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Autore: PaleMagnolia    08/12/2012    5 recensioni
Alternative Universe. Belle non ha mai capito veramente la natura dell'amicizia fra suo padre Moe, gioviale e alla mano, e l'elegante, ambiguo, tagliente Mr. Gold. Mr. Gold, che indossa completi inglesi su misura e cammina con un bastone, Mr. Gold che ha tre volte la sua età e nasconde più di un segreto in quel suo bizzarro, affascinante negozio. Belle ne è stranamente attratta - ma chi è, lui, veramente? Perché tutti - da Leroy al dottor Hopper - cercano di metterla in guardia da lui, e perché lei stessa ha l'impressione che le nasconda qualcosa? E poi, cosa diavolo sta succedendo a Storybrooke, ultimamente?
Genere: Generale, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Belle, Regina Mills, Signor Gold/Tremotino, Un po' tutti
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Dunque, mi sembrava giusto, dopo tutto l'angst e la disperazione, alleggerire un po' i toni della storia (oh, e avete notato quanto mi diverto ultimamente a fare le photo manipulations con Robert ed Emilie (che, fra parentesi, ma quanto sei gnocca, Emilie? Cioè, di Carlyle non mi metto neanche a parlarne, tanto sappiamo tutti che è un life-ruiner di professione, ma pure tu potresti gentilmente essere meno graziosa, ogni tanto? Grazie)? E comunque Gimp è un dono degli dei agli uomini).

Ed ecco a voi *drums roll* il Capitolo Che Voi Tutti Aspettavate (no, non è vero, ma mi piacciono le lettere maiuscole, mi fanno sentire importante)
(Naturalmente, non è che l'angst, i dubbi esistenziali la desperescion siano finiti, sono solo rimandati.)
(Per ora.)

And I don't want the world to see me,
Cause I don't think that they'd understand.
When everything's meant to be broken,
I just want you to know who I am.

 
Goo Goo Dolls, Iris

 
 
“… Ed è stata questa tazzina a farmi ricordare tutto - pensa, lui l’ha conservata per tutto questo tempo - e quando l’ho toccata, quando l’ho presa in mano…”
Belle aveva parlato per tutta la notte e buona parte del giorno. La povera ragazza sembrava sull’orlo di una crisi di nervi, e suo padre non aveva osato interromperla, o uscire per andare al lavoro lasciandola sola in quello stato. Aveva preparato qualche sandwich da mangiare, le aveva fatto una tazza di té e l’aveva ascoltata con attenzione.

