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Autore: Fabio93    07/07/2007    0 recensioni
Il pirata Michael Brown si vedrà costretto a combattere per riavere la propria libertà, e per farlo dovrà affrontare il temibile SoleNero. Un compito apparentemente semplice, ma il vero nemico emergerà dall'ombra insieme alle altre protagoniste della storia: le due spade...
Genere: Azione, Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ecco il secondo (lunghissimo) capitolo, voglio ringraziare tutti quelli che hanno commentato il primo, riguardo alla parte finale del capitolo non aspettatevi molte situazioni del genere (non sono pratico di queste cose…) ma spero apprezziate quel poco che ho scritto, buona lettura!

Capitolo 2: Port Royale


Si risvegliò lentamente dal profondo sonno in cui era caduto. Subito avvertì un forte dolore alla nuca, grugnì, cercando di mettere a fuoco qualcosa, ma non riusciva a vedere nulla. La stanza in cui si trovava era buia e puzzolente ed ondeggiava forte, tentò di alzarsi ma fu costretto al suolo di ruvido legno da delle pesanti catene.
Il tintinnio metallico che provocò creò del movimento attorno a lui.
«Vi siete svegliato infine!» disse una profonda voce vicino a lui.
«Sean?» azzardò il capitano.
«Sì, sono io.» confermò l'omone avvicinandoglisi più possibile.
«Cos'è successo?» gli domandò Michael, tentando di far ordine nella sua mente.
«Beh, durante l'attacco vi hanno colpito alla testa con un fucile, siete svenuto e poi ci hanno rinchiusi qui. Credo ci portino a Port Royale.» rispose Sean a voce rauca e bassa.
«Siamo a bordo del galeone?» chiese ancora.
«Sì, capitano.» gli rispose quello.
«Ho sete...» disse Michael osservando la stanza in cui era chiuso, ora distingueva le figure dei suoi uomini incatenati al muro, un po' di luce entrava dalle travi delle pareti, dovevano essere ai lati della nave.
«Tutti hanno sete, qui ci danno pochissima acqua...» disse Sean.
«Chi è rimasto di noi?» domandò il capitano.
«Siamo in dieci: voi, io, Jonatan, Duffy, il nostro timoniere Jona...» rispose facendo l'elenco dei presenti, troppo stanchi per rispondere.
Dopo questo breve discorso, il capitano tornò a sonnecchiare per risparmiare energie, cullato dal rollare della nave.
Ogni giorno, sempre puntualmente, il carceriere portava loro un bicchiere d'acqua ed occasionalmente un tozzo di pane. Questo permise a Michael di tenere conto dei giorni che passava a bordo del veliero, il quale navigava piuttosto lento; il viaggio durò una settimana, durante la quale la sete fu una compagna inseparabile.
Il sonno, nel quale il capitano restava immerso per la quasi totalità del giorno, fu interrotto dal cigolio del cancello di metallo sull'entrata della loro prigione. Accompagnata da due soldati armati, la figura bassa e tarchiata del carceriere sgattaiolò dentro scrutandoli con sguardo torvo prima di staccare le loro catene dai ganci che le trattenevano alle pareti.
«Alzatevi, topi di fogna!» ordinò loro con disprezzo. I pirati, stanchi e debilitati, obbedirono, poi sull'ordine dei soldati, uscirono fuori dalla stanza ritrovandosi a percorrere in fila indiana i corridoi della coperta del galeone inglese: erano stretti, ma caldi.
Li fecero uscire sul ponte e subito Michael respirò con avidità l'aria pura dell'esterno, che gli ridiede forza e lucidità dopo tutti quei giorni passati al buio a patire fame e sete.
Ai suoi occhi la luce diurna sembrava insopportabile nonostante fosse una giornata di nebbia, mentre percorrevano il ponte della nave il capitano si accorse di essere a Port Royale; la nebbia celava le moltissime case in muratura che si stendevano oltre l'enorme porto, ricco di grandi navi mercantili.
Nonostante il maltempo il porto era in pieno fermento: affari, probabilmente, neppure la cortina di nebbia riusciva a smorzare la vitalità, la ricchezza e la potenza che la città trasmetteva solo a guardarla.
Tramite una passerella traballante i pirati scesero a terra dove degli altri soldati in divisa rossa li aspettavano, schierandosi al loro fianco, li condussero per le vie labirintiche ed affollate del borgo.
