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Autore: mamogirl    18/12/2012    2 recensioni
{Seguito di Love Story}
Natale, un periodo da trascorrere insieme a chi si ama e alla propria famiglia. Perchè una famiglia lo è anche se disfunzionale, anche se i rapporti con il proprio padre funzionano tramite assegni e soldi o se di un padre non si è mai vista l'ombra.
E così erano le famiglie di Brian e Nick. Ed è così che riuscirono a farle diventare un'unica famiglia.
La loro.
Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Brian Littrell, Nick Carter
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Love Story'
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Have yourself a Merry little Christmas
Let your heart be light

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Mancava solo una settimana al Natale e, nell’aria newyorkese, lo spirito natalizio sembrava essere esploso in una miriade di colori: dal più classico rosso fino al blu più scintillante e costellato da puntini di glitter, passando per le tonalità dell’argento e dell’oro e con una spruzzata di verde qua e là. La neve aveva incominciato a scendere già qualche settimana prima, coprendo i marciapiedi e regalando quell’atmosfera magica che solamente quella bianca acqua ghiacciata sapeva regalare. In quei giorni non aveva nevicato ma nessuno sembrava preoccuparsene: l’aria aveva quell’aroma particolare che annunciava presto il fioccare e non solo i bambini speravano che accadesse il giorno di Natale.
Note di musica si mischiavano alle voci concitate, allegre e esasperate dei passanti, gente che entrava e usciva dai negozi o si fermava davanti alle vetrine per scegliere o sognare il proprio regalo. Il sottofondo era quello solito di una metropoli come New York, clacson di macchine che si incolonnavano una dietro all’altra davanti al semaforo.
Luci e addobbi decoravano anche la caffetteria di Brian, da dove le note di una canzone natalizia venivano usate come melodia per la sua voce, limpida mentre canticchiava Jingle Bell e finiva di mettere le ultime decorazioni. Oh, ve ne aveva già messe abbastanza ma, all’ultimo, s’era ritrovato con ancora del vischio inutilizzato e, approfittando della giornata lenta, aveva deciso di usarlo ancora per il locale.
Quell’anno Natale sarebbe stata una festa ancor più speciale, visto e considerato non solo quello precedente ma anche tutto ciò che era successo in quell’anno. A volte, quando Brian ripensava ai mesi precedenti, stentava a credere di essere riuscito a superarli. Non solo era sopravissuto ma ne era uscito anche vincitore. Erano, si corresse mentalmente. Quella vittoria non era stata solo sua ma anche di Nick e di loro come coppia. Ce l’avevano fatta, sei mesi lontani senza mai perdere fede e fiducia nell’altro, senza mai chiedersi se ne valesse la pena.
Non che fosse stato tutto rose e fiori. Specialmente i primi mesi avevano infierito le più dolorose ferite e cicatrici che avevano impiegato fin troppo tempo prima di scomparire. C’erano stati giorni in cui l’assenza e la mancanza di Nick era diventata troppo enorme da sopportare, come se qualcuno avesse preso un masso e lo avesse posato sul suo petto, un strano e contorto tentativo per testare se potesse continuare a respirare. E, per qualche attimo, Brian si era anche risposto di no. Come poteva farlo quando tutto ciò per cui aveva ritrovato voglia e desiderio di vivere si trovava dall’altra parte del mondo? Ma quei pensieri venivano immediatamente schiacciati come se fossero inermi formiche, frasi ripetute come un mantra prendevano il palco e si facevano sentire fin quando quel peso sembrava alleggerirsi. Non scompariva mai, nemmeno quando lui e Nick trascorrevano ore e ore al telefono, a volte soddisfatti solo di sentire l’altro respirare e immaginandolo lì, vicino a loro, in un letto in cui avevano condiviso qualsiasi segreto, anche quelli più dolorosi.
Ma, alla fine, ce l’avevano fatta ed era quello ciò che contava maggiormente. Perché ogni lacrima, ogni tristezza e solitudine erano state cancellate via il giorno in cui Nick era tornato, riportando nei loro mondi quella luce che rendeva tutto il resto del mondo un po’ più speciale.
Erano cambiati. Fisicamente, sei mesi non avevano aggiunto né tolto niente al loro aspetto: forse Nick aveva qualche chilo in più, forse lui ne aveva qualche in meno, ma erano gli stessi di quando si erano separati. Ma era nel carattere dove vi erano stati i maggiori cambiamenti ed era qualcosa che vedevano ogni giorno. Erano più forti individualmente e ciò li rendeva più forti come coppia.
