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Autore: Edithed_    21/12/2012    0 recensioni
Lei è Andromeda.
E' chiusa, scontrosa, impossibile, determinata, irascibile, intransigente, testarda, schietta, misantropa, cupa, aggressiva, orgogliosa e un'altra sfilza di aggettivi non proprio carini che potremmo affibbiare ad una diciannovenne. Un giorno incontrò un uomo, un uomo fuori dal comune, un pazzo. Un pazzo con una cabina blu. Un pazzo con una cabina blu, che la portò a vedere l'universo.
Genere: Avventura, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Doctor - 11, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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-“Dove vuoi andare?”- Le gridò dall’altro lato della sala di controllo, scivolando sul pavimento di vetro e sbatacchiando scompostamente il petto sulla console.
-“Dove voglio andare?”- Andromeda aggrottò le ciglia, avvicinandosi verso il ragazzo per soccorrerlo, in caso si fosse sfracellato la testa. Forse gli avrebbe fatto persino bene, magari lo avrebbe risanato – pensò.
-“Sì, sì! Da dove vuoi cominciare?”- Il ragazzo fece forza sul bordo della console, tirandosi violentemente all’indietro, scuotendo convulsamente la testa-“Woargh. Giurerei di aver perso qualcosa.”- Batté dunque con le nocche la mano destra sul cranio, serrando gli occhi. Andromeda alzò sarcastica un sopracciglio, cercando di velare allo sguardo del ragazzo una risatina malvagia, sfuggitale involontariamente per riflesso.
-“Stai ridendo?”- L’apostrofò lui.
-“Uh, io? Ridendo di te? Quando mai?”- Andromeda alzò le spalle, sorridendo beffarda, alzando le mani in segno di resa e sviando lo sguardo del Dottore, che irritato, si limitò ad emanare un profondo suono gutturale -“Allora?”
-“Allora?”
-“Eh?”
-“Cosa?”
-“Dove?”
-“Eh?”
-“Quando?”
-“Ma cosa diavolo stai dicendo?”
-“Ma voi esseri umani avete per caso una capacità innata di arrestare il vostro udito ogni qual volta lo desideriate oppure è solo la mia faccia?”
-“Più che la tua faccia penso sia il tuo cervello” – Lo squadrò seccata Andromeda, con aria di superiorità.
-“Il mio cervell- Cos’ha il mio cervello che non va?” – Il ragazzo sussultò, sbarrando gli occhi.
-“Ma come! Non lo sai?” – Iniziò la recita la mora – “Davvero non lo sai?”
-“Cosa non so? Cosa? Cosa!? Non mi piace non sapere le cose. Lo odio!” – esclamò il Dottore, prendendosi i capelli fra le mani e saltellando sul posto.
-“Oh, Dottore, mi dispiace così tanto!” – Andromeda si portò drammaturgicamente le mani alla bocca, spezzando la voce – “I-io non pensavo che tu..”
-“Cos’ho?!” – Urlò il ragazzo, esasperato – “Cosa mi è successo?! N-non voglio morire! Questo corpo è ancora troppo giovane!” – Si scrutò dunque preoccupato le mani, in cerca della classica luce rigenerativa che lo caratterizzava quando era giunto il fatidico momento, ma, non riuscendo a scovare indizi, si limito a guardare disperato la ragazza, che ricambiò con un’occhiata beffarda.  Il Dottore alzò un sopracciglio. 
–“Mi stai prendendo in giro?”
-“Ma chi? Io?” – Sbuffò Andromeda, scoppiando in una fragorosa risata.
-“Mi stavi prendendo in giro?!” – Il Dottore si portò severo le mani sui fianchi, imbronciato – “Nessuno può prendermi in giro! Nessuno ci riesce mai!”
-“Oh, non direi proprio, mascellone” – cercò una boccata d’aria lei, fra le risa che le scuotevano il corpo.
-“Tu.. Tu, ragazzina! Tu non sai con chi hai a che fare!”- Il ragazzo le puntò contro l’indice destro,  bofonchiando irritato e gesticolando agitato – “ Io sono il Dottore, la tempesta imminente! Preparati a soccomb- ” – Andromeda, sghignazzando, gli afferrò dunque l’indice, tirandolo.
-“Continua.”
-“T-T-Tu!” – Sbraitando, il ragazzo si picchiò violentemente le cosce con i palmi della mani, scuotendo la testa da una smorfia scocciata e si preparò a rincorrere la ragazzina, digrignando i denti. Al ché Andromeda se la svignò lesta, passandogli di fianco, e trotterellò divertita dalla parte opposta della sala di controllo, volgendo una smorfia al goffo Dottore, che inciampò su sé stesso, finendo per sbaglio – di nuovo - sulla console e attivando diversi pulsanti.
-“Oh, diamine”- esclamò seccato, massaggiandosi una tempia con la mano –“cos’ho premuto?” – si leccò dunque confuso le labbra, serrando gli occhi per mettere a fuoco. Si lasciò poi sfuggire una sonora smorfia impertinente, grattandosi con foga la fronte. –“Cos’ho premuto?”
