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Autore: VaniaMajor    23/12/2012    1 recensioni
Ultimo capitolo della trilogia dello Scettro dei Tre. Le rinascenti forze di Takhisis continuano a minare la vita dei fratelli Majere. I Cavalieri di Solamnia premono per avere Steel in custodia, mentre Katlin cerca di recuperare la sua magia e Crysania viene messa alla gogna a causa della sua relazione con Raistlin. Sul futuro grava la minaccia di una totale distruzione...
Genere: Azione, Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Il ritorno dei Gemelli'
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Author's note: Mamma mia...il povero Steel riuscirà a fermare Raistlin? Cosa accadrà ad Ariakan? Il futuro è ancora tutto da costruire...Penultimo capitolo!!

CAPITOLO 31

PIANI A LUNGO TERMINE

Raistlin fece pochi passi all’interno della devastazione che aveva appena compiuto. Si era trasportato laggiù guidato dallo specchio magico donato a Caramon, risparmiando in questo modo parte delle sue forze. Un singolo incantesimo ben mirato aveva avuto ragione sia della ridicola scorta di Ariakan che dei tre sciocchi che avevano osato definirsi maghi. I loro corpi carbonizzati giacevano in posizioni scomposte sul terreno bollente. Aveva avuto cura di proteggere il ragazzo dagli effetti più eclatanti dell’incantesimo, ma l’aveva visto scagliato lontano dall’esplosione e ora giaceva a qualche distanza, privo di conoscenza. In quel momento, cessata la sua utilità, per l’arcimago rivestiva ben poca importanza.
Strinse appena le palpebre sugli occhi dorati nello scrutare il figlio del grande Ariakas, che per qualche tempo era stato teoricamente il suo generale. Come se lui avesse mai riconosciuto un’autorità superiore alla propria…Le sue labbra si stirarono in un sorrisetto gelido nel notare come il figlio somigliasse al padre. Era pieno di superstizioso timore a causa della potenza cui era stato testimone, ma lo fissava con orgoglio e piglio battagliero. Sciocco.
«Immaginavo che saresti sopravvissuto a un primo attacco.- mormorò Raistlin con voce sommessa, letale- La nostra Regina non è tipo da lasciare senza protezione i Suoi favoriti. Di che si tratta? Un anello magico? Un medaglione? L’armatura di cui ti sei rivestito?»
Ariakan, ancora ammutolito, tradì con uno sbattere di ciglia l’esattezza dell’analisi di Raistlin. L’arcimago indicò con il Bastone di Magius ciò che restava dei maghi di Takhisis.
«Tu e questi sciocchi avreste dovuto capire che il vento era cambiato quando sono tornato in vita.» continuò l’arcimago, portando alla mente l’incantesimo letale che avrebbe posto fine a quella seccante lotta che si trascinava già da troppo tempo.
«Ti saresti arreso, tu, al posto mio?» lo provocò Ariakan, amaro. Raistlin sollevò appena un sopracciglio, apprezzando la sfida.
«No.- ammise- Eppure, ho sacrificato tutto per non vedere Krynn distrutta. Mi chiedo se anche tu, vedendo il futuro, non avresti sacrificato la tua ambizione. Sia quel che sia. Morendo servirai la tua Regina meglio che conquistando il mondo.»
«Cosa vuoi dire?»
«Che il futuro che Lei ha visto va cambiato e che tu devi morire.» fu il lapidario commento di Raistlin, improvvisamente seccato con se stesso. La magia era pronta dentro di lui, eppure perdeva tempo in chiacchiere. Perché si sentiva frenato? Avvertì la bizzarra sensazione di essere osservato, come se gli Dei avessero accentrato tutta la loro attenzione su di lui. Come se le tre Lune della Magia stessero attendendo di vedere cos’avrebbe fatto con un’ansia nervosa, tesa. Le sue mani stavano diventando pezzi di ghiaccio. Sentì la familiare morsa della tosse che gli stringeva i polmoni. Perché?
«Sei un traditore della tua stessa Dea, Raistlin Majere!»
Raistlin sollevò di nuovo le pupille a clessidra sulla sua vittima. La sua gelida risoluzione spazzò via le sensazioni contrastanti, quell’inusuale necessità di procrastinare. Takhisis e i suoi scagnozzi andavano distrutti alla radice.
«Muori, Ariakan.- sussurrò, iniziando a levare la mano affusolata verso la sua vittima- Chiudiamo questa faccenda.»