“Jingle Bells, Jingle Bells...” Riprese a canticchiare mentre appendeva un altro rametto di vischio sopra il bancone.
Sì, quell’anno Natale sarebbe stato davvero speciale. Sarebbe stato il loro vero primo Natale insieme, quello dell’anno precedente non lo teneva nemmeno in considerazione. E come poteva farlo? Nemmeno si ricordava metà di quei giorni e, quando lo faceva, non poteva non sentire una piccola fitta al cuore ripensando a quanto scioccamente si era comportato e quanto s’era avvicinato a perdere tutto quello per cui aveva sempre lottato e sperato.
Brian si lasciò sfuggire un sospiro mentre scendeva dalla scala. Si era promesso di non pensarci più, anche perché non poteva cambiare nulla. C’era stata una ragione ben precisa se era successo e aveva imparato la lezione: era cresciuto e una parte delle sue paure avevano finalmente lasciato le redini in cui lo avevano tenuto avvolto per troppo tempo.
Aveva ancora la schiena rivolta verso il muro, perso nel decidere se aggiungere ancora qualche decorazione, quando il campanello della porta squillò le prime note di una melodia natalizia – Aj odiava quel campanello e ogni anno minacciava di romperglielo – annunciando l’arrivo di un cliente.
Quel giorno, la caffetteria non era piena, visto vi era solo qualche vecchietto che veniva sempre per trascorrere le ore al caldo e sfuggire alla monotonia e alla solitudine. Era anche per quel motivo che lui non se la sentiva mai di chiudere, anche se in giornata come quelle non faceva chissà quanti guadagni. Lo faceva perché sapeva che quelle persone non avevano un altro posto dove andare, alcuni di loro non avevano nessun altro con cui parlare o scherzare sui risultati delle partite del weekend se non quegli amici che avevano incontrato fra una tazza di caffè e l’altra. E poi era stato anche grazie loro che si era sentito meno solo durante i mesi di assenza di Nick: le vecchiette lo avevano adottato, più di quanto avessero già fatto negli anni precedenti, e avevano riempito la sua mente con racconti dei loro passati amori, storie che avevano saputo attraversare la distanza e la guerra e che, anche se poi si erano spenti, avevano comunque continuato a brillare nella memoria. E se certi rapporti erano riusciti a superare un ostacolo come la guerra, per quale motivo lui aveva dovuto dubitare del loro?
L’uomo che era entrato era ben differente dalla gente che c’era all’interno del locale: il cappotto nero che indossava sembrava essere fatto su misura e non di certo uscito da uno stock in un grande magazzino; era leggermente aperto, lasciando così intravedere un completo serio, di quelli che indossavano i grandi uomini d’affari. Era un uomo alto, qualche centimetro di più rispetto a Nick, e di corporatura abbastanza robusta; i capelli erano ormai spruzzati qua e là da fili grigi, gli occhi di un caldo color nocciola e, anche se Brian non riusciva ad identificarlo, qualcosa in quel viso gli era famigliare.
“Buongiorno.” Disse mentre l’uomo si avvicinava al bancone.
L’uomo si osservò in giro per qualche istante, come se volesse farsi un’idea del posto prima di tutto, per poi ritornare la sua attenzione su di lui. Brian si sentì squadrare da capo a piedi – anche se l’uomo poteva vederlo solo fino a metà busto – come se fosse uno di quegli animali allo zoo. “Posso esserle d’aiuto?”
“Stavo... Lei è Brian, giusto?”
“Sì.”
“Mi chiamo Bill Carter. Sono il padre di Nickolas.”
Per qualche secondo, Brian rimase sorpreso. Nonostante da quanto tempo stessero insieme, Brian non aveva mai realmente conosciuto i genitori di Nick. O, almeno, aveva solo fatto la conoscenza della madre, Irene, mentre il padre e la matrigna erano sempre stati dei racconti vaghi e generali. Non aveva mai pressato il ragazzo in quel senso, la ferita che portava per quel non rapporto con suo padre era sempre stata ben visibile, anche se poco accennata e quasi sempre nascosta dietro frasi di circostanza. E lui, lui che cosa ne sapeva di quel genere di problemi?
Così sì, la presenza in quel momento del padre di Nick, era davvero una sorpresa. Ma ciò che non gli piaceva era non sapere di che tipo, se piacevole o qualcosa da mai accennare.
