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Autore: ChiaraMad    16/12/2012    4 recensioni
E' una storia diversa. Parte dalla scena in cui Eva, seduta sul suo letto in camera sua, messa alle strette dalla madre, decide di confessarle di Parigi, e del motivo del suo in'aspettato ma atteso ritorno. Con una differenza però, per quanto riguarda la spiegazione data alla madre. Vi dico solo che qui, Eva, non è l' egoista che hanno dipinto in questa quinta serie. Ed è un'ipotetica sesta serie..
In'utile dire che chi è per Marco e Maya, qui non ha nulla da cercare.
Buona lettura -spero D: - a tutti voi! Recensioni e critiche, sempre ben accette. (:
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alice Cudicini, Eva Cudicini, Marco Cesaroni, Nuovo personaggio, Rodolfo Cesaroni
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E mentre in una stanza accadeva tutto questo, in un'altra stanza non molto lontana, stava invece succedendo qualcosa di diverso. Di in'aspettato. Qualcosa, che andava completamente contro a tutto quello che prima, i muri di quella stanza, avevano costodito in silenzio. 
La mansarda, occupata da due ragazzi. Giovani, cercavano di muovere i passi per concretizzare quello che li univa. Avevano superato tante difficoltà, aggirato un sacco di ostacoli che sembravano insormontabili. Lei, aveva persino abbandonato la sua famiglia, il suo titolo nobiliare, per star con lui. 
Lui, aveva ripreso a sorridere, da quando c'èra lei. Aveva ripreso a vivere, a scrivere canzoni, ad amare. Lo credeva, con tutto se stesso. Credeva davvero di provare amore, per quella ragazza bionda che gli stava davanti, arrabbiata, quasi delusa, con le braccia incrociate e gli occhi lucidi. 
Credeva davvero di esser riuscito ad andare avanti. A dimenticare. Credeva davvero che andarsene via da quei sguardi complicati, citati da lui stesso nella canzone scritta tempo addietro, sarebbe bastato a voltar pagina. Credeva che mai più niente, gli avrebbe fatto cambiare idea. Credeva di amare davvero, un'altra volta. 
Marco, credeva di amare Maya. Ne era convinto. Avrebbe dato tutto per lei. Era pronto a rischiare un'altra volta. Dopo che invece, aveva promesso a se stesso che mai più, avrebbe consegnato il suo cuore nelle mani di un'altra donna. E invece, l'aveva fatto. Lei, Maya, era riuscita a farlo crollare, a farlo cedere. A farlo innamorare un'altra volta. Mesi passati assieme. Lui le stava davanti, nervoso, teso. Le mani in tasca, e gli occhi scuri che cercavano di evitare quelli di lei.
Fino a quel giorno, tra loro era stato tutto perfetto. Niente discussioni, niente litigi. Niente urla, niente scenate. 
Tutto perfetto, fino ad un solo giorno prima. Avevano deciso di prendere casa, insieme. Avevano deciso di fondere le loro vite, per sempre. Ma lui, ancora non'ostante tutto, aveva ancora qualche incertezza. Qualche dubbio, che ancora, lo legava in qualche modo al suo passato. 
Le urla di lei, lo facevano sentire male. Lo facevano sentire in colpa. Marco, sapeva di esser in colpa. Ma non lo aveva ancora ammesso a nessuno. Tanto meno a se stesso. Maya, lo sapeva, invece. Aveva visto il suo sguardo cambiare, aveva visto il suo sorriso più luminoso, aveva visto tutto questo, non appena lei, la sue ex, assieme a loro figlia, varcò quella porta di casa. Lo vedeva diverso, lo vedeva guardare lei, come invece non aveva mai guardato lei.
Lo vedeva. Vedeva i loro sguardi, vedeva lui sorridere in'ebetito, quando lei entrava in cucina o in soggiorno. Lo sentiva diverso. Lo sentiva quasi più distaccato. Distante. Ed era scoppiata. Non ce la faceva più. Gli aveva urlato contro, non riuscendo più a trattenersi. 
