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Autore: helhime    24/12/2012    1 recensioni
Ci sono creature che vivono intorno a noi, ma non sono umane: creature che sono state condannate a vivere in quegli angoli di tenebra in cui abbiamo paura di guardare.
Tutto questo però è passato.
Un sogno di normalità di alcuni mesi prima della nostra storia.
Il presente è una città deserta e un cielo che piove sangue, un mostro e un umano che si confrontano per l'ultima volta forse.
Cos'è successo? Cosa ne è stato di quella barriera che divideva mostri e umani?
E soprattutto... chi è il mostro e chi è l'umano?
Genere: Angst, Horror, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'aria ha l'odore del sangue.

Ormai non ho più la forza nemmeno di girarmi, ma in fondo non lo voglio davvero: so già cosa vedrei, e il mio unico desiderio in questo momento, l'unica preghiera che riesca ancora a fare è che mi sia risparmiato il più a lungo possibile il confronto con la realtà.

“Come siamo arrivati... a questo... ?”

E' una domanda retorica questa, ma mi fa ugualmente venire le lacrime agli occhi: non ho infatti risposte da offrire a quella voce bassa e roca, così diversa dalla mia e così amata.

Mi sforzo di ritornare con la mente ai mesi passati insieme.

Già, come eravamo arrivati a questo?

Possibile che dal bene possa nascere tanto male? L'amore è forse qualcosa di sbagliato di per sé stesso, una malattia che dovrebbe venir estirpata ovunque si presenti? Si vivrebbe meglio senza amare? Oppure, più semplicemente, si deve saper accettare che ci sono cose a questo mondo più preziose dei sentimenti, cose che nemmeno la pretesa di “fare del bene” a chi si ama ci consente di violare?

Cerco – senza riuscirci – di scuotere la testa.

Non è giusto.

Non lo è.

Il cemento è duro e scomodo: vorrei almeno riuscire ad alzarmi a sedere, ma sembra che io non abbia più la forza necessaria nemmeno per un movimento tanto semplice.

Nella mia mano destra, che ormai sta perdendo rapidamente sensibilità, posso comunque ancora avvertire il freddo metallo del sonaglio che lui mi aveva donato.

Nel silenzio innaturale che ci avvolge come un sudario, sento il desiderio lacerante di farlo tintinnare, almeno un'ultima volta.

Che stupido... Stupido e patetico.

Un solo gesto di certo non farà tornare le cose come prima.

Accanto a me sento un fruscio.

Non ho bisogno di muovermi per sapere di chi si tratta.

Di lì a pochi istanti, infatti, il volto di Persona entra nel mio campo visivo: lui è l'unica cosa rimasta, oltre a noi due, in questa desolazione.

La sua maschera mi fissa senza espressione, come al solito: uno schizzo di sangue, vicino a dove avrebbe dovuto esserci la bocca, è l'unico segno che ci sia davvero vita dietro quel bianco liscio e uniforme.

Gli occhi perlacei, privi di pupille, si piantano nei miei.

Sta aspettando una risposta, che io gli dica cosa fare.

Non c'è da stupirsene: ho appena distrutto il suo mondo, dopo tutto.

Ho cancellato l'unico posto che, se potesse parlare, avrebbe mai chiamato casa.

Lo capisco perfettamente, ma non posso fare a meno di desiderare che non mi fissi così.

“Persona, vieni qui.”

La voce del mio innamorato – posso ancora chiamarlo così dopo averlo tradito? - è roca come sempre, ma ha ora un tono teso, urgente.

La maschera che torreggia sopra di me ha un guizzo, mentre gli occhi passano freneticamente da me e a lui, da lui a me.

“Allontanati da lui.”

La sua voce non ammette repliche.

Questa volta, Persona non ha più esitazioni e, alzandosi senza il minimo rumore, esce dal mio campo visivo.

Ora i miei occhi contemplano di nuovo solo il cielo: le nuvole nere corrono come cavalli imbizzarriti, il fumo che sale dai tetti della città che fornisce loro interessanti ostacoli da saltare nella loro folle corsa.

Avrei voluto anche io librarmi nel cielo e annullarmi correndo fino ai confini dell'universo.