“E’ un piacere conoscerla.” Mormorò Brian, allungando la mano per poter stringere quella di Bill.
“Deduco che Nickolas non le abbia mai parlato di me.” Rispose l’uomo, sedendosi su uno sgabello di fronte a Brian.
“Qualcosa. Non molto, però. – Rispose Brian. – Posso offrirle del caffè?”
“Grazie. Non mi stupisce. Voglio dire, riguardo mio figlio. E’ da tanto che non ci parliamo. Ho saputo della tua esistenza dalla mia ex – moglie.”
Brian si trovò a sentirsi a disagio, non sapendo esattamente per quale motivo l’uomo si trovasse lì. Anzi, era chiaro che fosse venuto lì da lui con un preciso intento. Così, invece di rispondere, si occupò del caffè: macinò i grani e poi azionò la macchina, con il rumore che andò a sovrastare le note della musica.
“Non ho mai avuto niente contro l’omosessualità di Nickolas. Certo, ho avuto qualche problema ad accettarlo ma perché so com’è il mondo e quanto crudele possa essere verso le persone “diverse”. Volevo solo proteggerlo.”
“In che modo?”
“Nel modo peggiore? – La sua fu una domanda retorica e non diede tempo a Brian di rispondere. I Carter sono sempre stati una famiglia molto importante. Da generazioni e generazioni, siamo soliti passare il timone dell’industria di padre in figlio. Avevo dei progetti per Nick, volevo che fosse pronto per quando sarebbe giunto il suo momento di prendere il mio posto. Così, da piccolo, gli ho lasciato fare tutto ciò che voleva: voleva diventare medico? L’ho fatto entrare in ospedale e assistere ad un’operazione. Pensavo che fossero manie passeggere, anch’io da piccolo volevo diventare uno scrittore. La separazione, il divorzio. Credo sia stato quello il momento in cui abbiamo preso due strade diverse.”
“Signor Carter...” Brian cercò di interromperlo, convinto che quello fosse un discorso un po’ strano da tenere con una persona che aveva appena conosciuto. Soprattutto, quelle erano parole che non dovevano essere indirizzate a lui ma a Nick.
Ma l’uomo continuò a parlare, come se avesse usato tempo per metter in piedi quel discorso e ora non voleva essere interrotto, voleva concluderlo. “Non sono un uomo che parla facilmente dei suoi sentimenti. Anzi, di fronte ad essi preferisco usare la via di fuga più vicina. E con Nickolas... non sapevo come rapportarmi. Non ho mai saputo trovare le giuste parole. Così, ho usato l’unico mezzo che avevo a disposizione.”
“I soldi.”
Bill annuì, allacciando le dita attorno alla tazza ancora calda. “Voleva andare ad una scuola d’arte così gli ho finanziato i corsi estivi, gli stage. L’università. Gli ho comprato l’appartamento. E per qualche periodo mi sono illuso che bastasse questo e che, in qualche modo, Nickolas comprendesse che gli volevo bene. – Un sorriso ironico si disegnò sulle sue labbra, una triste constatazione di quanto si era sbagliato. – E’ da sua madre che ho saputo che aveva iniziato a lavorare al museo. Non mi ha nemmeno chiamato per dirmi che andava in Europa. E’ stato lì che ho compreso che per mio figlio ero come un estraneo. Anzi, lo sono.”
Brian si trovava in una difficile posizione: da un lato, sapeva che Nick si sentiva allo stesso modo, trattato da suo padre come se fosse semplicemente qualcosa da accudire con i soldi e aveva asciugato fin troppe lacrime per poter guardare quell’uomo con occhi colmi di compassione. Eppure, una parte di lui provava quel sentimento: spogliato del nome e dell’essere legato al ragazzo che amava, davanti a lui vi era un uomo, un padre, che si era resto conto di non avere più un figlio per colpe e responsabilità che pesavano solamente sulle sue spalle. Come poteva rimanere impassibile di fronte a ciò? Più di tutto, Brian sapeva qual era quella parte di lui che provava pietà e compassione per quell’uomo. Era una parte di lui che aveva pensato fosse morta tanto tempo prima, era quel ragazzino che a ogni Natale l’unica cosa che chiedeva a Babbo Natale era di poter conoscere suo padre.
Ma non si trattava di lui. Davanti a lui non c’era suo padre ma quello di Nick e, per quanto volesse poter rimettere insieme tutto e far tornare un sorriso sul suo volto, toccava solamente a Nick decidere. “Non sono io la persona alla quale dovrebbe raccontare ciò.”
