Accaldato, portava un asciugamano
legato attorno i fianchi, ed aveva un grosso panno di spugna rinvoltolato sulla
testa. Quella era il secondo commento che esprimeva riguardo a La questione: Chad, infatti, era troppo
devoto alla squadra dei Wildcats, per permettersi qualsiasi distrazione, durante
gli allenamenti.
Ma ora, nello spogliatoio, i ragazzi
potevano dedicarsi al gossip più sfrenato. O, come nel loro caso,a cercare di trovare una soluzione a
qualcosa di tremendamente insidioso.
-Hai scoperto di provare delle strane
“tentazioni” nei confronti della signorina Evans. E allora? Non sei certo il
primo ragazzo a cui capita..-
Troy guardò Chad dritto negli occhi,
cercando ostinatamente di re-inghiottire il fiume di parole che gli si
affacciava alle labbra.
Non ci fu verso.
-NonMiPiaceCheSiParliDiSharpayInQuestoModo.. .- Disse infatti, tutt’a
d’un fiato – avrà le sue colpe, ma certo è stato anche il nostro comportamento,a
renderla così ostile.
Chad lo guardò come se fosse pazzo, e
scosse la testa.
-Amico..- Scandì lentamente,
posandogli una mano sulla spalla -.. Tu.. Sei...Andato...-
Il playmaker sospirò
pesantemente.
-Ho bisogno d’aiuto. Non certo delle
tue ovvie constatazioni..-
-Perdonami se almeno io, al contrario
di te, s’intende, cerco di essere razionale! Tu non hai bisogno d’aiuto, ma di
un vero e proprio lavaggio del cervello!
Chad si posizionò a pochi centimetri
dal naso di Troy, afferrandogli il viso con forza.
-Te lo ripeterò una volta sola..-
Fece, lentamente – Sharpay Evans...non fa assolutissimamente per te!
Assolutissimamente!
Poi si allontanò, rimirando il volto
stordito di Troy.
- Prima regola del codice d’onore di
uno sportivo...- Rincarò la dose, soddisfatto del proprio operato -.. mai e poi
mai, cercare di insidiare la ragazza che piace a un tuo compagno di squadra!
-Oh, già! – Troy si portò le mani tra
i capelli, sconvolto – mi ero dimenticato di Zeke! La prenderebbe decisamente
male..-
-Allora?- Chad terminò di riempire il
proprio borsone sportivo, infilandolo a tracolla – sono riuscito
nell’intento?
Troy lo fulminò con
un’occhiataccia.
-Come no! – Disse, spingendo la
pesante porta blindata della palestra -.. ora, da decisamente male, mi sento
proprio uno schifo. Grazie.
Il playmaker imboccò a grandi passi il
corridoio, irritato.
Accidenti.
Ma perché stava capitando proprio a
lui?
Non aveva un sacco di
amici?
Non aveva una carriera sportiva
brillante?
Non aveva una ragazza
bellissima?
-Ah!- D’improvviso, un tonfo sordo, lo
riscosse dai suoi pensieri: Sharpey, insieme ad un’immensa quantità di partiture
e fogli colorati, poco prima accuratamente sistemati nella sua borsa, piombò a
terra, atterrando sul sedere.
La sua gonna piroettò insieme a lei,
rapida, e si fermò leggiadra, richiudendosi con una grazia incredibile sul
freddo linoleum.
Troy rimase interdetto, per un
istante, a fissarla; sino a quando la ragazza non gli tirò un calcio violento
nel polpaccio destro.
-Ahi..- Si lamentò con voce flebile,
mentre gli occhi di lei fiammeggiavano di stizza.
Era andato a sbatterle
contro.
-Ma a che cosa pensi, quando cammini?-
Lo interrogò Sharpay mentre l’aiutava a rialzarsi in piedi, dopo aver allacciato
una delle braccia della ragazza attorno alle proprie spalle -....sembri
completamente fuori..!
- A te..- Pensò Troy, mentre
l’accompagnava in direzione del teatro, camminando
lentamente.
Ma si rese contro troppo tardi di non
avere solamente borbottato tale riflessione fra sé e
sé...