Ma da qui a credere a quello che diceva - beh…

“Belle, non so, io non…” Moe sembrava a disagio.
Belle scosse la testa. “So che sembra incredibile, sul serio, ma è vero, è tutto vero, e io…”
“Belle, ascoltami.” Moe le prese le mani. “Io non so cosa sia questo…” scrollò la testa “questo mondo di cui parli, in cui tu saresti una principessa, io un re e il povero, vecchio Gold una specie di, mah, di folletto malvagio – come hai detto che si chiama, a proposito…?”
“Rumpelstiltskin, papà, e non ho detto che è malvagio, solo che…”
“Che ti ha rapito, e rinchiuso in una cella, giusto?”
“Solo per un po’, solo all’inizio... Ma poi le cose sono cambiate - papà, quello che conta è che…”
“Quello che conta è che sono preoccupato per te, Belle.” Moe la guardò con un’espressione terribilmente seria negli occhi. “Ti comporti in modo strano, negli ultimi tempi – scompari per ore, quando torni hai l’aria sconvolta… E adesso, questo. Ti rendi conto che questa è una follia, vero? Belle?”
Belle scosse la testa. “Ma papà, pensaci. Pensa a quello che ti ho detto: ricordi che io sia mai stata una bambina?”
Moe ebbe un gesto di esasperazione. “Oh, per l’amor del cielo! Ma certo che sei stata una…”
Belle lo interruppe. “E allora, dimmi: com’ero vestita il primo giorno di scuola?”
“Oh, Dio, non ne ho idea, è passato così tanto tem…”
“E il mio primo costume di Halloween? Eh? Questo te lo ricordi? Il mio primo regalo di compleanno? La mia prima caduta dalla bicicletta? E, a proposito, dove sono le foto dei miei compleanni? E gli annuari della scuola? Ci sarà, da qualche parte, una fotografia che mi ritrae più giovane di quanto sia oggi. Ci sarà una foto con me da bambina.”
“Belle, non lo so, non lo so, ma non significa nien…”
“Avevo un orsacchiotto preferito? Una bambola? Ho mai avuto il morbillo? E gli orecchioni? Un padre queste cose le ricorda, non importa quanto tempo è passato.”
“Belle, non…”
“D’accordo, cambiamo argomento. Quando hai aperto il negozio di fiori, papà? Che anno era?”
“Oh, cielo, era il… no, un momento, era il… non lo so, Belle, perché mi fai tutte queste domande?”
“Per dimostrarti che non sono matta. Tu non ricordi nulla di tutto questo, perché non è mai accaduto. Tutto quello che pensiamo di ricordare sono memorie fasulle, sono illusioni. Niente cambia, in questa città, mai: quello che c’è ora c’è sempre stato, esattamente com’è ora.”
“Belle, ora stai davvero…”
“Come hai conosciuto Mr. Gold? Questo almeno lo ricordi?”
Moe aprì la bocca per rispondere, poi la richiuse e si lasciò andare contro lo schienale della sedia.
“Beh, certo, è stato quando… ecco, quella volta che io… lui…” Aggrottò la fronte. Quando parlò di nuovo, lo fece lentamente. “No, aspetta… non è andata così…”
Si sfregò distrattamente il dorso della mano sulla bocca, con aria assente.

Alla fine, scrollò le spalle.

“No. Non me lo ricordo. Non ricordo niente di  tutto quello che mi hai chiesto.”
Belle alzò le braccia, trionfante. “Vedi?”
“Ma quello che tu dici… è assurdo, lo capisci? Sortilegi, maledizioni, un mondo parallelo… Non ha alcun senso. E io sono preoccupato per te, tesoro.”
“Lo so, papà. Lo so.” Belle prese la tazzina dal bordo sbeccato e gliela mise in mano. “Ecco, prendila. Non senti nulla?”
Moe se la rigirò lentamente fra le mani, le sopracciglia increspate: Belle lo guardò con espressione trepidante. Alla fine, lui la poggiò sul tavolo.
“Mi dispiace, bimba, non sento proprio niente.”
Belle sospirò, delusa. “D’accordo, non fa niente. Ci dev’essere qualcos’altro che funziona da innesco per i tuoi ricordi. Un oggetto, una persona… Gaston! Sì, forse vedere Gaston potrebbe aiutarti a ricordare…”
“Belle, non lo conosco nemmeno, questo ragazzo, non credo che…”
Ma non riuscì a finire la frase.

Quella che sembrava una raffica di vento luminoso, una nuvola elettrica - qualcosa di potente, simile allo spostamento d’aria di un’esplosione, un'irradiazione silenziosa e intensa - colpì entrambi, lasciandoli senza fiato. Moe si afferrò al bordo del tavolo e boccheggiò. Per Belle il colpo fu meno forte – in un certo senso, l’aveva già sperimentato.
Si girò verso suo padre, che aveva sul viso un’espressione di shock, di stupore talmente assoluto da essere quasi comico: aveva gli occhi sbarrati e la guardava come se non l’avesse mai vista prima… cosa che, in un certo senso, era vera.
Allungò una mano esitante verso il suo viso. “Belle…”
“Padre…” Belle gli prese la mano a mezz’aria.
“Belle, figlia mia, figlia mia!
Belle sorrise, radiosa. “Oh, ti ricordi? Ora ricordi?”
Lui sorrise e annuì vigorosamente. “Oh, sì, per tutti i regni, sì… Oh, Belle, gli dei siano ringraziati, Belle…” Moe si alzò precipitosamente dalla sedia, abbracciò la figlia e la tenne stretta. “Belle, mia dolce Belle… Ma cos’è successo, cosa ci è successo?”
Anche Belle lo strinse, sorridendo. “Padre… è spezzata, non so come, ma la maledizione dev’essersi spezzata! Capisci? Siamo liberi, liberi!”
Lui la tenne a distanza per un attimo, per guardarla negli occhi. Sorrise, ma aveva le lacrime agli occhi.
“Oh, figlia mia adorata, siano ringraziati i cieli! Siamo liberi, siamo di nuovo noi stessi, siamo di nuovo insieme…”