Andromeda si fece dunque più vicina alla console, con un ghigno insolente stampato in viso. Osservò poi sul monitor dei numeri, che dedusse furono coordinate. Oh, ma cosa sarebbe successo, se avesse buttato giù quella leva sulla sinistra? Sì, sì, Andromeda, proprio quella!
Oh, ops.
-“Andromeda! Cos’hai fatto?”
-“Uhn, ma chi, io?”
-“Non fare la finta tonta!” – La ammonì severo il ragazzo –“Non ti azzardare a toccare niente!”
La mora serrò le labbra, alzando insolente le sopracciglia.
-“Dunque, dunque” – iniziò un monologo lui –“Mettiamo caso che io abbia presso per errore i tasti delle coordinate spazio-tempo, e tu, sempre per caso, avessi buttato giù la leva dei freni. Secondo questa ipotesi non andrebbero, per nessun motivo al mondo” – continuò, annuendo fra sé e sé – “accesi i propulsori di accensione, proprio quelli” – indicò sempre a sé stesso – “né attivati gli scudi esterni, i-i bottoncini arancioni lì”- annuì nuovamente, fiero della sua conoscenza dei comandi della TARDIS –“perché non ce ne sarebbe bisogno” – rivolse uno sguardo complice ad Andromeda, che ricambiò subito annuendo sarcasticamente.
-“Questi, giusto?” – Indicò la ragazza.
-“No, quelli” – la corresse sapiente il Dottore, portando contro dei bottoni arancioni e rossastri l’indice.
-“Aaah. Non vanno toccati.”
-“No. Non ce n’è bisogno.” – Concluse lui, ritraendo di scatto le mani al petto.
-“Capito.” – Andromeda serrò le labbra e spalancò leggermente gli occhi, portandosi le mani dietro la schiena e ondeggiando sul posto. Il ragazzo con il papillon le rivolse un’occhiataccia indagatrice, non troppo convinto.  Andromeda poggiò distratta – coff - un fianco sulla console, tamburellando le dita della mancina sulla propria coscia.
-“Poi cos’altro non va fatto?”

 

 

 

 

La TARDIS barcollò pericolosamente d’improvviso, producendo i consueti rumori metallici  –“Cosa diavolo hai combinato!” – le urlò contro il Dottore -“Avevo menzionato il ‘non toccare’!”
Andromeda sbuffò divertita, tenendosi al bordo della console –“Ho solamente seguito le tue istruzioni! Quindi se finiamo in uno pseudo buco nero è solo colpa tua che non sai quali sono i pulsanti d’accensione!”
-“TU hai premuto le coordinate spazio-temporali!” – Le gridò il ragazzo, tentando di rimanere in equilibrio sull’assurdo pavimento che ondeggiava minaccioso.
-“Non è vero, sei stato tu a cadere sopra la console!” – rispose immediatamente lei, volgendo le mani al cielo. Pessima scelta: Andromeda perse stabilità e si ritrovò a terra, rotolando senza sosta.
-“Oh, hai ragione” – il Dottore si batté con forza la mano destra sulla nuca, finendo per terra come un sacco di patate, insieme alla ragazza, venendo però allontanato subito da lei da un potente scossone da parte della console –“Se finiamo in un buco nero” – le urlò in lontananza, serrando gli occhi – “mi offri una pizza!”
-“Sei tu l’uomo, dovresti fare da vero gentleman!” – Le gridò lei di rimando, ridacchiando.
-“Oh, che diamine” – esalò un ultimo respiro il Dottore, prima di sbatacchiare la schiena contro una parete della TARDIS e lanciare una smorfia di dolore. Ad Andromeda andò leggermente peggio, visto che si ritrovò a cadere per le scale che portano sotto alla sala principale. La TARDIS fu però molto gentile, e regalò anche a lei l’ebbrezza di sbatacchiar la schiena contro una sua parete. Dopodiché, tutto cessò.  Niente più pavimenti barcollanti, nessun rumore inconsueto o troppo forte. Il ragazzo spalancò prima un occhio, per accertarsi che il manicomio fosse veramente finito e poi poggiò con forza una mano a terra, cercando di tirarsi su.
-“Gambe, braccia, seder-, oh, diamine, ci sono. Andromeda?!” – Urlò contro il vuoto, aggiustandosi il papillon.
-“T-tutta intera.. forse” – una flebile voce raggiunse le orecchie del Dottore, che lesto, si diresse verso il monitor di comando della TARDIS.
-“Allora.. dove siamo, vecchia mia?” – Sussurrò provocatorio alla console, carezzandone distrattamente i comandi. Andromeda risalì velocemente le scale, curiosa di sapere dove quell’”ammasso di ferraglia” l’aveva portata, trovandosi davanti un Dottore immobile, incredulo, con gli occhi spalancati e fissi sul monitor.
-“D-Dove siamo?” – Azzardò a chiedere lei, sempre presa dall’entusiarmo.
Il ragazzo non la calcolò minimamente, troppo indaffarato ad accertarsi della posizione attuale.
-“Dottore?”
Il Dottore si portò le mani sui fianchi, la testa bassa, leccandosi le labbra.