Ho conosciuto qualcosa che gli umani non avrebbero mai dovuto conoscere, e ora questa conoscenza mi pesa nell'anima come un macigno, inchiodandomi al suolo. Di solito si pensa che il sapere sia qualcosa che rende leggeri, che libera... ma io ho visto il vero volto della sapienza. La conoscenza è un veleno che ti fa marcire dall'interno: parte dal cervello, per poi infettare gli occhi, le orecchie... ogni tuo senso. E quando ha finito di devastarti il corpo, si impossessa della tua anima e la consuma come un mostro affamato. Questa è la conoscenza.

E nel mio caso, l'infezione, per quanto recente, è talmente grande e grave che il mio corpo non reggerà ancora per molto. L'unica nota positiva è che non sopravviverò abbastanza perché si impossessi anche della mia anima.

Morirò da umano, questo è sicuro.

Concedo a me stesso di ricordare solo per una frazione di secondo gli eventi delle ultimissime ore: il potere, la paura, i giuramenti infranti, la sapienza non voluta che mi si riversava nelle vene come veleno.

Certo, c'era stata anche l'estasi... ma quella ormai era passata. Per sempre.

“Amore...” mormoro.

Non ho alcun diritto di chiamarlo così, lo so bene: ho commesso troppi errori.

Troppi, troppi errori.

Per un istante, mi perdo nei ricordi: sono stati solo pochi mesi, in fondo, ma credo che l'intero significato della mia esistenza sia stato deciso in questo breve lasso di tempo.

Rido da solo, come un idiota.

Una goccia di pioggia, rossa come il sangue, mi cade sul viso.

Sta piovendo sangue.

Per un momento, immagino i miei compagni di classe, ciascuno nelle proprie case: alcuni studiano di certo, molti altri magari sono al telefono a parlare di professori o di quale attrice del momento sia la più bella... e intanto, dal cielo sui tetti delle loro case le nuvole piangono sangue sulla loro normalità.

Forse sono tutti morti, però.

Di questo non posso essere certo, e non avrò mai il tempo di accertarmene, ormai.

Forse sono tutti morti a quest'ora, e la colpa è solo mia.

E forse questa pioggia rossa è l'ultima traccia di vita in questa città morta, insieme al mio respiro affannoso.

Tra poco sarebbe rimasta solo la pioggia.

“Amore?!”

Locke è infuriato: anche se non posso vederlo e il tono della sua voce è perfettamente calmo, so che lo è.

“Dopo tutto ciò che hai fatto, ancora mi parli di... amore?”

Le mie labbra si muovono per pronunciare il suo nome – il suo vero nome – ma si fermano alla prima lettera: detesta essere chiamato a quel modo.

Tuttavia, in questo momento mi sembra che non ci sia nulla di più importante di quel nome: pronunciarlo sarebbe come mettere un punto fermo in mezzo al caos.

Nella mia mente ormai annebbiata e sempre più lontana dalla terra, balenano frammenti della conoscenza che ho di recente acquisito, come pagine strappate da un libro più grande: il potere dei nomi, il potere della scrittura... il nome è potere...

E io voglio renderlo potente.

Se la mia follia, di cui non riesco completamente a pentirmi, non ha portato altro che male, voglio che dal vaso di Pandora che ho aperto esca almeno questa piccola speranza: che in un mondo futuro, magari un po' più giusto di questo che si sta sciogliendo sotto la pioggia intorno a noi, lui sia ciò che è nato per essere.

Gli devo almeno questo.

“Te lo avevo detto che avrei oltrepassato il confine tra i nostri mondi...” replico, sorridendo malgrado tutto. “A quanto pare, io sono il tipo che, per oltrepassare una porta chiusa, invece di scassinarla la butta direttamente giù.”

Se chiudo gli occhi, ho quasi l'illusione di trovarmi in un altro luogo, in quel piccolo parco in cui ci eravamo conosciuti, nel bel mezzo di uno dei nostri soliti battibecchi: posso vedere senza vederlo davvero il suo viso, illuminato dalla luce morente di un tramonto d'autunno – è sempre autunno nel nostro paradiso che ho creato nei miei ricordi – e posso vedere il suo sorriso, bello come il sole che sorge sopra il mare.