Al contrario di quello che pensava Maya, Eva non aveva nessuna intenzione di metterle i bastoni tra le ruote. Anzi, con lei era sempre stata cordiale e gentile. L'aveva salutata con una stretta di mano, non appena arrivata a casa. Aveva cercato di non metterla a disagio, di farla star tranquilla, seppur evitandola come la peste. 
Maya, gelosa, non credeva possibile che Eva, fosse semplicemente tornata per star con la sua famiglia. Credeva che quella ragazza dai lunghi capelli scuri, sotto quel sorriso e quello sguardo innocente, quasi spento, nascondesse qualcosa. E invece, si sbagliava. 
Lui, che non convinto, provava a rispondere alle sue domande. Cercava di convincer se stesso che Maya sbagliava. Che aveva visto male, e che lui, non era affatto scosso dalla presenza di Eva. 
"E allora Marco, guardami! Guarda che vi ho visti! Ho visto te e ho visto lei!"
"Ma Maya, non è così, davvero.."
Non era affatto convinto delle sue parole. Si sentiva insicuro, si sentiva sbagliato. E solo un giorno prima, tutto questo non esisteva. Eva, non esisteva. Non sapeva cosa fosse. Non riusciva a darsi una risposta. Non sapeva da cosa fosse dettato quel suo stato d'animo. 
Era convinto di non provar più niente per lei. Era convinto di averla rimossa. Era convinto che tutto quello che voleva, era Maya. E nient'altro. 
Eppure sentiva dentro di lui, qualcosa di diverso. Strano. Era felice, questo si. Aveva riabbracciato sua figlia, Marta. Gli era mancata tanto, e ritrovarsela davanti dopo aver aperto quella porta, l'aveva reso l'uomo più felice del mondo. Gli era mancato fare il padre. Gli era mancato tenerla in braccio, giocarci, guardarla semplicemente dormire, beatamente. Ma dentro se stesso, sapeva che, quella felicità, non era semplice frutto del ritorno di Marta. Sapeva, anche se lo negava a se stesso, nascondendolo, che anche Eva, in tutto questo, aveva fatto la sua parte, se pur non volendo. Lei gli aveva sorriso gentilmente, entrando in casa. E non gli aveva più parlato. Non voleva creare situazioni imbarazzanti. E Marco, guardandola, l'aveva capito. E cosa ancora più strana, si sentiva in colpa ad abbracciare, baciare Maya davanti agli occhi di lei. Non sapeva darsi una spiegazione. Eppure lei, non aveva lasciato trasparire niente. Anzi, li evitava, li schivava, cercava di starci assieme il meno possibile. Senza però sembrare troppo evasiva. 
E ora lui, guardava Maya davanti ai suoi occhi. Non sapeva che dire. 
"Marco, guardami! Dimmi che non è così!"
"Ma Maya, non è così!"
Cercò di farsi coraggio. Cercò di guardarla negli occhi, per rassicurarla. 
"Perchè non riesco a darmi una spiegazione? Perchè non riesco a capire cosa mi sta succedendo? Marco, che hai? Eri sicuro, eri felice. Eri convinto di esser innamorato di lei. Eppure, perchè non riesci a dirle quelle due parole? Ci hai mai pensato?"
"Sei distante! Sei freddo, da quando lei è tornata! E non mi dire che non è così, perchè l'hanno visto anche i muri come sorridi, non appena lei entra in una stanza! Quello sguardo non te l'ho mai visto! Cos'è, uno sguardo speciale che riservi solo a lei, Marco? Eh? Rispondimi!"
"Maya, vedi cose che non esistono! E smettila di urlare, potrebbe sentirti qualcuno.."
"Ma che mi sentano! Marco, da quando lei è tornata, non stai nemmeno più cercando casa! Ti ricordi che volevamo andare a vivere insieme? O no?"
"Maya, si che me lo ricordo! Smettila di incolparmi di qualcosa che non ho commesso!"
"Marco, è così! Basta! Pensavo di essere riuscita a fartela dimenticare! Ma poi basta un suo semplice sorriso, e tu cambi di nuovo! Sei come il vento Marco!"
"Non sai nemmeno quello che stai dicendo! E smettila di urlare!"
"Si invece, lo so benissimo! E dato che ti ho visto, il fatto che tu stia mentendo davanti all'evidenza, è assurdo!"
