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Autore: Black ashes    20/12/2012    1 recensioni
Sophie: diciassette anni, capelli rossi, occhi color cielo e vita normale. Scuola normale, casa normale, famiglia normale, fidanzato normale.
Il diciannovenne Jack è, invece, il contrario: è sempre stato anormale, è sempre stato diverso. La sua è una vita nomade, totalmente inadatta ai deboli, ai fragili.
Infanzia piena di tristezza, di dolore, di lacrime.
Tutti hanno sempre visto Jack come quello diverso, così lui ne ha fatto un lavoro, uno stile di vita.
Jack ha sempre colpito la gente, ma questa ragazza ne sarà colpita in modo diverso.
Genere: Erotico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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4.


Rientrai in casa e accesi le luci.
Meg corse in camera sua e tornò in sala trafficando con bambole e vestitini vari.
Andai in cucina con Kirk e riempii una tazza con acqua di rubinetto, poi la misi nel microonde e tirai fuori tè verde e zucchero di canna, in silenzio.
«Te la sei presa per quel coglione?» Domandò Kirk, mentre tiravo fuori la tazza dal microonde e mettevo la bustina nell'acqua bollente.
«No, figurati... solo non ho capito perchè trattarmi così. Non credo di aver detto nulla di male.» Aggiunsi lo zucchero.
«Mi sono trattenuto solo perchè poi ti saresti incazzata.»
«Hai fatto bene. Te l'ho detto un milione di volte di lasciarmi discutere da sola.» Mi sedetti davanti a lui, che aveva preso posto contro il muro. «Vuoi qualcosa da bere?» Indicai la caraffa di caffè sul piano della cucina.
Scosse la testa. «Sono a posto.»
«Non dovevi passare in Università a prendere i libri?» Bevvi un sorso ustionante, ma ignorai il calore.
Sorrise. «Era una scusa per portarti via. Te lo guardavi troppo, quello psicopatico.»
Sorrisi anch'io, fissando il tavolo. «Non lo stavo guardando. Non troppo, almeno.»
«Mai quanto tua sorella. Che per la cronaca, non ha un filtro tra cervello e bocca.»
«Nemmeno con le gambe: manco Bolt l'avrebbe superata mentre si buttava sull'an... sul ragazzo.» Guardai sopra la spalla di Kirk e la vidi giocare in salotto, facendo volare il Ken dai capelli neri nell'aria.
«Beh, almeno non si è incazzato quando tua sorella gli è saltata addosso.» La voce di Kirk riportò il mio sguardo sul suo viso.
«In effetti è stato dolce con lei, a suo modo.» Finii il tè velocemente e mi misi in piedi sulla sedia per raggiungere la pianta finta sulla mensola. Tirai fuori dal vaso un pacchetto di sigarette e ne sfilai una, poi rimisi a posto tutto.
«Esco un secondo.» Dissi, accendendola con la fiamma azzurra della cucina.
«Ti seguo.» Kirk e io salimmo in terrazza, io a velocità razzo prima che Meg sentisse l'odore del fumo.
Mi sedetti su una seggiola di plastica e presi un tiro.
Anche Kirk si accese una Lucky Strike e si sedette accanto a me. «Come va con tuo padre?» Domandò.
«Come vuoi che vada? Male, ovviamente.» Sorrisi amaramente.
«Ti stressa ancora per la scuola?»
«Sì, ma è la cosa migliore. Sembra che gli importi solo di se stesso. Eppure ogni volta mi dice che io e Meg siamo la cosa migliore della sua vita e tutte quelle stronzate da padre orgoglioso... ipocrita di merda.» Sospirai.
Finimmo le sigarette e scendemmo.
Kirk mi salutò con un bacio sulla porta e mi sussurrò che quando lui diceva che ero la cosa migliore della sua vita era vero. Salutò Meg prendendola in braccio e lei gli baciò una guancia, poi entrò in macchina e se ne andò.
Dopo una decina di minuti, mamma entrò con due buste della spesa e mi guardò: «Come è andata al circo?»
«Benissimo! Io e il ragazzo con le ali ci sposiamo!» Strillò Meg, saltando sul divano. «Però secondo me piace anche a Soph!»
«Certo, certo. Preparo io la cena, passa qua.» Presi i sacchetti e me ne andai in cucina sentendo gli occhi di mamma trapanarmi la schiena.

La mattina dopo mi svegliai con un senso di nausea alla bocca dello stomaco.
Scesi e incrociai mamma che faceva colazione con il suo solito caffè e latte, già vestita e pettinata.
«Lunedì.» Dissi, sbuffando.
«Ultima settimana di scuola!» Mi disse tutta frizzante lei. «Non sei contenta?»
«Gne gne.» Risposi io, facendole la linguaccia e versandomi il caffè caldo nella tazza vuota. Il sorso bollente mi svegliò un po'.
«Vuoi un passaggio a scuola?» Domandò.
«No, prendo il pullman.»
Lei arricciò il naso. «Non capirò mai come fai a bere il caffè senza zucchero.»
«Come sei limitata. Open your mind, Susanne.»
«Non riesco ad aprire la mente il lunedì. Oh mio Dio, il lunedì mattina alle sette meno un quarto no.»
Feci spallucce. «Per le 13 potresti provare.»
«Forse.» Si alzò e mi baciò la fronte passandomi accanto. «Ti porto giù una maglietta. Quale vuoi?»
«Beatles.» Risposi, poi finii il caffè e andai in bagno. Mi feci la doccia e lavai i capelli, poi scesi e mi vestii.
Presi lo zaino, salutai e uscii di casa.
Aspettai il pullman e salii.
Fu allora che mi bloccai fra i sedili.
  
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