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Autore: thecarnival    07/12/2012    9 recensioni
MOMENTANEAMENTE SOSPESA CAUSA: ESAMI UNIVERSITARI.
Lei: ventisette anni, francese di nascita ma italiana d'adozione.
Lui: italiano, meglio dire, romano D.O.C.
Lei: vive in un piccolo appartamento in una zona tranquilla di Roma e si mantiene grazie ad un modesto lavoro che tuttavia sta iniziando ad odiare, perché è propria a causa di esso che ha visto infrangere le sue aspettative sul vero amore e sugli uomini: l'organizzatrice di matrimoni.
Lui: condivide casa con due sue amici e colleghi e, a differenza di lei, ama il suo lavoro, perché non solo guadagna soldi ma anche donne: è uno spogliarellista in un noto locale di Roma, il Ladies Night, ed è la principale attrazione del locale.
Entrambi pensano che l'amore sia inutile e passeggero, che la gente si stanchi di stare sempre con la stessa persona e che, prima o poi, si finirà per soffrire.
Le loro vite si intrecceranno per caso e il caso non li lascerà più allontanare.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Undress my heart.'
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E' più facile dare un bacio che dimenticarlo.
-
Anonimo.



The (he)art of the streap VIDEO.



Undici.



- Scusate, vado in bagno un attimo.
Poggiai il tovagliolo di tessuto rosa molto pallido sul tavolo e mi alzai con gentilezza e urgenza. Avevo bisogno di cambiare aria per qualche istante perché, in tutta sincerità, ero stufa di sentire Carla e Maurizio parlare di come la storia dei nostri locali sarebbe cambiata non appena avessero firmato quel contratto, Pietro fare battute senza senso che facevano ridere solo quei e, ancora, ero stanca di vedere quei due scambiarsi risate e occhiate d'intesa mentre l'idiota mi stuzzicava o cercava di attirare la mia attenzione, rubando gli antipasti dal mio piatto.
Non avevano ancora portato il primo e già volevo scappare.
- Dovevi davvero andare in bagno! – Me lo trovai seduto sul marmo, accanto al lavello. - Hai vomitato? 
Non gli risposi, anche perché la sua domanda non aveva senso, e mi avvicinai per lavarmi le mani.
- La tua maleducazione mi stupisce sempre di più.
- Sai che questo è un bagno per donne?
- No, è unisex. - Rispose con così tanta ovvietà da farmi imbestialire.
- Cavolo, non avevo visto il cartello per disabili, se lo avessi saputo ti avrei lasciato entrare per primo.
Mi fu talmente vicino da sovrastarmi con la sua altezza – Ma che diavolo di problema hai? - Il suo petto sbatté contro il mio. - Se sono me stesso, sei una stronza, se provo a essere gentile, innalzi il tuo grande muro di cemento e sei una stronza lo stesso. Quindi, dimmi che devo fare con te!
Le sue parole mi colpirono e la sua vicinanza mi stava facendo impazzire, aveva un profumo talmente buono da farmi desiderare d'assaggiare la sua pelle; il mio sguardo slittò dai suoi occhi azzurro mare alle sue labbra carnose. Deglutii e respirai a fondo per convincermi a non baciarlo.
Con un po' di pressione sul suo petto lo allontanai dal mio corpo e sussultai quando sentii il calore della sua mano sulla mia: la stava stringendo.
- Cosa. Stai. Facendo? - Lo vidi avvicinarsi ancora di più e mi spaventai. 
Pietro!
Quello che doveva essere un rimprovero uscì come una supplica e senza neanche rendermene conto chiusi gli occhi nel momento in cui sentii il suo respiro infrangersi sulle mie labbra. Avevo la gola secca dal desiderio di quel maledetto bacio: non poteva giocare sporco in quel modo, era la seconda volta che accadeva. 
- Per essere una che mi 
odia, hai la tendenza a baciarmi troppo spesso: è già la seconda volta che succede. 
Quel sussurro mi fece rabbrividire, ma spalancai gli occhi e, imbarazzata, lo allontanai; evitai di mandarlo a quel paese e di urlare, ma raccolsi quel briciolo di dignità femminile mista a orgoglio che mi era rimasta e uscii dal bagno.

