I primi giorni dopo... essermi "svegliato", ecco, mi sentivo perso.
Non avevo nulla da fare, né un luogo cui tornare... vagavo senza meta, e finivo sempre per tornare lì, al laghetto ghiacciato dove tutto era iniziato.
Là ho incontrato quella bambina. Beh, incontrato è una parola grossa. L'ho vista.
Stava lì, sulla riva, accoccolata nella neve.
Guardava il laghetto con aria triste, e di tanto in tanto mormorava qualcosa che da lontano non riuscivo a sentire. Era così piccina che pensavo di poterla avvolgere tutta in un abbraccio, ed i suoi capelli erano di un castano caldo, rassicurante. Le prime volte mi limitai a guardarla da lontano. Sì, perché lei tornava tutti i giorni. E tutti i giorni si accoccolava al freddo, nella neve. E dopo un po' piangeva, e le lacrime dapprima calde diventavano scie ghiacciate sulle guance arrossate.
Poco a poco mi avvicinai, e fu così che la sentii.
«Jack?»
Pensai chiamasse me, e mi precipitai. «Tu puoi vedermi?»
Chiaramente no, non poteva. Ero un povero illuso. La osservai da vicino, mentre chiamava il mio nome, rivolgendosi chissà a chi.
«Jack, per favore, torna indietro.» Osservai i lucciconi rotolarle giù dalle guance, e lasciare piccoli buchi se cadevano sulla neve. «È tutto così triste senza di te.»
Con l'indice le premetti il naso, e subito si arrossò per il freddo. Allora nascose il viso tra le braccia.
Avrei voluto fare qualcosa per lei, ma tutto ciò che a quel tempo sapevo fare erano capriole nel vento ed acrobazie sul ghiaccio, roba che comunque non poteva vedere.
Continuai ad osservarla tutti i giorni, finché la neve cominciò a sciogliersi per lasciare posto ai boccioli.
Poi lei non venne più.