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Autore: Alexiel_Slicer    18/12/2012    5 recensioni
Aveva solo 17 anni e già sentiva che parte della sua vita era stata gettata al vento, sentiva che la stava sprecando.
Le sue coetanee avevano fatto tante di quelle esperienze e lei? Lei no. Si diceva che un giorno, quando sarebbe stata più grande e soprattutto lontano da quella casa lei avrebbe fatto tutte quelle cose che nella giovinezza aveva perso, se lo diceva, ma non ci credeva poi così tanto.
La vita era imprevedibile, la vita era così breve. Sarebbe davvero riuscita a recuperare tutti quegli anni andati perduti? Ne avrebbe avuto l'opportunità? Tutto quello era un grosso ed asfissiante punto interrogativo. Poteva succedere una disgrazia in qualsiasi momento, poteva andare a dormire e l'indomani non svegliarsi più e lei non avrebbe mai visto il mondo, tutto quello che per lei c'era.
Chiuse gli occhi e le lacrime iniziarono a scendere da sole: era la frustrazione. A volte desiderava davvero semplicemente morire. Chiudere gli occhi per sempre e lasciarsi alle spalle ogni problema, tutta la tristezza. Voleva, ma non ci riusciva. Più volte aveva tentato in momenti al culmine della disperazione di strapparsi quella vita di catene, senza riuscirci. Troppo vigliacca anche per quello.
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bill Kaulitz, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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III


"Beh, grazie" disse sorridendole con uno dei più bei e luminosi sorrisi che lei avesse mai visto. "Cosa ci fa una ragazza in un posto come questo frequentato da uomini  sudati ed impazziti che si accapigliano per una stupida scommessa?" le chiese poi.
"Sono capitata qui per caso....e tu allora? Che ci fai qui?".
"L'hai visto, ci combatto".
"Si, ma perchè combatti in questo postaccio?"
"Si comincia dal basso per arrivare in alto, no?".
La porta si aprì.
"Bill, caro, noi andiamo a festeggiare la vittoria, tu che fai?".
Era la bionda del cartellone, senza più bikini, ma "vestita" se così si poteva dire, che quando vide Roxenne si portò una mano sulla bocca in segno di sbadataggine per non averla vista prima come una barbie stupida.
"Oh, che ci fa questa ragazzina qui? Bill, un ragazzo maturo come te...credevo che prediligessi ragazze un pò più grandi e soprattutto della tua altezza..." disse maliziosa e al contempo lanciando una frecciatina carica di veleno, poi si rivolse a lei "Piccoletta non credi che sia ora di andare a nanna?".
Roxenne la guardò con riluttanza ed infilando le mani nella grande tasca della felpa ribattè con nonchalance "Io credo, invece, che le tue tette siano finte".
Il ragazzo scoppiò a ridere in una sonora e melodiosa risata, mentre la bionda offesa divenne viola in viso "Piccola sfacciatella" sibilò.
"Lasciala stare Kelly! Per stasera passo. Sono distrutto, preferisco andare a casa e dormire. Andate voi e festeggiate anche per me" intervenne lui.
Quella annuì e prima di andarsene lanciò un'occhiataccia a Roxenne.
Bill prese il suo borsone contenente le sue attrezzature per la boxe "Comunque, penso che ormai si sia capito: io sono Bill. E tu?" fece porgendole la mano libera.
"Roxenne" rispose lei stringendola e ricevendo una stretta vigorosa, ma delicata allo stesso tempo.
"Abiti lontano da qui? Questa è una strada buia e poco trafficata e non me la sento di lasciarti andare sola, quindi è meglio se ti accompagno".
"Sei gentile, ma...io non tonerò a casa stasera" ammise abbassando lo sguardo e portandosi una mano dietro la testa imbarazzata.
"E perchè no? Diverbio con i genitori?" provò ad ipotizzare.
Scosse la testa "Non credo che ti interessi il perchè" disse secca.
Quando le si chiedeva il perchè di un suo gesto lei non rispondeva mai, ma si limitava a dare brevi e brusche risposte evasive, soprattutto se la risposta a quel "perchè" era dover spiegare che la sua famiglia faceva schifo. Nessuno capiva e tanto meno l'avrebbe fatto quello sconosciuto.
Seguirono dei lunghi secondi di silenzio che le fecero pensare di essere stata troppo scortese. In fondo lui che c'entrava? Le aveva fatto solo un'innocente domanda ed era stato così gentile da offrirsi di riaccompagnarla a casa.
