Fanfic su artisti musicali > 30 Seconds to Mars
Segui la storia  |       
Autore: _giumuddafuggaz    05/12/2012    1 recensioni
"Ho passato cosi tanto tempo a dirmi che questa non era la mia casa che ho finito col crederci" dissi, prudente. "è sempre stata dura per me appartenere ad un posto"
"io posso essere casa tua" disse lui piano "appartieni a me"
Non è una storia d'addii, lacrime e batticuori o almeno, questa non era la mia intenzione. Un passato tormentato, la possibilità di cambiare, d'essere finalmente ciò che hai sempre desiderato. Nessuna promessa, nessuna mano tesa per salvarti, tocca a te decidere il tuo destino.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Shannon Leto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

ALL I NEED IS SOMEONE TO SAVE ME,
CAUSE I AM GOIN' DOWN. 
Mi sono sempre piaciuti i viaggi in macchina. 
Non importa la meta o lo scopo, mi basta poter socchiudere gli occhi appoggiando la testa al finestrino e lasciar scivolare via per qualche istante i pensieri che molte notti non mi fanno chiudere occhio. Eppure è strano come il sapere di avere un’altra opportunità, lo spostarsi in un luogo che ancora non ti conosce, che ti da carta bianca per ricominciare, ti infonda quel senso di tranquillità che trovi solamente in una tazza calda di tè e un buon libro. Perché tutto ciò infondo è come un avventura, una di quelle che ti fa tenere il fiato sospeso fino all’ ultima pagina per poi farti esclamare un “non avrei mai pensato sarebbe finita cosi”. Peccato che fino ad allora la mia storia pareva solamente un ammasso di idee confuse abbozzate su carta straccia; un autore insicuro che trascriveva le sue memorie al fine di rendersi immortale. Ma si è davvero disposti a vivere per sempre? Il susseguirsi dei giorni sempre uguali con la coscienza che non ci sarà mai una linea d’arrivo, che tutto ciò che più odiamo e disprezziamo è destinato a vivere con noi per sempre? 
 
Robert si è seduto davanti, accanto a quello che sempre più credo sia il fantomatico fratello di cui mi ha accennato durante il volo. Li sento sussurrarsi qualcosa ma non mi meraviglio del fatto che non vogliano farmi sentire, infondo in tutta quella situazione io sono di troppo, l’ospite che deve semplicemente fare la sua parte, niente di più. 
Raggiungiamo senza problemi Beverly Hills quando all’ improvviso sento la macchina rallentare di fronte ad una villetta nascosta tra siepi alte più del dovuto. Solo in quel momento le parole di Robert riaffiorano nella mia mente come sbucate dal nulla “lavorano nella musica” probabilmente è questo che li spinge a nascondersi.
Shannon scende rapido e si affretta a scaricare i bagagli.
Apro piano lo sportello come se non volessi far notare la mia presenza, quindi avrei abitato li con loro? Prendo una boccata d’aria che più che tranquillizzarmi ha il compito di infondermi sicurezza “finche ti vorranno” sospiro lieve, quasi rammaricata d’essere riuscita a smontare un momento come quello con un solo ingenuo pensiero. 
-non ti preoccupare -la sua voce mi prende alla sprovvista -ti troverai bene qui.
Gli sorriso sempre più convinta che lui sia l’unico che non trovi irritante il mio essere li con loro. È sempre stato un mio problema, probabilmente il più pesante, quello che mi ha fatto sprofondare talmente tante volte che ho dovuto imparare a lanciarmi un salvagente da sola. Mi sento di troppo. Chiedo troppo, troppo paranoica, troppo bisogno di sicurezze, certezze. Il continuo bisogno di essere ripresa, amata, considerata. Infondo ho bisogno solo di riempire gli spazi vuoti che mi hanno lasciata, con un disperato bisogno di essere protetta. 
Mi incammino piano verso l’entrata mentre scruto ogni singolo particolare di quel luogo che lentamente prende forma sotto i miei occhi. Ogni soffio di vento che scuote le fronde degli alberi mi provoca un leggero brivido; l’aria della primavera sembra avere un odore più intenso qua, quasi come a volermi dare il benvenuto in quel luogo che per cosi tanto tempo è stato solamente il frutto dei miei sogni più fervidi. Trovarmi qui ora è come aver segnato un touchdown a fine partita ed aver portato la squadra alla vittoria. 
 