- Ma dove eravate finiti? - Il sorriso di Carla mi fece arrossire vergognosamente e avrei voluto prendere a pugni la faccia da coglione che mi sedeva accanto.
- Ero andato a controllare che Emily stesse bene; con l'influenza che s'è presa di recente, bisogna stare attenti a una ricaduta.
Assottigliai lo sguardo. - E ce l'avrei avuta in bagno?
- Magari ti serviva una mano per vomitare o un appoggio per lavare le mani.
Quell'ultima parte, per fortuna, la sussurrò, perché se l'avessero sentita anche gli altri due l'avrei sul serio eliminato dalla faccia del pianeta. Avevo provato a giudicarlo in modo diverso, a farmelo piacere caratterialmente, perché era chiaro che mi attraesse in un altro senso, ma era più forte di me: quel ragazzo era troppo insopportabile per poterci andare d'accordo. 
Il resto del pranzo trascorse come mi ero immaginata, con Pietro che continuava a stuzzicarmi con battute velate sui nostri due baci non dati, con Carla e Maurizio che non la smettevano di parlare delle spose e del trio che le avrebbe soddisfatte: avevano in mente tante cose per il locale e l'agenzia. Ogni tanto l'idiota si intrometteva proponendo qualcosa o dichiarandosi in disaccordo, io mi limitavo ad annuire, chiedendomi quando sarebbe finito quello strazio.

 

- E' stato davvero piacevole trascorrere queste ore in vostra compagnia. - Maurizio baciò la mano destra di Carla e fece un mezzo sorriso a me che rabbrividii a quel gesto: non mi piaceva quell'uomo, mi sapeva di viscido e subdolo. 
L'odore di mare mi investì non appena raggiungemmo il parcheggio, così come la voce di Pietro.
- Stai già andando via?
- No, pensavo di rubare una macchina e giocare agli autoscontri qui dentro.
Rise, sbilanciando il busto e la testa all'indietro – Sei davvero divertente, oggi. - Si appoggiò allo sportello dell'auto ignorando il mio invito a sparire e incrociò le braccia al petto – Avevo una proposta da farti.
- Oh, anche io. - Sorrisi sarcastica e continuai – Perché non vai a...
- Shh, finiresti per essere monotona e ripetitiva. Io invece voglio proporti un armistizio. 
Tolsi l'indice che aveva posato sulle mie labbra per zittirmi e lo guardai con odio – Per favore, te lo chiedo ancora una volta da quando ci conosciamo: puoi lasciarmi in pace?
- No che non posso Emily. - Sputò quella frase come se gli costasse fatica. Fece un passo, avvicinandosi ancora di più. - Puoi tu, invece, ascoltarmi e venire con me?
- Venire dove? 
- Biondina curiosa. – Mi fece l'occhiolino e sospirai rassegnata. - Signora Carla, mi scuso per averla fatta aspettare, ma può andarsene.
- Posso andare?
- Può andare?
Io e Carla lo chiedemmo nello stesso momento e con lo stesso tono sorpreso, perché se lei fosse andata via, io come sarei tornata a casa?
- Certo, accompagnerò io Emily. Scusi ancora.
Non ebbi il tempo di ribattere o parlare con Carla, perché Pietro legò la sua mano alla mia e mi trascinò lontano dall'auto. Era caldo e sicuro, arrossii quando mi resi conto che neanche dopo cinque minuti aveva lasciato la mia mano, anzi, ne lisciava il dorso con il pollice come se fossimo una coppia innamorata. Avrei dovuto spostarmi, dirgli di lasciarmi andare in quel momento e per sempre, ma non ci riuscivo; perciò restai lì dov'ero in silenzio, a bearmi del suo tocco e dell'odore del mare che pian piano si faceva sempre più intenso.
- E' il bello di essere a Ostia: puoi decidere di passeggiare in spiaggia dopo un pranzo di lavoro con...
Il vento mi scompigliò i capelli e liberai la mano dalla sua per sistemarli dietro l'orecchio; si era interrotto mentre compivo quel gesto, perciò lo esortai a continuare quando finii, ma lui non rispose, o meglio, fece il vago e riprese a camminare.
- Aspetta, questi cosi mi danno fastidio. 
Mi fermai per togliere le scarpe visto che i tacchi affondavano nella sabbia e mi impedivano di camminare e in pochi secondi Pietro mi fu accanto e mi fece da appoggio. Lo ringraziai con lo sguardo e, quando mi sorrise sincero per poco non caddi per mancanza d'equilibrio: doveva smetterla di giocare sporco.
- Portavi l'apparecchio per i denti da piccolo?
- Questa domanda fa tanto “Porti le lenti a contatto?” di quel film con i vampiri turchini.
- Vampiri turchini? - Il mio tono stupito lo fece ridere e non potei fare a meno di notare che, quando rideva di gusto, comparivano due fossette agli angoli della bocca. 
- Quelli che brillano come le fate. Come si chiama il film? - Schioccò le dita più volte, come se quel gesto potesse fargli venire in mente il titolo.
Avevo capito e aveva ragione. Io avevo visto tutti i film per un matrimonio che avevo dovuto organizzare, quello che mi aveva portato dritta da lui: sorrisi al ricordo. - Non so il titolo, però ho capito di cosa parli.
Mi sorrise ancora e questa volta fui più furba e non lo guardai, tornando a concentrarmi sul mare che, stranamente, nonostante quel po' di vento, era piuttosto calmo. Amavo il mare e il potere che aveva di calmarmi: quand'ero piccola i miei genitori mi portavano sempre in montagna, perciò non avevo la possibilità di tuffarmi e giocare in acqua; ecco perché da quando vivevo a Roma, tutte le volte che potevo, mi rifugiavo in spiaggia a osservare le onde, ad ascoltarne il suono e a meditare.
- A che pensi?
Mi ero scordata di lui. – A niente.
- Bugia! Avevi uno sguardo malinconico e assorto: stavi cercando di immaginarmi nudo, come l'ultima volta?
Risi e lo spinsi con la spalla – Sei un'idiota, te l'ha mai detto nessuno?
- Tutti, almeno una volta al giorno. Prova a essere più originale.
Se avesse continuato a farmi quei mezzi sorrisi che mostravano i denti perfetti e il suo sguardo malizioso e troppo azzurro, gli sarei saltata addosso, gli avrei morso le labbra e strappato i capelli, in senso positivo.
- Ogni volta che ti faccio una domanda, tu non mi rispondi.
- Perché mi chiedi le cose sbagliate.
- Oppure sono argomenti scomodi.
Sbuffò – Era un apparecchietto insulso, di quelli mobili che serviva per correggere la posizione della lingua mentre parlavo, non i denti. Quelli li ho sempre avuti dritti e perfetti. - Guardai davanti a me, cercando di nascondere il mio sguardo. - Soddisfatta?
- Abbastanza. 
- Continuo a pensare che sia una domanda cretina, ma se ti interessava saperlo...
- Perché è impossibile avere dei denti così perfetti e bianchi.
- Ha parlato quella con le tette enormi: ognuno ha i propri pregi, io ne ho molti. Troppi. Ok, sono un pregio in persona.
Le sue parole erano state un'allucinazione perché nessun essere sano di mente avrebbe detto quello che avevo sentito; era così vanitoso da mettere i brividi. Nonostante tutto non riuscii a trattenere una risata, perché quella situazione era davvero comica e anche lui, dopo qualche secondo, si unì a me: mi piaceva quel momento, così rilassato e tranquillo; parlavamo e camminavamo senza litigare e cercavamo un confronto da persone civili. Ma il problema era: quanto sarebbe durato?

