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Autore: MeMedesima    10/12/2012    5 recensioni
Ovvero cosa succede quando la star di Broadway Rachel Berry e Kurt Hummel, attore squattrinato, si scambiano la casa per le vacanze di Natale.
"Allora, Rachel, abbiamo un accordo?". Spedì il messaggio, incrociando le dita.
"Prima posso farti una domanda?".
Kurt imprecò a bassa voce. "Ma certo".
"Ci sono uomini nella tua città?".
Il ragazzo rise amaramente, pensando a tutti gli appuntamenti orribili che aveva dovuto sorbirsi negli ultimi quattro anni, e al ragazzo tutt’altro che perfetto che stava frequentando ora.
"Assolutamente nessuno".
[Ispirata al film "L'amore non va in vacanza"]
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Dave Karofsky, Finn Hudson, Kurt Hummel, Rachel Berry | Coppie: Blaine/Kurt, Dave/Kurt, Finn/Rachel, Jessie/Rachel
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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The Holiday

 

18 dicembre 2017, Upper West Side, New York

 

Rachel Berry aprì la porta del suo appartamento con un sospiro di sollievo. Casa dolce casa.

«Tesoro?», esclamò mentre poggiava le chiavi di casa in un piccolo svuota tasche. «Sono a ca-». Le parole le morirono in gola quando svoltò l’angolo e si trovò di fronte il suo attuale ragazzo stravaccato sul divano. Nudo. Insieme ad una persona che non era lei.

«È uno scherzo vero?», riuscì a mormorare, un misto di rabbia e nausea che iniziava a salirle alla bocca dello stomaco.

«Ra-rachel». Lo sfortunato si puntellò sui gomiti, un’espressione estremamente colpevole sul volto. «Tesoro, non è come se-».

«Non provarci nemmeno, Jessie», sibilò Rachel, grondando veleno. «Non provare nemmeno a farmi credere che tu non sia appena andato a letto con una delle mie comparse, o ti sbatterò fuori di qui senza lasciarti nemmeno la cortesia di rivestirti».

Jessie impallidì vistosamente di fronte alla furia di Rachel – l’aveva provata su di sé svariate volte e sapeva che quando la ragazza si arrabbiava la situazione diventava dannatamente seria.

«Ma visto che sono buona ti darò due minuti per metterti addosso qualcosa e altri cinque per fare le valigie. Dopodiché ti voglio fuori da casa mia. In quanto a te», si girò verso l’altro occupante del divano, che fino a quel momento era stato immobile, un’espressione assolutamente terrorizzata sul volto. Strinse gli occhi nella sua direzione. L’aveva notato di sfuggita alle prove del giorno prima, quando Tina l’aveva chiamato per prendere le misure del suo costume. Brad… no, Brody.

«Sei licenziato. Vattene più in fretta che puoi e considererò di non rovinare per sempre la tua carriera, ci siamo capiti?».

Brody annuì, recuperando i suoi vestiti a velocità record e uscendo dall’appartamento ancora senza maglietta.

«Non c’era bisogno di essere così crudele, Rachel. Non conduci tu lo spettacolo e-».

«Tic toc, Jessie», replicò lei nel tono freddo che usava esclusivamente per interpretare Madame Giry.

«Dai Rachel, fai sul serio?», sbottò il ragazzo in tono esasperato, per poi dileguarsi in camera quando Rachel si tolse una delle scarpe che aveva addosso e fece per tirargliela dietro.

La ragazza sospirò scoraggiata, rimettendosi la scarpa. Credere che avrebbe lanciato per aria una Louboutin tacco dodici? Sul serio?

“Ma d’altronde Jessie non mi ha mai conosciuta davvero”, considerò fra sé e sé mentre strappava le federe del divano e dei cuscini e le buttava fuori dalla porta. “Usciamo - uscivamo insieme solo per la pubblicità e per il sesso fantastico, e questo è tutto. Non si è mai preso il disturbo di conoscermi, figurarsi poi di innamorarsi di me”. Smise per un attimo di scaraventare i vinili di Jessie sul pavimento – a pensarci bene forse si sarebbe tenuta Il Mago di Oz, era originale.

“Sarà per questo che fa così poco male? Perché non era amore?”, considerò fra sé e sé.