"Bene, allora sai che ti dico?"
"No, sentiamo!"
"Che stasera in questo letto, ci dormi da sola!"
Non sapeva come fare, per uscire da quella situazione. Decise di arrabbiarsi, per andarsene alla svelta da quella stanza. Non voleva star li, davanti a lei, che lo guardava con lo sguardo di chi sà. Non voleva dare spiegazioni in'utili. Spiegazioni che, nemmeno lui, era riuscito a concedersi. Nemmeno lui sapeva quello che stava succedendo. Nemmeno lui, sapeva che cosa fosse quella strana sensazione che lo accompagnava da un giorno a questa parte. 
Prese la giacca che si trovava sulla sedia, e uscì da quella stanza, di corsa, in fretta. 
Scese le scale, correndo. Quasi si scontra con suo fratello, che lo guarda sbigottito, sorpreso. 
"Oh, ma che c'hai?"
"Non ho niente."
Secco, freddo. Voleva solo andarsene da quella casa. Non voleva vedere nessuno. Voleva solo starsene solo. Solo, e pensare, come non faceva da tanto tempo.
Arrivò all'ingresso, con il solo intento di prendere e uscire da quella porta. Si bloccò, in un attmo, non appena vide la porta aprirsi all'improvviso.
Lei l'aveva evitato, aveva fatto di tutto per non rimanere nella sua stessa stanza per più di pochi minuti. Giusto il tempo di scambiarsi Marta, e poi di nuovo ad evitarlo. Si erano scambiati poche parole. Pochi attimi passati assieme. Lei si fermò, guardandolo. Pochi attimi in cui i loro sguardi si incontrarono ancora. Pochi attimi in cui, lei, si fermò a guardarlo. Lui rimasto immobile, ancora nervoso, ancora troppo arrabbiato ed insicuro per poter rimanere a parlare li con lei. Abbassò lo sguardo, avvicinandosi alla porta, tenuta aperta dalla mano di lei. 
"Ciao Eva."
Marco aveva abbassato lo sguardo, cercando di uscire dalla porta. Eva, l'aveva guardato in modo strano, quasi preoccupata di quell'espressione nervosa sul volto di lui. Avrebbe voluto fermarlo. Prenderlo per un braccio, e chiedergli cosa fosse quell'espressione sul suo volto. Ma non lo fece. Non si lasciò andare. Si scostò da quella porta, lasciandolo passare, salutandolo con un freddo "ciao". Distaccata, distante, come forse, non era mai stata per davvero. Nemmeno dopo il ritorno da Milano, nemmeno dopo il ritorno da Londra di lui. 
Marco la guardò un attimo, prima di uscire da quella porta. Se la chiuse alle spalle, sbattendola, forte. 
E proprio nell'istante in cui il rumore di quella porta sbattuta con forza, riecheggiava nell'aria fresca d'inizio Estate, gli venne in mente un momento passato, qualche anno prima. Lei, distesa sul letto, con lo sguardo puntato davanti a lei, a guardare il muro, in cerca di parole giuste da usare per esprimere quel sentimento che la stava tormentando. Il rirorno in'aspettato di Alex, e la voglia di lei di dipingere quel muro di nero. 
"Almeno non è grigio."
"Quindi tu mi stai dicendo che la rabbia, è meglio dell'indifferenza?!"
"Almeno è qualcosa.."
Grigio indifferenza, nero rabbia. Era un giorno intero che la guardava, e cercava di capire qualcosa dal suo sguardo. Era un giorno intero, che cercava di capire se il continuare ad evitare Maya da parte di lei, fosse rabbia, gelosia, o semplice indifferenza. Non sapeva darsi una risposta. E nemmeno sapeva perchè si trovava li, a camminare per Roma, come non faceva da tempo, da solo, senza una meta. Non era più successo. Da quando stava con Maya, non ne aveva più avuto bisogno. Non aveva bisogno di pensare, di riflettere. Non aveva bisogno mettere ordine nella sua testa e nel suo cuore. Perchè lei, Maya, non gli creava nessu subbuglio interiore. 