-“C-cosa c’è?”
–“Obsessedland!” – Urlò di gioia il ragazzo, lanciando prima le mani al cielo e poi abbracciando la ragazza –“Ho sempre desiderato andarci! Graziegrazigraziegrazie” – strascicò l’ultima parola più volte, che si perse insieme a qualche residuo di saliva sulla felpa di Andromeda , la quale tirò un sospiro di sollievo, maledicendo quel deficiente che non faceva altro che farle prendere dei colpi.
-“Obsessedland?” – Ripeté non troppo convinta lei.
 – “Sìsì!” – Il Dottore si staccò dalla sua felpa, facendo una giravolta su sé stesso e puntandole contro un indice – “Sai che una leggenda narra che gli ultimi visitatori siano stati rinchiusi in vetrine di negozi come manichini?” – recitò eccitato –“Oh, ma è solo una leggenda.” – concluse, portandosi le mani sui fianchi.
-“C-cosa? Che razza di pianeta è?” - balbettò lei.
-“Eh? E io che ne so? Per questo sono esaltato! Insomma, gli abitanti non fanno altro che rebloggare su Social Galactwork frasi di film, telefilm e fumetti, con immagini e derivati! Non c’è una sola foto su tutta la rete galattica che mostri come sia realmente fatto il pianeta! Deve essere proprio fico.” – Esordì il Dottore aggiustandosi il papillon.
-“..Immagino, sì.”
-“Allora, signorina” – le porse un braccio il ragazzo – “Vuole sperimentare l’ebbrezza di poggiare i piedi su un nuovo pianeta?”
-“Signore mio caro” – Andromeda si strinse a lui –“Con piacere.”
Si sorrisero entrambi a vicenda, emozionati al solo pensiero, e si diressero a passo svelto davanti alla porta della TARDIS. Il ragazzo dal papillon rosso le fece un segno con la testa (vuoi aprire la porta? ), ma la ragazza scosse violentemente la testa, quindi lui fece spallucce e poggiò delicatamente le dita sul meccanismo di apertura.
-“Obsessedland, siamo arrivati!” – Sbraitò il Dottore, spalancando emozionato la porta. Poi ritrasse di scatto le mani al petto, aggrottando prima le sopracciglia e storcendo la bocca, poi osservando confuso la compagna. Andromeda si sporse dubbiosa dalla TARDIS, per osservare meglio cosa vedeva davanti ai suoi occhi e, cercando una conferma della verità di tutto quello che si protraeva di fronte a lei, si mollò un piccolo schiaffo sulla guancia, al ché il Dottore la guardò di sbieco. Una grandissima distesa di cuscini, divani e poltrone si estendeva di fronte a loro, formando così una possibile strada, alle cui estremità giacevano, probabilmente, edifici costruiti a forma di persone, personaggi inventati e oggetti. La “strada” era invasa da grassoni che rotolavano su loro stessi per raggiungere la parte opposta, evidentemente troppo pesanti per alzarsi in piedi e camminare. Ma forse la distesa di cuscini era stata messa per evitare la fatica ai grasson- ehm, agli alieni, di prendere ogni qual volta un mezzo di trasporto per spostarsi da un luogo all’altro. Guardando verso il cielo, le cui nuvole erano colorate, a forma di ciambelle, cibo e cartoni animati, Andromeda poté distinguere nettamente i mezzi di trasporto che tempo prima aveva cercato di collocare nei suoi pensieri, adesso però non così consueti a quelli della sua immaginazione. Un uovo volante passò con nonchalance di fronte alla TARDIS, dando la possibilità di indagare meglio alla ragazza e al Dottore su come gli Obsessed si spostassero su quel pianeta. Somigliavano appunto a delle gigantesche uova metalliche aperte a metà, dalla cui parte superiore straripava il grasso del ventre dell’alieno trasportatovi sopra, che, con ogni probabilità, stava ingozzandosi di patatine, ciambelle o vario. Andromeda notò che la distesa di cuscini era disgustosamente ricoperta da ogni tipo di scarto di rifiuto, cibo o escremento possibile ed inimmaginabile e, rotolandoci sopra, gli abitanti si portavano dietro graziosi regalini puzzolenti e appiccicosi. La ragazza si voltò nauseata verso il Dottore, che ricambiò la sua espressione annuendo disgustato, portandosi le mani al ventre.
-“Forse dovremmo cambiare le coordinate spazio-tempo.” – suggerì lei perplessa.
-“S-scherzi?!” – Il Dottore tossì schifato, convincendosi che in quel pianeta ci sarebbe stato sicuramente qualcosa di interessante da vedere – “Gli Obsessed sono un popolo meraviglioso. Guardali! Vivono di cibo preso al fast food, non puliscono, non si lavano e passano una buona percentuale della propria vita davanti ad un computer. Che popolo meraviglioso! Riescono a vivere modellandosi action figures per conto proprio e collezionando i dvd inediti di serie televisive.. che popolo..-“ – Un altro uovo volante passò di fronte a loro, concedendo ad un Obsessed  di ruttare di gusto di fronte ai due ragazzi, che, disgustati, si voltarono a tossire nella TARDIS, quasi accasciati a terra – “Disgustoso!” – Il Dottore articolò quella parola cercando di prendere fiato fra una boccata d’ossigeno e un’altra, occupato a cercare un po’ d’aria pulita per i suoi polmoni.  –“Ma sì, senti che arietta, restiamo pure qua!” – Andromeda tentò di riprendere fiato, intimando l’opposto al Dottore.