Era umiliante vedere gli sguardi sprezzanti e disgustati della gente quando li vedevano passare. Quegli uomini che venivano condotti alla prigione, perché solo quella poteva essere la loro meta, non erano gli stessi, fieri e feroci, che poco tempo addietro avevano solcato i mari incuranti dei bastimenti da guerra che li inseguivano: ora erano delle figure piegate in due per il peso delle catene che li legavano come il fato, sporchi, dai vestiti laceri e le facce pallide ed ossute, dai passi strascicanti.
In fine arrivarono alla prigione, un edificio massiccio e rude, grigio ed austero, pieno di soldati armati o di fucile o di frusta; li condussero in una cella spaziosa ma maleodorante e umida col pavimento coperto di paglia; ce ne erano altre tre più piccole in quell'ala della prigione.
I soldati li liberarono dalle opprimenti catene e li costrinsero poi ad entrare nella cella, un silenzio afflitto e sonnolento calò sui pirati quando i soldati li lasciarono.


Era il terzo giorno di reclusione, anche lì l'ospitalità non era delle migliori, però non soffrivano più la sete né la fame, dalla piccola finestra situata poco più in basso del soffitto giungevano i rumori degli altri detenuti che sgobbavano ai lavori forzati nel cortile della galera.
«Maledizione, non ce la faccio più a rimanere chiuso qui dentro!» esclamò tutto d'un tratto Jona, coi pugni serrati attorno alle fredde sbarre della cella.
«Datti una calmata, non serve a nulla scaldarsi.» gli disse Michael, disteso sul pagliericcio sporco, con gli occhi che fissavano il soffitto.
«Meglio qui che sulla forca!» commentò Duffy mentre giocherellava col suo occhio di vetro.
«Non ne sarei tanto sicuro...» ribatté Sean, coi suoi tanti anni di onesta pirateria, abituato a scorrazzare liberamente per il mare sconfinato: soffriva più di tutti la reclusione.
Del resto l'isolamento e la monotonia delle giornate erano un nemico peggiore di quello che li attendeva alla forca, dove erano sicuri di finire prima o poi.
«Vorrei sapere perché non ci mandano ai lavori forzati...» si domandò ad alta voce Michael, sempre fissando il soffitto scrostato.
Dei passi interruppero le sue riflessioni, tutti si girarono verso l'entrata del corridoio scorgendo il carceriere, questa volta un uomo robusto e tozzo, venire verso di loro, scortato da due soldati.
Si fermò davanti alla loro cella, salutandoli con un bonario sorriso.
«State indietro!»intimarono i soldati allontanando Jona e Sean dalle sbarre mentre il carceriere apriva la cella con un sonoro stridio.
«Ebbene, Michael Brown è pregato di seguirci.» annunciò il carceriere.
Ci fu un modesto mormorio di stupore mentre il capitano si alzava e si dirigeva, barcollando per la prolungata inattività, verso il carceriere.
«Dove mi portate di bello?» chiese il pirata ai soldati, che però non lo degnarono di uno sguardo, così il capitano spostò altrove la sua attenzione.
Percorsero i labirintici ed umidi corridoi della galera, a mano a mano che passavano i detenuti di ogni cella li guardavano con aria torva, a volte spenta o con la scintilla della follia negli occhi.
Alla fine uscirono all'esterno, era una bella giornata, col cielo sgombro ed il sole caldo ed abbacinante, lo spiazzo della prigione era vasto e pavimentato, senza alberi; poco più in là della loro posizione altri detenuti lavoravano su delle impalcature necessarie a chissà quale scopo mentre i soldati, di sotto, li spronavano facendo schioccare la frusta, i limiti del cortile erano recintati con pesanti inferriate.
I soldati lo scortarono verso l'uscita del cortile per poi proseguire in un sentiero lastricato sotto il sole battente che però al pirata non dispiaceva, anzi, gli ridava vigore e lucidità; dopo qualche minuto di camminata in perfetto silenzio arrivarono al palazzo del Governatore.
Il capitano emise un fischio d'approvazione davanti alla struttura, era un edificio enorme che si estendeva su quattro piani, un'edera gli si arrampicava sui muri fino al tetto verde opaco, le finestre erano grandi e incorniciate da splendidi bassorilievi.
Passarono la porta di legno sull'entrata ritrovandosi in un corridoio arredato con sfarzo, pavimento a scacchiera, grandi dipinti sulle pareti e lussuosi lampadari. Salirono fino al quarto piano senza incrociare anima viva.
I soldati si fermarono davanti ad una porta di legno massiccia, probabilmente in quercia rossa, uno di loro avanzò e bussò con discrezione.