E lo aveva capito da poco. Poche ore, per capire che Maya, non riusciva a trasmettergli quella sensazione di paura, mista ad entusiasmo, amore, eccitazione, euforia, gioia, tristezza, malinconia, contentezza. Non ci riusciva. Questo mix, questo turbine di emozioni, lo aveva un'altra volta travolto dopo tempo, e lui, non sapeva spiegarsi il perchè. Oppure più semplicemente, non era pronto ad ammettere a se stesso che, quelle emozioni, erano provocate dalla vicinanza-lontananza di una persona di sua conoscenza. 
Si guardò attorno, dopo aver camminato, senza sosta, senza meta. E si ritrovò difronte ad un parco. Un parco grande, non molto affollato. Le otto di sera, e l'aria calda che soffiava sul viso. Chiuse gli occhi, godendosi l'aria, godendosi l'ossigeno, respirando a pieni polmoni quell'aria fresca di cui tanto aveva bisogno. 
Si sedette li, su una panchina, distante dalla gente, dalle persone. Solo, in disparte. 
Voleva star li, solo, a pensare, e a crogiolarsi nei sensi di colpa verso quella che, da qualche tempo, era ormai diventata la sua fidanzata. E voleva ricordare, per quanto fosse per lui difficile, tutto quello che aveva cercato col tempo e col dolore di cancellare, seppellire. Da una parte, non gli dispiaceva la presenza di lei, Eva. Infondo, era sempre la madre di sua figlia. E mai, l'avrebbe dimenticato. Ma dall'altra parte, non poteva fare a meno di sentirsi in colpa, per quello che stava pensando, e per quello che sentiva la sua ragazza nei suoi confronti. 
"Eccoti di nuovo qui, Marco. Mesi passati ad evitare che tutto ciò accada. Mesi, passati con Maya, nella più totale convinzione di sentire amore per lei. E allora, cos'è quello che mi lega a lei? Che cosa diavolo mi ha spinto, a pensare di amarla? Non lo so. Non so niente. Non so nemmeno perchè mi trovo qui, nel parco di sempre, seduto su una panchina a pensare, come non facevo da tempo. Come non avevo più bisogno di fare. L'ultima volta, mesi fa, con ancora il pensiero di Eva, nella testa. Lei, che mi ha spezzato il cuore. "Si Marco, c'è qualcun altro."
Lasciarla li, con le lacrime agli occhi e il mio cuore che chiedeva pietà. Partire quella notte, dando un ultimo bacio a mia figlia addormentata nel suo letto.
E poi, tornare, e prendere all'amo la teoria del "chiodo scaccia chiodo". Teoria del disimpegno, teoria del divertimento, teoria stupida. 
Una donna diversa ogni notte. Una sola notte, per poi sparire dalla loro vita. Assurdo, immaturo, da stronzo. Eppure, per un po', tutto quello che era immaturo e irresponsabile, mi ha fatto sentire per un po' bene, meglio. Ho continuato per un po', fino a quando Maya, mi ha fatto capire quanto stessi sbagliando. Che non serviva a niente. E che mi sarei solo fatto del male in'utilmente. Spesso, in questi mesi, non avrei davvero saputo come fare senza di lei. Senza i suoi consigli, senza il suo sostegno. Mi è stata accanto, dopo che Eva mi aveva lasciato, distruggendomi dentro. 
Ricordo ancora le notti insonne, passate a rigirarmi nel letto, ad immaginare lei, assieme a quell'altro lui. Lui che la sfiorava, la toccava, la baciava, l'amava, come solo io potevo fare.  Notti passate a piangere in silenzio, a chiedermi come mai lei avesse posato i suoi occhi su un altro uomo, che non fossi io. 
E poi ecco che arrivava la risposta. Ecco che mi sentivo ancora più male, di quanto già non stessi prima. Il continuo ricordo della mia sbandata, del mio periodo di crisi. Di Sofia. 
La mia testa tra le mani, e un sorriso amaro sul mio volto. Sono io, ad aver rovinato tutto. Sono io, ad aver fatto si che lei, mettesse i suoi occhi su un altro uomo che non fossi io. 