In quel preciso istante, appena prima che potesse pronunciare la singola parola che avrebbe strappato la vita al giovane guerriero, un corpo magro e agile gli piombò addosso, spezzando la sua concentrazione e spedendolo dolorosamente a terra.
«Cosa…?!» rantolò, abbassando lo sguardo. Aggrappato alla sua veste, pallido come un cencio nonostante il bagliore rosso delle fiamme che andavano spegnendosi, c’era Steel. «Tu?!»
«Non dovete ucciderlo!- disse il ragazzo, con una fermezza che contrastava col tremito che lo scuoteva- Ariakan non deve essere ucciso!»
Raistlin storse la bocca in una smorfia, poi si mosse nel tentativo di liberarsi dalla presa ma Steel non lo lasciò andare. Ariakan sguainò un pugnale, deciso ad approfittare dell’occasione per ribaltare la situazione, quando uno strido assordante riempì le loro orecchie, subito seguito dallo sbattere d’ali di un drago, che stava planando nella loro direzione con l’evidente intento di salvare il futuro generale delle truppe tenebrose. Ariakan lanciò un’occhiata di odio al mago, per un attimo incerto sul da farsi, poi, vedendo che Raistlin si era finalmente scrollato Steel di dosso, si decise per la fuga.
«Ci rivedremo, Majere! Anche tu, Brightblade, che mi hai tradito e salvato!- promise- Non è finita qui!»
Raistlin aprì la bocca per operare la sua magia, ma il fiato gli si strozzò in gola. Iniziò a tossire come se il suo corpo avesse deciso di volersi spaccare in mille pezzi. Sentì su di sé le mani del ragazzo, che cercavano di farlo sedere in una posizione più comoda, e le scacciò con uno schiaffo violento. Inizialmente il desiderio di ridurlo in cenere per il suo tradimento non gli permise di capire le parole che gli uscivano di bocca.
«Non deve essere ucciso!- ripeteva, la voce rotta da un pianto che non voleva manifestarsi- Vi prego, signor mago, dovete credermi! Mia madre…e anche mio padre…mi hanno rivelato che ci servirà. Ci sarà utile in futuro! Per questo l’ho lasciato andare, vi prego di credermi!»
Raistlin aprì gli occhi lacrimanti, respirando in rantoli, e vide Ariakan prendere il volo in sella al drago. Spostò le sue pupille a clessidra sul giovane viso del nipote. Mai come in quel momento gli parve il figlio di Sturm. La cosa lo riempì di ulteriore irritazione.
«Sciocco…moccioso! Che hai…fatto?!» ansimò, stentando a prendere il fiato necessario. Il palmo della sua mano e le sue labbra erano umidi di sangue. «Hai…vanificato tutto!»
«Signore, Ariakan combatterà con noi una guerra futura che io non conosco, ma di cui mio padre mi ha parlato.- disse Steel, terrorizzato dalla rabbia dello zio ma deciso ad andare fino in fondo- Forse voi sapete di che si tratta. Forse è l’evento che tormenta zia Katlin.»
Raistlin corrugò le sopracciglia, mentre la tosse si placava. La guerra futura? Era probabile che si trattasse della spaventosa visione di distruzione che aveva sconvolto Katlin durante il loro viaggio verso Bloodbay, la stessa che lo stava conducendo alle ricerche sulla Gemma Grigia di Gargath. Il ragazzo non poteva saperne nulla. Possibile che Sturm avesse davvero visitato l’inconscio del figlio?
«Ci servirà?- chiese, sprezzante- Per questo ci hai quasi fatti uccidere?»
Steel abbassò per un attimo il capo, poi estrasse con cautela un pugnale nascosto.
«Vi avrei difeso con la vita, signore. So prendermi le mie responsabilità.- mormorò- Vi giuro, la morte di Ariakan ha spaventato mia madre Kitiara e spinto mio padre a parlarmi. Egli ci è nemico, ma nel momento del massimo bisogno presterà la sua forza alla vostra causa. Solo per questo vi ho fermato.»
Raistlin lo fissò per un istante, poi se lo scrollò definitivamente di dosso. Si alzò sulle ginocchia, puntellandosi a fatica con il Bastone di Magius.
«Dunque, combatterà la distruzione che ci incombe addosso?- mormorò tra sé, quasi dimentico del ragazzo- Tutte le forze schierate contro il Caos, se le mie intuizioni sono esatte…Capisco.»