Mi strinsi nel cappottino e continuammo a camminare, ascoltando il silenzio che ci avvolgeva.
- Come mai hai deciso di accoppiare le persone? - Mi chiese, spezzando quella strana atmosfera. Mi fece sorridere però, perché io non “accoppiavo”. Come al solito non aveva capito.
- Non sei la persona adatta per fare questa domanda.
- Vuoi sapere perché faccio lo spogliarellista? - I suoi occhi si illuminarono, divenendo maliziosi; si voltò,camminando all'indietro come i gamberi e non smettendo di guardami. - Sei curiosa! - Mi stuzzicò ancora e dovetti cedere.
- Tu non lo saresti?
Il suo sguardo mi imbarazzò. - In realtà no, ma ne approfitterei. Vuoi sapere come?
- No, lo immagino.
- Posso mostrartelo se vuoi.
Mi bloccai, sbuffando – Non volevi un armistizio? Stava andando tutto bene quindi non stuzzicarmi. - Ripresi a camminare, sperando che capisse e che soddisfacesse la mia richiesta. 
- Mi dispiace per quello che è successo in bagno prima. - Mi fu di nuovo accanto, con le mani in tasca e lo sguardo basso. - Per quello che ho fatto, intendo.
- O non hai fatto. - Mi scappò prima che potessi accorgermene e mi tappai la bocca; dalla sua risata capii che mi aveva sentito.
- Lo so che avresti voluto baciarmi. - Lo fulminai. – Anche io volevo farlo.
Accantonai la sorpresa dovuta a quella rivelazione e gli risposi – Smettila di prendermi in giro, lo fai fin troppo spesso. 
- Ero serio. Volevo baciarti in macchina quella sera e a casa tua, quando stavi male. 
Stava sicuramente scherzando e quella era una trappola per sedurmi e abbandonarmi: io non volevo essere un pezzo di una sua collezione, una delle tante che lui si portava a letto, perché per lui era facile sceglierne una e TAN scrivere il nome sulla lista; ero convinta che si stesse comportando in quel modo perché lo incuriosivo, perché lo respingevo, perché non ero come le altre. 
Lo spinsi – Smettila. - Un'altra volta. - Smettila di prendermi in giro. – Ancora una. – E confondermi. 
Quando lo feci di nuovo mi bloccò le mani e, nell'impatto, perse l'equilibrio cadendo all'indietro e trascinando me su di lui: era una situazione imbarazzante ma piacevole. Lo guardai negli occhi, sempre maliziosi e divertiti e sospirai, dandogli del cretino, perché la colpa era sua se eravamo caduti e se c'eravamo sporcati; ma lui non si scompose, anzi rise, affondando la testa nella sabbia. Quando provai ad alzarmi, facendo peso sul suo petto troppo muscoloso, mi trattenne portando un braccio dietro la mia schiena e tenendo ben saldi i miei polsi nell'altra sua mano: ero in trappola.
- Sta' buona. 
- Lasciami andare.
- Assolutamente no. – Strinse la presa ancora di più – Ascoltami bene: tu hai un problema di fiducia, l'ho capito ma, ti assicuro che non voglio farti del male, che vantaggio ne avrei?
Smisi di ribellarmi – Sii sincero. - Se eravamo in ballo, tanto valeva ballare. – Cosa vuoi, davvero, da me?
Non mi rispose, ma lessi nel suo sguardo qualcosa di nuovo, l'ironia e la malizia erano scomparse, il solito azzurro era diventato più intenso; non so quando accadde di preciso, ma mi accorsi troppo tardi che mi aveva baciata, quando sentii le sue labbra premere sulle mie e il mio cuore andare giù fino allo stomaco. 
Chiusi gli occhi e, sperando non fosse uno scherzo come quello di prima, mi lasciai andare approfondendo quel bacio: dischiusi la bocca il giusto per sentire la sua lingua tracciare il profilo del mio labbro superiore.
Mi accesi come una miccia.
Liberai le mia mani dalla sua stretta e le poggiai sul suo viso, sfiorando le sue guance e giocando con le sue orecchie; la sua mano sinistra poggiava sulla mia schiena e mi spingeva sempre più verso lui. Il mio stomaco si era svuotato e il mio cervello aveva smesso di funzionare: in quel momento esisteva solo il suo corpo caldo sotto di me, le sue labbra morbide e carnose, la sua lingua danzante e le sue mani curiose e, se tutto il resto fosse sparito, non me ne sarei accorta e forse non mi sarebbe fregato nulla, avevo lui e mi bastava.
Appoggiò la fronte al mio mento quando ci staccammo per riprendere fiato, solo allora riaprii gli occhi, con molta calma, e mi accorsi che non ero più sdraiata su di lui, ma seduta e con le gambe incrociate al suo bacino: quando avevamo cambiato posizione?
