che può succederti, ma cosa diventerebbe Edo senza di te?-
-Grazie…-
Abbassai lo sguardo -Mi mancherai.-
-Sì, faccio sempre questo effetto!- disse in tono scherzoso, tanto che riuscì a farmi ridere anche in un momento come quello. Mi mancherai davvero tanto, Gintoki.
-Anche tu mi mancherai, Riku.-
-Quindi… questo è un addio.-
Gintoki sospirò -Io non sono fatto per i discorsi seri… e un addio è un discorso fin troppo serio, non ti pare?- posò una mano sulla mia testa, e di istinto la sollevai tornando a guardarlo. Mi sorrise, sereno, sicuro -Ciao, Riku.-
Mi salirono le lacrime -Ciao, Gin.-
  
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