Ma un attimo dopo, Moe si staccò da lei e la tenne lontana, le braccia tese.
Aveva improvvisamente assunto un’espressione dura, risoluta. Belle lo guardò, perplessa. “Padre, cosa c’è? Qualcosa non va?” Moe strinse le labbra in una smorfia.
Quel mostro. Quel mostro ti ha portata via da me, ti ha trattata come una serva - la mia unica figlia, una principessa -, ti ha tenuto rinchiusa in una cella… in una cella...!
Il cuore di Belle si mise a battere forte. “No, padre, non…”
“Ecco perché quell’uomo… no, quell’essere – disumano… Ora capisco. Tutti quei prestiti, tutti quei favori, quelle gentilezze…”
“Cosa? Padre, di cosa stai parlando?”
“Ti voleva, in questo mondo come nell’altro, voleva fare di te la sua schiava, di nuovo… Quella belva senza pietà, quel mostro…”
Belle cercò di prenderlo per un braccio. “No, no, no - papà, non capisci, lui… io…”
Ma suo padre non l’ascoltava. Cominciò a camminare su e giù per la stanza col passo autoritario che aveva avuto quando era re. “E scommetto che, nel momento stesso in cui la maledizione si è spezzata, lui è tornato l’orrenda bestia che è sempre stato. Basta completi firmati, basta voce pacata e discorsetti eleganti per il nostro caro Gold. Chissà se è già tornato alle sue vecchie abitudini – usare il suo potere per circuire ed ingannare, per manipolare la povera gente e condurla alla disperazione e alla morte. Scommetto che si è già messo a filare altro oro con quel suoi mostruosi artigli, che sta girando la ruota del filatoio ridendo quella sua orribile risata…”
Belle sbarrò gli occhi. “No… questo no, non è possibile, no, no…” Senza pensare, girò i tacchi e corse verso la porta d’ingresso.
“Belle?” Suo padre la guardò con espressione allarmata. “Belle, dove stai andando? Belle?
Lei gli rivolse un rapido sguardo che poteva essere di scusa e uscì di corsa.
Belle?” lo sentì gridare ancora, ma era già lontana. “Belle, torna qui, Belle!

Mentre correva verso il negozio di Gold, Belle notò distrattamente come l’onda d’urto della rottura del sortilegio avesse colpito tutti quanti in città. Archie Hopper stava abbracciando Marco, ed entrambi si battevano pacche affettuose sulle spalle e avevano le lacrime agli occhi. La Madre Superiora stava accarezzando la guancia della suora di nome Astrid. Leroy e un paio di ometti non molto più alti di lui si stavano picchiando poderose manate sulla schiena, ridendo come bambini.
Passò accanto a Mary Margaret Blanchard, che camminava con aria assente.
“Snow!” sentì gridare. Belle si fermò un attimo. David Nolan stava in piedi sull’altro lato della strada, e guardava Mary Margaret. Lei si voltò, lentamente. Il suo viso passò dall’espressione vacua all’incredulità, poi alla gioia più assoluta. “Charming!” sussurrò, poi i due corsero l’uno vero l’altra, incontrandosi in mezzo alla strada. Mary Margaret prese il viso di lui fra le mani. Belle non riuscì a sentire quello che si dissero, ma un attimo dopo si stavano baciando come se da quel bacio dipendesse la loro stessa vita.
Belle riprese a correre. “Rumpelstiltskin!” gridò. “Rumpelstiltskin!
La porta del negozio si aprì. Per un attimo, Belle ebbe paura di quello che ne sarebbe uscito. Possibile che suo padre avesse ragione? Possibile che, con la rottura del sortilegio, Gold fosse tornato quello che era? Che fosse tornato ad essere l’Oscuro, ad essere freddo e crudele, ad essere…
“Rumpelstiltskin!”

