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Autore: Sbrecks    01/07/2007    7 recensioni
Troy e Sharpay. Diametralmente opposti. Due magneti che si attirano e si respingono, indipendentemente dalla loro volontà. Una serie di circostanze che sembrano volerli uniti.Un romanzetto d'amore che racchiude le dieci regole dell'attrazione, alle quali non potranno sfuggire. Quando non è la razionalità, ma il cuore, a dettare le leggi secondo cui vivere.
Genere: Romantico, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sharpay Evans, Troy Bolton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prima regola: Lei non deve essere la tua ragazza.

Mai.

-Ehi, Bolton! Si può sapere che hai da guardare?- Sharpay Evans gli lanciò uno sguardo disgustato, mentre la Darbus farneticava in sottofondo di Euripide e della tragedia greca.

Mai.   

D’istinto, le rivolse un sorriso di commiato e scosse la testa, muovendo appena le labbra.

-Niente.

Il fatto, avrebbe dovuto dirle, è che tu sei Sharpay Evans, la regina di ghiaccio.

Non sei la mia ragazza.

Il fatto è, che oggi porti una giacca di panno e un vestito di seta, che scivola leggiadro lungo il tuo corpo, e la stoffa descrive piccoli cerchi intorno a due gambe sinuose, quando ti muovi.   

Nondimeno, oggi io non riesco a staccarti gli occhi di dosso, aumentando peraltro il rischio che Gabriella, la mia vera ragazza, mi scopra.

Ecco il fatto.

Troy Bolton, signori, è attratto da una ragazza che non è la sua.

Quanto è grave, questo crimine, in una scala da uno a dieci?

-Merita indubbiamente il massimo del punteggio, signor Bolton...-

Troy riemerse seduta stante dallo stato di torpore comatoso, in cui era solito piombare più o meno ogni lunedì mattina alle otto, e da cui riemergeva puntualmente all’ora di pranzo,sobbalzando.

Chi aveva parlato?

La professoressa Darbus, e più o meno la classe intera, lo stavano guardando perplessi, in quel momento.

Lo guardavano fisso.

-Beh, che c’è?- Domandò, ostentando il migliore dei suoi sorrisi da star del basket, che gli accendeva per un istante gli occhioni blu.

La Darbus si lasciò sfuggire una delle sue risate tonanti, che la facevano spaventosamente assomigliare, nell’attimo in cui spalancava la bocca e lasciava partire una sorta di lamento baritonale, a una cantante lirica un tantino isterica.

Terrorizzante.

- C’è che lei è drammaticamente disattento, signor Bolton..- Esclamò la professoressa dopo aver ampiamente sghignazzato, tra gli sguardi atterriti dei suoi studenti -.. voglio sperare che l’attenzione e l’impegno che riserberà alla quarta replica del musical che proporremmo la settimana prossima, in occasione del gemellaggio con l’istituto di Città del capo, si rivelerà decisamente superiore al suo interesse nei confronti delle mie lezioni...-  

-Ci conti..- Sorrise a trentadue denti Troy, non rendendosi conto di aver aggravato ulteriormente la sua situazione.

La campanella suonò, e gli occhi della Darbus si ridussero a due fessure iraconde.

Meglio svignarsela.   

Sharpay, con in bocca un grazioso lecca-lecca di tutti i colori dell’iride, caracollò sui sandali alti e scomparve lungo il corridoio, raccattati i suoi libri: Troy non potè fare a meno di seguirla con lo sguardo mentre si dirigeva verso il refettorio, scuotendo i capelli biondi, quel giorno adorabilmente boccolosi.

Mio dio.

Il ragazzo dovette allentarsi il collo della camicia a strisce, accaldato.

La situazione si stava facendo pesante.

Senza sapere bene perché, il giorno precedente, si era ritrovato ad annoiarsi sul serio. Gli allenamenti erano stati sospesi, per via della sciatica di suo padre; il teatro era momentaneamente chiuso, causa manutenzione, e da lì l’impossibilita di cimentarsi in prove supplementari.

Chad, inoltre, era impegnato con Taylor: Gabriella doveva studiare, Jason usciva con Kelsi; perfino sua madre si era data appuntamento con un' amica per quel pomeriggio, all’insegna dello shopping più sfrenato.

E così Troy Bolton, playmaker super-impegnato dei Wildcats, si era ritrovato a ciabattare per casa senza una meta, e in preda alla disperazione più totale.

Di mettere a posto la sua stanza, non se ne parlava: lui era un uomo accidentaccio, proprio come suo padre, e nel caos ci sguazzava.

Troy aveva sorriso, pensando alle pile di calzini, riviste e cartoni di pizza, ormai sedimentatisi sotto al suo letto.

Stava bene così.  

Di andarsene in giardino, ad ascoltare i rumori della natura, neanche.

Quelle stronzate filosofiche, effettivamente, piacevano più a Gabriella che a lui.

Senza alcuna offesa...  

