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Autore: BaschVR    21/12/2012    0 recensioni
Ricorda ancora ognuna delle parole che lei diceva alla Mela Marcia, ogni sera. E le canzoni che ogni tanto cantavano insieme, una di fianco all'altra. Era un locale dimesso, in uno dei vicoli secondari di una città senza nome, pieno di personaggi strani, forse un po' matti, forse soltanto un po' soli. C'era venuta quasi per sbaglio, è vero, eppure non era più riuscita a lasciarlo. O almeno, fino a quel giorno.
Genere: Drammatico, Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Brittany Pierce, Quinn Fabray, Rachel Berry, Santana Lopez, Un po' tutti | Coppie: Brittany/Santana, Quinn/Rachel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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II. Notte – Dead End.
 
Sam la contatta che è già quasi sera. Il telefono squilla all’improvviso all’interno della borsa e la desta dai suoi pensieri, quasi con violenza, nel crepuscolo crescente che mitiga l’aria del giorno. Sta tornando a casa – si sente un po’ stanca, ha mal di testa e vorrebbe passare una serata tranquilla, raggomitolata davanti alla fiamma pulsante di un camino acceso, ed è per questo che sospira brevemente, d’un tratto, prima di schiacciare il tasto di rifiuto della chiamata.
La sera l’ha colta di sorpresa e l’ha resa inquieta, ansiosa, l’ha costretta ad accelerare il passo nella speranza di tornare presto in una casa vuota e oscura, ancora disfatta così come l’ha lasciata al mattino. E’ triste, non sa neanche il perché, ma si accontenta di ritrovare se stessa  nell’oscurità crescente di un’ennesima serata passata tra le ombre vaghe del suo salotto piccolo, trasandato, le gambe piegate e strette sul tappeto rosso pieno di buchi e consunto ai lati.
Ci sono poche persone, nella vita di Quinn, e quasi tutte la conoscono solamente di sfuggita. C’è un collega al lavoro che ogni tanto la fa ridere, durante le interminabili notti in attesa che il giornale venga pubblicato in tempo, e di cui a volte non ricorda neppure il nome. Poi c’è la portinaia del palazzo che le cucina i peperoni e che spesso rimane da lei per cena, ma ha 70 anni e l’Alzheimer le ha mangiato il cervello, perciò la crede la figlia incinta morta in un incidente stradale e passa la metà del tempo a strigliarla e l’altra metà a chiedersi dove sia finito suo nipote. E poi c’è anche quel gatto ciccione che ha rotto il vetro della finestra e da allora vive con lei, perché non ha i soldi per riparare la finestra ma ha abbastanza denaro per prendersi cura di un gatto, anche se quel particolare gatto mangia solo salsicce e a conti fatti magari una finestra costa meno. Ma poco importa, dopotutto: perché quando di inverno lei ha freddo stringe forte il gatto, e quando il gatto ha voglia di salsicce si stringe forte a lei (ma forse perché in realtà spera di mangiarla).
Il respiro condensa nella fredda aria della sera e la riporta alla realtà, mentre un brivido di freddo le percorre la schiena e la costringe a sospirare, ancora una volta. Il telefono squilla di nuovo, e il numero di Sam appare sul display illuminato. Chiuso nel palmo della sua mano, il cellulare che vibra produce un gradevole tepore.
“Come ti va?” fa la voce dall’altra parte della cornetta, in tono giovale. “Mi annoiavo”.
Quinn si schiude in un sorriso. “Ho appena finito di lavorare.”
“Oh, pure io. O forse non ho mai cominciato…”
“Questo mi sembra molto probabile.”
La voce di Sam sorride, ed è calda, e morbida, e la fa stare meglio. Si stringe nel suo cappotto con la mano sinistra, continuando a camminare, aspettando che sia l’altro a condurre la conversazione, perché ormai sa quanto gli piaccia parlare e quanto ciò lo faccia sentire bene.
“Alloraaa… ti andrebbe di uscire stasera? Ti porto in un posto, se ti va…”
“Sai, quando mi hai detto che mi avresti chiamato non immaginavo l’avresti fatto immediatamente...”
“E’ che mi piaci, suvvia.” Le piace che il tono di Sam si sia fatto implorante, anche se sa che sta solamente scherzando; ma forse questo il ragazzo l’ha capito, e magari non è neanche stupido come vorrebbe far credere.
“Okay, va bene, hai vinto tu” cede alla fine. “Dov’è che andiamo?”
“Lo conosci la Mela Marcia?” chiede lui, sorridendo.
“No, è spero che il nome non rifletta il menù della casa.”
Il ragazzo sbotta in una risata grossa. “No, no, è un pub. O una taverna, non so. Alcuni la definiscono una bettola, ma è carino da quando hanno tolto tutti i topi. Sto scherzando!” si affretta ad aggiungere lui, riuscendo a scorgere il disappunto di Quinn tramite il suo silenzio. “Ci divertiremo alla grande, magari ti presento ai miei amici. Sono simpatici… certo anche un poco fuori di testa, ma simpatici…”
 
