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Autore: Gulminar    16/12/2012    6 recensioni
“Sei una guerriera?”
Rivolse uno sguardo privo di emozioni in direzione della voce, una ragazzina sui dodici anni la osservava incuriosita dalla sedia accanto. Aveva lunghi capelli neri e occhi verde scuro, con una sfumatura di giallo. Una bellezza strana, selvatica.
“Sono un medico ninja.” Rispose.
“Non ho mai visto un medico ninja con la spada.” Osservò divertita la ragazzina.
“Era di una persona a cui volevo molto bene.”
“Il tuo ragazzo? È morto in battaglia?”
Alla sua età, Sakura non si sarebbe mai sognata di porre una domanda del genere con tanta leggerezza. Fu tentata di tirare un ceffone a quella ragazzina impertinente.
“Sì.” Rispose, riportando l’attenzione al proprio bicchiere.

Sono passati anni dalla fine della quarta grande guerra ninja, la pace regna ma non per Sakura. Nonostante le promesse fatte agli amici e gli impegni presi con se stessa, c'è qualcuno che non può dimenticare. Quando la speranza si riaccende, seppur flebile e quasi assurda, non può fare a meno di partire per una misteriosa destinazione.
Personalissima interpretazione del mondo di Naruto.
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo Personaggio, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha, Un po' tutti | Coppie: Sasuke/Sakura
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Dopo la serie
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Non fate prigionieri

Penombra, qualche lama di sole crepuscolare attraverso la persiana abbassata. Aiutava a pensare, almeno così si era augurata all’inizio, ma i pensieri sbattevano gli uni negli altri.
Non era servito lasciare la casa degli Shuzen per una stanzetta sopra la Taverna dei Sogni Perduti, che Hiki Danjyo aveva insistito per pagare per lei. Non aveva più visto Makiko dopo i momenti drammatici ai piedi della pira di Rai, nessuno dei membri della famiglia a parte Sasuke. Andare via dalla loro casa le era parsa la cosa migliore, Sasuke non aveva trovato obiezioni convincenti. Lui e Hiki Danjyo non la ritenevano responsabile della morte di Rai, Makiko sì, forse anche Aso e Reira, mentre lei non era molto distante dal convincersene. Sasuke non voleva parlarne e lei non l’aveva forzato, forse avrebbero affrontato l’argomento a guerra conclusa.
Si afferrò la testa appoggiando i gomiti alla piccola scrivania da camera, il legno era stato piacevolmente riscaldato dal sole. Ogni volta che non era con Sasuke o intenta a curare i feriti, quei pensieri malefici tornavano ad assillarla. Non voleva piangere di nuovo, non dopo le decisioni prese. Fu salvata da qualcuno che bussò alla porta.
“Avanti.”
Il giovane Keiji la salutò con un cenno del capo e si richiuse la porta alle spalle, era solo, come lei si era aspettata. Si accostò alla scrivania e le mise davanti ciò che gli aveva chiesto di recuperare, la bandana con il coprifronte di Konoha.
“Era ancora nell’aula.”
Lei annuì distrattamente, rigirando il coprifronte fra le mani, non ancora convinta su ciò che intendesse farci. Con gesti misurati, aprì un cassetto e ne estrasse un coltello, con il quale cominciò a tracciare un solco orizzontale sul simbolo. Non sapeva esattamente perché lo stesse facendo, la rabbia imponeva di essere sfogata in qualche gesto per lei eclatante. Konoha non aveva risposto alle sue missive, rimaneva in silenzio mentre Oinomori combatteva una guerra finanziata dalla Foglia, da un clan della Foglia, per lo meno.
“Questo per noi non significa niente.” Disse Keiji.
Sakura alzò lo sguardo e lo piantò in quello del ragazzo. Impegnata com’era, si era quasi dimenticata della sua presenza. Le aveva appena letto nel pensiero. Lo faceva per mostrare agli abitanti di Oinomori che non parteggiava per Konoha, che sarebbe stata con loro, anche se il nemico si fosse rivelato essere il villaggio della Foglia, o qualcosa del genere. In effetti era stupido, ma se ne rese conto solo quando lui lo fece notare.
“Noi non portiamo insegne in battaglia, noi guardiamo nel cuore delle persone.” Proseguì il ragazzo, Sakura capì che non le avrebbe risparmiato nulla.
“E nel mio cosa vedi?” Lo anticipò a muso duro. “Come mi giudichi?”
Forse la domanda era posta male, ma sentiva un disperato bisogno di approvazione, da parte di altri oltre a Sasuke. Keiji scosse la testa.
“Esistono amici e nemici, possiamo ammirare gli uni e gli altri per il loro valore, deprecarli per la loro codardia o malvagità. Ma non si esprimono giudizi, né sugli uni né sugli altri. Non esiste il diritto di dire chi è migliore o peggiore di noi.” Le pose una mano sulla spalla, un contatto affettuoso che le fece piacere. “Sasuke Sensei prese il posto di mio padre quando morì, tu sei la sua compagna, è quanto mi basta sapere.”
Una lacrima indiscreta le rigò il viso. Keiji aveva poco più della metà dei suoi anni ma era alto quanto lei, lo abbracciò stretto e lui ricambiò.
“Grazie.”
Non riuscì a dire altro. Il giovane le stava dando l’approvazione di cui sentiva un disperato bisogno, non si curò di misurare per quanto tempo rimasero abbracciati.
“Kinuye s’incazzerebbe se vi vedesse ora.” Sasuke era appoggiato allo stipite della porta, non lo avevano sentito arrivare. Si separarono, senza imbarazzo.
“Aspettano solo noi, se qui avete finito.” Li canzonò.