-Come hai detto?- Domandò infatti
Sharpay spalancando gli occhi, e allontanandolo
leggermente.
Era arrossita; e guardandola da così
vicino, per la prima volta, Troy notò quanto fossero belle le venature dorate
nei suoi occhi, e le efelidi chiare che le ornavano le
guance.
Arrossì anche lui.
-Volevo dire.. al tè!- Cercò di
riparare paonazzo, con un sorriso decisamente artefatto sulle labbra -.. credo
sia finito e.... questo mi fa andare letteralmente in paranoia! Ne sono un
bevitore insaziabile..-
Sharpay gli rivolse uno sguardo
perplesso, e fece una strana smorfia.
-Sei strano, Bolton..-
Disse solo questo, incrociando le
braccia sul petto.
Erano arrivati all’entrata del teatro,
l’uno davanti all’altra. Rimasero in perfetto silenzio per qualche istante.
-Senti, Sharpay..- Troy fece per dire
qualcosa, sfiorandole leggermente il palmo della mano. Sharpay sussultò, ma
cercò di fare il possibile per non darlo a vedere.
-Bolton! Finalmente si degna di
passare da queste parti...- Ma la professoressa Darbus interruppe
quell’improvviso idillio; l’indice puntato contro playmaker e lo sguardo
minaccioso, il suo tono di voce non prometteva proprio nulla di buono -...che ne dice di approfittare di
questa sua momentanea “disoccupazione”, per riprovare qualche canzone?
Troy deglutì, scosso. Ben sapeva cosa
sarebbe inevitabilmente seguito a quella richiesta.
-Veramente...avrei chimica, ora..-
Cercò di giustificarsi, stringendosi nelle spalle.
La professoressa Darbus lo afferrò per
un braccio.
-Niente ma, signor Bolton! Crede che
non sappia quante ore perde, con quella pallida scusa del basket?- La
professoressa estrasse un foglio giallo dalla scrivania, e vi scarabocchiò sopra
qualcosa.
-Tenga qua. Una bella giustificazione,
da consegnare al docente una volta ultimate le nostre prove. E ora, mettiamoci
al lavoro. Come ho già precedentemente sottolineato, il teatro non aspetta
nessuno!
Troy scosse timidamente un lembo dello
scialle che
- Emmmh...veramente ci sarebbe un
problema?
-Oh santi numi! E
quale?
-Gabriella non c’è..- Fece Troy con
voce flebile, mentre Sharpey si allontanava verso la sartoria. La donna gli
lanciò uno sguardo perplesso, come se il playmaker avesse appena detto una
tremenda idiozia.
- Proverà con Evans, no?- Fece,
estraendo una rivista scandalistica dall’ultimo cassetto della propria scrivania
–conosce a memoria tutte le canzoni.
Quindi, si avviò a grandi passi verso
il corridoio.
-Ora, ho un affare più importante da
sbrigare..- Concluse, un attimo prima di gettarsi il vistoso foulard dietro le
spalle, e sparire lungo una deviazione -.. comportatevi bene-
Troy rimase solo nel teatro deserto e
silenzioso, e scivolò affranto lungo il muro.
Bene.
Una
parola.
Per quanto ne sapeva lui, l’unico modo
per raffreddare l’acqua, era tenerla il più lontano possibile dal fuoco: e così,
stava facendo esattamente il contrario.
Come poteva piantarla di sentirsi
strano quando pensava, guardava e respirava Sharpay Evans, se ora avrebbe
dovuto passare ben due ore a stretto contatto con lei, soli, e per di più
cantando insieme?
-Bolton, ma si può sapere che
cos’hai?- Quasi richiamata all’ordine dai suoi stessi pensieri, Sharpay tornò in
quell’istante dalla sartoria, in punta di piedi: si era cambiata, ed indossava
una canottiera grigia, un paio di pantaloncini rosa, e scarpe da ginnastica,
accompagnati da un buffo paio di calze a cuori, al
ginocchio.
Era semplicemente perfetta. Come
sempre.
