PROLOGO.
Sono seduta allo sgabellino, ho impugnato le bacchette e una scarica di adrenalina mi ha pervaso. E' partita dalle dita e si è diffusa su per le braccia, è arrivata dovunque. Comincio a suonare. A caso. Scarico la mia energia su quei piatti. La mia rabbia. Alla faccia di chi dice che non sono abbastanza brava.
Lui è lì. Sulla soglia della porta. E' appoggiato leggermente con la spalla al legno. I piedi incorciati. Mi guarda fisso , in viso. Non è riuscito a seguire le mie mani, troppo veloci per il suo sguardo pacato.
Fingo che non esista. Mi concentro su quello che sto facendo e basta. Non lo so cosa sto facendo. Mi fermo di scatto, il respiro affannato. Lo lascio a metà. Pensava sarei andata avanti per ore. Ne sono capace.
Ora voglio solo alzarmi lenta dal mio sgabellino. Voglio camminare a passo felpato, sicura, verso di lui. Spingerlo completamente contro il muro e , magari, dopo averlo lievemente illuso, andare via senza guardarlo. Rido del mio pensiero cattivo, anche un po' stupido. Non faccio nulla. Fisso il pavimento, sempre in silenzio.