Rachel Berry non poteva saperlo, visto che non era mai stata innamorata. Dalla tenera età di diciassette anni, cioè da quando aveva debuttato a Broadway come una giovanissima Anita in West Side Story, aveva incontrato esclusivamente ragazzi egocentrici, competitivi in modo malsano o interessati solo alla pubblicità che forniva il suo nome. O gay. 

Jessie riapparve sulla soglia della camera, strabuzzando gli occhi alla vista dei suoi dischi in quelle misere condizioni. Aprì la bocca come per protestare, ma alla fine scelse di tacere e scuotere leggermente la testa, dirigendosi verso l’uscita.

Aveva indossato una t-shirt ed un maglione – scelta saggia visto che Rachel aveva già buttato la sua camicia nella spazzatura - ed aveva in spalla un borsone leggero.

«Passerò a prendere il resto delle mie cose mentre non ci sei. Ho gli orari delle tue prove in agenda», borbottò mentre apriva la porta.

«Come sei organizzato, Jessie. Mi dispiace di aver interrotto tu ed il tuo amichetto tornando un’ora prima!», ribatté Rachel sarcastica.

Jessie si girò, sbuffando di esasperazione. «Sai, Rachel, se non fossi una tale arpia-».

«Io un’arpia! Jessie, ti ho appena trovato sul nostro divano con un UOMO, diavolo!», sbraitò lei avvicinandosi pericolosamente al ragazzo. «Come dovevo reagire? Offrendovi un the?!».

«Prima di tutto, ti ho avvertito fin da quando ci siamo conosciuti che ero bi-curioso». Rachel considerò seriamente di usare la statuetta del proprio Tony per colpirlo in testa. «Secondo, non mi riferivo a quello. Non mi infastidisce il tuo comportamento di oggi, Rachel, ma quello di tutti gli altri giorni. Sei fredda. Distaccata. Dopo otto mesi di relazione non ti conosco. Non mi lasci entrare nella tua corazza, non mi lasci nemmeno provare, diamine!».

«Forse perché non ti amo», sibilò lei di rimando. Jessie rise amaramente.

«Forse potresti, se non fossi prevenuta nei confronti di tutti gli uomini di New York! Per te siamo tutti stronzi che aspettano solo di spezzarti il cuore, ma se tu provassi ad aprirti con qualcuno, se ti levassi quel cartello “Vai a farti fottere” dalla fronte-».

«Jessie, ti avverto!».

«-forse saresti capace di amare, invece di costringere tutti ad odiarti-».

La ragazza gli sbatté la porta in faccia. Letteralmente: poteva sentire i gemiti di dolore attraverso i muri sottili e le strilla di Jessie a proposito del suo naso. Scalciò via le scarpe e corse in camera, dove si buttò sul suo letto, coprendosi la faccia con il cuscino.  Non voleva più sentire la voce di Jessie.

Soprattutto, non voleva sentirgli pronunciare ad alta voce gli stessi dubbi che la affliggevano ogni giorno: che non meritava né amore, né affetto, né relazioni.

Strinse i denti e premette il viso contro il copriletto, sforzandosi di non piangere.

 

Un’ora dopo aveva fatto una doccia bollente e si era spalmata una maschera all’avocado sui capelli, avvolta nel suo asciugamano più morbido e più caldo. Fece un sospiro e poi decise di prendere un barattolo di Nutella dalla credenza – la sua agente l’avrebbe uccisa se avesse saputo che teneva una cosa del genere in casa, ma tutti hanno bisogno di cioccolato prima o poi.

Piazzò il suo laptop sul tavolo della cucina, affondando un cucchiaino nella Nutella mentre aspettava che si accendesse.

Doveva staccare la spina. Andarsene da New York per qualche giorno.

Amava Broadway, e amava il suo lavoro di attrice, ma quel mondo era a dir poco sfiancante.

Si era sempre ripetuta che era inevitabile che un mondo di attori fosse pieno di falsità e finzione, ma non aveva mai creduto di trovarne così tanta. La maggior parte degli individui che aveva incontrato nei suoi sette anni di carriera le facevano venire voglia di vomitare. Solo l’amore per il suo lavoro la teneva sana di mente in quel covo di pazzia.

Tamburellò le dita sulla tastiera.