Mi venne da ridere: com'era possibile che avessi dato il bacio migliore della mia vita alla persona che più odiavo in quel periodo?
Un brivido di freddo mi scosse, stavamo lì, fermi e ancora appiccicati a cercare di calmare i nostri battiti e regolarizzare il respiro; personalmente avevo paura di muovermi e parlare, non volevo tornare alla realtà o affrontarla perché mi imbarazzava e mi spaventava sapere come avrebbe reagito lui; come mi avrebbe trattata mi paralizzava a tal punto da farmi rimanere lì ferma e immobile.
- Forse è meglio andare, comincia a fare freddo.
Non gli risposi e, senza neanche guardarlo, mi staccai da lui, alzandomi e pulendo dai vestiti la sabbia che vi si era attaccata, mentre si metteva in piedi anche lui; quel silenzio era troppo imbarazzante, prima o poi uno dei due avrebbe dovuto dire o fare qualcosa per migliorare il momento. 
Il tragitto del ritorno, per fortuna, fu più breve, ma il meglio doveva ancora venire visto che doveva accompagnarmi a casa ed eravamo molto lontani: avrei affrontato il viaggio in macchina più imbarazzante, silenzioso, brutto, inopportuno e chi ne ha più ne metta, della mia vita.
- Che fai? - Si voltò, notando che non ero accanto a lui, ma mi ero seduta su una panchina per scrollare la sabbia dai piedi e mettere le scarpe. Le avrei rovinate all'interno ma non potevo certo camminare sul cemento a piedi nudi. - Aspetta.
- Ma che…
Si avvicinò e, con un braccio sotto le ginocchia e l'altro dietro la schiena, mi sollevò dalla panchina portandomi fino alla sua auto non molto distante.
– Prego Madame. – Disse, facendomi l'occhiolino. - La carrozza la sta aspettando.
Mi fece ridere – Sei proprio un cretino.
Mise in moto e partì in prima – Oh, la signorina Emily ha ricominciato a parlare; credevo avesse perso la lingua su quella spiaggia anzi, credevo d'averla mangiata io. Stavo iniziando a sentirmi in colpa...
Lo colpii al braccio, cercando di nascondere il mio imbarazzo – Chi sei tu e che cosa ne hai fatto di Ger... Pietro? Non dovevi baciarmi, non dovevi prendermi in braccio. Tu non dovresti trattarmi così. - Gesticolai per sottolineare meglio quell'ultimo concetto. - Noi due, insieme, non funzioniamo quindi non dovremmo neanche provarci. 
- Puoi calmarti e mettere la cintura di sicurezza? Non vorrei prendere una multa.
Lo colpii di nuovo. - Mi stai ascoltando?
- Sì Emily e tu non sei la mia ragazza. E' stato un bacio come un altro, smettila di farne un dramma. Neanche t'avessi messo incinta.
Lo sapevo che sarebbe finita così.
Mi sedetti composta, osservando la strada dal finestrino com'ero solita fare; non lo guardai più né gli rivolsi parola, fin quando fu lui stesso a parlarmi, quando riconobbi i quartieri vicino casa: stavamo arrivando, per fortuna.
- Mi dispiace. - Indifferenza. - Non volevo risponderti in quel modo.
- Puoi anche accostare qui.
- Ma manca un bel po' prima di arrivare.
- La faccio a piedi.
- Emily ascolta...
- No ascoltami tu – Lo fulminai con lo sguardo, puntandogli l'indice contro – Mi hai detto di fidarmi, che non mi avresti fatto del male, solo per baciarmi? Complimenti, sei come tutti gli altri. - Respirai per calmarmi, perché se avessi perso la concentrazione avrei iniziato a piangere davanti a lui e non volevo. - Hai ragione: ho grandi problemi di fiducia e non mi aspetto di certo che sia tu a risolvermeli, che lo pago a fare il Dottor Rossi altrimenti?
- Chi?
– Sta' zitto. - Forse era meglio restare sul punto e non dilungarmi - Adesso hai ottenuto quello che volevi, ma sappi che è finita qui: scordati il mio nome, se non per fini puramente lavorativi. Adesso ferma la macchina perché non ho intenzione di respirare la tua stessa schifosa aria.
Provò a parlarmi e farmi ragionare, ma, prima che quella diventasse una tipica scena da tragedia napoletana, riuscii a convincerlo e accostò a due incroci da casa mia. Per fortuna era ancora giorno e arrivai a casa sana e salva senza che nessuno avesse cercato di rapirmi o fare del male viste le mie condizioni: ero vestita fin troppo bene,ma avevo camminato a piedi nudi.
Che schifo; quel verme me l'avrebbe pagata.