Ora comprendeva il perché del suo tentennare, di quella sorta di tensione negli alti livelli della Magia quando si era preparato a sferrare il colpo letale. Lui e Katlin erano davvero i jolly del mazzo. Potevano salvare tutto…o contribuire alla distruzione completa di Krynn. Avevano già cambiato troppe cose, smosso le acque fin nel profondo. L’unica cosa certa che riservava loro il futuro era la minaccia della distruzione totale.
«Steel!»
Sia l’arcimago che il ragazzo alzarono di scatto la testa a quel richiamo. Raistlin fece una smorfia.
«Tanis.- sibilò- Con Caramon, immagino. Ti stanno venendo a prendere, ragazzo.» Si alzò a fatica. Steel ora riusciva a intravedere due sagome alte che stavano correndo verso di loro. L’arcimago si abbassò a prendere lo specchio, che giaceva intonso sul terreno devastato, poi voltò le spalle al ragazzo.
«Ve…ve ne andate?» balbettò Steel, incredulo di non essere stato ucciso da quell’uomo terrificante.
«Sono stanco e devo riposare. Di’ a Caramon di tornare a Palanthas. Avrò bisogno di parlargli.» furono le sferzanti parole dell’arcimago, che mormorò qualcosa e scomparve nella notte come se non fosse mai esistito. Steel rimase inginocchiato a terra, tremante, finché non venne raggiunto da Tanis e Caramon, entrambi sconvolti dalla preoccupazione.
«Steel! Gli Dei siano ringraziati, stai bene!» esclamò Caramon, inginocchiandosi accanto a lui con un sorriso felice e perplesso allo stesso tempo. Il nipote era l’unico essere vivente non carbonizzato nelle vicinanze.
«Cos’è successo? Ti hanno rapito?- gli chiese Tanis, febbrile, posandogli le mani sulle spalle- Ti abbiamo cercato ovunque…Come sei sopravvissuto all’esplosione? Abbiamo visto una fiamma magica…»
«E’ stato il signor mago…voglio dire, mio zio Raistlin.» si impappinò il ragazzo. Il contatto umano che Tanis gli stava offrendo lo confortava e al contempo gli dava un’idea chiara di quanto fosse andato vicino a rimetterci la pelle. Si era comportato nel modo giusto? Sperava di sì.
«Raist?! Questo macello…è stato Raist?!» sbottò Caramon, attonito. Tanis si limitò a esalare un sospiro di irritazione e ansia. Avrebbe dovuto immaginare che in quel caos c’era il suo zampino! «Steel, ma dov’è ora? Se n’è andato?- chiese il guerriero, agitato- E dov’è Ariakan? Raist l’ha ucciso con la magia? Quando il drago è calato, qualcuno è salito sulla sua groppa…»
«Non l’ha ucciso. Ariakan è scappato con quel drago. E’…è una storia lunga.» mormorò il ragazzo, poi chinò il capo, come sopraffatto. Tanis scambiò un’occhiata con Caramon e scosse il capo.
«Ci racconterai tutto una volta tornati alla fortezza, Steel. Ora appoggiati a me.» disse il mezzelfo, aiutando Steel ad alzarsi.
«Ma certo…certo, Steel, ora non parlare. Torniamo subito indietro.- si affrettò a dire Caramon, premuroso- Recuperiamo Tas e Steven…sai, è stato ferito…Mangerai qualcosa e ti riposerai e ci spiegherai con calma.»
«Steven…ferito?» chiese Steel, con un lampo di preoccupazione negli occhi.
«Niente di grave, Steel. Se la caverà. Coraggio, ora.» lo esortò gentilmente Tanis. Appoggiandosi a lui, sorretto anche dalla mano gentile e forte di suo zio Caramon, Steel si incamminò verso la fortezza dei Cavalieri. Non vide l’occhiata tesa che si scambiarono i suoi tutori. Tanis abbassò lo sguardo sulla giovane testa scura e strinse i denti. Se Ariakan era fuggito, significava che non era ancora finita. La tranquillità, per tutti loro, si rivelava una volta di più nient’altro che un’utopia.