Aveva bisogno di un posto isolato, ma non troppo; rilassante ma non noioso, e soprattutto dove non rischiasse di incontrare nessuno che potesse conoscere. Aprì Google Maps e diede un’occhiata pensierosa alla carina degli Stati Uniti.

Gli stati confinanti con New York erano esclusi a priori, e certo non poteva andare in California, né in Florida, troppo rischiose… Lasciò vagare lo sguardo sulla cartina per qualche secondo prima di avere un’illuminazione.

Ma certo, Ohio! Chi andava in Ohio?

Avviò velocemente una ricerca su Apartments.com cercando appartamenti disponibili per essere affittati nel periodo di Natale. Storse il naso. Erano quasi tutti occupati… A parte…

Cliccò su uno dei link che lampeggiava “Disponibile” in verde acido sopra una piccola fotografia.

«“Prairie Oaks Cottage”», lesse ad alta voce dalla descrizione che ne dava il sito. «“Una tradizionale casa di campagna immersa nella tranquillità del parco di Prairie Oaks e nell’incantevole quartiere di Prairie Oaks”», si interruppe per alzare un sopracciglio. «Beh, di certo l’originalità non è il loro forte. “A soli dieci minuti di cammino dal sentiero dei laghi e a trenta minuti dal centro di Columbus”».

Si rilassò contro lo schienale della sedia. Cosa c’era di meglio di una casa in campagna per rilassarsi e staccare la spina? Cliccò sul profilo dell’utente, un certo k-hummel, e scrisse velocemente un messaggio.

Sarei interessata ad affittare la casa di Prairie Oaks per il periodo di Natale. Spero sia disponibile. Potrebbe contattarmi al più presto?

Quando premette invio fu come se un peso le si fosse sollevato dal petto.

Fece partire una delle sue playlist preferite e volteggiò verso la camera da letto per cambiarsi.

 

18 dicembre 2017, Prairie Oaks, Columbus, Ohio

 

Kurt Hummel aprì la porta del cottage di Prairie Oaks sospirando di sollievo.

«Casa dolce casa», commentò, rivolto al silenzio.

Appese il cappotto ad un gancio sul retro della porta e posò la borsa su di un tavolino prima di affrettarsi ad accendere il riscaldamento centralizzato. L’inverno era rigido in Ohio, e dentro quella casa si gelava.

Era stata una buona scelta, decidere di trasferirsi nel cottage durante le vacanze di Natale, rifletté fra sé e sé.  Adorava Finn, il suo fratellastro e attuale coinquilino, ma condividere una casa con lui dal venti dicembre in poi era come convivere con un cucciolo iperattivo: era talmente felice che fosse finalmente Natale che voleva assolutamente coinvolgere il fratello nei suoi festeggiamenti, e ora come ora Kurt non era dell’umore giusto per assecondarlo.

Le prove erano state sfiancanti e la sua ultima audizione non sarebbe potuta andare peggio. Aveva bisogno di calma e solitudine.

Beh, forse non sarebbe stato esattamente solo, si corresse, mentre recuperava l’iPhone dalla tasca della tracolla e lo accedeva. Subito un avviso gli segnalò che c’erano due messaggi nella segreteria telefonica.

Si buttò sul divano mentre metteva il telefono in vivavoce e attendeva.

Clic. «Ehi ragazzino, come stai?». Kurt sorrise fra sé e sé, mentre la voce allegra di suo padre riempiva il silenzio del salotto. «Nassau è stupenda, e Carole continua a dire che vi è debitrice a vita per questa vacanza. Fallo sapere anche a Finn per favore, non sono sicuro che abbia capito bene come funziona la segreteria telefonica».

Kurt alzò gli occhi. “Tipico di Finn”, pensò, continuando ad ascoltare il messaggio di suo padre.

«Comunque, volevo solo farti sapere che va tutto bene. Il clima è fantastico – sì, ci stiamo mettendo la protezione solare, non provare nemmeno a ricordarmelo. Siamo solo dispiaciuti di non poter essere con voi, ma ovviamente saremmo stati stupidi a rifiutare un regalo del genere, vero tesoro?... Come? Ah, Carole dice che quando tornerà a casa farà a Finn una pila di pancakes al cioccolato alta quanto lui come ringraziamento. Il che è tutto dire, non credi?». Kurt chiuse gli occhi, ascoltandola risata burbera di suo padre.

