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Autore: Sbrecks    09/07/2007    11 recensioni
Troy e Sharpay. Diametralmente opposti. Due magneti che si attirano e si respingono, indipendentemente dalla loro volontà. Una serie di circostanze che sembrano volerli uniti.Un romanzetto d'amore che racchiude le dieci regole dell'attrazione, alle quali non potranno sfuggire. Quando non è la razionalità, ma il cuore, a dettare le leggi secondo cui vivere.
Genere: Romantico, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sharpay Evans, Troy Bolton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 - Allora. Vediamo di porre rimedio alle tue drammatiche condizioni..- Sospirò Chad, appena uscito dalla doccia.

Accaldato, portava un asciugamano legato attorno i fianchi, ed aveva un grosso panno di spugna rinvoltolato sulla testa. Quella era il secondo commento che esprimeva riguardo a La questione: Chad, infatti, era troppo devoto alla squadra dei Wildcats, per permettersi qualsiasi distrazione, durante gli allenamenti.

Ma ora, nello spogliatoio, i ragazzi potevano dedicarsi al gossip più sfrenato. O, come nel loro caso,a  cercare di trovare una soluzione a qualcosa di tremendamente insidioso.

-Hai scoperto di provare delle strane “tentazioni” nei confronti della signorina Evans. E allora? Non sei certo il primo ragazzo a cui capita..-

Troy guardò Chad dritto negli occhi, cercando ostinatamente di re-inghiottire il fiume di parole che gli si affacciava alle labbra.

Non ci fu verso.

-NonMiPiaceCheSiParliDiSharpayInQuestoModo.. .- Disse infatti, tutt’a d’un fiato – avrà le sue colpe, ma certo è stato anche il nostro comportamento,a renderla così ostile.

Chad lo guardò come se fosse pazzo, e scosse la testa.

-Amico..- Scandì lentamente, posandogli una mano sulla spalla -.. Tu.. Sei...Andato...-

Il playmaker sospirò pesantemente.

-Ho bisogno d’aiuto. Non certo delle tue ovvie constatazioni..-

-Perdonami se almeno io, al contrario di te, s’intende, cerco di essere razionale! Tu non hai bisogno d’aiuto, ma di un vero e proprio lavaggio del cervello!

Chad si posizionò a pochi centimetri dal naso di Troy, afferrandogli il viso con forza.

-Te lo ripeterò una volta sola..- Fece, lentamente – Sharpay Evans...non fa assolutissimamente per te! Assolutissimamente!

Poi si allontanò, rimirando il volto stordito di Troy.

- Prima regola del codice d’onore di uno sportivo...- Rincarò la dose, soddisfatto del proprio operato -.. mai e poi mai, cercare di insidiare la ragazza che piace a un tuo compagno di squadra!

-Oh, già! – Troy si portò le mani tra i capelli, sconvolto – mi ero dimenticato di Zeke! La prenderebbe decisamente male..-

-Allora?- Chad terminò di riempire il proprio borsone sportivo, infilandolo a tracolla – sono riuscito nell’intento?

Troy lo fulminò con un’occhiataccia.

-Come no! – Disse, spingendo la pesante porta blindata della palestra -.. ora, da decisamente male, mi sento proprio uno schifo. Grazie.

Il playmaker imboccò a grandi passi il corridoio, irritato.

Accidenti.

Ma perché stava capitando proprio a lui?

Non aveva un sacco di amici?

Non aveva una carriera sportiva brillante?

Non aveva una ragazza bellissima?

-Ah!- D’improvviso, un tonfo sordo, lo riscosse dai suoi pensieri: Sharpey, insieme ad un’immensa quantità di partiture e fogli colorati, poco prima accuratamente sistemati nella sua borsa, piombò a terra, atterrando sul sedere.

La sua gonna piroettò insieme a lei, rapida, e si fermò leggiadra, richiudendosi con una grazia incredibile sul freddo linoleum.

Troy rimase interdetto, per un istante, a fissarla; sino a quando la ragazza non gli tirò un calcio violento nel polpaccio destro.

-Ahi..- Si lamentò con voce flebile, mentre gli occhi di lei fiammeggiavano di stizza.