-“Ci deve essere qualcosa di interessante, andiamo!”
-“Oh, certo” – Tossì lei nauseata – “Potremmo metterci a misurare il tempo impiegato da uno dei grassoni per attraversare la strada!”
-“Non sono grassoni!”
-“Ah no?”
-“Ovvio che no! E’ la loro costituzione fisica!” – Continuò lui tossendo – “Sono fatti in quel modo poverini, non discriminarli!”
-“Sta di fatto che assomigliano proprio in tutto e per tutto al meme dei nerd che si trovano in giro sul web.. tranne che per il colorito grigiastro.” – spiccò lei, riprendendosi dagli scossoni di tosse.
-“Ohw, ma certo! 2011!” – Il Dottore puntò l’indice destro verso Andromeda, deglutendo e sghignazzando – “C’è stato un periodo sulla terra in cui i meme andavano di moda.”
-“Fine 2012” – Bofonchiò lei irritata.
-“Ohw, anno splendido! Obama mandato per la seconda volta in carica come presidente, Felix che riesce a sfondare il muro del suono, bello il mio ragazzo! Per non parlare delle Olimpiadi a Londra e del primo Hunger Games al cinema! Ohh, che film.” – Il Dottore si raddrizzò sulla schiena, schiarendosi la voce – “Attenti a Suzanne. E’ una ragazzaccia.” – Il ragazzo le fece l’occhiolino, sghignazzando divertito – “E che non vi venga in mente di usare la storia del libro per punirci qualcuno, bada!” – Il Dottore fulminò con lo sguardo Andromeda, che rialzandosi a fatica, scosse la testa confusa – “Dico, per non ripetere gli stessi errori. No, aspetta, non è ancora successo..”
Andromeda lo guardò di sbieco, cercando di riprendere un po’ di fiato.
-“Farò finta di non aver sentito” – continuò lei, raddrizzandosi sulla propria schiena – “Okay. Mhn.” -  Andromeda serrò le labbra, convincendosi a voltarsi verso il panorama di merendine che si estendeva dietro le sue spalle – “Mhhhn.” – e, appena scoperto che gli Obsessed si nutrivano anche del cibo presente a terra, si avvicinò barcollante al Dottore, prendendolo per le spalle – “Ti prego, ti prego, cambiamo pianeta! Non è una cosa adatta agli stomaci deboli!” –cercò di convincerlo lei, gli occhi umidi, visibilmente disgustata dal tutto.
-“N-no.” –Ribatté il Dottore, tentando di alzarsi in piedi –“Sono sicurissimo che ci saranno un sacco di cose interessanti, avanti” –Insisté, prendendo la ragazza per mano e strattonandola – “Andiamo.”
Andromeda ebbe giusto il tempo di piagnucolare qualcosa ma, tastato con la suola delle scarpe il terreno, tacque, rivolgendo un’occhiata, in un misto fra l’orrore e il dispiacere al Dottore, che si sforzò di non far caso al terreno floscio e morbido, costituito da merendine putrefatte e.. Uhg.
-“B-bene” –Balbettò non molto convinto lui, voltandosi per chiudere la porta della TARDIS - “P-pronta?”
-“N-no.” – La ragazza non aveva davvero pensato ad un’evenienza simile, quando quello strano ragazzo le aveva spiegato, accortamente, che quella era un’astronave che era capace di viaggiare nello spazio-tempo.
Non le era nemmeno passato per la mente.
Insomma, una parte di lei era ancora inchiodata con i piedi per terra e le diceva di uscire da quello strano posto – sebbene fosse tutto così arancione, e, di nuovo, strano -, in quel momento, però..
Perché, andiamo, le astronavi non erano così.. strane. E soprattutto non venivano di certo create seguendo il design di una vecchia cabina della polizia! La coscienza di Andromeda aveva dunque fatto capolino di fronte alla ragazza e l’aveva scossa; senza però ottenere nessun risultato.
Un ragazzo strano, con una navicella strana, che parla di cose strane, in modo strano.
Come avrebbe potuto, la piccola Andromeda, non pendere dalle sue labbra, ogni volta che si accennava a nominare mondi, cieli diversi e popolazioni ignote alla razza umana? Come poteva non cogliere quella scintilla al volo? Al massimo, se fosse stato un maniaco, l’avrebbe riempito di botte e rinchiuso nella biblioteca segreta, per fargli fare da esca alla friggitrice incazzata che era misteriosamente sparita. ( Andromeda era convinta fosse in bagno, nemmeno lei cosciente del perché.)
Era come nei film: una misteriosa figura sceglie un prescelto e gli mostra meraviglie a cui nessuno ha mai nemmeno pensato, facendogli vivere fantastiche avventure. Sembrava tutto così bello..