 
 
 
Lui le ha dato l’indirizzo della Mela Marcia e lei l’ha scritto in un foglietto che adesso tiene stretto tra le mani. Il biglietto è malconcio, incartapecorito, in realtà quasi illeggibile, perché è da poco ricominciato a piovere e questo l’ha costretta ad aprire l’ombrello giallo che si porta dietro fin dalla mattina. Non è passata a casa a cambiarsi – non ha tempo, e comunque da una parte non ha più neppure la voglia. Il gattone ha abbastanza salsicce, la portinaia ha i suoi peperoni e la camera da letto gelida con la finestra rotta può aspettarla ancora per qualche ora.
Cammina veloce, lo sguardo perso tra mille pensieri, mentre la pioggia scivola sull’asfalto ruvido accanto a lei. Calpesta una pozzanghera e impreca sottovoce, ma ormai è vicina al locale e non ha senso prendersela più di tanto, e poi ha troppo freddo per restare ancora un minuto di più per le strade gelide di una periferia qualunque di una città in cui vive da troppo poco.
Infine, giunge alla Mela Marcia. Tende una mano verso la maniglia e tutti, all’interno, si voltano verso di lei che entra, facendo tintinnare il campanello al di sopra della porta.
“Sei venutaaa!” e una scimmia urlante le si aggrappa al collo.
“C- che?”
Sam lascia andare la presa, ricomponendosi. “Scusa, volevo prenderti di sorpresa…”
“Eh, ci sei riuscito…”
“Scusa.”
Quinn sorride mentre il ragazzo lascia andare la presa, un po’ imbarazzata dal suo comportamento infantile.
“Ehy, vedi di non farla scappare prima ancora di avercela presentata!” esclama una voce dall’altro lato del locale in tono giovale.
“Sta’ calmo, Puck, l’ho vista prima io!”
“Ehm, io sarei qui davanti a te” gli fa notare Quinn, un po’ a disagio.
“Sssh, ti sto salvando da Puckerman, mi ringrazierai quando lo conoscerai meglio.”
Sam le lancia un’occhiata complice e le strizza l’occhio, poi la invita a seguirlo per lo stretto corridoio tra due file di tavoli rotondi, trascinandola per la mano. I suoi passi risuonano per il pavimento a scacchi del locale, sovrastando il suono sommesso del Jazz che sta suonando fin dal suo arrivo. E’ un locale piccolo, quasi una stanza, con un bancone di legno in un angolo e una ragazza che è poco più che una bambina al di là di esso. I loro sguardi si incrociano per un momento e quella le sorride affabilmente, prima di ritornare alle sue occupazioni con lo stesso carezzevole riso sul volto.
“Ma è legale?” chiede Quinn accennando con il volto alla ragazzina che sta servendo un cocktail a un uomo di mezza età.
“Mpfh.” Lo sguardo di Sam si fa per un attimo serio. “Non farti ingannare, Cloto è più vecchia di quanto possa sembrare… così come questo posto. Allora, pronta a conoscere gli altri?”
“Com… Oh, sì…” fa Quinn, distogliendo lo sguardo dalla ragazzina e fissandolo sul tavolo verso cui Sam l’ha guidata.
 
 
 
 
 