“Ci ho provato. Ma Nickolas non mi risponde e, anche se lo facesse, non credo di riuscire a spiegarmi.”
“Che cosa vuole che faccia? Non posso parlare io a Nick al suo posto. Né decidere per lui.”
“No, ovviamente no. Non sono qui per questo. – Rispose Bill. – Ma tu... tu lo conosci meglio di qualcun altro.”
Sì. Quella era una verità che Brian non si sarebbe lasciato portare via da nessuno, nemmeno dai genitori di Nick. Lo conosceva come se fosse una parte di sé, lo conosceva come una di quelle melodie di cui solamente una persona poteva conoscere le note e non le avrebbe mai diffuse a qualcun altro.
“Voglio solo parlargli. Non pretendo nient’altro.”
“Deve fare lei il primo passo. Io e Nick... non funzioniamo così. Non posso obbligarlo a parlargli se non vuole, soprattutto in una questione così delicata.”
L’espressione dell’uomo si fece più scura, quasi come se Brian gli avesse tolto quell’unico barlume di speranza. Lo vide alzarsi, lasciare i soldi per il caffè e incominciare a rimettersi il cappotto. “Ti ringrazio lo stesso.”
Bill si voltò, stringendosi al collo la sciarpa e infilando le mani nelle tasche della giacca. Anche se sapeva che non ne aveva assolutamente motivo, Brian non poté far nulla per bloccare quella sensazione di blocco allo stomaco nel vedere l’uomo andare via così disperato. “Aspetti!” Lo richiamò mentre circondava il bancone per andare dall’altra parte.
Il padre di Nick si voltò, una luce di speranza che riappariva nei suoi occhi. “Dirò a Nick che è passato. Non posso tenergli un segreto del genere e deve saperlo. Ma se davvero vuole riallacciare il rapporto, non aspetti che sia Nick a fare il primo passo.”
“Grazie.”
“Passi al museo. Nick non lo sbatterà fuori. – Aggiunse Brian, fermandolo ancora dopo un passo verso la porta. – Inoltre, se vuole conoscere suo figlio per quello che è veramente, quello è il luogo migliore.”
L’uomo annuì e poi scomparve dietro la porta, lasciando Brian ad osservare la sua figura, ancora sorpreso e confuso riguardo a quello che era appena accaduto. Il primo istinto fu quello di chiamare Nick ma un grammo di lucidità impedì alle sue dita di comporre il numero: Nick era al lavoro e dirgli che suo padre era passato per poi rimandare tutto il discorso alla sera sarebbe solo servito a rovinargli la giornata, rimuginando e rimuginando su che cosa quella visita potesse significare e combinando un disastro dietro l’altro. No, avrebbe dovuto aspettare fino a quella sera e già Brian poteva percepire l’ansia incominciare a mangiucchiare il suo stomaco.
Aveva fatto la cosa giusta?    
Incominciando a mordicchiarsi il labbro, Brian occupò la sua concentrazione a rimettere a posto la tazza, sciacquandola velocemente sotto l’acqua e poi mettendola con il resto che stava aspettando il suo turno nella lavastoviglie. La mise in azione e il silenzioso rumorio si confuse con il suono della musica in sottofondo. Fu un momento di pausa ma fu abbastanza rapido affinché i pensieri ritornarono prepotentemente all’attacco, riportando a galla vecchie paure che Brian aveva custodito gelosamente dentro di sé: e se Nick si fosse arrabbiato? Se avesse pensato che, come un anno prima, volesse decidere anche su questioni che avevano a che fare con lui?
No, si rimproverò. Non era la stessa situazione e lui non aveva deciso proprio nulla. Aveva solo dato un consiglio, Nick aveva ancora le redini per scegliere che cosa fare e in quale direzione andare. E, soprattutto, non glielo avrebbe tenuto nascosto.
Entrambi avevano imparato la lezione.