.. Rimembrò tristemente Andromeda, osservano sprofondare le sue converse in quella marmaglia marrone.
Il Dottore continuò la sua goffa marcia con la ragazza per mano, le spalle erette e il collo drizzato, forse per velare agli occhi quello spettacolino non proprio gradevole, fino a che non scesero la collina di merendine - più omaggi gratis indesiderati - su cui la TARDIS era atterrata poco prima. Vedendo avvicinarsi la strada, lievemente più pulita dell’ammasso di rifiuti, entrambi ebbero uno scatto istintivo, e si ritrovarono a correre a perdifiato giù per il “colle”, sempre per mano. Inchiodarono dunque sul mini marciapiede che univa la collinetta alla strada, entrambi cercando di pulirsi goffamente le suole delle scarpe, tentando di far finta di niente.
-“Un’avventura” – ripeteva fra sé e sé il Dottore, per convincersi, forse – “Sarà un’avventura fantastica.”
-“Basta che ci creda tu” – Rispose la ragazza dai capelli neri, alzando un sopracciglio, al ché lo strano tipo le rivolse un’occhiata non troppo convinta. Si guardarono un attimo intorno, per fare il punto della situazione, e, constatato che le loro mani erano ancora intrecciate fra di loro, entrambi sussultarono, avvampando a vicenda e cercando di sviare il discorso.
-“Ah! G-guarda”- il Dottore puntò l’indice mancino verso la grande strada che si protraeva di fronte a loro – “Riconosci qualcosa?”
Andromeda si sporse lievemente in avanti, cercando di mettere a fuoco, e, visto un’enorme edificio a forma di una macchinona nera, dal design particolare e dalle ruote anteriori posizionate quasi di fronte al parabrezza, si ricordò di Jack, e di quanto l’aveva stressata a proposito di quel fumetto.
-“.. Ma quella non è la Batmobile?”
-“Esattamente” – ghignò il Dottore – “La filmografia umana e tutti i suoi derivati sono apprezzati in tutto l’universo, sai?”
Andromeda annuì non troppo convinta, tentando di distogliere lo sguardo da un Homer Simpson troppo grande e troppo inquietante, i quali occhi erano apparentemente costruiti per seguire gli organismi viventi che vi passavano di fronte. Il Dottore avanzò, poggiando i piedi sullo strato di merendine e divano che formava la strada, l’indice che puntava ancora verso il cielo, blaterando di quale fosse il suo fumetto preferito e di come la fine di un certo manga non gli fosse andata giù, facendo attenzione a schivare i numerosi obsessed che rotolavano da un lato ad un altro della strada.
-“Tipo Naruto! Hai mai letto Naruto?” – Si fermò di scatto sbraitando contro la ragazza, che però non lo udì, presa all’osservarsi intorno.
-“Cos- Cos’è quella roba?” – Disse, indicando una struttura rosa a forma di alga che si prolungava a dismisura verso il cielo. Balzarono entrambi in avanti, scansando un’enorme Obsessed che proseguì rotolando il suo cammino.
-“A-ah. Oh, sono i razzi che sparano nel film in 34D di Erofxis Trwop, ‘Il caffè troppo amaro’.” – Annuì fra sé e sé il Dottore.
Andromeda si fermò di colpo, accigliandosi –“34D?!”
-“Oh, sì, i buon vecchi tempi, quando ancora non c’erano incidenti mortali al cinema” – Spirò lui, sorridendo tristemente. Andromeda decise dunque di proseguire in silenzio, riconoscendo la perfetta riproduzione dello stadio da Quidditch presente ad Hogwarts e l’Occhio di Sauron, spaventoso quanto nel film, mentre il Dottore trasaliva ad ogni edificio, sbraitando di quanto quel film/fumetto/serie televisiva/altro fosse tremendamente “cool” e del perché.
-“Dicevo, hai mai letto Naruto?” – Proseguì il discorso di prima il Dottore, avanzando per la strada deserta.
-“Narut-”- Andromeda si fermò di scatto in strada, perplessa, punzecchiando il gomito del ragazzo – “Dottore..”
-“Ah, dimmi.”
-“Dove.. Dove sono i ciccioni che erano prima in strada?” – Balbettò la ragazza, rivolgendogli un’occhiata non troppo convinta, osservando la bocca del Dottore spalancarsi ed udendo delle voci provenire da dietro.
Entrambi dunque si voltarono, con il dubbio impresso nella mente e preparati al peggio.
-“QUELLO E’ UN TARDIS!” – sbraitò uno degli obsessed nascosti nella folla di merendine e persone che si accingeva a ricoprire la povera cabina blu sulla collina.
-“QUESTO NON E’ UN SEMPLICE TARDIS”- Lo ammonì un altro – “QUESTO E’.. SEXY”
Dalla folla si scatenò un delirio di gruppo.
Tutti gli obsessed mollarono merendine e cibo e si avvinghiarono alla TARDIS, urlando di gioia, mentre gli esemplari di sesso femminile – riconoscibili per il rossetto applicato alla meno peggio sulle labbra – si accingevano a piangere. Un’obsessed rotolò giù dalla collinetta, gridando e piangendo: -“ALL THE FEELINGS” , seguita immediatamente da una scarica di altre che sbraitavano diversi: -“I JUST CAN’T”.
