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Autore: cattivamela    20/12/2012    4 recensioni
Avete presente il filo rosso del destino?
Si narra, che ogni persona abbia legato al proprio mignolo un filo rosso, e che questo filo, sia legato al mignolo della persona della tua vita.
In poche parole, l’uomo della mia vita potrebbe vivere anche in Alaska, ma non importerebbe, perché in pratica “dovremo essere legati” da questo filo immaginario. E se, in teoria questo filo esistesse veramente? E che solo la sottoscritta riesce a vederlo?
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Sovrannaturale
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Era una giornata come le altre, la sveglia era suonata alle sei, ma come mio solito alle sette meno dieci ero in bagno e come una furia cercavo di rendermi presentabile. Non avevo nemmeno dato un’occhiata ai libri dentro la cartella, speravo che fossero quelli giusti. Non avevo voglia di beccarmi una sgridata dai professori, non era nei miei progetti. Come non lo era, incontrare un fratello incazzato con tutti i capelli scompigliati e il “grazioso” – si fa per dire – pigiamino blu con i cow-boy. I suoi occhietti neri mi fissavano, pieni d’ira.
“Hai la delicatezza di un elefante! Sentivo i tuoi passi anche dalla camera di mamma e papà!”
Ghignai, ignorando l’offesa. “Disse il bambino di dieci anni che dorme ancora con mammina e papino, che c’è? Hai avuto un incubo? Piccino!” mi chinai, arrivando alla sua altezza. Cercò di fulminarmi con lo sguardo, credendosi minaccioso.
“Lo dico a mamma! Poi vediamo chi è il bambino quando inizi a lamentarti” mi alitò in faccia, poggiando le mani paffute sui fianchi. Storsi il naso.
“Non ho voglia ne tempo di parlare con te, peste. Ah, una cosa.. lavati i denti, la bocca ti fa puzza peggio di Bobby” indicai con il mento una palla di pelo candido attorcigliato sul tappetino davanti al divano, mi fissava curioso con la lingua penzolante e gli occhioni neri vispi. Perfino Bobby è più educato di mio fratello. Non feci in tempo a chiudere la porta, che Tomas iniziò a sbattere i piedi, piagnucolando.
Il vento di dicembre mi investì in pieno, facendo svolazzare la sciarpa viola che avevo accuratamente avvolto al collo, scendendo le scale, rischiando di rompermelo. Fino a qui, tutto normale, la solita vita di una studentessa al terzo anno di liceo, fino a quando una signora sulla quarantina mi passò davanti, reggeva la mano della sua bambina così piccola rispetto alla sua, e fu lì che la mia routine personale iniziò. Allacciato al mignolo magro della signora dall’aspetto dolce vi era un filo rosso, che terminava in una sfumatura all’altezza della sua caviglia con un taglio netto. La bambina saltellava contenta come la cartella rosa sulle sue spalle, agitava la mano e anche lei, aveva un filo rosso più piccolo. Sospirai, sconsolata e ritornai sui miei passi.
Mi chiamo Rain , e riesco a vedere il famoso filo rosso del destino. Pensai tra me e me, ripensando per la milionesima volta a come tutto questo fosse assurdo, a come pur non volendo, ero riuscita a comprendere il significato del destino, così lo chiamavo. Sospirai, sconsolata mentre salivo sull’autobus diretto verso scuola. Frugai nella tasca dello zaino, afferrando il mio personale libretto in cuoio.
“Quando il filo di una persona termina in una sfumatura netta, l’anima gemella è ancora viva. Quando invece, il filo rosso è tagliato diagonalmente e qualche filetto spunta disordinato l’anima gemella della persona in questione non è più in questo mondo. Ognuno di noi ha un filo, fortunato chi trova la propria ed inconfondibile metà, ma non per forza i destini di due persone si incontrano. I fili rappresentano solamente un percorso, che la persona a sua insaputa può percorrere o no.”
La gente parla di destino, che ogni cosa che noi facciamo o diciamo, ogni scelta che prendiamo sia scritta da qualche parte, magari in un libro con il nostro nome inciso sopra. Invece no, la nostra vita dipende solo ed esclusivamente da noi.
Lo riposi accuratamente dietro il libro di matematica e chiusi la cerniera, guardandomi attorno. Lo sguardo passava veloce da un mignolo all’altro, finche’ non ne trovai uno spoglio.
Non poteva essere.
Alzai lo sguardo, incontrando due occhi di ghiaccio che mi fissavano smaniosi. Il cuore fece un balzo, e con forza strinsi il poggia gomiti a cui mi reggevo.
Non può essere.
Perché non ha il filo? Iniziai a ripensare alle varie leggende di cui avevo letto, per un momento allungai la mano verso lo zaino per poter ricontrollare il libro, ma lo sguardo di ghiaccio era attento, fissava ogni mia mossa,  lo vidi stringere la mascella e minacciarmi con gli occhi.
Sa cosa tengo lì dentro. Vuole uccidermi. Zittii il mio inconscio, deglutendo. Pensa Rain, pensa.
Ho mai detto a qualcuno del mio segreto? No, mai. Nemmeno a mia madre.