***
Raistlin si destò a fatica da un sonno pesante, malsano. Rimase immobile per qualche istante, gli occhi ancora chiusi, mentre le immagini della notte precedente scorrevano nella sua mente, svegliandolo del tutto. L’uso della magia lo aveva spossato, ma ancora di più l’aveva prosciugato aver dovuto combattere contro la sorda resistenza degli Dei della Magia a ciò che stava per compiere. Volevano Ariakan vivo…Se il ragazzo non fosse intervenuto, avrebbe potuto commettere un grave errore. Allora perché nessuno l’aveva avvertito prima? Cosa frenava gli Dei dall’avvisarli con precisione del pericolo incombente?
L’arcimago si alzò a sedere, poi scese dal letto con gesti lenti e misurati. Gli sfuggì qualche colpo di tosse, ma niente in confronto alla crisi che aveva avuto la notte precedente. Bene, si era ripreso quasi del tutto. Si vestì e uscì dalle sue stanze, ignorando il saluto degli spettri, dirigendosi verso la Camera della Visione. Voleva capire come procedevano le cose nella fortezza dei Cavalieri, dopo l’evasione rocambolesca della sera prima.
I Cavalieri si stavano riprendendo dallo shock dovuto all’attacco delle forze tenebrose e lavoravano con impegno nel riparare i danni causati dai draghi. Trovò Tanis, Caramon e il kender al capezzale del ragazzo, che protestava di volersi alzare dal letto ma si stava scontrando con l’istinto da mamma chioccia dello zio. Dal pallore sul volto di Tanis, Raistlin dedusse che Steel avesse già raccontato loro ciò che era avvenuto. Le parole successive glielo confermarono.
«Quindi non è ancora finita.»
Steel abbassò lo sguardo sulle proprie mani.
«Io non so nulla del futuro, ma credo alle parole dei miei genitori. Si adattano alle poche cose che zia Katlin si è lasciata sfuggire per cercare di farmi desistere dal recarmi qui.- mormorò- Ci sarà una guerra devastante, un giorno. Qualcosa che costringerà Luce e Tenebra ad allearsi.»
«Io non so di che si tratti, ma questa cosa non mi piace per niente.» borbottò Caramon, preoccupato. Raistlin storse la bocca in una smorfia sarcastica. Sempre puntuali, le osservazioni di suo fratello…
«Se Raistlin non ha ucciso Ariakan, probabilmente ha pensato che Steel avesse ragione.- interloquì Tasslehoff, dondolandosi sullo sgabello- E se ha pensato che avesse ragione…beh, allora ci sono un sacco di cose che non sappiamo!»
«Cosa che mi piace poco quanto sapere il figlio di Ariakas in giro per Krynn.» disse Tanis.
«E ora? Cosa faremo? Lo cerchiamo? Credo che ci vorrà parecchio tempo perché gli scagnozzi di Takhisis tornino a organizzarsi, ma se gli lasciamo campo libero ci troveremo a ricominciare daccapo.» chiese Caramon, perplesso.
«Credo ti convenga andare a Palanthas e sentire cosa vuole tuo fratello. Abbiamo bisogno di chiarirci le idee. Lui, purtroppo, sembra l’unico a sapere cosa diavolo stia succedendo.- disse il mezzelfo, facendo scaturire un altro sorrisetto sul volto dell’arcimago- E tu, Steel? Vieni con noi o vuoi comunque restare qui?»
Il ragazzo fece per rispondere, ma Raistlin non udì quale fosse la sua risoluzione. La sua attenzione si era spostata altrove. Qualcuno si era materializzato nella Torre. I suoi apprendisti erano tornati, in perfetto orario.
***
Katlin si limitò a fissare il gemello con occhi che si spalancavano in un’espressione sempre più allarmante. Dalamar era, al contrario, molto calmo. Con irritazione crescente, la maga si era resa conto che il momento del loro ritorno nel flusso del tempo era stato deciso con grande cura da Raistlin prima ancora che partissero. Quell’imboscata ad Ariakan era stata minuziosamente preparata alle sue spalle mentre ancora era in viaggio per scortare suo nipote.
«Quindi Ariakan ci servirebbe vivo. E Steel, insieme a tutti noi, rimane in pericolo. Anzi…tu stesso l’hai messo in pericolo! Come ti è venuto in mente di esporlo in questo modo?!» quasi balbettò alla fine del breve racconto, troppo furibonda per esprimersi con frasi più articolate.
«Si è reso utile, sorella, cosa che non si può dire sia valida per molte altre persone. Anche più di quanto credevo, visti gli ultimi sviluppi.- disse Raistlin, sarcastico- Dovresti smetterla con questo atteggiamento da madre premurosa, non ti si addice.»