Mi piacerebbe sentirlo ridere di nuovo.

Un'ultima volta.

“Sei solo uno stupido. E io ho esaurito gli scherzi.”

Un sibilo crudele fende l'aria: è il rumore di una lama che scivola fuori dal suo fodero.

Dei passi leggeri.

Non voglio riaprire gli occhi: non voglio vederlo ora.

So che potrebbe essere l'ultima volta che vedo il mio amore, ma mi ostino a tenere gli occhi serrati.

Stupido, eh?

“Ora ti mostrerò un'altra magia. La mia ultima magia.”

Sorrido.

Siamo arrivati alla fine.

So che dovrei dire qualcosa... Almeno una parola di addio.

Dovrei sforzarmi di sostenere il suo sguardo fino al mio ultimo respiro.

Tengo gli occhi chiusi invece.

Un egoista, e per di più vigliacco... ecco cosa sono.

Ma temo che, se lo vedessi ora, la mia volontà evaporerebbe e non riuscirei a usare le forse che mi rimangono per fare ciò che va fatto: come puoi lasciare una persona che ami quando essa è davanti a te?

E poi io non ho bisogno di guardarlo: in fondo, lo sto già vedendo.

Dietro le mie palpebre chiuse, la brezza leggera agita i suoi capelli rossi mentre ride di qualcosa di strano che ho detto.

Comincia a fare davvero freddo, man mano che il sole tramonta, ma io non voglio andarmene: questo vorrebbe dire lasciare andare la sua mano, e io gli ho promesso di stare sempre con lui.

Intorno a noi, ci sono tutti.

Bambola ha una minigonna jeans, un maglione bianco e un gran sorriso, mentre mostra tutta orgogliosa alle compagne di classe le foto della sua nuova fiamma: tutte la guardano ammirata, ridacchiando e fingendo imbarazzo. Lei ride con loro, racconta la gita in montagna che farà con la sua famiglia la settimana successiva e di come il suo fratellino sia geloso di questo nuovo ragazzo.

Persona sta giocando a calcio con i ragazzi: è senza maschera e il suo fisico, snello ma muscoloso, è messo bene in evidenza dalla divisa della squadra di calcio della città, con grande gioia delle ragazze che continuano a lanciargli occhiate e arrossire. E' diventato molto popolare, ultimamente. Ne parliamo spesso, io e Locke.

Lui, al contrario dei nostri due migliori amici, è rimasto identico a sé stesso.

E' giusto così: per me, è bellissimo esattamente com'è, col suo trucco pesante e gli occhi sempre un po' tristi.

Per fortuna, però, nessuno sembra più far caso alle sue stranezze, anzi lo adorano. In classe gli chiedono spesso di mostrare qualche trucco di magia o di suonare per accompagnare Persona che canta.

Ah, a proposito del nostro amico non più mascherato... lo sapevate che gli hanno chiesto di entrare nel coro della scuola come tenore? Era felicissimo: è sempre stato il suo sogno fin da bambino.

Bambola sta intanto informando le sue compagne delle sue lezioni di danza: sta andando alla grande, ma questo non è una sorpresa per nessuno.

Voci insistenti chiedono ai tre di esibirsi.

Il vento fa volare intorno a noi le foglie morte, come tante ballerine dipinte.

Ecco, questo è il nostro paradiso.

Nella mia memoria, ricordo e speranza si sono fuse per creare un angolo di mondo (im)possibile che sia solo per noi: un posto dove tutto sia come dovrebbe essere.

Era così che doveva andare.

Allora perché, se avevo tutto così chiaro nella mente, ho fallito?

Io sognavo solo un mondo in cui io e i miei amici potessimo essere felici: è così sbagliato questo?

Visto che Dio evidentemente pensa sia così, nella mia mente – dove io sono l'entità creatrice e ordinatrice – ho raddrizzato le cose.

E' qui che voglio che si concluda la mia vita. Non nella realtà. Qui.

Voglio andarmene sognandoli tutti così, come non li ho mai visti: felici. Lo meritano tutti e tre, lo meritano più di chiunque altro.