Il Dottore indietreggiò dunque di un passo, gli occhi spalancati, e le mani nei capelli.
-“Il mio.. IL MIO TARDIS!” – Gridò distratto, ponendosi subito dopo le mani sulle labbra. Andromeda indietreggiò con lui, sconvolta.
Silenzio.
Decine di teste rotondeggianti, piene di brufoli e dai capelli unti si voltarono all’unisono, scrutando confusi con i propri occhietti vispi – resi abnormi dagli occhiali da vista che ognuno di loro teneva in equilibrio sul naso a patata- gli elementi  della scena che si protraevano di fronte a loro, increduli. Si aggiustarono, con un tempismo perfetto, gli occhiali sulla cavità nasale, ognuno con un dito diverso, facendo forse peso al forte impatto che personaggi di libri/film/telefilm/fumetti avevano su di loro, portandoli dunque a voler assomigliare a pieno al proprio “pg” preferito, inculcandogli nella mente atteggiamenti e pensieri. Labbra screpolate, bocche piene di grasso, briciole e piene di strani intrugli si spalancarono – sempre, con grande stupore sia mio, sia del Dottore là sul posto e sia di Andromeda – simultaneamente, lasciando ricadere sul terreno quanto era precedentemente custodito all’interno. Occhietti piccoli e pieni di crosticine, ognuno caratterizzato dalle più bizzarre e diverse sfumature di colore, si dilatarono lentamente, le pupille sconcertate, che vagavano impazzite per tutta la bianca superficie oculare, incredule. Fiotti di lacrime si crearono sulle palpebre inferiori degli Obsessed femmina, che, isteriche, cominciarono ad urlare, portandosi le mani al volto e scuotendo violentemente la testa.
-“E’ LUUUUUUUUUUI” – Cominciarono in coro –“E’ VERAMENTE LUI OMMIODDIO”
Un’obsessed dalla maglietta arancione e gialla si buttò violentemente giù dalla collina, gridando e piangendo, seguita da una marmaglia d’altre donnicciole incontrollabili, generando una sottospecie di frana collettiva. I più insulsi urli di gioia, dagli “OHH” agli “ASDFGHJKL” – pronunciati non si sa bene come -, riecheggiavano nel quartiere di Obsessedland, conseguendo un interesse collettivo da parte degli alieni non ancora partecipanti al meraviglioso evento che stava sconvolgendo tutti. Branchi di Obsessed, patatine e dolciumi cominciarono a dirigersi verso il Dottore e Andromeda, che, in una smorfia d’orrore e spavento, cercarono una via d’uscita, ma si trovarono presto spiaccicati contro un edificio a forma di ciambella rosa, ricoperta da cioccolato, con gattini disegnati sopra e canditi appiccicati.
-“OMMIODDIO E’ LEI, E’ ANDROMEDA” – diversi Obsessed circondarono la mora, strattonata via dal Dottore, che invano, aveva tentato di tenerla stretta a sé –“LA TUA ENTRATA IN SCENA NELLA STAGIONE E’ STATA EPICA. SEI UNA FUCKING BADASS” – le presero le mani, ammaliati – “E POI, DIO! SYNCHRONIUM,  LA SEASON FINALE.
Un’obsessed dagli occhiali rosa-fuxia le piombò davanti, urlandole contro che era la sua “companion preferita” e “dio, quando ho scoperto che quello non era il Dottore mi sono messa ad urlare!” e “sei così forte e coraggiosa!”, sputacchiandole in viso resti di caramelle e briciole di hamburger. Andromeda, da una parte lieta di ricevere complimenti per cose che non si ricordava di aver fatto, si chiese se fosse un personaggio cosciente di un fumetto, e che quelle fossero le principali azione che lei aveva compiuto in questo grande pezzo d’arte chiamato ‘Andromeda’s Adventures’. Insomma, season finale? Cosa diavolo-? Voltò  allibita il volto verso sinistra, in cerca del papillon rosso e dalle grida angoscianti che provenivano da quella direzione. Il Dottore, sommerso da corpi appiccicaticci e urlanti, cercava invano di trovare una via d’uscita, un buchetto fra tutta la massa corporea che lo circondava, per sgattaiolare via; ma tutto ciò che trovò furono altre aliene che gli prendevano fra i polpastrelli cicciotti le bretelle, facendogliele schioccare dolorosamente sui pettorali, finendo in bellezza il gesto con un sonoro “Hello Sweetie!” sputacchiatogli in viso. Il povero ragazzo cercò di indietreggiare ulteriormente, e l’unico risultato che ottenne fu il diventare un tutt’uno con la grande ciambella che si estendeva altezzosa alle sue spalle.
-“R-ragazze, r-ragazze, calma!” – balbettò impacciato, portando le mani avanti e tentando di fermare quella follia che oramai aveva preso il sopravvento su tutta la cittadina –“calma, per favore! Sono cosciente di essere l’alieno più cool di tutto l’Universo, ma vi prego” – delle risatine convulse provennero dalla folla impazzita, al ché un’altra obsessed gli si avvinghiò al petto, mordendogli il papillon –“Ragazze, CALMA!” – esalò un’ultima volta, prima di finire sommerso definitivamente da corpi, hot dog e muffin.