Sono quattro i ragazzi seduti attorno a uno dei tavoli rotondi della Mela Marcia, e tutti e quattro la salutano non appena si siede, un po’ imbarazzata, maledicendosi per aver accettato con tanta noncuranza l’invito di Sam.
“Allora. Quella è Santana…” le indica la ragazza di fronte a lei, che la saluta con un cenno della testa e un sorriso appena accennato sul viso “quell’altra Brittany…” la bionda accanto a Santana la osserva con sguardo curioso, senza proferire parola “lui è Puck” il ragazzo che ha urlato prima contro Sam, stravaccato sulla sedia, le fa un cenno con la mano “e lui è Finn” e il ragazzo accanto a lei le porge goffamente la mano sudata.
“Lieta di conoscervi…” risponde Quinn alle presentazioni, non riuscendo a scacciare la tremenda sensazione di essere decisamente fuori luogo.
“Il piacere è tutto nostro. DECISAMENTE NOSTRO…” fa Puckerman raddrizzandosi sulla sedia di legno per osservarla meglio.
“Oh, il piccolo Puckerman si è svegliato…” commenta Santana con un sorriso strafottente sulle labbra.
“Pfff. Non è che faccia tanta differenza” commenta Finn.
“No, non mi riferivo al bestione qui accanto, se capisci quello che intendo” lancia uno sguardo d’intesa a Brittany ed entrambe sogghignano a bassa voce.
“Ridete pure, dai, bel modo di presentarsi agli sconosciuti. Adesso mi crederà un maniaco…”
“Come se non ti fossi già fatto riconoscere da solo” rispose Santana ridendo tra sé.
“Non ti credo un maniaco…” afferma Quinn per quietare gli animi, riuscendo soltanto a far sbellicare Santana ancora di più.
“Beh, perché non lo sono. O almeno, non più di quanto non lo sia Santana, che è anche un po’ facile se vogliamo dirla tutta.”
Santana gli tira un calcio da sotto il tavolo e lui si piega, sulla superficie levigata di legno, con una smorfia a metà tra il dolore e il riso. “Puckerman, a Lima Heights facciamo il culo ai tipi come te!”
“Oh, e piantala, lo sappiamo che tuo padre fa il medico!”
Sam si avvicina al suo orecchio, parlando sottovoce. “Santana si crede la padrona del ghetto. Puckerman invece è soltanto un idiota, ma gli vogliamo bene così com’è.”
“Beh, sono… simpatici” gli risponde lei a bassa voce, con un mezzo sorriso. “E siete solo voi cinque?”
“Beh, no, di solito viene anche Rachel…” afferma Sam, tra sé. “Ehy, quando arriva Rachel?” chiede agli altri, ponendo fine al battibecco tra Puckerman e Santana.
“Aveva tanto lavoro ma verrà non appena può” afferma Finn, guardando l’orologio distrattamente. “Ti piacerà, Rachel” afferma poi, rivolto a Quinn. “E’ la migliore. Anche se a volte è un po’ rompiscatole.”
Santana scoppia in una risatina maligna. “Già, GayBerry è soltanto leggermente fuori di testa.”
Quinn ha voglia di dirle che neanche lei le sembra troppo normale, ma è troppo educata per farlo e ha fin troppo mal di testa per discutere, perciò si limita a sorridere cordiale e a stritolare il braccio di Sam, che si lascia sfuggire un gemito appena accennato dalle sue labbra.
“Devi spiegarmi parecchie cose su di loro…” borbotta la ragazza, a metà tra il confuso e l’incredulo.
Sam, da parte sua, si schiude in un sorriso che si espande lungo tutto il suo volto. “Non c’è niente da spiegare” afferma poi, guardandola negli occhi. “Loro sono così. Tutta sta nel saperli accettare così come sono. E’ la chiave di tutto.”
 
 
 
 
 
Ed è davvero la chiave di tutto, se ne rende conto persino lei. Le discussioni dei ragazzi attorno a quel tavolino rotondo, di legno, sono eccentriche, bizzarre, singolari nei toni e nei discorsi, scanzonate e mai davvero serie.
Lei e Sam si alzano per prendere da bere, e a grandi passi si dirigono verso il bancone dove la ragazzina, annoiata, gioca con un gomitolo di spago attorcigliandolo attorno al proprio dito.
“Ciao!” la saluta Sam, con un cenno della mano, mentre quella gli sorride in risposta. “Due whisky, per favore. Metti tutto sul mio conto.”
La ragazza fa scorrere il liquido dorato in due bicchierini di vetro, senza parlare.
“Graaazie. Sei sempre la più carina, tu!” Sam le fa l’occhiolino in maniera complice, e la ragazza gli sorride abbassando lo sguardo.
Il bicchiere è freddo, a contatto con le sue mani. Sam guarda il fondo del suo whisky, pensieroso, scegliendo di non parlare, e anche lei fa così, osservando il liquido ambrato che tiene tra le mani.
“Sei nuova, tu.”
La ragazzina le si rivolge con tono quasi inquisitorio, ma il suo sguardo tradisce una dolcezza non comune. Forse non è poi così giovane.
“Sì… piacere, mi chiamo Quinn.”
“Io sono Cloto.”
 “E’ un nome... insolito, direi.”
“Vallo a dirlo a mia madre!” commenta quella, continuando a giocare con il gomitolo di spago.
“Non ho detto sia brutto.”
“Nemmeno io.” Cloto distoglie lo sguardo, osservando il bancone vuoto e le venature bianche del legno. “Rimani qui molto?”
“Non credo, non credo proprio. Devo andare al lavoro, domani mattina” risponde Quinn, sospirando al pensiero del buco nella finestra dell’appartamento.
“Che peccato, mi piacevi” fa lei, un po’ triste. “Magari puoi aspettare l’arrivo di Rachel. Sono sicura che le piacerebbe tanto conoscerti.”
“A meno che non spalanchi la porta proprio adesso, non credo arriveremo ad incontrarci, mi dispiace…”
“Oh.” Cloto la osserva un momento negli occhi, poi distoglie lo sguardo, continuando ad arrotolare il gomitolo di spago sul suo dito. “Io devo andare, allora. Darò il cambio a mia sorella maggiore, se ti va.”
“Hai avuto una giornata dura?” chiede Quinn, interessata.
“Non poi così tanto. E’ mia sorella che fa il lavoro sporco.”
“In effetti è Atropo che pulisce il porcile che lascia Puck ogni sera” si intromette Sam mentre scodella il suo bicchiere di whisky. “Ma comunque Cloto ha ragione, dovresti aspettare Rachel. Sono sicuro che andreste molto d’accordo.”
“Sul serio, hai visto quanto mi sveglio presto la mattina. Finirò per fare tardi… puoi dire tu a Rachel che la saluto, se proprio ti va.”
Sam la guarda, un po’ confuso. “Ma se nemmeno la conosci!”
“Beh, l’hai detto tu che abbiamo molto in comune. Sono sicura che ci saremmo piaciute.”
 