 

 

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Nick aveva appena spento il forno quando udì lo scatto della serratura, seguito dal rumore della porta aprirsi e richiudersi velocemente. Dando uno sguardo all’orologio alla parete, si accorse di quanto tardi fosse rispetto al solito così recuperò lo strofinaccio e, asciugandosi nel frattempo le mani, uscì dalla cucina. Dicembre era sempre un mese un po’ strano ma quell’anno lo era ancor di più: fra le lezioni e il museo, Nick usciva di casa la mattina e ritornava a pomeriggio ormai inoltrato, giusto in tempo per iniziare a preparare la cena mentre attendeva che Brian tornasse, impegnato anche lui fra il locale, le lezioni e le prove per i vari spettacoli di fine anno. Per non parlare di quando, un giorno, era tornato a casa tutto estasiato perché aveva appena scoperto che al coro della chiesa in cui era cresciuto serviva qualcuno che lo dirigesse e preparasse il concerto di Natale. Non era servito che Brian continuasse a parlare, già da come brillavano i suoi occhi Nick aveva dedotto che si era proposto e, quella sera, lo aveva aiutato a mettere insieme una scaletta.
Nick amava la loro quotidianità, per quanto pazza e senza orari certe volte fosse. Ormai si erano calati in una routine che assomigliava a quella che aveva guidato le loro giornate prima che lui partisse per l’Europa ed era stato quasi un sollievo quando, una volta tornato, erano riusciti a ricucirsela addosso come se niente fosse successo.
Perché quando era tornato, quando aveva rimesso piede nell’appartamento, si era immediatamente risentito a casa, un sentimento che Nick non aveva mai provato prima: casa avrebbe dovuto essere il luogo in cui si era cresciuti o in cui la propria famiglia ancora abitava. Nick non sapeva esattamente quale fosse perché quella della sua infanzia era sempre stata troppo grande, troppo vuota e fredda per poterla associare a qualcosa di famigliare e di protettivo; crescendo, casa era stata ovunque sua madre decidesse di portarlo o dove il suo cuore la portasse. Nuovi fidanzati significavano nuovi traslochi, pur sempre rimanendo all’interno della stessa e medesima città. Il suo appartamento era stato, per qualche tempo, il vero primo luogo che Nick avesse potuto considerare come casa ma, ancora, mancava qualcosa. E quel qualcosa lo aveva trovato quando si era trasferito da Brian e lo aveva ritrovato quando era tornato dopo sei mesi di assenza: sembrava non essere cambiato nulla e la sua presenza era sempre lì, in ogni oggetto che non era stato spostato e nelle fotografie che erano aumentate durante i mesi.
L’unica cosa che era cambiata era la scorta di cibi già pronti con cui le vecchie clienti del bar avevano riempito il frigorifero per paura che Brian non mangiasse abbastanza.
“Sei in ritardo. – Annunciò ancor prima di posare gli occhi su Brian. E, quando lo fece, non riuscì a evitare un’espressione mista fra il divertito e lo shockato. – Che diavolo ti è successo? Perché sei tutto bagnato?”
Brian non gli rispose subito ma prima si tolse la giacca, lasciandola per terra invece che appendendola e si tolse le scarpe e le calze, entrambe completamente bagnate.
“I bambini volevano giocare a palle di neve finite le prove. E io ho accettato prima di scoprire che ero io il loro bersaglio prescelto.” Rispose Brian con un sorriso. Nonostante le mani congelate, naso e guance che sembravano bruciare e ancora non aveva capito se per il freddo o perché finalmente al caldo, l’euforia per quella mezz’ora a giocare ancora navigava a vele spiegate nel suo sangue.
“E tu dovevi per forza sacrificarti, vero?” Ribattè Nick ironicamente, dirigendosi verso il bagno e recuperando un asciugamano. Nel frattempo, Brian si era spostato in camera dove aveva incominciato a cercare dei vestiti asciutti.
“Ovvio. Ma così ora sono obbligati a venire ad un’altra prova domani.”
“Sei un manipolatore!”
“No, mi faccio solamente voler bene. Dovevi vedere com’erano felici!”
“Certo, perché sanno che potranno giocare comunque.”
“E che cosa ci sarebbe di sbagliato in questo?” Domandò Brian con la fronte aggrottata in confusione e fra le mani un maglione.
“Niente. – Lo rassicurò Nick, avvicinandosi. – Cerca solo di evitare di prenderti una polmonite.” Concluse, stampandogli poi un bacio sulla tempia.
Brian ricambiò, allacciando le braccia attorno al collo del ragazzo. “Mi sei mancato.”
Le labbra di Nick si spostarono al centro della fronte, lasciando un altro bacio, mentre con l’asciugamano asciugava i capelli bagnati. “Anche tu.”
“Saltiamo la cena e ce ne andiamo sotto le coperte?”