Andromeda aggrottò le sopracciglia: la tragicomica situazione era divenuta oramai insostenibile, e, visto che lei non aveva certo alcuna voglia di sostare in quel pianeta un secondo in più, si arrampicò sui canditi colorati della ciambella dietro di lei, in uno scatto improvviso, lasciandosi indietro lo sciame di mosconi fastidiosi che diffusero un “OHHHH” collettivo per il quartiere, attirando l’attenzione degli altri obsessed impegnati a sopprimere di ammirazione il Dottore per quanto fosse “cool”, “bello”, “gentile”, “coraggioso” e per la sua spettacolare “dark side”. Arrampicandosi faticosamente su per il cioccolato e per i canditi fatti – fortunatamente – non di zucchero ma di cemento vero, la ragazza raggiunse agilmente il grande buco al centro del dolce gigante, sostandovi sopra ed esaminando esasperata la situazione. La situazione che, vista dall’alto, sembrava più un grande fiume colorato di testoline unte e luccicanti, come omini della lego, ognuno con in mano un diverso alimento. Potevano farci un’altra grande bella costruzione, quelli del gioco di costruzioni – pensò – sempre che non esistesse già e che proprio gli Obsessed non l’avessero costruita. Gli “Ohh” collettivi si erano dunque fatti superare da dei “sei la migliore!” o da “l’ho sempre detto che eri meglio di Martha!” e da “Chiunque è meglio di Martha!” e “Oi, lasciala stare, è la mia companion preferita!”, generando fra gli Obsessed il caos più totale, che avevano adesso cominciato a prendersi a manate, discutendo animatamente su quanto Martha fosse una ‘badass’, su quanto Rose fosse esasperante e su quanto Amelia fosse stupida. Andromeda riuscì ad udire delle grida del Dottore,  che, esasperato, cercava di esprimere la sua opinione in campo da sotto la matassa di grasso, tentando di difendere ogni companion ed esaltandone i pregi. Nessuno sembrò però calcolarlo, e due Obsessed cominciarono a prendersi a spintoni, finendo dunque a spingere gli altri e scatenando un terribile effetto domino che in pochi secondi fece finire ogni alieno a rotolare per terra. La mora si morse il labbro e cercò di compatire il dolore del povero Dottore, che forse, non ce l’aveva nemmeno fatta. Quando oramai la situazione stava degenerando più del dovuto, Andromeda non si attardò a urlare contro lo sciame inferocito, spiegando che se non l’avessero fatta finita subito, avrebbe demolito tutta la città con i poteri di ‘Knosso’. Si ammonì dunque da sola, perché i pezzi delle lezioni di storia con cui la Professoressa Biagions la tartassò per ben 5 anni della sua vita uscivano fuori in momenti decisamente sbagliati. Insomma, i cretesi? In che anno li aveva studiati, in prima? Scosse dunque impercettibilmente la testa, tentando di auto convincersi che quello era il suo fumetto e che poteva avere tutti i superpoteri che desiderava. Persino quelli di ‘Knosso’. Anche se, pensandoci bene, avere dei superpoteri chiamati con il nome di una città storica non sapeva quanto poteva giovare in quella situazione. Magari avrebbe potuto generare palazzi immensi con il solo potere dell’immaginazione, e lasciarli cadere a caso sulla terra, generando piccole scosse di terremoto e architetture distrutte sulla superficie planetaria.. E magari gli Obsessed li avrebbero rivenduti ad un probabile pianeta interessato ai Cretesi, che si sarebbe chiamato “Creta-for-living” o qualcosa del genere!  Bel piano, si disse, complimentandosi con se stessa – avrebbe giovato a tutti.
Adesso però doveva muoversi a generare un mega palazzo o gli obsessed, finito il cibo, li avrebbero sicuramente mangiati - pensò. Quindi si accinse a tendere la mano verso la folla, quando un: “.. Ma quello era uno spoiler?” riecheggiò nell’aria. Silenzio, nuovamente. Andromeda si guardò intorno, confusa dalla domanda, cercando invano il Dottore, che stava ancora soffrendo sotto scarpe da tennis e piedi nudi.
Mormorii bisbetici cominciarono a formarsi sotto di lei, e con questo piccoli gruppi di alieni si vennero ad unire, scrutando malvagiamente la ragazza lassù in alto, che, apparentemente, aveva violato la prima legge sacra del codice degli Obsessed.

Non fare spoiler. Mai.