Aprire gli occhi significherebbe accettare che, dopo tutto ciò che ho fatto e sacrificato, non è cambiato nulla per nessuno: i mostri sono rimasti mostri, soltanto che ora sono circondati non più da folle inferocite, ma da cadaveri.

Voglio che il mio ultimo ricordo sia uno di speranza, e non di sconfitta.

“Guardami.”

“E' meglio di no, non credi? In fondo, hai sempre odiato che ti vedessero piangere...”

Sta cominciando a fare davvero freddo: probabilmente ho perso troppo sangue.

Ma quando arriverà l'alba? Sembra che questa notte sia destinata a durare in eterno.

I passi intanto si sono fermati.

“Per questa volta, va bene... Solo per questa volta va bene anche se mi vedi così.”

Anche nel mio mondo fa freddo ora, anche se siamo in autunno.

Rabbrividisco.

Nessuno, però, sembra aver notato il brusco abbassamento di temperatura tranne me.

Tutti si stanno sedendo sotto le alte querce, i loro occhi puntati sui tre: le chiacchiere e i giochi sono cessati, e persino la natura si è zittita e ora è immobile, in attesa.

Tutti aspettano una sola cosa: la prima nota della chitarra di Locke.

Fa così freddo ora.

Io non voglio lasciare la sua mano: se lo lascio andare ora, lui non tornerà più da me.

La pioggia ora si è trasformata in un vero e proprio acquazzone: sta martoriando il mio corpo e picchiando contro le mie palpebre abbassate.

Ma non mi costringerà a vedere un mondo che non voglio vedere.

“Gabriele, per favore...”

Sento una scossa elettrica attraversare il mio corpo.

Locke non ha mai chiesto qualcosa in quel modo, né a me né a nessun altro.

Mai.

Lascio andare la sua mano: deve usarla per suonare, dopo tutto.

So che ora non tornerà mai più, ma in fondo morire con negli occhi la sua ultima esibizione non è un brutto modo di andarsene.

Le sue dita accarezzano le corde, gli occhi che si socchiudono in una sorta di trance.

La voce di Persona, bellissima e mostruosa, riempie l'aria.

Un passo dopo l'altro, Bambola si pone al centro della radura, gli stivali che affondano nelle foglie morte. Poi comincia a ballare: mentre i suoi piedi scivolano sul terreno come fosse una creatura senza peso, i capelli ondeggiano nel vento e brillano come tanti fili di argento nel sole che muore lentamente intorno a noi.

Tutti sono senza parole.

La natura stessa si arrende di fronte a uno spettacolo che meriterebbe di durare in eterno.

E' il mio requiem.

Stringo ancora più forte il sonaglio che Locke mi regalò mesi prima.

“Sei un bastardo sleale... Se mi chiedi una cosa in questa maniera, mi tocca accontentarti.”

“Ti sto solo chiedendo di aprire quei dannati occhi, maledettissimo e pigro idiota!”

Sorrido di nuovo: ecco, ora lo riconosco.

“Fai presto a parlare, tu... Sto vedendo un sogno bellissimo.”

Ancora quel suono di metallo: mi ricorda il sibilo di un serpente.

“Ti pare il momento di perderti in queste sciocchezze?!”

La voce arrochita e ogni parola che ferisce le orecchie simile a una sferzata, come un vecchio alcolizzato al bancone di un bar... sembra di assistere a uno dei nostri migliori litigi.

Cerco istintivamente con le dita il pacchetto di sigarette, ma la mia mano sinistra non funziona come dovrebbe: meglio non guardare com'è ridotta.

Pazienza, rinuncerò alla mia ultima sigaretta.

Locke ha, come sempre, capito al volo il mio gesto – o tentativo di gesto, in questo caso.

“Quella roba ti ammazzerà, lo sai... Hai proprio deciso di fare di tutto per crepare senza ascoltare cos'ho da dirti, eh?!”

Odio la sua assoluta mancanza di romanticismo.

Tentare di spiegargli il significato simbolico dell'ultima sigaretta per un condannato a morte sarebbe solo fiato sprecato... E di fiato non me ne rimane molto.

Decido di ignorarlo.

“Nel sogno stai suonando la chitarra. Come al solito. Solo che ora tutti ti guardano. Tutti vi guardano e sono estasiati dalla vostra esibizione.”