Belle chiuse gli occhi per un attimo, poi li riaprì.

Sulla porta del negozio, barba lunga di un giorno e senza cravatta, appoggiato al suo bastone, stava l’uomo che lei aveva visto tutti i giorni per ventotto anni… che la fissava come se avesse visto un fantasma.
Si guardarono a lungo, lei da un lato e lui dall’altro della strada. Il vento soffiò i capelli di Belle sul suo viso, e lei se li scostò con la mano.
“Ehi.” Gold non sorrise; aveva profonde occhiaie scure. Un soffio di vento scompigliò anche i suoi capelli. “Pensavo…” Chinò la testa per un attimo, e un altro refolo d’aria glieli arruffò di nuovo; poi alzò gli occhi e la guardò. “Pensavo che non volessi più vedermi.”
“No. No, ti sbagli.” Belle  scrollò le spalle e accennò un sorriso. “Non avrei dovuto andarmene. Ero solo… confusa. Avevo paura, credo.”
Le sembrò di vedere i suoi occhi dilatarsi per un attimo, ma da quella distanza non poteva esserne sicura. “Paura di me?”
Il sorriso di Belle si allargò. Scosse la testa. “No. Non di te. Mai di te…”
Gold la guardò. Sembrò sul punto di dire qualcosa…
“… perché io ti amo, Rumpelstiltskin.”

E nel momento in cui lo disse, Belle seppe che era vero, che era sempre stato vero, che non era mai stato più vero di quel momento.

“Oh” Il viso di Gold si contrasse per il sollievo – per il sollievo e per qualcos’altro -, e finalmente sorrise, un sorriso che era quasi una smorfia di dolore. “Oh, Belle…” Fece un passo verso di lei, poi un altro, spostò in avanti il bastone per farne un terzo… Ma Belle era già corsa fra le sue braccia. L’impeto con cui gli si era gettata addosso fece fare a entrambi un mezzo giro su se stessi, e per poco non caddero. Lui le passò il braccio libero intorno alle spalle e strinse forte, puntellandosi con il bastone.
“Ti amo anch’io.” mormorò, il viso affondato nei suoi capelli. “Ti amo anch’io.” Belle rise, le lacrime che le scorrevano sulle guance.
“Rumpelstiltskin, Rumpelstiltskin…”
“Belle, tesoro…”
Si guardarono a lungo, occhi negli occhi, vicinissimi. Belle gli passò una mano sulla guancia ispida.
“Ti sei dimenticato di farti la barba.”
Gold scosse la testa, e i suoi capelli le sfiorarono il viso. “Pensavo di averti perso di nuovo, Belle: la rasatura era l’ultimo dei miei pensieri. Credimi, mi ero dimenticato persino chi ero.”
“E ora lo sai? Sai chi sei?”
La guardò a lungo. “No.” Sorrise, lo stesso sorriso doloroso. “Ma una volta mi hai detto che ti piacciono i misteri. Forse tu puoi aiutarmi a capirlo.” La guardò. “Lo farai?”
Belle sentì un’altra lacrima scivolarle giù per la guancia, ma sorrise. “Certo che lo farò. A un prezzo.” Gold la guardò, perplesso, ma lei rise.
“Ci vorrà un po’, temo.” Gold sorrise di rimando, questa volta un po’ più apertamente. “La mia identità è una cosa un tantino… complicata, direi.”
“Mi piacciono le cose complicate. E poi, ho ventotto anni di vacanze scolastiche arretrate. Dovrò pur fare qualcosa del mio tempo libero.”

