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Autore: For One Chance    05/01/2013    1 recensioni
«Sai, se fossimo in un film ci innamoreremmo ora»
«Non credo succederà Zayn»
«Tu credi?» si avvicinò a me velocemente, ma io mi spostai e cominciai a camminare.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Premetto che questo, purtroppo, è l'ultimo capitolo.

Mi scuso immensamente dell'assenza, ma proprio la mia ispirazione è andata a farsi fottere.

Comincerò una nuova FF, spero la seguirete e che i miei "fan" non se ne siano andati. Eravate le uniche persone che mi facevano sentire speciali.

Voglio chiedervi di recensire come sempre questo capitolo, e se avete domande potete farmele su twitter. Il mio account è https://twitter.com/benni_gazzotti

Detto questo termino le smancerie e vi auguro una buona lettura a tutti quanti.

Vostra, Benedetta xx

 

 

Chapter fourteen.

The end.



 

 

 

«Io non voglio niente di suo nella mia pancia!» cominciai a urlare facendo cadere il foglio sul pavimento. Mi diedi sberle sulla pancia e sentii un calcio. Mi piegai per il male.

«Sei impazzita? Non fare così! Gli farai male!» Louis mi tenne in alto le mani, guardandomi negli occhi.

Purtroppo cominciai a piangere davanti a tutti, anche all’infermiera che mi guardava triste.

«Non ce la faccio,  davvero, era già pesante quando pensavo che fosse di Zayn, figurati di Liam» mi asciugai gli occhi.

«Ti capisco, ma devi essere forte» Jade mi mise una mano sulla spalla.

«Sono già abbastanza forte ad affrontare la gravidanza, questo proprio non ce la faccio»

«Ti prego Emy, l’ultima cosa che devi fare è entrare in depressione. Non lo sopporterei» gli occhi di Louis erano imploranti, non riuscivo a sostenerli.

«Non ci riesco, proprio no. Troppo doloroso per me»

Mi alzai di scatto e scostai tutti, per poi andare velocemente, per quello che potevo fare, in camera mia.

Andai davanti allo specchio e mi guardai la pancia: mia figlia assomiglierà a Liam, avrà i suoi occhi magari, o le sue labbra.

Probabilmente avrà le sue mani, le stesse che ha usato per picchiarmi, le stesse che ha usato per legarmi; non le dimenticherò mai.

Mi accarezzai la pancia, e sussurrai un lieve “scusa” alla bambina, poi tornai al piano terra, dove i miei amici erano ancora seduti su una panca e dissi la stessa cosa anche a loro.

Louis  mi guardò preoccupato, alzando lo sguardo da terra e scostando gli altri seduti vicino a lui.

«Emy, stai meglio? Giuro, andrà tutto bene» mi abbracciò.

«Lo spero davvero»

 

 

 

Passarono altri quattro mesi, giorni e giorni di nausee e voglie, di cambiamenti d’umore.

Nel frattempo Louis mi era rimasto vicino, non mi lasciava per un attimo, decise addirittura di non finire quell’anno scolastico per rimanere con me.

Ormai il giorno del parto si stava avvicinando vertiginosamente, e la paura mi stava uccidendo.

Non ero mai stata una ragazza capace di sopportare il dolore  molto bene, per questo ero spaventata come non mai.

I miei genitori erano venuti ogni mese a trovarmi, a darmi ogni volta nuovi consigli, ad aiutarmi a superare la paura.

Era mattina, e avevo passato la notte insonne, pensando in continuazione al parto.

Quando bussarono alla porta mi venne un colpo. Andai a guardare chi fosse, tenendo con le mani la pancia.

Mi affacciai alla porta ma non vidi nessuno; stavo per chiudere quando un piede bloccò la porta e una mano prese la mia, stringendola forte. Da dietro la porta di legno comparve la faccia di Liam, assatanata quasi.

Cominciai ad urlare, senza ricevere risposta. Dove diavolo era Louis?

«Louis! Cazzo, Louis, dove sei?!?!?!» il moro mi prese per i larghi fianchi e mi sbattè contro il muro. Sentii bagnato, troppo.

