Capitolo
1
Il risveglio
Quando Yuki si
risvegliò Zero dormiva ancora. Un braccio
sotto il cuscino, l’altro abbandonato sul materasso spoglio,
la mano aperta, in
cerca di lei, anche nell’incoscienza del sonno.
Un sorriso
triste le affiorò sulle labbra graziose, ancora
memori dei baci imperdonabili di quella notte.
Lo
osservò in silenzio, non voleva svegliarlo, interrompere
quel suo quieto sognare. Era bello, tanto da scatenarle una terribile
fitta al
cuore; il volto disteso, i capelli lisci gli ricadevano morbidi su
quella pelle
diafana, e poi il collo, macchiato da quei due piccoli segni
lividi...testimoni
del loro folle gesto, piccoli traditori...
Era suo.
Si
avvicinò con prudenza, trattenendosi con una mano i lunghi
capelli castani, che altrimenti sarebbero scivolati sul suo corpo nudo
come
sottili fili di seta, svegliandolo...
“Zero...”
Sussurrò quel nome, piano, sicura di giungere in
qualche sogno lontano, mentre le sue labbra si avvicinavano caute al
bel collo
già segnato. Si fermò a pochi centimetri da
ciò che più desiderava, colpevole,
ancora...
Riluttante si
alzò dal letto, non era ancora l’alba, la notte
dominava padrona sui colori del cielo, tingendolo di un blu precario,
destinato
a scomparire con l’arrivo del sole. In quella stanza senza
tempo raccolse il
suo vestito e lo indossò in un unico e rapido gesto, la
stoffa fredda e
pregiata le dette i brividi, a contatto con quella sua pelle ancora
calda di
lui, del suo folle e vorace amore.
Lasciò
il collegio con una voragine nel petto, chiedendosi
cosa sarebbe successo da quel momento in poi, se le loro vite sarebbero
cambiate...se quella colpa tremenda di cui si erano macchiati li
avrebbe
portati verso un baratro nero...
Dovevano
dimenticare, dovevano abbandonare tutta quella gioia
all’oblio eterno, lasciare che rimanesse solo un vago e dolce
ricordo, dolce
come il suo sangue, dolce come il suo corpo.
Corse a
perdifiato, ogni passo sull’asfalto l’allontanava
da
quel letto, da quelle lenzuola macchiate del loro rosso più
vivido.
L’alba
sbocciò prepotente, ridonando nuovi colori al mondo
cupo, tetro e sanguinario della notte, il mondo dei vampiri.
Yuki giunse di
fronte al grande portone di mogano solo quando
il sole fu alto nel cielo. Le bruciavano gli occhi non tanto per il
fastidio
arrecatole da quella luce, da quei raggi troppo chiari, troppo candidi
per la
sua razza, gli occhi le bruciavano di lacrime...
Si
asciugò il viso con la manica del vestito, pronta ad
affrontare la sentenza più dura, lo sguardo gentile del
nobile fratello, il
purosangue Kaname Kuran.
Salì
le scale, salutando Ruka e Kain con un gesto distratto
della mano, tutto l’allarmismo che aveva colto nei loro occhi
sembrò placarsi
appena la videro.
“Nobile
Yuki... vi abbiamo cercato per tutta la città, dove
avete trascorso la notte?” Chiese la ragazza dai capelli
color del miele.
La giovane
purosangue posò lo sguardo verso il basso, verso
la complessa e intricata trama del pavimento di marmo.
“Principes...”
La richiamò Ruka, ma il rapido gesto di una
mano snella, aggraziata e forte allo stesso tempo, la zittì
ancor prima che
potesse terminare di pronunciare quell’appellativo che Yuki
odiava tanto.
Era giunto, in
un lampo, con il passo svelto e calibrato,
inondando l’aria con il suo profumo antico, buono. Aveva il
volto stanco, la
solita perfezione guastata da profonde occhiaie violacee che
contornavano
gli
splendidi e inquietanti occhi amaranto. Kaname Kuran.
“Ruka,
Kain...stanotte Yuki non è rientrata a casa, ma aveva
il mio permesso...perciò non preoccupatevi, potete
andare” Disse con
gentilezza, spostandosi i capelli scuri dietro le orecchie.
Kain si
allontanò sbuffando, apatico come sempre. La ragazza,
invece, rimase immobile di fronte ai due purosangue, guardava lui, poi
lei, poi
ancora lui, chiedendosi perché fosse tanto indulgente con
quella ragazzina
ingrata, con quella giovane donna che di nobile non aveva niente, se
non quel
sangue prepotente che le scorreva nelle vene, lo stesso dei Kuran. Ruka si chiese
perché non si arrabbiasse con
lei, perché non le urlasse contro la sua rabbia. Si sentiva
lontano un miglio
l’odore del suo tradimento, lo sentiva anche lei,
l’odore sporco del sangue di
un altro vampiro. Pensò che se fosse stata al suo posto non
l’avrebbe mai
tradito, mai, se solo le avesse dato
un’opportunità, lei che lo amava tanto,
che lo venerava da sempre come il più bello, il
più importante degli dei, il
suo Kaname.
Ma lui voleva
l’altra, voleva Yuki, da sempre, da quando era
ancora una bambina, e adesso capiva, la voleva così tanto da
esser disposto a
sopportare, a chiudere gli occhi di fronte all’evidenza.
Dopotutto non erano
poi così diversi, lei e il purosangue che amava, entrambi
disperati, entrambi
disposti a scendere a compromessi pur di star vicino
all’oggetto del loro
desiderio.
