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Autore: exitwounds    06/01/2013    4 recensioni
[selfharm]
Tiro fuori il mio vecchio e malconcio ipod, che per qualche misterioso motivo ancora funziona, e mi sparo i Simple Plan al massimo del volume. Posso anche distruggermi le orecchie, ma almeno lo faccio con della buona musica.
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La conoscete quella sensazione di totale inutilitá? Quel momento in cui ti rendi conto che sei un nulla, che il mondo gira lo stesso anche senza di te, e anzi, che se non ci fossi girerebbe meglio?
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Chuck Comeau, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Escape.

(1)

Mi chiedo sotto effetto di quale sostanza stupefacente sia la gente che dice che l'amore sia una cosa meravigliosa. La gente che dice che l'amore esista. Perché per me l'amore non esiste. É una finzione, una fottuta invenzione dell'uomo che sente il bisogno - inutile - di credere in qualcosa. Un po' come Dio.
Io all'amore ci credevo all'inizio, ma sono gli avvenimenti che mi hanno indotta a rivedere la mia teoria. Vieni ferita una volta, due, tre, alla quarta cominci a farti qualche domanda. Perché a tutti gli altri va bene e a te no? E cominci a darti le colpe. Ti trovi miliardi di difetti, sia nel tuo corpo che nel tuo carattere, e passi intere giornate a criticarti. E alla fine nell'amore non ci credi più. Un po' come me, dopo che Jack se ne é andato da casa mia lasciandomi nella merda e piena di debiti fino al collo.
Ed é stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Io già sono una persona perfezionista di mio, pretendo che tutto sia sempre a posto ed in ordine, e la fuga del mio ragazzo Jack ha sconvolto la mia vita regolata dalla mia minuziosa precisione.
L'unica via di sfogo é la musica. Non credo nell'amore, ma credo nella musica e nel suo potere di salvare le vite. Quando ero piccola, nonna mi ha raccontato che nel periodo in cui litigava con nonno e stavano preparando il divorzio stava male e piangeva di continuo, l'unica cosa che la faceva stare meglio era la musica dei Depeche Mode. Aveva detto che se non fosse stato per loro non saprebbe in che condizioni starebbe adesso. Aveva usato la musica come appiglio per uscire dalle difficoltà, che é quello che sto cercando di fare anche io. Lei crede seriamente che la musica salvi la vita. Ed ha ragione. Lei si é aggrappata ai Depeche Mode, io ai Simple Plan. Li conosco fin dai loro esordi con i Reset, essendo di Montréal avevo assistito ai loro primi passi nel mondo dello spettacolo, ed avevo sempre ammirato il loro coraggio e la loro forza di volontà. Mi aggrappavo e mi aggrappo alle loro canzoni per star meglio, per non sentirmi un errore, uno scarto del mondo. Ogni volta che metto un loro disco sembra che compaiano vicino a me per dirmi «Ehi, stai tranquilla, tutto andrà bene.»
E nonostante il fatto che io viva nella loro stessa città, non ho mai avuto la possibilità di scambiare neanche una parola con loro, di ringraziarli per tutto quello che hanno fatto e stanno facendo per me, senza neanche saperlo. Una volta ad un concerto, anni fa, diedi una lettere indirizzata a loro ad un bodyguard, ma dubito che sia mai arrivata nelle loro mani.
Ad ogni modo, le cose hanno cominciato a precipitare tre mesi fa. Ero in un momento di crisi, buttata nel bagno a piangere, ripetendo mentalmente tutti i miei difetti, quando avevo trovato, appoggiata sulla mensola, nascosta dietro il mio profumo, una delle lamette per la barba di Jack. Doveva averle dimenticate quando il mese prima se ne era andato. L'avevo presa in mano e con mano tremolante avevo fatto un'incisione sul mio polso sinistro. Non avevo provato dolore, all'inizio. Avevo fatto un'altro taglio, vicino al primo, più lungo e premendo più forte. Quello sì che aveva fatto male, ma in qualche modo mi aveva fatto sentire... libera. Libera dal peso del ricordo di Jack, libera dal dolore, dai pianti, da lui, da tutta la merda che c'é in giro, libera da tutto.
E così ero entrata nel vortice dell'autolesionismo. Non riesco ad uscirne. I tagli mi bruciano, fanno malissimo, e a venticinque fottuti anni mi sto rovinando la vita, ma non riesco a farci nulla.