“Non c'è più tempo.” taglia corto. “Ora guardami, per piacere.”

Di nuovo quel tono urgente nella voce.

Ancora una volta, non lo ascolto.

“Persona canta divinamente... Diavolo, però, speravo almeno nei miei sogni potessi vedere com'è senza maschera.”

Nel paradiso che ho creato per noi, infatti, tutto è chiaro e luminoso... Tutto tranne il viso di Persona.

Un'eterna ombra indistinta lo avvolge, impedendomi di vederne i lineamenti: avrei voluto rendergli giustizia usando la mia immaginazione per dargli finalmente un viso, magari anche bello, ma non ci riesco. Il massimo che posso fare è un abbozzo di sorriso mentre canta.

So che è bello, ma non riesco a dare una determinazione precisa alla sua bellezza.

Persino nella mia mente, non sono riuscito a donargli finalmente un'identità.

“Perdonami, Persona. Sei l'unico che non riuscirò ad aiutare... fino alla fine.”

Nel mio mondo, mi sorride felice, cantando: mi ha perdonato.

Vorrei sapere se potrà mai farlo anche nella realtà.

“Ti prego.”

La voce di Locke risuona in entrambi i mondi.

Arrivati a questo punto, devo sul serio aprire gli occhi, anche se non vorrei.

“Maledetto... potevi almeno lasciarmi morire con negli occhi qualcosa di bello...”

Tento di scherzare, benché ormai il freddo che sento sia tale da farmi battere i denti.

Le mie palpebre si alzano faticosamente su un mondo scarlatto.

La pioggia continua a cadere incessante. Il suo vuoto ticchettio è l'unico rumore rimasto per chilometri e chilometri: i clacson delle macchine, le urla e le risate... tutto spazzato via.

Di ciò che un tempo era una città, rimaniamo solo io, Locke e Persona.

L'ironia dell'essere rimasti proprio noi tre, alla luce degli avvenimenti delle ultime settimane, mi fa quasi scoppiare a ridere.

Ma non rido. Sputo sangue, invece.

Sono al capolinea, ormai.

Lui è davanti a me: deve essersi avvicinato ancora, senza che me ne accorgessi.

Non è come nel mio sogno, purtroppo. Non sorride felice nel crepuscolo, ma è invece bagnato fradicio, i ciuffi rosso fuoco che gli aderiscono al viso e gli occhi che sembrano piangere sangue.

Impossibile dire se stia piangendo davvero oppure no con questa maledetta pioggia scarlatta: a quanto pare, non potrò dire di avergli visto versare lacrime nemmeno nei miei ultimi istanti.

“Grazie.” sussurra, con voce ora carica di emozione.

Nella mano destra stringe convulsamente l'impugnatura dell'ascia da battaglia: raramente gli ho visto usare la sua arma, in passato, e mai per gioco. Sta facendo sul serio.

Benché io sia sul punto di morire, mi viene di nuovo quasi da ridere per l'ironia della cosa: lui impugna un'ascia, io un sonaglio arrugginito... la vita è profondamente ingiusta!

“Sei pronto a lasciare per sempre il mondo degli umani?”

La sua voce è solenne, come dovrebbe essere in occasione di un funerale.

Mi sforzo di annuire, ma il mio corpo non mi risponde più: mi rassegno quindi a sforzarmi di usare la voce, invece dei gesti.

“Fai ciò che devi.”

Annuisce, ma non muove un muscolo.

“Io... non volevo... non volevo che...” tenta di spiegare. “Ho cercato di spiegartelo... Ho... tentato di... evitare che facessi questa follia.”

La sua voce è incerta e tremante, come quella di un ragazzino sperduto: le spiegazioni e i discorsi di commiato non sono mai stati il suo forte.

Serro i denti: la bocca è una delle poche parti del corpo che ancora obbediscono alla mia volontà.

“Piantala, o torno a chiudere gli occhi.”

Cerco di suonare minaccioso e sprezzante.

Non deve andare così: devo andarmene sapendolo forte, o tutto il mio amore per lui sarà stato inutile.