Qualcuno ha mai letto il mio libro? No, non credo.. ma Tomas ogni tanto fruga tra le mie cose quindi… Si la possibilità c’è, ma non vedo come possa aver detto qualcosa a questo tizio che può avere al massimo due anni in più di me che continua a fissarmi, dandomi sui nervi. Ricambiai lo sguardo, studiandolo. I suoi capelli erano castani, con qualche sfumatura bionda, nessuna barba incolta ricopriva gli zigomi alti o la mascella. Stringeva le labbra carnose, fulminandomi con lo sguardo. Continuai a fissarlo, scendendo verso la mano.. e niente. Nessun filo! Ne nella sinistra ne nella destra. Rialzai lo sguardo, incerta. Poteva avermi scambiato per qualcun’altra? Magari una sua odiata ex? Chissà quante ne ha avute… Si, era proprio da me fare pensieri su un ragazzo che poteva essere il mio assassino. L’autobus continuava a riempirsi ed a svuotarsi passando dalle varie fermate, ne mancavano ancora due alla mia scuola, ed io continuavo a stare immobile sul sedile, indecisa sul da fare, senza staccare mai i miei occhi dai suoi. Alla fine fu lui ad interrompere il contatto scese ad una fermata prima della mia, mi lanciò un’occhiata neutra prima di scendere dall’autobus per poi continuare a fissarmi finche’ il conducente non svoltò l’angolo. Sospirai.
Spero di non incontrarlo più.
L’atrio verdeggiante della scuola mi diede il benvenuto, controllai l’orario. Le 8.20, non male. Cercai Jessika tra la folla finche’ non la vidi, meravigliosa anche nei suoi jeans larghi mi salutò sorridendo.
“Che faccia! Hai incontrato un fantasma?” ridacchiò.
 Peggio. “No, sai com’è.. non riesco mai a svegliarmi all’orario giusto e come al solito ho fatto di fretta, rischiando di perdere l’autobus. Tu, piuttosto.. come mai di buon umore? Oggi abbiamo chimica ti ricordo”
Alzò gli occhi al cielo, riavviandosi i capelli neri. “Grazie per avermelo ricordato, anche se la notiziona che sto per dirti potrebbe anche farmi scordare un due in chimica.”
Fischiai, sorpresa iniziando a camminare dentro scuola. “Ho sentito da Monica che sta per arrivare un nuovo alunno”
Sentii un groppo in gola salirmi, insistente. “Maschio o femmina?”
Alzò le spalle, aprendo il portone trasparente. Immediatamente, l’aria calda e familiare dell’istituto mi rilassò i muscoli, ma non abbastanza. “Non si sa. Però ammettilo, è una cosa strana che quasi all’inizio delle vacanze di Natale arrivi qualcuno”
“E’ una cosa strana che qualcuno venga qui!” la corressi. La scuola non è una delle migliori, e ovviamente chiunque sceglierebbe quella più lontana ma più prestigiosa rispetto a questa, dove i professori scopavano allegramente nei camerini.
Sbuffò. “Non fare la perfettina, è una cosa straordinaria! Pensa se è un ragazzo, magari un figone da paura” incominciò a battere le mani contenta, saltellando sul posto.
Si, come quello sull’autobus.
“Pensa se magari è una ragazza, oppure un nerd patentato con tanto di occhiali rotondi e acne perfino dietro le orecchie”
Storse il naso, entrando in classe “Che schifo!”
Nemmeno il tempo di salutare i miei compagni, che voilà, la professoressa era già qui e intimava gli studenti di sedersi.
“Bene ragazzi, oggi voglio presentarvi il nuovo studente, che per nostra e vostra fortuna è in classe con noi!” annunciò, contenta.
Wow, nemmeno l’appello? Si, perché sarà sicuramente un figo da paura e la Brook vorrà sicuramente farselo.
Risi sotto i baffi, mentre vedevo la Brook sorridere contenta sotto i suoi neri, quasi quanto il preside. 
Aspetta, nuovo studente? Maschio… oddio, no, per favore!
Mi misi le mani nei capelli mentre un senso di angoscia si faceva sempre più insistente, e il groppo alla gola cominciava a dolermi.
Vedevo Jessika fissarmi curiosa e preoccupata, probabilmente dai miei improvvisi cambiamenti d’umore. La Brook continuò, meritandosi le mie imprecazioni.
“Viene dall’Australia ed è un anno più grande di voi, poiché è stato bocciato. Accomodati pure, Cameron”
La porta verde vomito della classe si aprì, e con mia grande sfortuna occhi di ghiaccio trovò subito il mio sguardo. Sfiga doppia, perché le mie compagne seguito il suo sguardo magnetico,  mi fissavano minacciose, mentre Jessika noncurante si perdeva in quei occhi che a me fanno accapponare la pelle.
“Lui è Cameron De Franchi, e sarà vostro compagno fino al diploma”
Dei gridolini repressi continuavano a ripetersi, mentre nella mia testa urlavo. 



Intanto, vi ringrazio per essere arrivati fin qui, e mi scuso per il penoso capitolo ma quando un'idea mi balena in testa non riesco a non imprimerla per iscritto. Ho deciso di postarla qui per vedere qualche reazione, ma non mi aspetto molto. Mi scuso se trovate errori grammaticali o altro e vi prego di informarmi se ne trovate! Per chi volesse sapere il volto di occhi di ghiaccio guardi qua: http://i50.tinypic.com/25qq4x2.jpg
Se qualcuno vorrà seguire questa storia e avrò abbastanza recensioni nel prossimo capitolo, postero anche il link della foto della protagonista. 
Baci :* badapple. 
   
 
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