Il sole era un semicerchio di fuoco sull’orizzonte, quando il giovane Ookami li condusse in una corte simile a quella in cui il Sommo Danjyo aveva ricevuto la dichiarazione di guerra. Era passata una manciata di giorni ma sembravano trascorse diverse vite. Questa corte era più grande, ospitava un gruppo molto più folto di armati, il corpo di spedizione che doveva concludere la guerra, scelti personalmente da Sasuke. E la notte si avvicinava, nelle intenzioni del gruppo schierato in attesa, tutto sarebbe finito entro l’alba.
Sakura si era fatta consegnare la veste nera dei ninja di Oinomori. Notò, con piacere, che sembrava esattamente uno di loro, se non per il fatto che a Oinomori non si erano mai visti capelli rosa. Il coprifronte sfregiato era rimasto sulla scrivania della sua camera.
Noi non portiamo insegne in battaglia.
Parole che non avrebbe più dimenticato.
Le avevano dato anche gli artigli retrattili da mettere alle braccia, ne aveva studiato il funzionamento. Stringhe di cuoio permettevano di indossare un contenitore che custodiva tre lame, una levetta faceva scattare le molle e gli artigli erano spinti fuori mediante guide. Erano armi da mischia, da lotta selvaggia, non potendo essere riportati all’interno se non a battaglia conclusa. Andava rimosso il coperchio del contenitore e tirato indietro il supporto su cui erano montati, che a un tempo ricaricava le molle. Rimettendo in posizione la levetta, si riportavano alla situazione iniziale. Aveva anche la spada, arma a cui era più abituata e da cui non si sarebbe mai separata.
Osservò Sasuke salire sulla veranda della casa delle guardie, lei rimase in disparte accanto a Keiji. Entrambi avrebbero preferito che lei rimanesse al sicuro in città, ma non erano riusciti a trovare obiezioni valide al fatto che fosse suo dovere partecipare.
“Fino ad ora abbiamo atteso le mosse del nemico, abbiamo sbagliato.” Cominciò il giovane Ookami. “Cambieremo tattica, la mia idea è la stessa che avevo quando la sfida ci è stata lanciata. Andremo a ripulire i nostri boschi dalla feccia, il consiglio questa volta mi ha dato ragione. Ho scelto voi, perché siate la testa del martello.” Fece una pausa per dare enfasi all’ultima precisazione. “I vostri capi vi spiegheranno come muovervi, ogni branco si occuperà di una parte del bosco. Una sola raccomandazione, non fate prigionieri!”
La fine del discorso fu accolta da un’ondata di esultanza e di grida di battaglia. Pur consapevole che tutto ciò significava solo altro sangue, Sakura sentì il proprio ribollire.