Non ce la faccio più a stare chiusa in casa. Prendo il primo maglione che capita e tiro giù le maniche in modo da coprire i polsi, i tagli così bruciano da morire ma non voglio che nessuno li veda.
Passeggio a vuoto, avvicinandomi sempre di più al centro, durante questa primavera particolarmente fredda.
Entro in Parc du Mont-Royal, mi siedo sulla prima panchina che trovo e stringo forte le gambe al petto. Tiro fuori il mio vecchio e malconcio ipod, che per qualche misterioso motivo ancora funziona, e mi sparo i Simple Plan al massimo del volume. Posso anche distruggermi le orecchie, ma almeno lo faccio con della buona musica. Sembra interminabile il tempo che spendo seduta su quella panchina.
Quando finalmente finisco tutta la loro discografia, mi rendo conto che forse é l'ora di tornare a casa. I tagli bruciano, ma sopporto il dolore in silenzio. In lontananza vedo una coppietta per mano, che si scambia teneri baci ogni due passi. Bleah. Bestemmio a mezza bocca.
Non ce la faccio ad andarmene, non ne ho le forze. Mi abbandono di nuovo sulla panchina, a guardare il vuoto.
Sento i passi di qualcuno avvicinarsi, mentre ormai sta calando il buio, ma non vi do retta. «Tutto bene? Stai piangendo.» una mano mi tocca la spalla mentre uno sconosciuto dalla voce calda mi dice quelle parole. Mi volto di scatto, impaurita.
«Oh. Porca. Puttana.» é l'unica cosa che riesco a sussurrare. Ho Chuck Comeau davanti agli occhi e sto per svenire dall'emozione.
Mi rivolge un sorriso tenero. «Come mai piangi?» mi chiede.
«Non sto piangendo.» mento, mentre mi asciugo le lacrime e tiro ancora più giù le maniche del maglione. Prendo un respiro profondo.
«No okay, questo non può essere vero, é tutto un sogno.» esclamo, poi mi rivolgo a Chuck. «Cioè ho appena incontrato il batterista del mio gruppo preferito, uno dei cinque uomini che mi salvano dalla merda ogni giorno!»
A Chuck scappa una risatina adorabile. «Sono contento che tu dica questo di noi. Mi emoziono sempre quando i fan ci dicono questo tipo di cose.»
«Io.. boh, cioè... grazie di tutto!» lo abbraccio spontaneamente, e lui non mi allontana, anzi, mi stringe a sé.
«Come ti chiami?» mi chiede con voce rassicurante, dopo aver sciolto l'abbraccio.
«Chloe.» gli rispondo con la voce che mi trema. «Me lo fai un autografo?» gli chiedo tirando fuori dalla borsa carta e penna, che firma e mi restituisce.
«Allora, Chloe, mi racconti come mai stavi piangendo?» insiste lui.
«N-non mi va di parlarne. Ciao, grazie dell'autografo, grazie di tutto.» balbetto mentre mi alzo e faccio per andare via.
«Non andare via, ti ascolto.» Chuck si alza in piedi e mi blocca per un polso.
Urlo dal dolore, maledicendomi per quei fottuti tagli e per aver appena fatto una figura di merda davanti ad una delle persone che reputo più importanti della mia vita. Il dolore mi costringe a mettermi di nuovo seduta.
«Cos'hai? Perché reagisci così?» mi chiede preoccupato. Non rispondo, allora ha la geniale idea di fare da solo. Mi alza una manica del maglione, facendomi gemere dal dolore, e appena vede i tagli impallidisce.
«Chloe, io ti voglio aiutare.» mi dice con voce ferma, guardandomi negli occhi.
«No Chuck, no!» sbotto. «Non metterti in mezzo! Nessuno mi vuole aiutare davvero, nessuno!» mi alzo ma Chuck mi blocca di nuovo per il braccio, facendomi volutamente vedere le stelle.
«Io voglio aiutarti sul serio, Chloe!» adesso sta urlando anche lui. Quando vede che sembro essermi calmata, abbassa il tono della voce. «Se vuoi io sono qua, Chloe.»
Scoppio a piangere e tremo, nessuno ha mai voluto aiutarmi, nessuno si é mai neanche lontanamente interessato di me.
«Sono qui Chloe, non ti preoccupare, sono qui.» mi sussurra Chuck stringendomi forte a sé.




myspace.
non so dove voglio arrivare con questa fan fiction, davvero non lo so.
la sto scrivendo per dimostrare quanto la musica e l'aiuto delle persone possano salvare la vita.
e poi mi rispecchio molto in Chloe. non sono un'autolesionista, ma i suoi pensieri sulla musica, sull'amore... sono i miei.
e la storia della nonna é vera. me lo ha raccontato nonna l'ultima volta che é venuta a trovarmi.
ho scelto Chuck come protagonista per le sue risposte su twitter, ha sempre donato parole di conforto a tutti nel momento del bisogno.
boh, non so che altro dire.
spero vi piaccia e di trovare qualche recensione c:
un bacio, howyouremindme.
  
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