Liam bloccò lo sguardo sotto la mia pancia, sui miei pantaloni della tuta precisamente.

«Cosa cazzo vuoi, lasciami andare!» le sue mani mi lasciarono lentamente.

«Emy…»

Cazzo, dimmi che non mi si sono rotte le acque proprio ora!

Mi guardai: la rottura delle acque sarebbe stato molto meglio. I miei pantaloni erano completamente sporchi di sangue. Merda.

«Aiuto! Cazzo, aiutatemi! Liam, ti prego, aiutami, è tua figlia cazzo!»

«Mia cosa?» in quel momento entrò Louis dalla porta, affannato. Il suo sguardo passò da Liam al sangue sui miei vestiti. Si avventò su Liam, stringendogli il collo tra le mani.

«Louis, finiscila, piuttosto portami in infermeria!» il ragazzo mi guardò con i suoi occhi azzurri e mi prese in braccio, sporcandosi la maglietta di sangue.

Mentre scendevamo le scale persi i sensi, e quando mi risvegliai ero sul letto dell’infermeria.

Non mi rendevo conto di quello che stava succedendo, ma dopo qualche secondo capii; Stavo partorendo con il cesario. Sicuramente qualcosa non andava.

Sentivo un tocco sulla mia pancia, provavo una nausea immonde e non sapevo come farmela passare evitando di vomitare durante il parto.

Da dietro un lenzuolo verde vidi un essere umano minuscolo, ricoperto di sangue e viscere: mia figlia.

Porca puttana, quella era mia figlia.

Non sentii alcun suono, nessun pianto, nessun urlo, niente di niente.

Gli infermieri correvano da una parte all’altra, mentre Louis, che mi teneva la mano, guardava preoccupato ogni loro movimento.

«Cosa succede?»

«Credo ci sia qualche problema» le lacrime cominciarono a rigarmi le guance. Intravidi dietro la porta il viso di Liam che mi fissava, agitato.

Lo fulminai: non mi importava se quella era sua figlia, lui non doveva esserci, non doveva neanche vederla.

A quanto pare capì il mio sguardo, perché se ne andò.

 

 

Erano passati tre quarti d’ora dal parto. L’infermiera si avvicinò a me.

«La bambina non ce l’ha fatta» all’inizio non mi resi conto di quello che stava dicendo, ma poi capii.

Cominciai a piangere, a urlare, ad agitarmi fino a cadere dal letto. La mia vita era un disastro, niente di più.

 

 

 

Passarono alcune settimane, e la mia depressione non migliorava assolutamente. Dormivo in continuazione, non mangiavo, ero diventato un fottuto scheletro.

«Non puoi andare avanti così» Louis mi accarezzava il viso e i capelli, ma io non ero proprio in vena di parlargli, non ero in vena di parlare con nessuno.

«Ho bisogno di Jade in realtà» il moro si alzò e uscì dalla stanza, poi tornò con la mia migliore amica nella mano.

«Ti prego, aiutala» le sussurrò.

«Jade, io non ce la faccio, giuro. Non riesco ad andare avanti»

«Non sei la prima a cui succede una tragedia simile, ma devi imparare ad accettarlo, come hanno fatto altre migliaia di donne»

Rimasi qualche istante a pensare, anche se era difficile: forse aveva ragione. Forse dovevo partire da un nuovo inizio, abituandomi all’idea che mia figlia non c’era più, che aveva vissuto forse per pochi attimi.

Mi alzai dal letto e mi vestii.

«Devo ricominciare cazzo. Grazie ragazza mia» la abbracciai forte e la presi per mano. Uscimmo dalla stanza ed andammo in giardino.

«Come va con Harry?» la ragazza sorrise.

«Alla grande. Credo di essermene innamorata»

«Ehilà! Finalmente!» la abbracciai.

Finalmente tutto era tornato come prima, la mia migliore amica era accanto a me, felice ed innamorata. Il mio ragazzo mi amava più di qualunque cosa ed io mi stavo riprendendo dallo shock.

Grazie al cielo c’è stato un lietofine.



-----------------------Grazie a tutti per l'appoggio, alla prossima!-----------------------------

 

  
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