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Autore: appver    09/12/2012    1 recensioni
All'inizio dopo essermi trasferita a New York, ci sentivamo spesso.. ma dopo un po nient' altro che poche e-mail ogni mese, dopo di che più nulla. Io e lei ci conoscevamo da ben 13 anni, praticamente eravamo cresciute insieme, stessa scuola media, stessa classe allo stesso liceo, eravamo buone amiche. E ritrovarmela la d'avanti senza poterla abbracciarla forte a me mi metteva un enorme malinconia.
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Ero appena scesa dall'aereo a New York per poi andare in Argentina, quando al ritiro bagagli per sbaglio presi la sua valigia grigia, come la mia. Arrivata a Buenos Aires in albergo mi accorsi che la valigia non era la mia, che la valigia era di un ragazzo, e soprattutto che la mia valigia era nelle mai di un ragazzo che io non avevo mai visto e che in quello valigia c'era quasi tutta la mia vita.Mi feci prendere dal panico ma dopo poco mi calmai e incomincia a frugare nella valigia per trovare qualcosa che riconducesse a lui, ma la sua valigia era strana, non era come tutte le valigie. In essa vi era solo un computer, una foto di famiglia, due maglie quasi identiche e un paio di nike numero 39. Per primo presi il computer per vedere se si accendeva e se aveva una password, ma non l'aveva. quindi l'accesi ma quello che ci trovai sopra non mi aiuto a capire chi fosse il ragazzo misterioso. Intanto mi ero infilata una delle sue magliette che mi stava un po grande così pensai che fosse molto più alto di me o che fosse molto più grasso di me. Mi ricordai in fine che nella valigia avevo visto una foto. Essa raffigurava un matrimonio o una cerimonia importante dato che le persone erano vestite in modo elegante. In essa vi erano raffigurati due ragazzi identici che abbracciavano una ragazza, forse proprio la ragazza del mio smarritore di valigie. Quindi mi misi a curiosare sul computer ma riuscii solo a scoprire che a lui piacevano molto i giochini sul computer e che in essi si faceva chiamare The King, il re. Solo alla fine mi ricordai che quando mi scattavo delle foto con delle persone importanti mettevo sempre una piccola scritta sul retro delle foto per ricordarmi dove l'avevo fatta e soprattutto con chi l'avevo fatta, e speravo con tutto il cuore che anche questo misterioso ragazzo l'avesse fatto. Cosi presi la foto e la tolsi dalla cornice, feci un breve sospiro e con avevo sperato dietro quella stupenda foto c'era scritto in inglese 'MATRIMONIO DI ZIA LIX, aprile 2009 Marco e Manuel'. Girai la foto e guardandola cercavo di capire quale dei due fosse Marco e quale Manuel. Mi sdraiai sul letto accanto alla valigia e mentre mi rigiravo sul letto immersa nei miei pensieri, cercando di capire perché aveva quella foto e soprattutto che lui aveva la mia valigia che, rispetto alla sua era piena di vesti e cose molto private..almeno per me mi imbattei in fogliettino che si trovava sulla maniglia della valigia. Mi sedetti di scatto e iniziai a leggere: 'Marco Diaz', la strada e il numero sia di casa che di cellulare e senza pensarci due volte presi il telefono e chiamai.. -Hello-disse un ragazzo dall'altro capo del telefono -hello, my name is Veronica..-ma non mi fece finire di parlare. Iniziò a parlare in inglese più veloce di quanto io fossi abituata e cosi non avevo capito niente .-Sorry, Marco ma io non parlo cosi bene la tua lingua e non so neanche se tu capisci la mia-risi. -Yes, parlo molto bene la tua lingua e credo di avere la tua valigia qui a casa-rise -E io credo di avere la tua..-e senza pensarci gli chiesi- Posso farti una domanda?!- -certo dimmi-mi rispose con una voce cosi calma e profonda, con quel tono che mi aveva fatto quasi scogliere. -Non vorrei essere scortese..ma hai tipo Facebook o skype?!