Era andato a sbatterle contro.

-Ma a che cosa pensi, quando cammini?- Lo interrogò Sharpay mentre l’aiutava a rialzarsi in piedi, dopo aver allacciato una delle braccia della ragazza attorno alle proprie spalle -....sembri completamente fuori..!

- A te..- Pensò Troy, mentre l’accompagnava in direzione del teatro, camminando lentamente.

Ma si rese contro troppo tardi di non avere solamente borbottato tale riflessione fra sé e sé...

-Come hai detto?- Domandò infatti Sharpay spalancando gli occhi, e allontanandolo leggermente.

Era arrossita; e guardandola da così vicino, per la prima volta, Troy notò quanto fossero belle le venature dorate nei suoi occhi, e le efelidi chiare che le ornavano le guance.

Arrossì anche lui.

-Volevo dire.. al tè!- Cercò di riparare paonazzo, con un sorriso decisamente artefatto sulle labbra -.. credo sia finito e.... questo mi fa andare letteralmente in paranoia! Ne sono un bevitore insaziabile..-

Sharpay gli rivolse uno sguardo perplesso, e fece una strana smorfia.

-Sei strano, Bolton..-

Disse solo questo, incrociando le braccia sul petto.

Erano arrivati all’entrata del teatro, l’uno davanti all’altra. Rimasero in perfetto silenzio per qualche istante.

-Senti, Sharpay..- Troy fece per dire qualcosa, sfiorandole leggermente il palmo della mano. Sharpay sussultò, ma cercò di fare il possibile per non darlo a vedere. 

-Bolton! Finalmente si degna di passare da queste parti...- Ma la professoressa Darbus interruppe quell’improvviso idillio; l’indice puntato contro playmaker e lo sguardo minaccioso, il suo tono di voce non prometteva proprio nulla di buono  -...che ne dice di approfittare di questa sua momentanea “disoccupazione”, per riprovare qualche canzone?

Troy deglutì, scosso. Ben sapeva cosa sarebbe inevitabilmente seguito a quella richiesta.

-Veramente...avrei chimica, ora..- Cercò di giustificarsi, stringendosi nelle spalle.

La professoressa Darbus lo afferrò per un braccio.

-Niente ma, signor Bolton! Crede che non sappia quante ore perde, con quella pallida scusa del basket?- La professoressa estrasse un foglio giallo dalla scrivania, e vi scarabocchiò sopra qualcosa.

-Tenga qua. Una bella giustificazione, da consegnare al docente una volta ultimate le nostre prove. E ora, mettiamoci al lavoro. Come ho già precedentemente sottolineato, il teatro non aspetta nessuno! 

Troy scosse timidamente un lembo dello scialle che la Darbus avevo drappeggiato attorno alle spalle, cercando di richiamarne l’attenzione.

- Emmmh...veramente ci sarebbe un problema? 

-Oh santi numi! E quale?

La Darbus si stava decisamente spazientendo.

-Gabriella non c’è..- Fece Troy con voce flebile, mentre Sharpey si allontanava verso la sartoria. La donna gli lanciò uno sguardo perplesso, come se il playmaker avesse appena detto una tremenda idiozia.

- Proverà con Evans, no?- Fece, estraendo una rivista scandalistica dall’ultimo cassetto della propria scrivania –conosce a memoria tutte le canzoni.

Quindi, si avviò a grandi passi verso il corridoio.

-Ora, ho un affare più importante da sbrigare..- Concluse, un attimo prima di gettarsi il vistoso foulard dietro le spalle, e sparire lungo una deviazione -.. comportatevi bene-

Troy rimase solo nel teatro deserto e silenzioso, e scivolò affranto lungo il muro.

Bene.

Una parola.

Per quanto ne sapeva lui, l’unico modo per raffreddare l’acqua, era tenerla il più lontano possibile dal fuoco: e così, stava facendo esattamente il contrario.

Come poteva piantarla di sentirsi strano quando pensava, guardava e respirava Sharpay Evans, se ora avrebbe dovuto passare ben due ore a stretto contatto con lei, soli, e per di più cantando insieme?

