Capitolo 2: Non mi pentirò
mai.
Era
quasi mezzogiorno quando Len
raggiunse la città: non c’era bisogno che
arrivasse così presto, ma doveva
andare a trovare una persona, ed era meglio che sua sorella non sapesse
di chi
si trattasse; non voleva farla soffrire, e comunque non le aveva
mentito del
tutto.
Cominciò
ad avviarsi verso la
parte povera della città. Dopo una mezz’oretta di
cammino si ritrovò davanti ad
una casa diroccata, che somigliava più ad una stalla che ad
un’abitazione. Non
era nemmeno provvista di porta: al suo posto, per riparare il varco che portava
all’interno
dell’abitazione, c’era un sacco di iuta a
brandelli, neanche fosse stato usato
da una bestia per farsi le unghie. Prima di entrare prese un grosso
respiro,
rischiando di rimanere soffocato dal puzzo che aleggiava in quel luogo,
e poi
scostò la iuta, per ritrovarsi all’interno di un
luogo buio e pieno di
sporcizia, di bisogni animali e umani e di muffa. Si
addentrò in quel luogo
buio e con sguardo e passo famigliare si diresse verso
l’angolo dove c’era un
mucchietto di paglia che fungeva da letto, sul quale vi era sdraiato un
uomo
sulla sessantina coperto di macchie nere e rughe. Si
avvicinò piano per non svegliare
l’uomo, scoprendo però che era già
sveglio, e che lo guardava con occhi velati.
«Scusami,
ti ho svegliato?»
«No….
Sapevo che saresti
venuto… me lo sentiv-» fu bloccato al termine
della frase da un attacco di
tosse, che gli fece sputare sangue.
«Attento!
Non devi sforzarti!
Tieni, bevi un po’ di questa medicina. L’ho presa
dalla riserva privata del
castello, ti farà stare sicuramente meglio, calma la tosse
per un po’ di
giorni.»
«Grazie…»
il vecchio bevve
avidamente dalla boccetta e subito si rilassò, tornando a
sdraiarsi con un
sorriso.
«Cosa
sei venuto a fare qui,
figlio mio? Lo sai che se lei ti trova ti uccide» non
potè continuare, e questa
volta non a causa della tosse, ma perché il suo
interlocutore fu sbattuto
violentemente a terra e sovrastato da una figura dei capelli color
rubino e gli
occhi dello stesso colore iniettati di sangue.
«Cosa
diavolo ci fai qui?!?!
Come osi presentarti in questa casa dopo ciò che hai
fatto?!?! E tu papà, non
osare chiamarlo mai più figlio, perché questo qui
si è venduto l’anima alla
Figlia del Male!» gridò quella che si era rivelata
essere una ragazza mentre gli
puntava un coltello alla gola.
«Meiko!
Lascia subito andare
tuo fratello!»
«Non
osare definirlo tale! Dopo
ciò che ha fatto al castello per me potrebbe anche
morire!»
«Meiko…»
«No,
padre, ha ragione,»
mormorò Len, tra le lacrime «ha perfettamente
ragione.» disse con un filo di
voce.
“La
prego principessa!
Abbiamo bisogno di denaro! Mio padre, e non solo lui, ha bisogno di
medicine, senza
le quali potrebbe morire! La supplico!”
Era da
almeno mezz’ora che
Meiko tentava di convincere Rin a donare un po’ di soldi al
popolo più povero,
senza successo. Non che fosse cattiva di natura, ma purtroppo la sua
giovane
mente della principessa era stata deviata da quel pazzo di suo padre
prima che
morisse, un tiranno, che credeva che tutto dovesse essere gestito con
la
cattiveria e la violenza. Era un despota, e alla sua morte tutto il
popolo
aveva sperato in un nuovo regno gestito da quella piccola principessa,
che
sembrava tanto dolce con i suoi occhioni blu come il mare e i capelli
che
parevano oro. Purtroppo però ben presto si dovettero
ricredere: la principessa
era addirittura peggio del padre, per questo prese il nome di Figlia
del Male
“Perché mai mi dovrei interessare della morte di
qualche feccia della
popolazione? Una regina non deve sporcarsi le mani con feccia simile e
se
morite tanto meglio, almeno dovrò sborsare meno soldi.
Magari potrei cominciare
eliminando te e tuo padre” mormorò infine, con un
ghigno agghiacciante in volto.