-Niente..- Disse Troy, avviandosi a
malincuore verso il palcoscenico, cercando inutilmente di mantenersi calmo
-...da....da....cosa vogliamo iniziare?
-Che ne dici di “What I’ve been
looking for?” – Sharpay si chino con grazia in direzione di un piccolo stereo
rosa, e schiacciò rapida il tasto “play” –pronto?
Il playmaker annuì energicamente,
portando alle labbra il microfono; ma non appena le note di quella melodia si
diffusero altisonanti nell’aria, la sua espressione cambiò
radicalmente.
Quello NON era l’arrangiamento di Kelsi.
Quella era la patetica versione ritmata del duetto,
realizzata su richiesta dal pianista di Sharpay e Ryan.
-Sharpay, ma che cosa ti salta in
testa?- Le domandò con voce indurita Troy, le braccia incrociate sul petto e
un’espressione d’autentico disappunto -. non puoi sopportare, per una volta, di
fare semplicemente quello che ti si chiede? Questo è proprio da
te..-
La ragazza alzò gli occhi al cielo e
sbuffò, interrompendo la canzone con un abile gioco di mano. Quindi piombò a
sedere sul pavimento e lo guardò fisso negli occhi, stringendo le proprie
ginocchia fra le braccia, come una bambina
capricciosa.
-Siamo nervosetti, eh?- Lo schernì
acidamente, lanciandogli uno sguardo di sufficienza -.. stai calmo. Queste sono
prove, e siccome stavolta ci sono io con te, ho solo pensato di lasciare
un’impronta personale. Ecco tutto.
Troy aprì la bocca per rispondere ma
la richiuse altrettanto puntualmente, punto sul
vivo.
Forse, Sharpey aveva ragione. Un po’.
O completamente, ragione.
-Oh, scusa...- Borbottò, rivolgendole
un sorriso imbarazzato -.. non so che mi è preso. E’ che ultimamente sono
un...fascio di nervi..-
-Vedo..- Commentò laconica Sharpay,
senza staccargli gli occhi di dosso.
-Cantiamo sulla tua versione, come
vuoi tu. In fondo, non è poi così male. E poi capisco che l’altra,
effettivamente, possa sembrare un po’.......-
-Moscia? – La bionda si coprì
elegantemente le labbra con la mano destra, con il palese intento di mascherare
una risata fragorosa -...come...la tua
ragazza..-
Troy alzò leggermente le spalle,
cercando di trovare nel minor tempo possibile qualcosa da dire, a difesa di
Gabriella .
-Gabriella non è moscia. E’...
dolce..- Riuscì a sussurrare esclusivamente, mentre Sharpay si dirigeva a grandi
passi verso di lui, scuotendo i capelli.
-Già..- Riprese lei, guardandolo
maliziosa -.. ed è per questo che è noiosa.
Seguì una lunga pausa, carica di
significato.
-Se io fossi un ragazzo, andrei
sicuramente alla ricerca di altro..- Concluse Sharpay, fissando Troy negli
occhi.
Ormai, la schiena del ragazzo, che
aveva continuato terrorizzato a camminare all’indietro, aderiva perfettamente al
muro: e la bionda era così vicina a Troy, che egli ne poteva sentire il profumo
zuccheroso di caramello e vaniglia, e il respiro caldo
addosso.
- Cosa vorresti dire?- Balbettò il
playmaker, decisamente scosso.
-Non so- Sharpay finse per qualche
istante di pensarci su, sfiorando forse intenzionalmente l’avambraccio di Troy
-...In fin dei conti, io non sono un ragazzo. Dovresti essere tu, a darmi una
risposta..-
La ragazza lo guardò negli occhi
spavalda per qualche secondo, e Troy fece del proprio meglio per reggere il suo
sguardo: finalmente, quando ormai il playmaker sentiva le forze e l’integrità
dei propri pensieri venir meno, Sharpay si voltò dall’altra parte come se niente
fosse accaduto, e saltellò allegramente in direzione dello
stereo.
- Allora...- Chiese, china sul piccolo
marchingegno – perché non proviamo qualcosa di più “caldo, invece? Io dico che
“Bop to the Top” non sarebbe una cattiva idea..-
Troy scivolò a peso morto lungo il
muro, e cadde sulle ginocchia, come in trance.