L’arcimago notò che a quelle parole Katlin aveva perso un po’ di colore in viso e il suo apprendista aveva guardato altrove con studiata indifferenza. Quei due non gli avevano ancora raccontato tutto. A quanto pareva, avevano impiegato pochi giorni per recuperare la magia di Katlin, conservata nientemeno che da se stesso ragazzo, e ora essa era tornata nel corpo di sua sorella. Aveva avvertito il cambiamento fin dal primo momento in cui aveva posato gli occhi su di lei, come una vibrazione che la faceva apparire più viva. Katlin e Dalamar si erano dati il cambio nel raccontargli l’impresa, ma giunti al momento in cui avevano cancellato i suoi ricordi sull’accaduto sua sorella gli aveva chiesto di Steel. Raistlin si era trovato a informarla con poche, scarne parole degli ultimi avvenimenti.
Era evidente, però, che al racconto dei suoi apprendisti mancava qualcosa.
«Temo anch’io che Ariakan ci servirà, in futuro.» disse Katlin, causandogli un piccolo moto di sorpresa.
«Hai visto qualcosa, non è vero? La tua facoltà di andare in trance è tornata.» intuì, protendendosi verso di lei con una luce micidiale negli occhi dorati. Lei scambiò un’occhiata con Dalamar, ulteriore prova della loro ritrovata complicità, poi annuì.
«La Gemma di Gargath contiene il Caos, Raist…ma a questo eri arrivato anche tu, da quanto deduco dai tuoi piani. Questo Caos è un Dio supremo, la forza primigenia da cui tutto si è originato e contro cui gli Dei non hanno potere, ma sarà anche la nostra nemesi se non fermiamo il Suo risveglio.- spiegò, la voce arrochita da un atavico terrore- Era destino che Krynn fosse distrutta o le sue leggi sconvolte alla radice se noi non avessimo cambiato il futuro. Ora…»
«C’è una speranza, Shalafi.- disse Dalamar, assistendola nel momento in cui la sua voce venne meno- Katlin ha visto il risveglio di questo Dio di immane potenza, ma i nostri poteri congiunti, insieme a quelli di Dama Crysania, gli si opporranno. Questo è uno dei cambiamenti essenziali che si sono operati con il vostro ritorno nel mondo. Altri si uniranno a noi, compreso almeno un figlio di vostro fratello Caramon. E poi…» Stavolta fu a lui che la voce morì in gola. Vi fu un attimo di silenzio, che Raistlin non disturbò. Conteneva troppe informazioni inespresse, particolari che non gli sarebbero mai stati rivelati a voce ma che poteva leggere sui volti tormentati dei suoi apprendisti. Archiviò tutto, come sempre faceva, in vista di una futura utilità.
«Nascerà una creatura che sarà capace di custodire la Gemma e chiudere la partita.- disse infine Katlin, con occhi tanto cupi da essere diventare quasi neri- Dovremo…dovremo decidere insieme come educarlo al suo compito, fratello mio.»
Perfino il ferreo autocontrollo di Raistlin si incrinò quando Katlin portò inconsciamente una mano al grembo, fissandolo con un insieme di timore e combattività. Si ritrovò in piedi prima ancora di aver pensato a muoversi. La sedia si sbilanciò e cadde con fragore alle sue spalle.
«Un…figlio?!» sibilò, fulminando la sorella con lo sguardo. Dalamar si alzò a sua volta, come a voler intervenire, e le pupille a clessidra si spostarono sull’elfo oscuro, inchiodandolo sul posto e facendo sparire ogni colore dal suo volto. «Sei stato tu, Dalamar? Ma certo, che domande! Ho introdotto all’Arte due idioti e non ne ho avuto sentore fino a questo momento?!»
«Commenta pure la nostra idiozia, se credi. Io l’ho già fatto.- intervenne Katlin, amara, alzandosi in piedi a sua volta- Nonostante ciò, questi sono i fatti. Porto in grembo il figlio di Dalamar e a quanto pare è stato un evento voluto dal Fato. Sarà la nostra arma definitiva. Lo farò nascere.»
Raistlin abbassò lentamente il Bastone di Magius, che aveva alzato come per colpire uno dei due stupidi che gli stavano di fronte, se non entrambi. Poteva vedere con gli occhi della mente i propri piani futuri che andavano in fumo…e tutto per la stolta passione carnale tra i suoi apprendisti! Li aveva sopravvalutati. In quel momento, che il moccioso in gestazione sarebbe diventato utile alla lotta contro il Caos non rivestiva per lui alcuna importanza.