-Bolton, ma si può sapere che cos’hai?- Quasi richiamata all’ordine dai suoi stessi pensieri, Sharpay tornò in quell’istante dalla sartoria, in punta di piedi: si era cambiata, ed indossava una canottiera grigia, un paio di pantaloncini rosa, e scarpe da ginnastica, accompagnati da un buffo paio di calze a cuori, al ginocchio.

Era semplicemente perfetta. Come sempre.  

-Niente..- Disse Troy, avviandosi a malincuore verso il palcoscenico, cercando inutilmente di mantenersi calmo -...da....da....cosa vogliamo iniziare?

-Che ne dici di “What I’ve been looking for?” – Sharpay si chino con grazia in direzione di un piccolo stereo rosa, e schiacciò rapida il tasto “play” –pronto?

Il playmaker annuì energicamente, portando alle labbra il microfono; ma non appena le note di quella melodia si diffusero altisonanti nell’aria, la sua espressione cambiò radicalmente.

Quello NON era l’arrangiamento di Kelsi.

Quella era la patetica versione ritmata del duetto, realizzata su richiesta dal pianista di Sharpay e Ryan.

-Sharpay, ma che cosa ti salta in testa?- Le domandò con voce indurita Troy, le braccia incrociate sul petto e un’espressione d’autentico disappunto -. non puoi sopportare, per una volta, di fare semplicemente quello che ti si chiede? Questo è proprio da te..-

La ragazza alzò gli occhi al cielo e sbuffò, interrompendo la canzone con un abile gioco di mano. Quindi piombò a sedere sul pavimento e lo guardò fisso negli occhi, stringendo le proprie ginocchia fra le braccia, come una bambina capricciosa.

-Siamo nervosetti, eh?- Lo schernì acidamente, lanciandogli uno sguardo di sufficienza -.. stai calmo. Queste sono prove, e siccome stavolta ci sono io con te, ho solo pensato di lasciare un’impronta personale. Ecco tutto.

Troy aprì la bocca per rispondere ma la richiuse altrettanto puntualmente, punto sul vivo.

Forse, Sharpey aveva ragione. Un po’.

O completamente, ragione.

-Oh, scusa...- Borbottò, rivolgendole un sorriso imbarazzato -.. non so che mi è preso. E’ che ultimamente sono un...fascio di nervi..-

-Vedo..- Commentò laconica Sharpay, senza staccargli gli occhi di dosso.

-Cantiamo sulla tua versione, come vuoi tu. In fondo, non è poi così male. E poi capisco che l’altra, effettivamente, possa sembrare un po’.......-

-Moscia? – La bionda si coprì elegantemente le labbra con la mano destra, con il palese intento di mascherare una risata fragorosa -...come...la tua ragazza..- 

Troy alzò leggermente le spalle, cercando di trovare nel minor tempo possibile qualcosa da dire, a difesa di Gabriella .

-Gabriella non è moscia. E’... dolce..- Riuscì a sussurrare esclusivamente, mentre Sharpay si dirigeva a grandi passi verso di lui, scuotendo i capelli.

-Già..- Riprese lei, guardandolo maliziosa -.. ed è per questo che è noiosa.

Seguì una lunga pausa, carica di significato.

-Se io fossi un ragazzo, andrei sicuramente alla ricerca di altro..- Concluse Sharpay, fissando Troy negli occhi.

Ormai, la schiena del ragazzo, che aveva continuato terrorizzato a camminare all’indietro, aderiva perfettamente al muro: e la bionda era così vicina a Troy, che egli ne poteva sentire il profumo zuccheroso di caramello e vaniglia, e il respiro caldo addosso.

- Cosa vorresti dire?- Balbettò il playmaker, decisamente scosso.

-Non so- Sharpay finse per qualche istante di pensarci su, sfiorando forse intenzionalmente l’avambraccio di Troy -...In fin dei conti, io non sono un ragazzo. Dovresti essere tu, a darmi una risposta..-

La ragazza lo guardò negli occhi spavalda per qualche secondo, e Troy fece del proprio meglio per reggere il suo sguardo: finalmente, quando ormai il playmaker sentiva le forze e l’integrità dei propri pensieri venir meno, Sharpay si voltò dall’altra parte come se niente fosse accaduto, e saltellò allegramente in direzione dello stereo.