“Ho ragione, Len?”
Lui rimase
impietrito. Aveva
sperato con tutto se stesso che non lo mettesse in mezzo. Rin non lo
poteva e
non lo doveva sapere, ma lui e Meiko erano molto legati: erano
fratelli, per
quanto adottivi e non di sangue, ma comunque fratelli. Lui era stato
affidato
al padre di lei dopo la separazione da Rin, un artigiano della
città, un uomo
povero in canna ma di buon animo. Lo aveva cresciuto come se fosse
figlio suo,
e anche se inizialmente Meiko non l’aveva presa bene ben
presto si ritrovò a fare
da sorellona al piccolo e triste Len.
Dopo tanti
anni passati
assieme Meiko non aveva preso bene la decisione di Len di andare al
castello
per lavorare per la sorella gemella, ma gli voleva troppo bene, quindi
accettava di buon grado le visite che lui faceva a lei e al padre
malato di
tanto in tanto.
“Io,
veramente…”
No, per
quanto amasse Rin non
ce la faceva. Non poteva condannare a morte coloro che
l’avevano cresciuto con
tanto amore quando lui ne aveva più bisogno.
“Credo che non sia la scelta più adatta.”
“E perché?”
“Uccidendoli attirerà solo le ire del popolo, e
non vorrà di certo avere
problemi con loro.”
“Hai ragione… Allora cosa proponi?”
Aveva
trovato una soluzione,
che per quanto fosse comunque triste e ingiusta era meglio della morte.
“Penso che… penso che l’idea migliore
sia di incarcerarla, in modo da tenerla
buona per un po’ e metterle la testa apposto.”
“E sia, portatela nelle segrete, e tenetela lì
fino a nuovo ordine.”
“No! NO! Lasciatemi! Lasciatemi! Non posso lasciare mio padre
da solo! Len,
maledetto, mi fai schifo! Non osare mostrarti mai più
davanti a me! Che siete
maledetti, schifosi, tu Servo del Male e quella maledetta Figlia del
Male! Il
diavolo in persona vi ha creati, vi ha accoppiati bene! Ma non la
passerete
liscia, la pagherete!!!”
Si era
condannata da sola. A
quelle parole tutti nella sala del trono erano rimasti impietriti.
Tutti
conoscevano quegli appellativi che erano stati affibbiati al servo e
alla
principessa, ma nessuno aveva mai osato pronunciarli in presenza di
lei. Era
quella che era rimasta più impietrita di tutti, ma la rabbia
ben presto
cominciò a farsi vedere. Len tentò di calmarla,
invano; la rabbia che provava non
era tanto per essere stata insultata lei personalmente, ma per il fatto
che
Meiko avesse insultato il suo adorato Len.
“Sbattetela
nella sala delle
torture!!! Strappatele quella lingua schifosa, frustatela a sangue e
cavatele
gli occhi! Dovete farla soffrire il più possibile! Ha osato
insultarmi, e per
questo pagherà con la tortura e la morte pubblica per
decapitazione! Ma prima
dovrà veder morire il padre di stenti, quindi andate
immediatamente a cercarlo!
E ora allontanatela dalla mia vista!!!”
“Miss
Rin, no! Non si ricorda
cosa le ho detto? Questo è il peggio che può
fare!”
“Stai
zitto Len! Per quanto io ritenga importante la tua
opinione questa sgualdrina ha superato il limite! Non deve passarla
così
liscia!”
“Ma-”
“Niente ma! Sono io la regina qui! E ora portatela
via!”
Len
guardò impotente Meiko
che veniva trascinata via, mentre lo guardava con odio, rabbia,
tristezza,
disperazione e terrore.
“Len! LEN! Che tu sia maledetto! Hai messo di mezzo pure
nostro padre, non te
lo perdonerò mai! Sei diventato un maledettissimo
demone!”
“Tu sei la mia dama,
io sono il
tuo servo.
Se anche
il mondo intero ti sarà
contro,
anche a
costo di diventare
malvagio,
io ti
proteggerò per sempre.”
Mormorò
infine Len, con lo
sguardo perso nel vuoto, come una cantilena di morte.
«E
non fare quella faccia! Lo sai come mi sono sentita male quando
ti ho visto dar retta alla Figlia del Male e non a me? Conoscevi la
situazione,
ne avevamo parlato, eppure non hai fatto niente!»
gridò Meiko .