“No. Mangiamo e poi andiamo sotto le coperte.”
“Vado a farmi una doccia calda, allora.” Disse Brian, staccandosi a malincuore da Nick.
“Non impiegarci troppo.” Fu l’ultima raccomandazione di Nick prima che il ragazzo si rintanasse in bagno.
Vi uscì dopo una buona ventina di minuti, anche se la maggior parte di essi erano stati usati per trovare il modo migliore per incominciare il discorso con Nick. La paura, più o meno, si era attenuata durante la giornata, forse scacciata via dall’allegria di quei bambini che tanto gli ricordavano di se stesso quando aveva avuto la loro età. Guardandoli, s’era immaginato un Nick della stessa età e che tutto ciò che più desiderava era poter far felice suo padre. Era giusto dargli la possibilità, ora che era più grande, di poter dare una risposta a tutti quei momenti che avevano lasciato una piccola linea sul suo cuore.
E sapeva, Brian, che Nick non si sarebbe arrabbiato con lui. Quella sì che era una di quelle paure infondate che non avevano senso di esistere. Perché avrebbe dovuto arrabbiarsi quando aveva rimesso la palla sempre nelle mani di suo padre? No, di quello ne era finalmente sicuro.
Ciò che lo continuava a bloccare era il terrore di riaprire vecchie ferite che erano ormai assopite da tempo. Il passato era una brutta bestia, un demone che poteva apparire all’improvviso e riaprire un vaso di Pandora che ci si era dimenticati anche di possedere. Se poteva risparmiargli ciò, Brian era più che determinati nel farlo accadere.
Ma non in quel caso. In quello, lui poteva solamente stare lì, al fianco di Nick, e offrigli il suo abbraccio e ricordargli che, in qualsiasi modo sarebbe terminata, avrebbe sempre avuto una persona che lo avrebbe amato sempre. Lui.
Con quella risoluzione, Brian si spostò in salotto, seguendo il delizioso profumino di pasta che aleggiava nell’aria, mescolandosi con quello ormai perenne di vaniglia e zenzero dei biscotti.
“Stavo per venirti a chiamare.”
“Sono qui.”
“Anche se sei basso, ti vedo.”
“Non sono basso, sono diversamente alto.” Ribattè Brian, terminando la frase con una linguaccia mentre prendeva posto a tavola.
Il discorso venne rimandato a dopo la cena, quando entrambi si sedettero sul divano, una calda coperta avvolta sopra le loro gambe intrecciate e una tazza di cioccolata calda fra le mani. Per un po’, Brian aveva lasciato Nick parlare del museo e di come stavano pensando di organizzare una mostra apposta per i bambini, visto che le scolaresche che visitavano il Frick in quelle settimane si annoiavano nemmeno a metà.
Quando fu il suo turno di raccontare che cosa era successo a lui, Brian si ritrovò ad assaporare la sua bevanda prima di iniziare. “E’ venuta una persona.”
“Spero che tu abbia avuto più di un cliente oggi.”
“Era tuo padre.”
Nick aggrottò le sopracciglia, le labbra si strinsero in una sottile linea e le dita aumentarono la loro stretta attorno al manico della tazza. “Ne sei sicuro?” Domandò poi in un lieve sussurro.
“Sì. O meglio, lui si è presentato come tale. Ma vi assomigliate. Avete gli stessi lineamenti del viso.” Rispose Brian, sottolineando quell’ultima frase appoggiando le dita sulla guancia di Nick e tracciandone i confini fino ad arrivare alla bocca.
“Che cosa voleva? Non ti ha insultato o...”
“Offeso perché stiamo insieme? – Terminò Brian per Nick. – No, niente di tutto questo. Voleva un consiglio. Su di te.”
“Me?” Nick si voltò verso Brian, la fronte solcata da linee di confusione.
L’indice di Brian si spostò verso di esse, accarezzandole con l’intenzione di farle scomparire. “Tu. Chi altro, altrimenti?”
Nick alzò le spalle. “Chiunque. Non si è mai interessato a me.”
“E’... – Incominciò a dire Brian ma si fermò prima di completare la frase, riconoscendo che sarebbe stato un passo falso. – Si è reso conto del suo errore, Nick.”
“Che cosa ti ha detto esattamente?”