Prima che lei potesse aprire bocca per scusarsi lo fece lui.
"Beh, hai ragione. Non sono fatti miei..." disse sorridendo lievemente, poi sospirò "A questo punto mi sa che dovrò rimandare il mio appuntamento con il letto...".
Roxenne lo guardò perplessa.
"Usciamo, prima che ci chiudano qui dentro" concluse lui.
Lasciarono il capannone, ormai deserto, dove solo pochi minuti prima vi era stato un pululare di uomini euforici e che adesso dava l'impressione di essere abbandonato.
Fuori si era levata un'arietta gelida e sembrava che la notte si fosse fatta più buia. La ragazza si strinse di più nella sua felpa.
"Bene, visto che dobbiamo passare un pò di tempo insieme che ne dici di conversare? Quanti anni hai?" domandò Bill.
"17...non sei costretto a starmi dietro, davvero puoi andare tranquillamente a casa".
"Davvero? Ti davo qualche anno in più io come 18 o 19 anni" disse come se non avesse sentito il resto della sua frase "Io ne ho 23".
"V-ventitrè?" ripetè Roxenne sorpresa.
"Già, scommetto che me ne davi 70 ben portati" disse scherzosamente riferendosi al colorito dei suoi capelli.
Lei sorrise ed abbassò la testa delusa. Il divario di anni le appariva abnorme. Anche se le dava fastidio ammetterlo la bionda aveva ragione. Lui alla sua età prediligeva ragazze più mature, ragazze della sua stessa età a diciassettenni che scappavano di casa reduci o in piena crisi adolescenziale.
"Allora suppongo che andrai a scuola?".
"Si, quarto anno del liceo...comunque non cambiarmi discorso. Va a casa, io so badare a me stessa!".
Bill si fermò di colpo "Ancora con questa storia? Guarda che prima ti avevo sentito. Non ti libererai di me tanto facilmente, non posso lasciarti qua da sola è pericoloso!".
Roxenne sbuffò e si sedette sopra un muretto in pietra lì vicino, seguita dal ragazzo che gli si accomodò accanto a gambe incrociate.
"Sai lo credo anch'io" disse all'improvviso Bill.
"Cosa?" domandò lei corrugando la fronte.
"Che le tette di Kelly sono finte".
"Ma te ne esci così?".
Lui rise e si sdraiò.
"Quindi, fammi capire: sei scappata di casa e ti sei trovata qui per caso, hai assistito ad un incontro di boxe e poi? Cosa avevi intenzione di fare? Dormire sotto un ponte? O su una panchina?".
Roxenne fissò le sue mani "Io...io non lo so...non ho pensato al dopo...".
"Capisco. E' davvero una cosa così irrisolvibile tanto da farti prendere la decisione di farti scappare?" disse rimettendosi seduto.
"Si...".
"Non vuoi provare neanche a parlarmene un pò?".
"Tu non puoi capire...poi non ti conosco neanche e parlare con te non cambierà le cose".
"Ok, come vuoi. Non voglio costringerti" mormorò.
La ragazza lo guardò di sottecchi, notando che la sua espressione era afflitta. Per la seconda volta aveva respinto un suo tentativo di aiutarla. Si sentì in colpa.
Fece un lungo respiro "Come ti sentiresti se ti proibissero di praticare la boxe? Come ti sentiresti se non protresti più salire sul ring e sognare di diventare un grande pugile?".
"Vuoto" rispose lui.
"Bene, è come mi sento io. Sono in trappola e l'unico modo per non sentirmi vuota è scappare".
"Non sempre la soluzione giusta è scappare dai propri problemi".
"E cosa dovrei fare?".
"Affrontarli".
"Affrontarli è doloroso ed...impossibile".
"Se c'è una cosa che ho imparato dalla boxe è che il dolore impari a sopportarlo e che niente è impossibile. Mi hai visto anche tu stasera e di come ho sconfitto un avversario più grosso e forte di me" le disse sorridendole.
Roxenne tremò. Avrebbe voluto avere solo un quarto del suo coraggio e della sua tenacia.
Bill la cinse per una spalla e lasciò che la sua testa si poggiasse sul suo petto. Poco dopo lei si addormentò.
"Dormire è la cosa più giusta da fare in questo momento" mormorò sorridendo teneramente, poi la sistemò sulla sua schiena ed iniziò a camminare verso casa. 
  
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