«Dunque, questo è il tuo futuro? Moglie e madre, una donna comune?- chiese alla sorella, la voce stillante sarcasmo e sottile disprezzo- Dopo tutta la fatica che ci è costata riavere il tuo talento? Dopo che hai lasciato il tuo mondo per camminare sotto la protezione di Lunitari?! Sei un’idiota, Katlin! Dovrei uccidervi entrambi!»
Si scostò dal tavolo e andò alla finestra, rigido per l’ira trattenuta. La risposta della sorella lo colse a metà del percorso.
«Io voglio Wayreth.»
Si voltò di scatto. Guardò il volto pallido della sorella, che lo fronteggiava con ritrovata calma, ora che gli aveva rivelato il suo segreto e aveva sopportato la sua ira. Annuì di fronte al suo sguardo, che sembrava volesse scavarle l’anima.
«Voglio Wayreth, Raist. Non ho cambiato idea. Anzi, sono ancora più convinta di quando fosti tu a trascinarmi nei tuoi piani.- disse- Ora che il pericolo non è più immediato, torneranno a chiedere l’elezione di nuovi Capi. Mi candido. Voglio il seggio di Par-Salian.»
Ora la riconosceva. Raistlin si rilassò nel corpo, mentre la sua mente si faceva ancora più acuta e micidiale.
«E il bambino? Non vi sarà possibile crescerlo, se ci dedichiamo al controllo delle Torri. Non avrete né il modo né il tempo di fare i genitori.» le ricordò, comprendendo nel discorso il pallidissimo Dalamar.
«C’è Caramon. Sono sicura che lo crescerà finché non dovremo occuparci della sua educazione magica.» disse Katlin, scrollando le spalle. La noncuranza con cui lo disse certificò alle orecchie dell’arcimago la veridicità delle sue intenzioni.
«E tu, Dalamar? Sei il padre. Che ne pensi?» lo provocò.
«Sono d’accordo con Katlin.- disse l’elfo, professionale- Siamo maghi, prima di ogni altra cosa. Inoltre, avere il controllo delle Torri ci garantirà un controllo sul nostro Ordine che non potremmo avere allo stato attuale. E’ uno dei rari casi in cui all’ambizione si sposa una reale necessità.»
«La necessità di avere il potere di tirare le fila del mondo.- aggiunse Katlin- C’è troppo in gioco. Non possiamo permetterci né tentennamenti, né sentimentalismi. Io per prima ho intenzione di giocare tutto per avere quel seggio. Dobbiamo conquistare quel potere che hai tramato per ottenere, fratello mio. A qualunque costo.»
Raistlin scrutò i suoi apprendisti e non vide alcun tipo di  dubbio o incertezza negli occhi di entrambi. Erano proprio i suoi apprendisti…disposti a sacrificare qualsiasi cosa per il potere. Certo, Katlin lo faceva per il bene di Krynn e Dalamar come una sorta di investimento a lungo termine, ma lo spietato desiderio di potere era fin troppo simile a quello che animava lui, il Signore della Torre di Palanthas. Da Katlin non proveniva alcun istinto materno, che a quanto pareva si era già sfogato sul giovane nipote. Dalamar pareva molto più interessato al proseguimento della sua relazione con Katlin che al frutto della stessa. Erano entrambi disposti ad aspettare di godersi il figlio, nell’attesa del tempo in cui avrebbero potuto fargli da maestri, più che da genitori.
“Un altro bambino solo, con un destino più grande di lui.- pensò Raistlin- Dev’essere un tratto di famiglia.”
«Molto bene.- mormorò, tornando al tavolo e sedendosi sullo scranno che Dalamar si affrettò a sollevare dal pavimento- Se questa è la vostra risoluzione, possiamo iniziare a parlarne.»
Katlin e Dalamar si sedettero a loro volta, tesi e attenti. Sulle labbra dell’arcimago si disegnò un vago, contorto sorriso. Le punte delle sue dita si unirono nel gesto che lo contraddistingueva quando si preparava a una conversazione importante.
«Il futuro giace nelle nostre mani.- iniziò, suadente - Costruiamolo a nostra immagine e somiglianza, apprendisti.»

   
 
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