«Beh, Kurt, questo è tutto. Ci mancate moltissimo ma ci stiamo divertendo e vi pensiamo molto. Stai attento a non sovraccaricarti di lavoro e passa un buon Natale, ragazzo. Ti voglio bene».

Clic. «Kurt». Il ragazzo strizzò gli occhi riconoscendo la voce. Non era mai un buon segno quando c’era la sua voce in segreteria, significava sempre imprevisti e inoltre faceva tornare in mente vecchi ricordi che avrebbero dovuto essere stati sepolti e dimenticati da un pezzo… «Mi dispiace, credimi, mi dispiace tanto… non riuscirò a venire stasera. I ragazzi del team di football mi hanno chiesto di uscire e- beh, è già qualche volta che gli do buca e potrebbero insospettirsi, sai come sono fatti i-».

Kurt spense il vivavoce e cercò di non lanciare violentemente il telefono contro la parete.

Si rigirò lentamente sulla schiena, premendo una mano sulle labbra.

Era la terza volta quella settimana. La terza volta che Dave gli dava buca per uscire con i suoi amici. Amici che se avessero notato che Dave era più assente del solito avrebbero potuto iniziare a sospettare che avesse una ragazza, e avrebbero scoperto che invece aveva un ragazzo. Perché Dave non aveva ancora fatto coming out.

Kurt si mordicchiò la nocca dell’indice, ripensando a quando, un anno prima, aveva rivisto David Karofsky per la prima volta dopo il liceo.

Era appena uscito dalla lezione di tecnica vocale e stava chiacchierando con alcuni compagni, quando Dave aveva attraversato il corridoio, una felpa con il logo OSU e uno sguardo incerto sul volto.

Kurt era impallidito, ritornando improvvisamente un sedicenne spaventato in uno spogliatoio semibuio. Fosse stato per lui, non avrebbe nemmeno riconosciuto la presenza di Karofsky, ma si dava il caso che il ragazzo si stesse dirigendo proprio verso di lui.

«Kurt?», aveva chiesto in tono incerto. Non aveva risposto, non fidandosi della stabilità della propria voce in quel momento.

«Kurt». Chandler, uno dei primi ragazzi che aveva conosciuto a Columbus, gli aveva poggiato una mano sulla spalla con aria protettiva, lanciando un’occhiata sospettosa a Karofsky. «Tutto okay?».

“Calmati”, si era ripetuto Kurt ignorando entrambi. “Non è né il momento né il luogo per farsi venire un attacco di panico”.

«Kurt, posso parlarti?», aveva insistito Karofsky cercando di incrociare il suo sguardo.

Il ragazzo aveva fatto un respiro profondo. «Io…», la sua voce era uscita più debole di quanto avrebbe voluto.

«Te lo chiedo per favore». Solo a quel punto Kurt aveva alzato gli occhi su David, ed era riuscito a vedere l’espressione triste e piuttosto colpevole che aveva sul viso.

«O-Okay», aveva acconsentito, rassicurando velocemente Chandler e facendo cenno a Karofsky di seguirlo.

Si erano ritrovati seduti davanti ad un caffè, Kurt che ascoltava attonito una valanga di scuse tardive e David che tratteneva a stento le lacrime.

Dopo quella chiacchierata si erano incrociati qualche altra volta all’interno del campus, prima di riuscire a salutarsi e a parlare come persone civili; e ora era da qualche mese che si frequentavano.

Kurt sbuffò ad alta voce. Frequentarsi.

Durante tutto il liceo aveva fantasticato di incontrare qualcuno che non si sarebbe vergognato di chiamarlo il suo ragazzo, che l’avrebbe orgogliosamente tenuto per mano in pubblico… qualcuno che non fosse niente di meno che “out and proud”.

Ma dopo decine di appuntamenti finiti disastrosamente e altrettante avventure di una notte sola che poi mancavano puntualmente di farsi risentire, Kurt aveva iniziato a rassegnarsi all’idea che forse non era destinato ad avere nulla di tutto ciò.