«Avanti!» disse una voce maschile oltre la porta.
Il soldato girò la maniglia e fece entrare il pirata, da dietro alla sua scrivania piena di fogli compilati e non, il Governatore Courney si alzò ad accoglierlo nel suo ricco abito rosso pieno di ricamature dorate, con la parrucca bianca che gli scendeva fin sulle spalle.
«Oh, che piacere... Spada Rossa, Michael Brown!» disse con un sorriso conciliante.
«E' un onore essere ricevuto dal governatore in persona!» ribatté con sarcasmo il pirata.
«Suvvia, toglietegli quelle manette e lasciateci soli.» ordinò il Governatore e subito i soldati tolsero le manette al pirata uscendo poi dalla stanza.
«Grazie!» disse loro Michael prima che uscissero massaggiandosi i polsi, approfittò di quel momento per guardarsi attorno, lo studio non era molto grande e diventava soffocante con tutti i mobili che lo arredavano: un tavolino con bottiglie di rhum, scaffali ai lati della stanza ricchi di forzieri chiusi, dipinti, una testa di cervo impagliato... solo allora Michael si accorse della presenza di Cromwell, appoggiato ad una libreria, il quale, in silenzio, vedendosi notato, salutò il capitano con un sorrisetto.
«Ebbene, cosa vi ha spinto a far venire un pirata nella vostra... umile dimora?» chiese Spada Rossa avvicinandosi al Governatore.
«Un pirata, dite bene...» rispose quello allontanandosi e prendendo a camminare apparentemente distratto per la camera «…perché è di questo che siete accusato, ed immagino ben sappiate cosa attende i pirati come voi...» aggiunse guardandolo con sguardo penetrante.
«Sapete, si dice che l'impiccagione sia uno dei modi più orribili per morire....» continuò giocherellando distrattamente con una pistola fino a poco prima appesa alla parete «La corda che vi si stringe attorno al collo, lacerandovi al pelle, il sangue che affluisce al viso, il crescente bisogno di respirare...» disse, il pirata si massaggiò istintivamente il collo «Dopo poco il vostro cervello comincerà ad urlare "aria!aria!" ed alla fine, dopo una lunga agonia sopraggiungerà la morte...» terminò con voce greve.
Il capitano deglutì, scosso, poi riprese a sorridere.
«Ovviamente voi non permetterete che io vada incontro ad una così orrenda morte....» azzardò con ironia.
«Infatti.» confermò il Governatore, lasciando il pirata di stucco; dopo un primo momento di shock Michael si mise a lavoro per intercettare i pensieri di Courney.
«Mi sono detto, perché non dare, per una volta, la possibilità ad un pirata di rimettersi sulla retta via?» raccontò avvicinandosi al tavolino coi liquori, afferrò una bottiglia contenente un liquido ambrato e due bicchieri.
«Dunque vorreste salvarmi dalla forca?» domandò Spada Rossa avvicinandosi con aria guardinga.
«Esatto.» confermò l'altro porgendo un bicchiere pieno di liquore al pirata, quello, dopo aver osservato con aria disgustata il bicchiere, scostò la mano del governatore afferrando al bottiglia.
Il Governatore attese che Michael bevesse qualche generoso sorso del liquido prima di continuare come se nulla fosse.
«Ovviamente, per l'enorme favore che vi faccio, ho bisogno che mi dimostriate che siete degno della grazia...» disse, il pirata smise di bere girandosi insospettito verso il Governatore.
«E cosa dovrei fare per dimostrare la mia buona fede?» chiese dubbioso.
«Uccidere il pirata Daniel Ritch, meglio noto come SoleNero.» rispose dopo un breve momento il Governatore, il pirata lo guardò come se non avesse inteso bene, ma vedendo le facce serie degli altri due, si rese conto di aver capito bene e nascose la sua preoccupazione sotto un'espressione serena.
«Perdonate la mia curiosità, ma il suddetto pirata agisce a nord dei vostri possedimenti, nelle colonie Olandesi, che interesse avete ad eliminarlo?» domandò ancora sbigottito.
«Risponderò io alla vostra domanda» disse il commodoro, parlando per la prima volta «Come ben sapete, in questo periodo fra l'Inghilterra e l'Olanda, c'è molta tensione...» continuò, aspettando che il pirata annuisse prima di continuare.
«Ebbene, l'Olanda è sul piede di guerra e sta radunando una flotta per attaccare le nostre colonie.» spiegò con aria mesta.
«Ma la vostra flotta è molto più potente, non vedo perché...» cominciò, subito zittito da un secco gesto del commodoro.