Se potessi tornare indietro, non rifarei gli stessi errori. Ma non posso. Per quanto io voglia, non posso tornare indietro e, con una passata di spugna, cancellare tutto. Ora nella mia vita, c'è Maya. E lei, non merita di soffrire. Non merita di star male per colpa mia, che non so nemmeno che cosa mi stia succedendo. 
Avevo detto basta, al mio amore per Eva. Avevo detto basta, a quei sguardi complicati. Avevo detto basta, alla voglia di baciarla senza fiato. Avevo detto basta, all'abbraccio la mattina dentro al letto. All'elenco di ogni mio e suo difetto.
Quel giorno sulla spiaggia, ero convinto davvero di esserci riuscito. Di avercela fatta. Di non sentire più niente. 
Eppure è bastato il suo ritorno, per far crollare ogni mia stupida certezza. E' bastato un suo sguardo, per farmi vagare in quest'oceano di dubbi ed incertezze. 
E' bastato solo questo. Eppure lei, non è tornata per me. Cerco di convincermi, ripetendolo nella testa, silenziosamente. Lei, non è qui per te. Lei, è qui per la sua famiglia. E' qui, per ricominciare da zero. Non me l'ha detto lei. Ma ho sentito parlare Lucia e Alice. Sedute in cucina, con una tazza di te caldo tra le mani. 
Parlavano di lei. E io, non ho potuto far altro che fermarmi ed ascoltare la loro conversazione, in silenzio, nascosto dietro la porta chiusa della cucina. 
"Non sarà facile per lei.. Ha bisogno del sostegno della sua famiglia, tesoro.."
"Lo so mamma, lo so. Tutti, cercheremo di starle accanto. Ok, non proprio tutti."
Rimasi confuso da quell'affermazione. Alice rise di gusto, prima di esser fermata da Lucia, con una semplice parola.
"Alice.."
E poi dei passi sulle scale, e allontanarsi di soppiatto da quella porta, per evitare di esser beccato ad origliare. 
Quel "Non proprio tutti" da parte di Alice, che ancora adesso mi lascia confuso. Eppure tutti, è da ieri che si fanno in quattro per lei. Lucia, mio padre. I miei fratelli, persino Cesare e Gabriella. Per lei e Marta, hanno fatto di tutto. E non capisco cosa Alice intendesse con quel "non proprio tutti". 
E passò li tutta la serata, fino a tarda notte. Aveva bisogno di pensare e starsene solo. Aveva bisogno di fare chiarezza nei suoi pensieri, che combattevano e duellavano nella sua mente, non dandogli tregua. Forse è vero quando si dice che da soli, si sta meglio. Perchè non c'è nessuno con cui confrontarti. Non ci sono parole, non ci sono discorsi complicati e dolorosi. Ma c'è solo il silenzio. Che ti ascolta, e non chiede niente in cambio. Che ti ascolta, e non giudica ciò che la tua mente sta dicendo. Se ne sta li, in silenzio, e ascolta e basta. E spesso, c'è bisogno solo di questo.
Marco, sapeva che quella notte forse non sarebbe servita a niente. Che si sarebbe forse ritrovato con più domane di prima, e che sicuramente, non avrebbe poi risolto quel subbuglio interiore che si sentiva dentro, da quando aveva aperto la porta alla sua ex, con sua figlia in braccio.
---------------------------------------------------------------------- Di nuovo qui, tra voi! :D Questo capitolo, è stato un vero parto podalico. D: Non so se sono riuscita a racchiuderci dentro, tutto quello che potesse realmente pensare Marco, - il nostro Marco, non il principe o.O - dopo aver rivisto lei, Eva. Dopo aver rivisto Marta, sua figlia. Pensieri, riflessioni. E anche lui, è avvolto da sensi di colpa. Emozioni contrastanti. Mente e cuore. Ragione e sentimento. E' uscita sta cosa, spero che il prossimo venga meglio. D: Detto questo, vi ringrazio per il tempo che dedicate nel legger questa cosa, che un po', -almeno per me xD- inizia a rimuover dalla mia testa quel finale assurdo che siamo stati tutti quanti costretti a vedere. -.-" Grazie, grazie ancora. (: Un bacio. ** Chiara. <3
  
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