Ma la povera Andromeda cosa ne poteva sapere? Primo viaggio, primi pericoli: sempre informarsi prima, cara ragazza, segnatelo per la prossima volta. Gridi di rabbia e odio cominciarono ad arrivarle contro, mentre il branco di alieni inferociti le rivolgeva gestacci, pugni e parole poco consuete ad un linguaggio forbito. Qualcuno gridò parole incomprensibili, e gli altri Obsessed cominciarono a dargli manforte, esplicando che quel gesto era adatto al reato che la ragazza aveva appena compiuto. Andromeda aggrottò irritata le sopracciglia, esaminando se, fra la confusione, il ragazzo era riuscito a sopravvivere. E, con suo grande stupore, riuscì a localizzarlo poco dopo, schiena contro il muro dell’edificio accanto, intento a respirare – finalmente. Individuato, dunque, cercò di attirare l’attenzione su di sé, ma il povero ragazzo si buttò stremato a terra, rotolando fra le merendine, sfinito. Al ché la ragazza sospirò seccata e prendendo una manciata di grande coraggio, si buttò giù dal retro della ciambella, atterrando su una caviglia e slogandosela. O almeno quella sembrava una slogatura, visto che cercò di trattenere un grido straziato, cadendo anche lei fra i dolciumi, mani sulla caviglia pulsante, agonizzante. Ammonì le lacrime sul bordo delle ciglia e le ricacciò furiosa dentro, strisciando dolorante verso il Dottore.
-“Stupido.. Ehi, stupido!” – gli mollò un forte schiaffo sulla nuca, al ché il moro si alzò di colpo, con il volto crucciato in una smorfia di disappunto – “Dobbiamo filarcela!”
-“Ho visto che dobbiamo filarcela, sapientona” – le rispose per le rime, volgendo lo sguardo agli alieni inferociti che li stavano cercando –“Dimmi però come faremo con loro alle calcagna e tu zoppicante.”
Andromeda alzò gli occhi al cielo: -“Oh, ce la caveremo!”
-“Certo che ce la caveremo” – spirò lui non troppo convinto, prendendola per mano e cercando di farla alzare in piedi. La ragazza barcollò, saltellando sul piede sano in cerca di equilibrio, tenendosi salda alla spalla del Dottore, che le aveva cinto la vita con la mancina, premuroso.
-“Pronta a correre?” – le sussurrò in un orecchio il ragazzo, in fibrillazione – “Non ho mai avuto degli Obsessed alle calcagna! Che figo, forse nessuno non li ha mai avuti!”
-“A parte quei poveracci rinchiusi nelle vetrine?”
-“Oh, andiamo, è solo una leggenda!”
-“Sì, eh?” – ribatté lei, rivolgendo lo sguardo all’edificio di fronte, nelle cui vetrine giacevano incatenati due alieni dal colorito rosso e dagli occhi bianchi e tristi, con una struttura ossea della testa a dir poco meravigliosa, in rimando di quella dei triceratopi preistorici. 
-“O-oh.”
-“Muoviamoci!” – Lo sgridò lei con voce rauca, cominciando a saltellare con una gamba sola verso la TARDIS. Il Dottore la seguì a ruota per pochi metri, quando entrambi si fermarono a coprirsi con le mani le orecchie: causa un’energica sirena che risuonava in tutto il quartiere, forse addirittura in tutto il pianeta, facendolo vibrare ad ogni onda sonora. Andromeda perse l’equilibrio e cadde per terra, il Dottore le si avvicinò di scatto e le prese la mano, o almeno cercò di farlo, perché il suo busto risultava stretto e dolorante, e qualcosa lo bloccava dall’allungarsi maggiormente. Andromeda spalancò terrorizzata gli occhi, schiudendo la bocca e gridando qualcosa, che però non raggiunse l’udito del Dottore, coperto dai forti impatti d’onde sonore della sirena che occupavano oramai tutto lo spazio circostante. Il ragazzo si portò d’istinto le mani al torace, trovandosi dunque la giacca, la camicia e il suo povero papillon stretti in una morsa soffocante da dei fili di ferro. Cercando quindi di strapparli, cominciò a dimenarsi convulsamente, urlando qualcosa che, ancora una volta, nessuno udì. Dopo diversi tentativi, conclusisi tutti in fallimenti, gli risaltò all’occhio la figura in ombra di Andromeda, a terra, di fronte a lei, sconvolta. Va bene, erano fili di ferro ed erano rincorsi da un branco di Obsessed impazziti, ma non era nulla di ché! Forse la ragazza doveva solo abituarsi a tutte quelle nuove meraviglie e maturare un po’ più di coraggio, pensò, mentre cercava di rivolgerle uno sguardo rassicurante. Ma gli occhi di Andromeda non erano puntati su di lui; bensì ricercavano un’apparente figura dietro, che, seguendo i tratti che le pupille della ragazza compivano, risultava gigantesca. Il Dottore fermò i suoi movimenti violenti, aggrottando le sopracciglia e scuotendo la testa verso la ragazza, in cerca anche solo di fievoli spiegazioni. Andromeda non lo considerò minimamente, immobile ad esaminare, sconvolta, la creatura che si espandeva alle spalle del ragazzo.
Il Dottore cercò dunque di voltare la testa, ed, una volta compiuto il gesto, desiderò non averlo mai fatto.
Nemmeno il tempo di rendersene conto e si ritrovò sottosopra, sbatacchiò la testa da qualche parte, udì un latrato terrorizzato di Andromeda e perse , impotente, i sensi.

  
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