«Dite il vero, non dovremmo temere la flotta olandese, sennonché in tempi recenti l'Olanda ha stretto un patto con SoleNero, una spia ci ha riferito che, se egli si limita ad attaccare i convogli inglesi può tenersi tutto il bottino ed evitare la caccia da parte della marina olandese.» continuò guardando fuori dalla finestra dietro la scrivania del governatore.
«Supponiamo che Daniel Ritch aiuti gli olandesi in caso di guerra e, come ben sapete, Ritch ha una sua piccola flotta, rapida e potente che sarebbe un fastidio per noi.» aggiunse con una lieve smorfia al pensiero «Naturalmente non possiamo attaccare con le nostre navi il pirata in territorio olandese, per questo chiediamo la vostra collaborazione...» terminò tornando a guardare il pirata.
«Per evitare che ve la diate a gambe il commodoro vi accompagnerà nell'impresa.» aggiunse il Governatore.
Il pirata sorrise al commodoro, seppur poco lieto di averlo alle costole.
«Rendete inoffensivo Ritch prima della guerra e vi sarà data la grazia, a voi ed alla vostra ciurma, i modi ed i mezzi li lascio a voi.» aggiunse.
«Allora acc..» iniziò il commodoro, interrotto dalla porta che si aprì, tutti si girarono di scatto, sorpresi, sulla soglia stava una ragazza, lussuosamente vestita, dai lunghi capelli rossi raccolti in una coda e gli occhi azzurri, il viso delicato ma forte, doveva avere vent'anni, i suoi occhi splendidi e quelli del pirata che gli stava davanti si incrociarono lasciando entrambi scossi.
Lui era di fronte ad una ragazza stupendamente bella e ricca e lei di fronte ad un ragazzo nel fiore dell'età che, nonostante il soggiorno in galera, risultava ancora bello, coi capelli folti, i denti bianchi e il corpo tornito.
«Isabella, figlia mia, cosa c'è ora?» le chiese con una nota di disperazione il Governatore interrompendo i due, intenti a studiarsi.
«Morin, la serva, ha rotto il mio splendido vaso di Singapore, pretendo che venga cacciata!» spiegò lei evidentemente furiosa.
"E così è la figlia del Governatore... interessante..." pensò il pirata con un lieve sorriso sempre osservandola.
«Ci penserò poi, ora non posso, ti prego va' via.» le rispose seccato Courney; la ragazza fece un'espressione contrariata, poi arretrò, fece un inchino al padre ed al commodoro e girandosi, prima di uscire, lanciò un languido sguardo a Michael.
«Stavamo dicendo?» chiese il pirata tornando ad osservare il commodoro.
«Giusto...allora, accettate?» domandò il commodoro con un sorriso incoraggiante.
“Altro che grazia…se m’imbarco in questa cosa rischio di farmi far la pelle da Ritch…e di far tornare lui…ma, dovendo scegliere fra una probabile morte e una sicura…” ragionò per qualche istante Spada Rossa sotto gli sguardi ansiosi dei presenti.
«Molto bene, accetto!»disse il pirata posando la bottiglia di prima, ormai vuota, sulla scrivania del governatore.
«Ebbene…» disse Courney sedendosi, rilassato «La vostra nave è in riparazione, sarà pronta fra due settimane, nel frattempo potrete girare libero per la città.» spiegò.
«Ed i miei uomini?» chiese Spada Rossa.
«Resteranno qua fino alla partenza, come assicurazione sulla vostra fuga» disse Cromwell.
«Bene, bene, allora… dal momento che sono libero, potrei riavere i miei effetti personali?» chiese il pirata portando le mani al petto nudo per enfatizzare le sue parole.
«Certamente.» assicurò il Governatore «Gerald!» chiamò, subito entrò nella stanza un servitore evidentemente rimasto in attesa «Porta gli effetti del signor Brown.» ordinò al servitore che, con un inchino si congedò, tornando poco dopo con tutto quello che il pirata aveva prima di essere catturato, probabilmente avevano dato per scontata la sua scelta.
Si vestì in fretta con un sorriso soddisfatto nel sentirsi ancora i suoi abiti addosso, poi tastò la tasca destra della giacca, scoprendola vuota si avvicinò al servo.
«Non è che avete dimenticato qualcosa?» gli domandò scrutandolo torvo, senza contare che il servo era più basso di tutta la testa.
«No, signore...»rispose timidamente Gerald, il pirata avvicinò la sua bocca all'orecchio dell'altro.