“Non molto, soprattutto perché gli ho fatto notare subito che quel tipo di discorso avrebbe dovuto farlo a te e non a me. Ma, più di tutto, credo sia venuto da me perché non ha idea di come ricominciare tutto con te. Non sei più il bambino che poteva illudere con una promessa e con un nuovo gioco. Ora sa che le parole hanno più peso e potere di qualsiasi altro gesto e non sa come fare il primo passo. Vuole solo un’occasione ma non sa come prenderla.”
Lo sguardo di Nick si abbassò, un piccolo pezzo di labbro venne intrappolato e torturato dai suoi denti mentre le parole di Brian, le parole di suo padre, gravitavano attorno al suo cervello senza che lui riuscisse a fermarle per analizzare. Sembrava tutto così strano eppure anche così famigliare, perché quello era ciò che aveva sempre scioccamente sognato. Eppure, ora che ciò si era finalmente avverato, almeno il quadro generale di contorno, Nick non riusciva a sentirlo come reale. Aspettava, come sempre, il momento in cui la realtà si sarebbe rivelata per ciò che era, malefica e doppiogiochista, mentre derideva le sue illusione miseramente sconfitte.
Quella volta, però, era differente.
Quella volta era diversa perché si fidava di Brian e Brian, come lui, era bravo a leggere tutto ciò che le parole non potevano o non volevano dire. Più di tutto, sapeva che non gliene avrebbe parlato se si fosse reso conto che suo padre stava tentando di raggirarlo ancora. D’altronde, come poteva Brian fidarsi di una persona della quale conosceva solamente i racconti che lui gli aveva fatto?
“Ne sei sicuro?”
“Posso solo fidarmi del mio istinto, in questo caso.”
Nick sospirò, abbassandosi e appoggiando la testa sulla spalla di Brian. Immediatamente, le braccia di Brian si avvolsero attorno a lui mentre la sua mano stringevano l’orlo della felpa. “Sai quante volte ho sognato questo momento? E l’ho odiato per così tanto tempo che non riuscivo nemmeno a ricordare quei pochi momenti in cui eravamo una vera famiglia. Volevo solo una cosa e quando mi sono reso conto che non l’avrei mai ottenuta, ho smesso di chiamarlo o di tornare a casa nei weekend. E, visto che nemmeno lui si faceva sentire, mi ero rassegnato a questa situazione. Anche perché... – Nick alzò il viso per incontrare lo sguardo di Brian. -... ho trovato te.”
Brian scostò un ciuffo di capelli e, sorridendo, accarezzò con le labbra la fronte di Nick. “Sarò sempre orgoglioso di te, Nick. Ma non è la stessa cosa e questo lo sai.”
“Che cosa devo fare?”
“Non posso dirtelo, Nick. Devi fare ciò che ti dice il cuore.” Rispose Brian, appoggiando la sua mano sopra il petto di Nick, lì dove poteva sentire il battito pulsare sotto il suo palmo.
La mano di Nick si posò sopra quella di Brian, incrociando le dita attorno alle altre. “Tu sei il mio cuore.”
Un secondo bacio, questa volta sulla guancia. “Ma non posso decidere per te. Posso solo consigliarti e sperare di non sbagliarmi.”
“E quale sarebbe il tuo consiglio?”
“Non farti scappare quest’occasione. So quanto hai sofferto, so quanto ancora lo senti nonostante ti sia ripetuto volta dopo volta che non avevi bisogno di lui né della sua approvazione. Ma è pur sempre tuo padre, è pur sempre la tua famiglia, non importa quanto disfunzionale sia. Ascolta ciò che ha da dirti, ascolta le sue ragioni e le sue scuse e poi decidi. Decidi se provarci, mettendo da parte rancori e ferite del passato, oppure se metterci una pietra sopra e continuare per la tua vita come hai sempre fatto.”
“Non sei di molto aiuto.”
“Nessuno può aiutarti.”
“Molto confortante.”
“Nick, andiamo! Quanto può peggiorare la situazione? Pensa a ciò che potresti avere in cambio.”
“E’ solo che... mi sembra un po’ strano che abbia deciso proprio adesso di parlare. E che sia venuto da te invece che da me direttamente.”
“Certo, perché tu lo avresti accolto a braccia aperte e lo avresti messo nelle condizioni di parlare?”
“Touche. Molto probabilmente non gli avrei nemmeno aperto la porta e avrei fatto finta di non essere in casa.”
Una piccola risata sfuggì dalle labbra di Brian. “Visto?”
“E lasciato silenzioso il cellulare.”
“E il telefono di casa?”
“Tagliato i fili? Non pagato la bolletta?”