«Lo
so, lo so. Hai tutto il
diritto di odiarmi.» Len sapeva che più che per le
ferite provocate dalla
tortura Meiko aveva sofferto per il tradimento di lui. Per fortuna Len
era
riuscito a convincere Rin a ridurre la pena, ma era stata comunque
pesante: pur
essendo riuscito a risparmiarla dall’accecamento, dal taglio
della lingua e
dalla morte sua e del padre, era stata frustata per un giorno intero e
rinchiusa senza cure, cibo e acqua per un mese, per
“solo” un mese, sempre
grazie alle suppliche di Len. E per “fortuna” Rin
era troppo in collera per
ripensare o far caso al fatto che i due si conoscessero, ma Len era
disposto a
tutto pur di salvare Meiko e il padre, anche a costo di rivelarle
tutto.
In
ogni caso, qualunque cosa
fosse successa, sapeva che Meiko non l’avrebbe mai perdonato.
Ne avevano
parlato, Meiko aveva chiesto a Len di parlare con la principessa e
convincerla
ad essere più buona, anche a costo di rivelarle quale legame
univa il ragazzo
ad una povera famiglia, eppure lui non aveva detto niente a Rin, non
poteva,
aveva paura della sua reazione. Temeva che lei, per qualche assurda
ragione, lo
allontanasse. Che pensiero egoistico.
«Scusami.
Volevo solo venire
a trovare nostro padre per portargli una medicina dal castello, che per
qualche
giorno lo farà stare meglio.»
Solo
allora Meiko si accorse
delle condizioni migliorate del padre e della boccetta che ora era
tornata tra
le mani di Len. Si alzò dal corpo di Len liberandolo dalla
sua presa di ferro e
dal coltello, cosicché lui potesse salutare il padre con un
lieve bacio sulla
guancia prima di avviarsi verso la porta.
«Len!»
lui si fermò sul
ciglio della porta, senza voltarsi.
«Lo
sai che restando con lei
soffrirai? So che le vuoi bene, ma se torni da noi non te ne pentirai,
se resti
con lei sì.»
Len
non rispose. Si limitò a
rivolgerle un sorriso mesto, sapendo in cuor suo che non si sarebbero
più
rivisti. Si diresse in città, e mentre le lacrime gli
riempivano gli occhi e i volti
delle sorelle si sovrapponevano nella sua mente pensò:
“Su
una cosa hai torto,
Meiko. Io non mi pentirò mai di stare con Rin, nemmeno
quando morirò. Nemmeno
se la mia morte avverrà a causa sua.”
______
Nota d’autrice: oddio,
è ufficialmente
cominciata la mia e la vostra condanna a morte la
storia completa di Aku
No Musume! Ho sperato con tutta me stessa che qualcuno, anche una sola
persona,
mi chiedesse di continuare, e così è stato ^^
Infatti non smetterò mai di
ringraziare Hikari Megami, o Hicchan, come preferisco chiamarla ^^ Senza il suo appoggio
infatti non so se
l’avrei continuata, non così presto almeno ^^ Un
ringraziamento lo voglio fare
anche a Ayukiko_Watarai
che ha messo la mia storia tra le ricordate,
quindi ho ben due persone che seguono la mia storia! Grazie mille!
Ma
parlando della storia: con
questo capitolo siamo entrati nel vivo della mia visione di Aku No
Musume.
Moltissime cose che racconterò non accadono nelle canzoni,
sono pure invenzioni
mie o insieme di cose lette qua e là, ma in ogni caso la
storia resterà quella,
la drammatica storia che tutti conosciamo. Ora come ora non credo ci
sia molto
da spiegare, quindi darò solo alcuni chiarimenti riguardo
all’impostazione
della storia, ovvero: in corsivo ci sono i pensieri, centrali e in
corsivo i
ricordi e laterali le strofe della canzone che ogni tanto
metterò. Inoltre ogni
tanto ci saranno riferimenti ad altre canzoni, chissà se
riuscirete a trovarli?
Per quanto riguarda la frequenza di pubblicazione dei capitoli
sarà puntuale,
ogni domenica un capitolo nuovo, a meno che non sorgano eventi
imprevisti.
Per
ora è tutto, spero di
ricevere recensioni e di appassionarvi con la mia storia,
See ya,
ElPsyCongroo