«Sicuro, sai c'era un sacchetto con cinquanta dobloni d'oro nella mia giacca...?» spiegò, con finto fare conciliante.
«Sarà andato perso...» si difese il servo.
«Uhm, non è che te lo sei messo...» disse piano «In tasca?» concluse alzando la mano contenente un sacchetto pieno di monete appena prelevato dalla tasca di Gerald, quello, con aria mortificata, scomparve oltre la soglia della porta.
«E' stato un piacere conoscervi!» disse al Governatore, poi salutò i due uomini sfiorandosi il cappello ed uscì gongolante dalla stanza, con la spada che tintinnava ad ogni suo passo.
Percorse in fretta il corridoi della casa, desideroso di trovarsi all'esterno, proprio mentre allungava la mano per aprire la porta dell'uscita, una voce lo bloccò.
«Aspettate di grazia!» lo pregò una serva anziana ed in carne che correva verso di lui, Michael si bloccò, sorpreso, quando lo raggiunse, gli porse un biglietto.
«Da parte di Miss. Courney.» disse semplicemente allontanandosi immediatamente, il capitano fece un sorriso divertito aprendo il biglietto.

Sarebbe per me un vero piacere potervi parlare in privato, che ne dite se ci vedessimo domani alle quattro di pomeriggio alla collina con la chiesa abbandonata di S. Juan?

Le parole erano scritte in bella calligrafia ed il foglio aveva un vago profumo femminile, un profumo che il pirata non sentiva da tempo.
Il capitano ridacchiò ad un simile invito uscendo all'aria aperta, respirando a pieni polmoni la brezza che portava con sé l'odore della libertà.


Era quasi arrivato in cima alla collina dove doveva trovarsi il luogo d'incontro con Isabella; aveva passato il giorno prima a girare per la città, si era comprato un pranzo abbondante e dei vestiti nuovi, poi aveva chiesto informazioni su dove fosse la suddetta chiesa ed aveva preso alloggio in una locanda di periferia.
Arrivò in cima e tirò un sospiro di sollievo, proprio lì sorgeva la chiesa, un edificio semi-distrutto ed invaso dalle erbacce e dai rampicanti, solo il campanile era intatto e si ergeva fiero a dominare la baia al di sotto della collina.
Da quel punto si aveva un magnifico panorama del mare calmo e placido sotto il sole calante.
«Vi aspettavo mezz'ora fa...»disse un voce alle sue spalle, il pirata si girò di scatto, colto di sorpresa, davanti a lui, appena uscita dalla chiesa in rovina, stava Isabella, magnifica, con un abito dorato che sembrava risplendere di luce propria riflettendo i raggi solari, i suoi occhi, grandi e profondi, lo guardavano con malizia.
«Perdonatemi, mi si deve essere rotto l'orologio.» affermò lui con un sorriso, Isabella ridacchiò avvicinandoglisi fino a quasi sfiorarlo.
«Allora Miss. Courney, cosa vi spinge a chiedere un incontro con un uomo come me?» chiese Michael scrutandola dall'alto in basso con un sorriso soddisfatto in volto.
«Mi chiedevo cosa si provasse a conoscere un pirata...» rispose semplicemente lei, era stata, in effetti, più la voglia di trasgressione, il gusto del pericolo che l'attrazione fisica a farle scegliere di incontrare quell'uomo.
Si sedette sull'erba, facendo segno al capitano di sedersi affianco a lei.
«Ebbene, perché non mi parlate un po' della vostra vita da pirata?» propose lei, lui iniziò un lungo discorso descrivendo le sue prime razzie, di come avesse preso la sua barca, di come ci si sentisse a veleggiare libero per il mare...
Il sole stava ormai tramontando quando lei fu costretta ad interromperlo, mettendogli un dito sulle labbra.
«Mi dispiace, ma devo lasciarvi, ora, sennò mio padre si preoccuperà...» gli disse alzandosi e sistemandosi il vestito.
«E' un vero peccato... spero di potervi rincontrare uno di questi giorni..» rispose lui alzandosi e sperando che la ragazza accettasse.
«Se vorrete rivedermi, vi basterà tornare qui alla stessa ora, fino al giorno della vostra partenza.» rispose Isabella con un languido sorriso prima di iniziare a ridiscendere la collina.
Il capitano sorrise e si rimise a sedere, guardò il sole tramontare, ma in realtà i suoi occhi non vedevano l'astro diurno svanire oltre l'orizzonte, troppo impegnati a rievocare l'immagine di lei.
   
 
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