Per quanto quella villetta possa sembrare costosa l’arredamento all’ interno è essenziale per non dire scarno. Il bianco la fa da padrone su ogni oggetto e sentimento che osa attraversare quella porta e la prima sensazione che hai varcando quelle mura è la freddezza di chi ha voluto arredarla. Mia madre diceva sempre che la casa è lo specchio della anima, dell’ “io” interiore che nascondiamo cosi accuratamente da riuscire, in alcuni casi, persino a perde. Per questo ci teneva cosi tanto a fare suo ogni centimetro di quello che lei chiamava “il nostro rifugio” e col passare degli anni non sono riuscita a trovare definizione migliore. Mi ricordo che la domenica mattina era solita svegliarci presto per portarci ad ogni sorta di fiera o mercatino che il nostro vicinato o le cittadelle circostanti organizzavano, “gli oggetti usati portano con se una storia” e non era difficile da credere se posavi anche solo per qualche istante l’attenzione sui volti dei negozianti intenti a raccontare i pregi di quel che loro reputavano “il miglior pezzo che possiate trovare”. 
Gli unici elementi che stonano nella staticità di quella stanza sono le svariate foto appese un po’ ovunque, quasi senza accuratezza, come per rompere quella rigidità che si propaga ovunque. 
Due bambini che si contendono un piccolo triciclo mentre la madre ride di gusto invitandoli a raggiungerla per poi, poco più in la, ritrovare lo stesso viso ricoperto da folti baffi da gatto e il naso tinto di nero. Un sorriso spontaneo si fa spazio sul mio volto e per la prima volta da quando ho messo piede su quel aereo sento la mancanza di mio fratello.
-Ti piace?
Mi volto di scatto come stessi facendo qualcosa d’inappropriato nel ritrovarmi nei sorrisi di quei due bambini
-Siamo io e mio fratello -prosegue Shannon senza aspettare una mia risposta - è una delle mie preferite.
Gli sorrido sincera come a voler far trasparire una risposta. 
Lui accenna una leggera smorfia divertita, questione d’un secondo, che poi va a scomparire appena il suo sguardo si distoglie dall’ immagine. Mi fa segno di seguirlo fino al tavolo di marmo che con il suo grigio intenso riempie in maniera impressionante l’intero locale. Non dice niente e mi porge una tazza di latte per poi fare lo stesso e accompagnare il tutto con dei biscotti che afferra dalla dispensa perfettamente mimetizzata nel bianco della parete.
-mi viene sempre fame di latte e biscotti quando faccio un viaggio in aereo -mi spiega lui -so che è assurdo ma riesce a tranquillizzarmi. 
Mi sento pervasa da un senso di pienezza come se tutto quello che avessi sempre cercato nella mia vita fosse racchiuso in una manciata di biscotti, del latte e un sorriso di Shannon. 
Ancor prima di potergli risponde la sua voce sovrasta la mia ma non faccio niente per ribattere o semplicemente fargli notare ciò.
-se vuoi ti do una mano a portare i bagagli nella tua stanza- 
Accenno un si scuotendo il capo e lui lascia scivolare il bicchiere sul tavolo per poter afferrare le due valigette rosse poste vicino alle scale in legno. 
Mi fa cenno di seguirlo sfoderando un altro dei suoi sorrisi, mi sento quasi in leggero imbarazzo pensando che forse quella sua domanda, quel suo essere cordiale, poteva semplicemente racchiudere una domanda retorica, una di quelle a cui tutti gli ospiti rispondo con un “oh figurati, ce la faccio da sola” ma non lo nego, essere li con lui mi infonde una certa sicurezza, quella che molte volte invece non sembra appartenermi. 
Spalanca una porta in legno mentre poggia le mie cose al lato del letto intagliato e va ad aprire le persiane facendo riversale la luce del sole sul pavimento.
-So che non è questo gran che ma..- 
-mi piace- mi affretto a dire come a non volerlo far replicare
Ed eccolo di nuovo, un altro leggero sorriso si fa spazio su quel volto che invaso dalla luce pare avere lineamenti talmente delicati da non apparire reali; ogni centimetro di quella pelle sembra levigata e pura a tal punto che solo il marmo candido d’una statua può competere. 
 
 
Mi domando perché Rayder non sia venuto con me, gli sarebbe piaciuta la semplicità della casa, le fotografia o solamente i biscotti al cioccolato. Non l’ho mai biasimato, non ho mai cercato di trovare una risposta ai gesti che molte volte compieva senza un reale motivo o semplicemente senza tener conto delle ripercussioni che avrebbero avuto sugli altri, quegli altri che in fin dei conti eravamo solo io e lui. Più ci rifletto e più mi convinco che io ho bisogno che qualcuno abbia bisogno di me, ecco cosa. Ho bisogno di qualcuno per cui essere indispensabile. Di una persona che si divori tutto il mio tempo libero, la mia attenzione. Qualcuno che dipenda da me. Una dipendenza reciproca. Come una medicina, che può farti bene e male al tempo stesso. Eppure pur sapendolo me ne sto qui, incatenata alla timidezza e ai pensieri angoscianti che paiono non volermi lasciare più. 
 
-Se hai bisogno di qualcosa chiedi pure a me -dice appoggiando la schiena allo stipite della porta - so come ci si sente ad essere “quelli nuovi” 
 
gli faccio cenno di si con il capo e lui si allontana lentamente lasciando nella stanza l’odore pungente che ricopre ogni suo abito, ogni suo centimetro di pelle.
Che Los Angeles sia d’avvero la mia ancora di salvezza in questo mare in tempesta? 
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > 30 Seconds to Mars / Vai alla pagina dell'autore: _giumuddafuggaz