- Vi siete baciati?
Annuii.
- Non ti ha lasciata a casa?
Negai. Ormai quelle due facevano le stesse domande, insieme: mi preoccupavano.
- Non vi siete più sentiti?
Parlò solo Giulia, guadagnandosi le occhiatacce da parte mia e di Mina. Quest'ultima poi decise che doveva dire la sua. 
- Lei ha tutte le buone ragioni per non farlo e, a parer mio, hai fatto bene a comportarti in quel modo: è stato un grandissimo stronzo.
- Ma non ha fatto nulla.
- Giulia dicci la verità: ti ha pagata per difenderlo?
Forse avrei fatto meglio a non dire nulla alle mie amiche, dato che iniziarono a battibeccare su quella situazione, su chi avesse ragione, su chi avesse esagerato, su lui che era stronzo e io pazza e, poi scoppiai. 
- Ragazze basta, mi è venuto il mal di testa. - Mi accasciai sulla scrivania – La colpa è solo mia perché mi sono fidata per quell'istante, lui ha ragione e in fondo non ha fatto nulla: non mi ha promesso le stelle, non ha detto di amarmi e mi ha tradita con la prima che passava. E' stato un bacio come gli altri, devo andare avanti.
Un bacio che non riuscivo a dimenticare, un bacio che aveva lasciato il segno e mi aveva stravolto completamente. Sentivo ancora bruciare le labbra e avevo lo stomaco in subbuglio al sol pensiero; com'era possibile che fossi stata solo io a provare quelle emozioni? Avevo ancora ben impresse le sue parole ma non riuscivo a farmene una ragione: non ero pazza, non potevo essere l'unica ad aver avuto la sensazione di sentire il cuore scoppiare durante quel bacio.
Era lui il bugiardo.
- Maledizione. – Sbottai, lanciando i fogli sulla scrivania. Non riuscivo a lavorare con tutti quei pensieri per la testa; neanche dopo due giorni riuscivo a smettere di togliermi quell'immagine dalla mente, quei discorsi, quel suo sorriso e quello sguardo mentre mi liquidava in pochi secondi. 
- Emily, sei pronta? 
Carla entrò nell'ufficio con il cappotto sul braccio e la borsa nell'altra mano, non ricordavo avessi un appuntamento. 
- Per fare cosa, esattamente?
- Dobbiamo andare in quel locale, il Night qualcosa...
Quante probabilità c'erano, in quell'istante, di essere colpita in testa da un incudine? Probabilmente erano maggiori rispetto a quelle di non incontrare Vermetro* al locale. Mi alzai controvoglia e la seguii, testa bassa e sguardo funereo, salii sulla sua auto, quella che mi avrebbe condotto al patibolo.
Lo capii solo dopo: io non avevo nulla da temere, era lui ad aver sbagliato ed era lui che avrebbe pagato. Presi coraggio e, non appena Carla parcheggiò, scesi a testa alta, pronta ad affrontare quello che sarebbe stato un incontro di lavoro coi fiocchi e i botti.