Marciarono lungo strade che si riempirono progressivamente di gente, che batteva le mani e gridava frasi di incoraggiamento. Erano l’armata che andava a scacciare gli invasori, il Sommo Ookami in persona e la sua compagna camminavano in testa alla colonna. Sakura capì che quel siparietto non era troppo gradito a Sasuke, ma sapevano entrambi quanto fosse necessario. La gente doveva vedere, doveva sapere che stava per essere liberata dall’incubo. In più dovevano vedere lei al suo fianco, vedere che era una di loro, che non indossava più le insegne di Konoha e che avrebbe combattuto per Oinomori.
Una delegazione con bandiera bianca attende davanti alla Porta Est.
Un messaggio dalla mente di un lupo. Sasuke dissimulò abilmente lo stupore, non si volse per notare se gli altri lo condividevano. Aveva stabilito di dirigere alla Porta Sud, l’inattesa iniziativa del nemico lo obbligò a cambiare programma. Diressero verso la Porta Est mentre la compagnia scambiava commenti.
“Quanti sono?” Chiese al picchetto di guardie ai piedi del grande portone sbarrato.
“Sette.” Rispose un ufficiale. “Hanno esposto un vessillo con scritto I Santi distruttori.”
“I Santi distruttori?” Gli fece eco Sasuke. “Ti dice niente?” Domandò a Sakura, che negò scuotendo la testa. “Sei comandanti con me, aprite la porta!”
Il drappello guidato da Sasuke attraversò con calma la terra di nessuno fra le mura e la delegazione nemica, che si teneva fuori tiro e ad un passo dalla relativa sicurezza del bosco. Avevano comunque del coraggio a venire quando l’oscurità era prossima a calare del tutto. Diversi di loro reggevano torce, accorgimento di cui lui e i suoi compagni non avevano bisogno. Un uomo, più avanzato degli altri, reggeva la bandiera bianca, mentre un altro sosteneva il peso del vessillo con l’enigmatica scritta.
I Santi distruttori.
Sasuke stava passando al setaccio la memoria, alla ricerca di qualunque cosa quel nome potesse suggerire, senza risultato. Studiò le facce dei nemici mentre si avvicinavano, non ne riconobbe che potessero far parte del suo passato a Konoha. L’uomo con la bandiera bianca doveva essere di poco più anziano di lui, aveva lineamenti semplici, arricchiti solo da un paio di grandi baffi neri. Sasuke fermò la propria delegazione a una decina di passi da quella nemica, l’uomo gli rivolse un breve inchino in segno di saluto, cui Sasuke faticò a rispondere.
“Porgo i miei saluti ai valenti difensori di Oinomori.”
“Facciamo a meno dei convenevoli.” Ringhiò Sasuke.
“Molto bene.” Rispose l’uomo, inchinandosi di nuovo, un gesto che fece avvampare di rabbia il giovane Ookami.
Gli emeriti figli di puttana giocavano a fare gli uomini d’onore.
Che ridicola messinscena.
“Sono qui per rinnovare la nostra offerta. Consegnateci Sakura Haruno e noi toglieremo immediatamente l’assedio.”
Sasuke sentì la pelle delle mani aprirsi, le punte degli artigli uscirono senza il suo controllo. Percepì, con piacere, che i compagni alle sue spalle erano pervasi dalla stessa indignazione. Magari alcuni di loro potevano considerare Sakura responsabile di tutto, ma ormai l’avevano accettata nel branco e sarebbero morti piuttosto che consegnarla.
Così funziona il branco.
“Cosa devo riferire ai miei capi?” Domandò l’uomo con i baffi.
“Riferiscigli che i lupi ninja di Oinomori stanno arrivando, chiunque si troverà sul loro cammino sarà spazzato via.”
L’uomo si inchinò un’altra volta, era troppo. Sasuke sentì artigli scattare lungo la schiera alle sue spalle e alzò una mano perché si contenessero.
“Sparite, prima che dimentichi che siete ambasciatori.”


Dalla finestra cieca dell’alto palazzo disabitato che era il suo punto di osservazione, aveva seguito lo sgranarsi della compagnia di Sasuke. Tanti piccoli gruppi si erano addentrati nel bosco in silenzio e nell’oscurità ormai quasi totale. La tattica dei lupi non era mai stata di muoversi come un’armata, ogni capobranco aveva preso i propri compagni e li aveva guidati verso i boschi, un attacco capillare e sistematico su vasta scala.
Si volse solo una volta verso l’interno della sala, nemmeno quelle grandi manovre interessavano al suo imperturbabile compagno, anche se tutto si avviava a conclusione.
I Santi distruttori non potevano sopravvivere a una carica dei lupi, come previsto da Sasuke. Tutto si sarebbe esaurito entro l’alba, gli unici a non rendersene conto erano proprio i Santi distruttori. L’uomo che li comandava doveva essersi completamente lasciato andare alla follia, li avrebbe condotti tutti alla rovina. Il pensiero gli fece stringere il cuore, ancora una volta.
I lupi non fanno prigionieri.
I Santi distruttori lo avrebbero imparato a proprie spese.
Peccato che gli anziani di Oinomori non avessero ascoltato Sasuke fin dall’inizio, preferendo la prudenza. Attaccando subito avrebbero evitato tanti morti.
Considerazioni inutili, a questo punto.
Gli eventi erano stati fatti girare in quel modo e a lui era stata riservata una parte secondaria.
“Stanotte scorreranno fiumi di sangue.” Disse il compagno alle sue spalle, non era poi estraneo alla cosa come dava a vedere. “Una strategia degna di Sasuke Uchiha.”
Sarebbe stato inutile fargli notare che non si poteva più parlare di Sasuke Uchiha, quindi rimase in silenzio, osservando le ultime squadre che si allontanavano con ordine.
I lupi non fanno prigionieri.
L’idea del sangue che stava per essere versato lo faceva inorridire, ma aveva anche il dubbio che non ci fosse altro modo per chiudere la vicenda. I lupi volevano vendicare i loro morti, non si sarebbero accontentati fino all’annientamento totale del nemico. In più, il problema doveva avere ormai radici così profonde che, forse, solo un’azione senza compromessi poteva eliminarlo.
“Vieni.” Ordinò. “È ora di buttarci anche noi nella mischia.”

   
 
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