Sospirò
e si allontanò dai due fratelli, seguendo le orme di
Kain, il fedele amico d’infanzia.
Rimasero soli,
uno di fronte all’altra, senza dire una
parola. Nonostante avesse mantenuto lo sguardo basso, Yuki lo sapeva,
sapeva
che quegli ipnotici occhi amaranto la fissavano, la scrutavano, velati
da una
gentilezza pronta a nascondere la rabbia, l’odio...il suo
odio, a differenza di
quello di Zero le faceva paura.
“Dovresti
farti un bagno” Disse poi, afferrandole una ciocca
di capelli per portarsela con un gesto fluido, reverenziale, alle
labbra, e poi
al naso. Inspirò profondamente l’odore di quei
fili d’ebano, chiudendo gli
occhi, apprezzandone il bouquet floreale, misto ad altro, misto ad un
odore che
non sentiva da tempo. Respirò profondamente, scacciando via
dal suo olfatto
quella “nota” sgradevole. Lasciò che i
lisci capelli gli scivolassero via dalle
dita, poi sempre gentilmente le afferrò la mano esile,
tremava.
“Andiamo”
Mormorò trascinandola al piano inferiore, nelle
loro stanze senza finestre.
Yuki lo
seguì senza proferir parola, placidamente attendeva
la sua sentenza, e la punizione, che forse non sarebbe mai
arrivata. Era
sempre stato quello il suo modo di punirla, quell'incredibile e
costante
gentilezza. Ogni volta che i suoi occhi malinconici si posavano su di
lei, ogni
santa volta, lui la puniva, la costringeva a torturarsi.
Eppure,
c’era stato un tempo, in cui l’aveva amato, tempi
lontani, immersi in ricordi innevati. Era una ragazzina, eppure il
piccolo
cuore le palpitava nel petto, prepotente, smanioso di vederlo, di
rivedere quel
vampiro gentile che le aveva salvato la vita qualche anno prima.
Ricordava quei
tempi con affetto, con dolcezza, ricordava il
suo volto, quel giovane uomo era stato il sole della sua vita,
l’inizio dei
suoi ricordi.
Poi era arrivato
l’altro.
Chiuso nel suo
mutismo, ferito nell’anima, enigmatico,
arrabbiato...Zero, anche lui era solo un ragazzo, il collo sporco di
sangue,
gli occhi sbarrati, tanto fragile, che quella sera lontana, la sera del
suo
arrivo, mentre lo ripuliva da quel liquido porpora, pensò
che se non fosse
stata delicata, quel ragazzo dai capelli candidi si sarebbe frantumato
sotto le
sue piccole dita.
Zero Kiryu, il
ragazzo la cui famiglia era stata sterminata
da dei vampiri “cattivi”.
Li odiava, i
vampiri, Zero, li odiava con tutto se stesso,
tanto da scalfirsi con le unghie la pelle del collo, il punto in cui
quella
donna, la purosangue che l’aveva trasformato, aveva poggiato
le labbra e i
canini perfetti, condannandolo per sempre. Li odiava
così tanto da volersi
togliere la vita, quando il “germe” in lui era
cresciuto, facendo marcire tutto
il resto, rendendolo uguale ai mostri dei suoi incubi. Si era puntato
la
pistola alla testa, le dita salde sul grilletto, quel giorno, in cui i
canini
appuntiti avevano trafitto la pelle di Yuki. Ma lei lo aveva fermato,
lo aveva
costretto a combattere, era diventata la sua alleata, la sua compagna,
e lo
aveva trascinato in un oblio fatto di sangue, l’aveva
costretto a compiere
l’imperdonabile. Forse, fu in quel momento che il suo cuore,
scelse. Mentre i
denti di Zero penetravano la sua pelle ancora umana, mentre quegli
occhi viola
viravano in un cremisi maledetto, lei lo amava, lei lo desiderava, lo
voleva
vivo, più di ogni altra cosa al mondo.
Fu in quel
momento che il suo sole, Kaname Kuran smise di
brillare come un tempo, c’era altro nella sua mente, nello
stomaco, c’erano
lui e i suoi tormenti, c’era quel ragazzo con cui aveva
stretto un patto di
sangue, quel ragazzo che le aveva macchiato l’anima in modo
indelebile. C’era
Zero, colui con cui aveva compiuto l’imperdonabile. Ma gli
umani, la loro
mente, è debole, superficiale, vacilla facilmente, ed era
difficile ammetterlo,
anche di fronte all’evidenza...
Persa tra tutti
quei ricordi, tra tutti quei pensieri, Yuki
lasciò che Kaname la spogliasse, la liberasse di quel
vestito corrotto, aiutandola
a immergersi nell’enorme vasca da bagno. Lo lasciò
fare, come se fosse stata
una bambina, lasciò che le insaponasse la schiena, i polsi,
i piedi, i capelli,
che spostò con cura, rivelando il collo candido.
Sfiorò i segni lividi,
dapprima con le dita, poi con la spugna, che gli cadde dalle mani
tremanti.
“non
guardarmi...non guardare i segni che Zero mi ha lasciato
sul collo, ti prego...” Pensò la ragazza, mentre
Kaname senza dire una parola
rimaneva immobile, impietrito davanti a lei.
Poi accadde, si
sporse sul suo piccolo corpo, le maniche
della camicia arrotolate, i capelli lunghi, scompigliati, lo sguardo
non più
gentile...gli occhi cremisi, da vampiro...
Angolino
dell'autore :3 |