- -Certo..se apri il mio computer ti puoi collegare con il mio contatto e vedo a Veronica-mi disse ridendo -Ma certo fai pure, tanto anche io ho curiosato tra le tue cose-risi staccando al telefonata. Presi il computer dal letto e mi misi su skype, lui mi aggiunse e avviai la video chiamata. -Ciao ruba valigie-mi disse ridendo, e per la prima volta dopo la scomparsa dalla mia vita di mio padre quel singolo sorriso, quella singola risata di quello sconosciuto mi face sorridere e ridere senza motivo. Parlai con lui per ore di qualsiasi cosa ci potesse venire in mente, parlammo della sua valigia così strana del fatto che ci trovavamo a miglia e miglia di distanza, fino a quando non mi chiese della mia famiglia. Li mi bloccai non riuscivo più a dire una parola, parlare della mia famiglia mi rendeva triste. Ma dopo poco iniziai a parlare come non avevo mai parlato con i miei amici o con mia madre. Buttai tutto fuori. Inizia dicendogli che i miei genitori dopo essere stati 27 anni insieme avevano preso strade diverse, mio padre si era trasferito ad Alba, e li aveva incontrato una nuova donna, anch'essa divorziata, e che a differenza di mio padre aveva due figli, una femminuccia di 4 anni e un maschietto di 10, cosi mi ritrovai da figlia unica ad essere considerata la sorellona di due piccole pesti. Mio padre, gli spiegai, che non aveva mai avuto un bel rapporto con me, ma allontanandosi cosi da me aveva accorciato ancora di più quel piccolo filo che ci legava l'uno all'altra. Mia madre a differenza sua non aveva ancora conosciuto nessuno almeno che io sapessi. Eravamo andate entrambe in America per trovare dei nostri parenti che si trovavano li, ma soprattutto perché mamma aveva bisogno di staccare da tutto ma soprattutto da tutti quelli che ogni due per tre le chiedevano come stava. - Ma ora basta parlare di me-risi- parlami un po della tua famiglia- -Beh della mia famiglia devi solo sapere che ho un fratello gemello e un'altro fratello che però è stato adottato anche se ha la mia stessa età. Poi che altro...- ci penso su e poi continuò dicendo che era molto pravo a giocare a calcio, ma non amava il football e che tutta la sua famiglia amava vedere la partite delle squadre italiane la domenica tutti insieme mentre si cenava o mentre si stava tutti attorno al fuoco in giardino. Mi disse anche che lui e la la sua famiglia erano di origini italiane ed è per questo che lui sapeva parlare italiano, che per un periodo avevano abitato in Italia nei pressi di Firenze e che l'inizio ad appassionarsi al cinema al teatro e soprattutto all'arte. Aveva girato quasi tutto il mondo, aveva sciato nei paesi del nord, nuotato con gli squali e aver scalato almeno mezzo monte Everest. Quando mi disse questo scoppiai a ridere, no ci potevo credere ma lui mi disse che era tutto vero e che se avessi visto su computer avrei trovato le foto che lo dimostravano. Cosi presi le cartelle di foto che si trovavano sparse per il suo computer e dopo le sue mille indicazioni riuscii finalmente a scoprire la cartella che lo immortalava davanti ad un'enorme vasca con dentro dei piccoli squali che giravano alle sue spalle, incominciai a ridere senza riuscirmi a fermare, e anche lui iniziò a ridere cosi che mi dimenticai di tutto quello che gli avevo raccontato, di tutto quello che non ero riuscita a dire ai miei. Soffrivo cosi tanto che le mie lacrime mi bagnavano il viso ogni santo giorno e anche mentre ridevo difronte al computer e difronte a lui scoppiai a piangere senza sapere se quelle fossero state lacrime di gioa o di dolore. il perenne dolore che mi assaliva ogni volta che parlavo di lui. Era per questo che non ne parlavo mai, ecco perché mi piaceva rimanere da sola, era l'unico modo per non sentirmi distrutta. - Perché stai piangendo?- mi disse guardandomi negli occhi -Niente e che tu mi fai ridere, come nessuno prima d'ora mi aveva fatto ridere- cosi sul suo viso apparve un' enorme sorriso che mi rassicurò.
  
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