 
 
 
 
Dieci minuti dopo è nuovamente per strada, a stringersi sul suo cappotto troppo corto e a tenere in mano l’ombrello giallo per proteggersi dalla pioggia che si abbatte violenta e imperturbabile per le strade di periferia della città. Mette un piede dopo l’altro, sospirando, perché  è lontana da casa e sente freddo, molto più freddo di quanto non potrebbe sentirne nella propria camera da letto seppellita dal gatto ciccione. Quasi rimpiange l’atmosfera soffocante della Mela Marcia, ma è troppo tardi, perché ha salutato tutti pochi minuti prima e ha promesso a Sam che lo richiamerà il giorno dopo, quando sicuramente starà meglio. Forse. Sì, probabilmente lo chiamerà davvero, dopotutto è stata una serata piacevole. Ripensa a Sam, e Cloto, a Santana e a tutti gli altri bizzarri avventori della Mela Marcia, e,quasi senza che riesca ad accorgersene, si schiude in un sorriso. Poi ripensa a Rachel, che non ha conosciuto ma che è così simile a lei, e il pensiero, per la prima volta nel corso della serata, la rasserena un po’,  e le distende il  respiro così affannoso e ansimante. Sì, magari presto riuscirà a conoscere anche lei. In un certo senso le sta già simpatica.
C’è una luce, adesso, alla fine della lunga strada che sta percorrendo sotto la pioggia: e addirittura, guardando meglio, riconosce il fanale illuminato di un’automobile, e un individuo alla guida, forse una donna, che preme sull’acceleratore come è solito fare chi è in ritardo e non vuol far attendere neanche un minuto di più.
Se ci spostiamo all’interno dell’abitacolo fiocamente illuminato dalla luce sbiadita dei lampioni, osserviamo una donna che corre per le strade, i lunghi capelli scuri che le cadono sulle spalle, mentre impreca sottovoce e si costringe a pigiare con più forza sull’acceleratore. Il cellulare, disperso in una delle tasche del suo cappotto, squilla improvvisamente e la riporta alla realtà; lascia andare il volante e si stira per afferrarlo. Due parole lampeggiano sul display illuminato, un sms.
Dove sei????
Mpf, Finn. Rachel si ritrova a sospirare, mentre abbandona lo sguardo dalla strada e schiaccia il tasto di invio risposta.
Sto arrivando. Lo scrive in fretta, sovrappensiero, distogliendo lo sguardo per più di dieci secondi: e mentre Quinn cammina davanti a lei, gli occhi che si spalancano per la sorpresa, capisce che non può più far nulla per evitare l’impatto, e la ragazza sfonda il parabrezza  schiantandosi sull’asfalto, diversi metri più in là.
Centinaia di metri più in là, alla Mela Marcia, Atropo, appena giunta a dar cambio alla sorella, sorride. C’è una macchia sul bancone, di un rosso brillante e viscoso, ma non si preoccupa poi tanto, perché sa che il suo è un lavoro sporco. Le sue mani si stringono attorno a un canovaccio e sospirando, pazientemente, comincia a scrostare le venature lucide del legno levigato. Tabula Rasa.

Vicolo Cieco – Dead End.
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No, non sono pazzo, è solamente un vicolo cielo, ma non vuol dire che la storia sia finita. Poteva finire diversamente? Decisamente sì. E allora perché è andata così? Beh, cercherò di rispondere  nei prossimi capitoli, spero. Nel frattempo, ringrazio tutti coloro che hanno letto e anche chi ha commentato, grazie di cuore :) se vi va, fatemi sapere che cosa pensate del capitolo, o della storia in generale, o anche soltanto di quello che avete capito, che forse non è molto ma vabéh. A presto con il prossimo capitolo. 
   
 
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