******


* Vermetro: Verme + Pietro. Devo dire che mi diverto tantissimo a inventare soprannomi per lui. Questo è quello più riuscito. LOL

Sventolo bandiere bianche e multicolor; quelle bianche perché so che dopo questa lite/discussione mi vorrete uccidere ma ABBIATE FIDUCIA, Vermetro si farà perdonare (lo spero per lui). Quelle multicolor perché durante il bacio e prima li shippavo che era una meraviglia e non dovrei. *me si frustra *
Eravate tutte curiose di sapere cosa succedeva durante questo fatidico pranzo e TA DAN non è successo nulla di particolare, cioè sì, Pietro ha fatto lo stronzo facendo credere a Emily, in bagno, di stare per baciarla; non so perché l'ha fatto, credo fosse un test ma forse neanche quello. Io non capisco questo ragazzo/personaggio perché sta prendendo una piega tutta sua, sta andando per i fatti suoi e si sta scrivendo da solo. Io avevo altri progetti per lui e per questo capitolo ma nessuno dei due me l'ha permesso, erano lì che urlavano: BACIO, BACIO. VOGLIAMO BACIARCI. Ed è dovuto succedere. XD
La scena successiva, quando hanno quella piccola discussione (che mi sa tanto di tragedia napoletana) non so a cosa sia dovuta, non credo che Emily se ne sia pentita – perché lo si capisce che ci pensa ancora – credo invece abbia paura e che sia arrabbiata con se stessa per essersi fidata o forse per aver giudicato male Pietro o ancora per non aver capito come è fatto questo ragazzo. E' confusa e arrabbiata.
Mentre lui non è contento di sentirsi accusare di continuo – penso – perché non credo sia così stronzo da fare il carino con lei solo per un misero bacetto.
Sì, penso che entrambi ci stiano nascondendo qualcosa.


Ringrazio tutte coloro che hanno recensito la scorsa volta e chi continua ad aggiungere la storia tra le varie categorie: grazie tanterrimo, mi fate gongolare tanto. <3 :3
Grazie, ovviamente, a
Ellina e al suo tocco rosa.
Vi ricordo, per chi volesse, l'esistenza del gruppo
facebook e del mio canale youtube.
Grazie ancora e che la panna sia con voi.
Alla prossima.



   
 
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