“Scemo! - Lo apostrofò Brian, sottolineando ciò con uno scherzoso schiaffo sulla spalla. – Ecco perché gli ho detto che, se proprio è sicuro di parlarti, di venire al museo. Così può vedere con i suoi occhi l’uomo che sei diventato.”
Nick non rispose. Rimase qualche minuto in silenzio, giocherellando con l’indice di Brian senza fare nient’altro, nemmeno pensare o riflettere. Poco dopo, però, si staccò e si alzò in piedi, lasciando tutte le coperte a Brian.
“Vado a dipingere un po’.” Disse solamente, sapendo che Brian avrebbe compreso l’implicito in quelle parole. E infatti, il ragazzo non ribatté né protestò. Rimase accoccolato sul divano e osservò Nick mentre si dirigeva lungo il corridoio.
“Nick? - Lo richiamò all’improvviso. Aspettò che il ragazzo si voltasse prima di continuare. – Occasioni come queste non capitano spesso nella vita. Avete la possibilità di recuperare e iniziare tutto da capo. Non lasciartela sfuggire. Non puoi mai sapere che cosa potrà succedere e, un giorno, potresti ritrovarti a rimpiangere di non avergli concesso qualche minuto e per non aver ascoltato ciò che aveva da dirti.”
Nick annuì semplicemente e poi si voltò di nuovo, percorrendo gli ultimi metri e scomparendo dietro la porta dello studio.
Di rimpianti, confessioni mai dette e parole che si erano perse nel corso degli anni, Brian ne sapeva molto. Soprattutto, sapeva e aveva provato sulla sua pelle il solco e il dolore che si lasciavano dietro. Ancora vi erano dei strascichi, piccole fiamme che ogni tanto si riaccendevano per poi spegnersi, anche se mai definitivamente. Non voleva che anche Nick provasse quelle cicatrici, non voleva rivedere nei suoi occhi i suoi stessi demoni e rimpianti.
Era anche questo l’amore, no?
In silenzio, si mosse per rimettere in ordine: piegò le coperte, mise le tazze nel lavandino e le sciacquò, mettendole poi ad asciugare sul bancone. Si assicurò che la porta d’ingresso fosse chiusa, controllò ogni finestra e spense tutte le luci. Per ultimo, spense l’albero di Natale che si trovava all’angolo del salotto, in quel lato della parete ricoperta da finestre che riflettevano le luci di una New York che non accennava mai ad addormentarsi.
Anche il loro albero era differente da quello dell’anno precedente. Per quello passato avevano usato principalmente le decorazioni che Brian già aveva, un’insieme confuso dei Natali con sua madre e di quei primi trascorsi completamente da solo. Ne avevano aggiunte solo qualcuna di nuova, palle che avevano trovato nei mercatini o fiocchi di neve dorati e argentati che sarebbero stati divinamente sul loro albero. Quell’anno, invece, avevano deciso di iniziare una loro tradizione e ciò aveva avuto la sua origine con l’acquisto di nuove decorazioni, relegando quelle vecchie in uno scatolone che ora si trovava insieme a tutti gli oggetti che Brian aveva conservato di sua madre. Ogni nuovo addobbo era stato scelto insieme, a parte quelli che Nick aveva comprato in un delizioso negozietto londinese che vendeva solo oggettistica natalizia. Ne era rimasta solo una, l’unica che Brian non aveva avuto il cuore di chiudere via insieme al passato: era un piccolo angelo, ormai quasi rovinato dagli anni, che lui da bambino aveva fatto come regalo di Natale per sua madre. Nick non aveva obiettato, lo aveva semplicemente abbracciato mentre insieme lo appendevano su uno dei rami più alti. Come sua madre, quell’angelo avrebbe tenuto un occhio su tutti gli altri addobbi.
E lì, in quel momento, mentre con l’indice accarezzava quello che un tempo erano state dorate ali, Brian si rivolse a sua madre, chiedendole di poter esaudire quella sua preghiera, la piccola speranza che Nick potesse ricevere un dono natalizio in anticipo.  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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L'avevo promesso. Avevo promesso che sarei tornata a scrivere su questi Brian e Nick. Mi sono mancati talmente tanto! *__*
Doveva essere una one - shot. Certo, come no! lol Come sempre, una one-shot si è trasformata in qualcos'altro ma, in parte, quest'idea era già stata pensata per un seguito. E sembra perfetta per una storia di Natale. *__*

   
 
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