“Non ho rimpianti, se non quello di averti... avervi... ferito. Non mi pento di ciò che ho fatto per Bambola: lo rifarei altre mille volte.”

Già, Bambola... chissà dov'è ora... Mi spiace non darle l'ultimo saluto, ma in fondo mi basta sapere che sta bene. Forse non riderà con le amiche mostrando le foto del suo nuovo ragazzo, né diventerà mai la ragazza più popolare della scuola, ma ora almeno ha una speranza: nessuno di noi sarà lì con lei a vedere cosa né farà, ma sono certo che se la caverà.

Almeno l'ultima immagine che ho di lei è un sorriso.

Già, meglio che non sia qui a vedermi ridotto in questa maniera: ha pianto fin troppo nella sua vita perché sia costretta ad assistere a un'altra scena come questa.

La mia vista si sta annebbiando: ormai solo gli occhi di lui, luminosi come smeraldi, mi appaiono chiari.

Devo continuare a parlare, prima che anche quelle luci svaniscano dalla mia coscienza.

“Però le mie azioni hanno portato a conseguenze abominevoli... Lo so benissimo. Mi prendo le mie responsabilità.”

Nella mia mente sento d'improvviso risuonare ancora quella canzone bellissima...

Il mio corpo, se potesse muoversi, sussulterebbe.

Sto sognando ancora? Eppure non ho gli occhi chiusi...

Ma non ho tempo di preoccuparmi delle mie allucinazioni, ora.

“Prenditi cura di Persona, ti prego.”

Taccio.

Le mie allucinazioni si stanno espandendo e riempiendo di particolari sempre nuovi e meravigliosi.

Non piove più.

Il sole morente mi accarezza con i suoi raggi, più caldo di quanto sia mai stato. Il cielo ora ha assunto una sfumatura dorata, luminosa.

Intorno a me non c'è più cemento, né case, né strade: solo un'immensa vallata color oro e smeraldo, più bella persino del mondo che ho immaginato nella mia mente.

Sto... sognando? Sono impazzito? O forse...

No, non è un sogno 'sta volta, né ho perso il senno: sto semplicemente passando il confine.

Il confine tra la vita e la morte.

“Coraggio, ora è giunto il momento per me di espiare i miei peccati...”

Sorrido.

Sono in pace.

Mi domando solo se anche lui possa vedere ciò che vedo io in questo momento... Credo di no, però: se vedesse, non avrebbe una disperazione così assoluta nello sguardo.

Prego in cuor mio che veda e capisca.

“Quindi, abbassa quella lama.” concludo.

Suona un po' come quando si dice “amen” alla fine di una preghiera.

Locke alza l'ascia sopra la testa con un suono sinistro.

In questo prato meraviglioso ormai ci siamo solo io e lui: vorrei che potesse rimanere per sempre qui con me in questo paradiso, ma so che non è il luogo dove è destinato a stare.

E lo sa anche lui.

I capelli nascondono la sua espressione, ma posso percepire quanto stia soffrendo.

“No, non soffrire.” sussurro, con le mie ultime forze. “Ho un regalo per te, prima di lasciarti per sempre.”

“Non voglio nulla da te... traditore, idiota, spergiuro!” sbotta, stringendo anche la mano sinistra intorno all'impugnatura. “Ti maledico, ti maledico per tutte le ere a venire.”

Sorrido: ecco di nuovo il mio Locke.

Concentro le mie ultime forze nella mano destra.

Dovrei preoccuparmi per la sua maledizione probabilmente, ma suppongo di avere davanti tutta l'eternità per farlo.

“Non sto scherzando.”

Una goccia scivola lentamente lungo il suo viso e, quasi a rallentatore, cade sull'erba, svanendo.

“Ti maledico.”

Si prepara a colpire.

Stringo forte la mano destra intorno al sonaglio: lo sento muoversi, quasi fosse un cuore pulsante.

Le forze mi abbandonano e ormai i miei occhi non vedono più nulla.

Sento la lama calare su di me, e lo spostamento d'aria mi ferisce il viso.

Il sonaglio magico va finalmente in pezzi, mentre con tutto il potere contenuto in esso... no, non solo... con tutta la mia forza vitale residua... pronuncio il suo vero nome.

  
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