David era gentile, premuroso, e anche se non era quello che Kurt aveva sempre sognato per sé, teneva davvero a lui – e molto probabilmente era il massimo in cui Kurt poteva sperare in amore, visto come si erano concluse le sue esperienze precedenti. 

Accese il laptop, rassegnandosi ad una serata di alimenti poco salutari e solitudine.

Una spia lampeggiante al lato del desktop gli segnalò due nuove e-mail. Cliccò sopra la spia e le aprì, sperando in qualche buona notizia.

Sarei interessata ad affittare la casa di Prairie Oaks per il periodo di Natale. Spero sia disponibile. Potrebbe contattarmi al più presto?

So che è tardi per affittare durante il periodo natalizio, ma la prego di contattarmi se è interessato.

“Beh”, pensò Kurt, asciugandosi gli occhi leggermente umidi. “Questo sì che è tempismo…”.

Diede un’occhiata ai dettagli delle mail. Entrambe erano state spedite all’incirca un’ora prima. Forse…

Sono molto interessato all’offerta, ma a dir la verità questa casa è disponibile solo per il servizio di home exchange. Tu affitti la mia casa ed io la tua. Ci scambiamo macchine, città, tutto per due settimane. Io non l’ho mai fatto ma delle mie conoscenze dicono sia molto divertente.

Premette Invio, pregando qualsiasi forza superiore esistente nell’universo che l’altra persona fosse ancora al computer e che fosse interessata. L’idea di andarsene per due settimane…

Sobbalzò sul divano quando sentì il suono di una nuova mail.

Mi sembra un’idea fantastica! Io abito a New York, nell’Upper West Side. Cosa ne pensi, potrebbe andare bene per te? Mi chiamo Rachel, a proposito.

“New York!”. Kurt aveva perso il conto delle ore che aveva sprecato a fantasticare su quella fantastica città mentre era al liceo. Avrebbe voluto trasferirsi lì per il college, ma purtroppo le rette e l’affitto degli appartamenti erano un costo troppo alto, e Columbus era stato tutto ciò che aveva potuto permettersi.

Mi chiedi se va bene? Ho sempre sognato di vivere a NY. Senza contare che potrei incontrare una certa Miss Bradshaw ed implorarla di fare shopping insieme. Io sono Kurt.

Il messaggio successivo arrivò dopo pochi secondi.

Buona fortuna, è da vent’anni che la cerco e non si è mai fatta vedere! È un piacere conoscerti Kurt. E lasciamelo dire, sei davvero fortunato ad avere un cottage in campagna. Dev’essere un balsamo per i tuoi nervi.

“Tesoro, abiti a New York, diamine”, pensò Kurt scuotendo la testa. “Non la chiamano la città che non dorme mai per niente”.

È molto tranquillo, rispose invece. Allora, Rachel, abbiamo un accordo?

Spedì il messaggio, incrociando le dita.

Prima posso farti una domanda?

Kurt imprecò a bassa voce.

Ma certo.

Ci sono uomini nella tua città?

Il ragazzo rise amaramente, pensando a tutti gli appuntamenti orribili che aveva dovuto sorbirsi negli ultimi quattro anni, e al ragazzo tutt’altro che perfetto che stava frequentando ora.

Assolutamente nessuno, rispose velocemente.

«Ti prego… ti prego», sussurrò incrociando le dita. «Dopo anni di questo schifo due settimane a New York me le sono meritate, no?».

Il leggero segnale di una mail in arrivo interruppe le sue preghiere. Aprì il messaggio.

Domani è troppo presto?

 

 

A/N:

Buonasera a tutti :)

Vi presento con orgoglio la mia prima long Klaine!

Come si capisce dal titolo è ispirata al film L’amore non va in vacanza, uno dei miei film preferiti, ed è a tema natalizio – perché adoro il Natale, yay :)

Spero davvero che possa piacervi – per quelli che sono interessati raccomando di inserirla fra le seguite perché non so ancora bene quando/ quante volte alla settimana sarò in grado di aggiornare, quindi vi sarà più facile tenerla d’occhio :)

Complessivamente avrà nove capitoli (prologo ed epilogo compresi) quindi con un po’ di fortuna entro la prima settimana di gennaio avrò finito di pubblicarla.

Baci a tutti quanti, e grazie per aver letto!

MM

  
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