E allora rimaneva solo un’ultima, soffertissima, scelta. Leggere un libro.

Non che non gli piacesse, per carità. Ma era che il suo approccio con la lettura era sempre stato...come dire....problematico!

Alcuni romanzi, Troy, li trovava troppo lunghi, altri troppo corti; la maggior parte li giudicava assolutamente noiosi, o semplicemente troppo irreali. Era di gusti difficili.

Così, per non andare incontro a delusioni certe, Troy  aveva stabilito di puntare sul ridicolo; senza alcuna ragione particolare,tanto per farsi quattro risate.

Insinuata la mano all’interno dei vani della libreria materna, si era deciso ad estrarre uno dei suoi assurdi romanzi rosa, che sia lui che il padre non facevano altro che criticarle. Quello, aveva sulla copertina una ragazza bionda dallo sguardo furbetto, che si toccava i capelli, e rivolgeva al lettore un malizioso occhiolino.

Era  davvero carina.

Troy aveva letto il titolo, “Le regole dell’attrazione”, già sogghignando.

Era perfettamente assurdo, che cavolo; proprio il genere di titolo con il quale ci sia aspetta di infiammare la curiosità di una casalinga frustrata. Come faceva sua madre a tollerare quelle schifezze?  

Prima pagina, regola uno.

Caratteri nitidi che attiravano subito l’attenzione, come un marchio a fuoco.

“Prima regola dell’attrazione”- lesse il playmaker, ad alta voce- “Lei non deve essere la tua ragazza...

Mai”.

Troy aveva sentito un brivido folle corrergli lungo la schiena, ed aveva subito nascosto quel dattiloscritto tentatore alla vista e al cuore.

Fine della sua carriera da lettore.

E così, il giorno dopo quello strano incontro del terzo tipo, o segnale del destino che dir si voglia, si ritrovava di fronte a Sharpey Evans pensando a quanto fosse vera quella stupida regola numero uno, e a quanto gli sarebbe piaciuto dare, tanto per curiosità, una sbirciatina sotto quella gonna svolazzante.

Accidenti.

Stava sudando di nuovo.

-Troy, stai bene?- Il playmaker alzò lo sguardo e si vide riflesso negli occhi neri di Taylor McKessie, la migliore amica di Gabriella.

Le rivolse un sorriso educato.

-Oh, sì. Certo.

-Bene..- La ragazza gli appioppò una pacca sulla spalla, rinfrancata -.. sai, per un attimo ho creduto che stessi prendendo troppo seriamente l’assenza di Gabriella. In fin dei conti, ha solo il raffreddore.    

Troy spalancò gli occhi azzurri, come colpito da un fulmine a ciel sereno. Gabriella era assente? Ma certo! Ecco perché non gli erano piovuti scappellotti sulla testa, nonostante avesse trascorso l’intera ora della Darbus a fissare Sharpay. Tutto combaciava...

-No, no. Tranquilla Taylor. Sto divinamente. Ti ringrazio per la tua preoccupazione.

Troy agitò energicamente, per qualche secondo, la mano in direzione della ragazza, e si diresse verso la palestra.

Lo aspettava un’ora filata di allenamento.  

A volte, faceva bene.

Riusciva a distrarlo.

E, in quel caso, ne aveva decisamente bisogno. ..

Chad Danforth, quel terremoto del suo migliore amico, si era già cambiato, e lo aspettava seduto scompostamente sulla lucida panca verde.

-Troy, che ti prende?- Indagò, inarcando un sopracciglio -.. sembri appena uscito dalla centrifuga di una lavatrice gigante!

Il ragazzo posò il capiente borsone, contenente il suo abbigliamento sportivo, a terra, e sospirò pesantemente.  

-Non me ne parlare..-

-Forse sei innamorato!- Intervenne Jason con un sorrisone, spuntando improvvisamente dalle docce. Chad alzò gli occhi al cielo, perplesso. Ma da che pianeta proveniva, quel ragazzo?

-Svegliati, crucco...!- Lo esortò infatti, scuotendo la testa -.. credo che la fase dei terremoti intestinali sia passata da un bel pezzo, con Gabriella, per migrare verso la “pace dei sensi”. O sbaglio?

Troy deglutì e si schiarì la voce, preparandosi a pronunciare quella maledetta verità.

L’intonazione che gli uscì, del tutto inaspettatamente, si rivelò fioca e strozzata.

- E’ questo,il problema..- balbettò, avvicinandosi all’orecchio dell’amico –NON  è, Gabriella,,.

Chad spalancò un poco gli occhi, portandosi una mano alla fronte. Proprio in quell’istante il fischio dell’allenatore Bolton, finalmente ripresosi, avvertì i Wildcats che la partita era iniziata, riempiendo la palestra.

Fu quasi prodigioso, quel fischio.

Perché coprì il gigantesco, fragoroso, sentito “oh cazzo!”; che, libratosi dalle labbra di Chad, tradusse perfettamente i pensieri di Troy....

 

 

 

  
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