- Allora...- Chiese, china sul piccolo marchingegno – perché non proviamo qualcosa di più “caldo, invece? Io dico che “Bop to the Top” non sarebbe una cattiva idea..- 

Troy scivolò a peso morto lungo il muro, e cadde sulle ginocchia, come in trance.

Caldo...  

-Non so te, Sharpay, ma di “caldo” ne ho già avuto abbastanza..- Dichiarò deglutendo rumorosamente, rabbrividendo al sol pensiero di come era stato in grado di ridurlo l’innocente contatto fisico di qualche istante prima -...per oggi, direi che è il caso di smettere..-

-Ma come?- La bionda assunse un’espressione sorpresa, e spense nuovamente lo stereo -.. non abbiamo ancora provato nulla! E poi, dove te ne stai andando?

Troy si fermò un istante: aveva raccolto il suo borsone sportivo, e lo zaino, ed aveva ormai raggiunto l’uscita del teatro. Sul volto, un’espressione stremata.

-A casa..- Rispose il playmaker, passandosi una mano fra i capelli -....a mangiare un ghiacciolo, a guardare un documentario sulle suore carmelitane, e a farmi una doccia gelida.-

-Ma...-

Sharpay si sentì assalire da un’opprimente moto di rabbia, e aprì la bocca per dirgliene quattro.

Ma poi, come la mamma le aveva insegnato, e soprattutto il suo insegnante a “l’accademia dei bambini prodigio”, tacque.

E sorrise.

Ricordati IL piano. 

- Ottimo..- Sorrise, suadente, attorcigliandosi una ciocca di boccolosi capelli biondi attorno al dito indice -...porta un bel ghiacciolo anche a me, domani, se non ti spiace. Alla fragola..-

Troy annuì e girò sui tacchi, percorrendo il corridoio ad ampie falcate, alla volta dell’infermeria.

Chad, che lo incontrò lungo tale tragitto, rimase stupito dall’aspetto del suo amico, che aveva una faccia ancora più sconvolta di come lo avesse lasciato.

Sharpay, invece, stava sorridendo.

Quella sera, prima di andare a dormire, il playmaker, assicuratosi che i genitori fossero a letto, riprese il manoscritto tentatore fra le mani, e volò al secondo capitolo con il cuore in gola.

-Seconda regola...- lesse, ad alta voce..- lei non deve mai avere buone intenzioni nei tuoi confronti. Mai.

-Non ha buone intenzioni..- Ripetè quindi mentalmente una volta spenta la abat-jour sul suo comodino, cercando di persuadersene -.. sarà meglio lasciarla perdere.

Tuttavia, nel dormi-veglia, a Troy sembrò di percepire nuovamente il profumo vanigliato-caramelloso di Sharpay, e lo sventurato si sorprese a desiderare nuovamente che lei fossi lì.

Non aveva nemmeno chiamato Gabriella, per sapere come stava. Era davvero un essere spregevole.

Forse, avrebbe dovuto farlo...

Troy fece per acchiappare il ricevitore, ma una zaffata di profumo, semplice suggestione o innocente folata di vento penetrata attraverso uno spiffero, lo colpì improvvisamente dritto in faccia, riportandolo indietro a quei cinque minuti nel teatro, dove era stato troppo vicino alla sua tentazione.  

Era così incredibilmente bella...

Posò la testa sul cuscino, e cadde in una specie di trance sonnacchioso.

In quella sorta di sogno ad occhi semi-chiusi, il playmaker tentò invano di riacciuffare la bionda, che volteggiava troppo agilmente per la stanza: quand’ecco che, finalmente, ci riuscì.

-Sharpay..-

Un lungo mormorio appena intelligibile, scivolò attraverso le labbra di Troy, mentre abbracciava forte il cuscino.

-.. Ti ho presa..-

La finestra si richiuse con uno scatto metallico, sordo.

Il playmaker cadde finalmente addormentato, dopo quella faticosa giornata.

 

 

 

 

Grazie a tutte coloro che mi hanno letto e recensito! ^.^ E scusate per il mio strafalcione analfabetico sul nome di Sharpay ^__^”” sigh! Ç_ç

  
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