Caldo...
-Non so te, Sharpay, ma di “caldo” ne
ho già avuto abbastanza..- Dichiarò deglutendo rumorosamente, rabbrividendo al
sol pensiero di come era stato in grado di ridurlo l’innocente contatto fisico
di qualche istante prima -...per oggi, direi che è il caso di
smettere..-
-Ma come?- La bionda assunse
un’espressione sorpresa, e spense nuovamente lo stereo -.. non abbiamo ancora
provato nulla! E poi, dove te ne stai andando?
Troy si fermò un istante: aveva
raccolto il suo borsone sportivo, e lo zaino, ed aveva ormai raggiunto l’uscita
del teatro. Sul volto, un’espressione stremata.
-A casa..- Rispose il playmaker,
passandosi una mano fra i capelli -....a mangiare un ghiacciolo, a guardare un
documentario sulle suore carmelitane, e a farmi una doccia
gelida.-
-Ma...-
Sharpay si sentì assalire da
un’opprimente moto di rabbia, e aprì la bocca per dirgliene
quattro.
Ma poi, come la mamma le aveva
insegnato, e soprattutto il suo insegnante a “l’accademia dei bambini prodigio”,
tacque.
E
sorrise.
Ricordati IL piano.
- Ottimo..- Sorrise, suadente,
attorcigliandosi una ciocca di boccolosi capelli biondi attorno al dito indice
-...porta un bel ghiacciolo anche a me, domani, se non ti spiace. Alla
fragola..-
Troy annuì e girò sui tacchi,
percorrendo il corridoio ad ampie falcate, alla volta
dell’infermeria.
Chad, che lo incontrò lungo tale
tragitto, rimase stupito dall’aspetto del suo amico, che aveva una faccia ancora
più sconvolta di come lo avesse lasciato.
Sharpay, invece, stava
sorridendo.
Quella sera, prima di andare a
dormire, il playmaker, assicuratosi che i genitori fossero a letto, riprese il
manoscritto tentatore fra le mani, e volò al secondo capitolo con il cuore in
gola.
-Seconda regola...- lesse, ad alta
voce..- lei non deve mai avere buone intenzioni nei tuoi confronti. Mai.
-Non ha buone intenzioni..- Ripetè
quindi mentalmente una volta spenta la abat-jour sul suo comodino, cercando di
persuadersene -.. sarà meglio lasciarla perdere.
Tuttavia, nel dormi-veglia, a Troy
sembrò di percepire nuovamente il profumo vanigliato-caramelloso di Sharpay, e
lo sventurato si sorprese a desiderare nuovamente che lei fossi
lì.
Non aveva nemmeno chiamato Gabriella, per sapere come stava. Era davvero
un essere spregevole.
Forse, avrebbe dovuto
farlo...
Troy fece per acchiappare il
ricevitore, ma una zaffata di profumo, semplice suggestione o innocente folata
di vento penetrata attraverso uno spiffero, lo colpì improvvisamente dritto in
faccia, riportandolo indietro a quei cinque minuti nel teatro, dove era stato
troppo vicino alla sua
tentazione.
Era così incredibilmente
bella...
Posò la testa sul cuscino, e cadde in
una specie di trance sonnacchioso.
In quella sorta di sogno ad occhi
semi-chiusi, il playmaker tentò invano di riacciuffare la bionda, che
volteggiava troppo agilmente per la stanza: quand’ecco che, finalmente, ci
riuscì.
-Sharpay..-
Un lungo mormorio appena
intelligibile, scivolò attraverso le labbra di Troy, mentre abbracciava forte il
cuscino.
-.. Ti ho presa..-
La finestra si richiuse con uno scatto
metallico, sordo.
Il playmaker cadde finalmente
addormentato, dopo quella faticosa giornata.
Grazie a tutte coloro che mi hanno letto e recensito! ^.^ E scusate per il mio strafalcione analfabetico sul nome di Sharpay ^__^”” sigh! Ç_ç