Gold la guardò. “Oh, Belle…” le fece scivolare la mano dalla schiena alla nuca: le accarezzò i capelli, poi le passò il dorso della mano sulla guancia e avvicinò il viso al suo...
Belle si ritrasse e lo guardò severamente. Gold si bloccò. “L’ultima volta che ho provato a baciarti, Rumpelstiltskin, mi hai urlato contro. Mi prometti che questa volta sarai più gentile con me?”
Gold la guardò, incredulo, poi rise piano. “Sì. Oh, sì, lo prometto.”
“Bene.” Belle sorrise... e Gold lasciò cadere il bastone, si chinò in avanti, le prese il viso fra le mani e la baciò con forza, con una specie di furia trattenuta. Non fu un bacio dolce - ci sarebbe stato tempo per quelli: questo doveva ripagare in un attimo ventotto anni di attesa, e non potè che essere un bacio goffo, maldestro per l'urgenza, la foga con cui era stato dato. Lui aveva le labbra aride, e la sua bocca sapeva di bourbon e caffè stantio, ed era ruvido di barba… ma nonostante questo, o forse proprio per questo, fu la cosa più toccante, più meravigliosa che Belle potesse immaginare, il momento che aveva desiderato per tutti quegli anni. Capì come dovessero essersi sentirti David e Mary Margaret – beh, Snow e Charming - quando li aveva visti riunirsi pochi attimi prima.

Belle sentì il mondo scivolare fuori dal suo asse, il tempo non ebbe più valore.

Il sangue le ronzava nelle orecchie talmente forte da renderla quasi sorda, ma allo stesso tempo era anche stranamente consapevole di tutta una serie di cose– le voci dei cittadini di Storybrooke che si chiamavano - sorpresi, eccitati - l’un l’altro coi loro veri nomi [“Snow?”, “Red, sei tu?”, “Grace!”, “Papà?” ], il vento fra i suoi capelli. Quando Gold si staccò da lei, le labbra socchiuse e lo sguardo stordito, fu Belle che lo afferrò con entrambe le mani per i risvolti della giacca, lo tirò verso di sé e lo baciò di nuovo sulla bocca, a lungo. Gli allacciò le braccia intorno al collo; ci fu un momento di esitazione, poi lui la strinse di nuovo, forte, contro di sé, con entrambe le braccia. Poteva sentire il calore del suo corpo attraverso la camicia, le sue braccia strette intorno alle spalle, il suo respiro affannato. 

Alla fine, Belle si staccò da lui, ansante, gli fece scivolare le mani sulle spalle ossute: si guardarono a lungo negli occhi, in silenzio, le labbra socchiuse. Da così vicino, poteva vedere le rughe sottili sulla sua fronte, intorno agli occhi e alle labbra, i fili grigi nei suoi capelli.

Gold aveva i primi due bottoni della camicia aperti: un particolare da niente, ma per un uomo che lei aveva sempre visto con la cravatta stretta a nodo Windsor e il fazzoletto coordinato nel taschino, quella piccola concessione alla trasandatezza le mandò un brivido giù per la schiena. Cercò di distogliere lo sguardo dalla fossetta fra le sue clavicole, alla base del collo.
“Allora”, mormorò infine, con un mezzo sorriso, quando fu di nuovo in grado di parlare. “Dovrò essere io la tua stampella, d’ora in poi?”
Gold la fissò con sguardo interrogativo, poi getto uno sguardo al bastone a terra e rise, seppellendo di nuovo il viso nei capelli di lei.

“Può darsi, mia cara”, disse. “Può darsi.”
 
  
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