Violet
non fece neppure in tempo a rimettersi sotto le coperte che un altro rumore
attirò la sua attenzione. E, cosa che la inquietò alquanto, non proveniva da
fuori, ma da dentro casa sua.
Con estrema
lentezza, come se si fosse trovata all’improvviso in uno “Psycho”
completamente rifatto, si voltò, gli occhi sbarrati, le mani aggrappate quasi
con disperazione allo stipite della finestra appena chiusa.
Nessuno.
Dentro la sua stanza non c’era nessuno.
Tirò un
sospiro di sollievo e imputò quel rumore alla sua mente ormai esausta che
prendeva per buono qualsiasi pretesto per farla sobbalzare, soprattutto dopo
l’incontro con Jack Frost.
Il cuore le
andò però direttamente in gola quando lo sentì di nuovo, più forte di prima,
accompagnato da un’imprecazione in una lingua sconosciuta e da un tonfo sordo.
Ringoiando il suo cuore, fece una cosa che non credeva di poter fare mai: prese
sottobraccio il suo fedele vocabolario di greco, che non l’aveva quasi mai abbandonata durante le
versioni, afferrò la pila sul comodino e, con il suo temibile e morbidissimo pigiama con il disegno di un gatto obeso
sopra, si preparò a lasciare la sua sicura stanza ed affrontare qualsiasi cosa
fosse entrata in casa.
Con un
profondo respiro rassegnato, spense la luce e, in punta di piedi nello stile
della Pantera Rosa, si immerse nel corridoio buio che di giorno conosceva così
bene.
Pensando
fosse strano che nessuno avesse sentito quel rumore nel mezzo della notte e che
nessuno sentisse lei sbattere da una parete all’altra, facendo addirittura più
casino dell’ospite indesiderato, perché non ci vedeva niente, arrivò alla fine
del corridoio e accostò l’orecchio alla porta che conduceva in salotto. Sentì
qualcosa strisciare e, di tanto in tanto, dei passi pesanti.
Sebbene
nessuno la potesse vedere, sbiancò più del dovuto, provocando l’invidia di
Edward Cullen, e mille pensieri le passarono a
velocità indescrivibile nella testa.
Oddio, ci sono ladri, fantasmi, vampiri sbrilluccicosi, Dissennatori,
Justin Bieber, ragni giganti, Uomo Nero, dentisti,
macellai e chi più ne ha, più ne metta… Tutti in casa mia!
Sebbene
avesse paura, si ricordò poi, con una punta di soddisfazione, che dalla sua
parte aveva la gravità: ovvero, se avesse dato in testa il vocabolario a
qualunque cosa si trovasse dall’altra parte della porta, avrebbe inflitto un
trauma cranico perenne.
Sentendo la
scarica adrenalinica tipica delle situazioni pericolose che, come le aveva
insegnato “Mission Impossible”, poteva portare a una
scena epica o alla morte, e riscoprendo un coraggio mai avuto prima, spalancò
la porta abbozzando un urlo di sfida ed entrò, vocabolario alto in una mano e
pila puntata alla cieca nell’altra.
Senza sapere
dove stesse andando, inciampò in qualcosa di grosso e, con infinita grazia, cadde rovinosamente a terra,
rompendosi il setto nasale e provocandosi un livido violaceo in fronte.
Che figura di merda…
La scena
dovette essere abbastanza comica per l’ospite inopportuno, perché provocò la
sua sonora e incontrollabile risata che fece tremare le pareti di casa.
E di nuovo
nessuno, nella casa, si accorse di nulla.
Violet
si alzò facendo leva sulle braccia tremanti e cercò a tentoni la pila per
terra, fino a che una luce accecante la colpì negli occhi e la costrinse a
ritirarsi nell’ombra, emettendo dalla gola quello che doveva essere un ringhio
di minaccia e fastidio, ma somigliava molto di più al rantolo di un non-morto
appena svegliatosi.
“Cercavi
questa?” domandò una voce con uno strano accento russo.
La voce
squillante, appartenente a un uomo, lanciò un breve grido spaventato, dopo aver
visto in che stato si ritrovava Violet. Infatti aveva
il volto completamente sporco di sangue e polvere, con il naso piegato in un
modo alquanto anormale – e che, stranamente, non le faceva più male – e alcuni
pezzetti della Lego – lasciati gentilmente da suo fratello – incastrati in
profondità nella carne. E un livido violaceo che stava aumentando di grandezza
in fronte.
Il tutto, in
quella luce molto soffusa e con l’oscurità e il silenzio che regnavano sovrani,
dovette sembrare abbastanza inquietante.
Violet
si tolse alcuni pezzi di Lego dalla faccia e strappò dalle mani dell’intruso la
pila, puntandogliela a sua volta. La paura, d’improvviso, era svanita,
sostituita dalla vergogna per la rovinosa caduta e dal dolore ora attutito del
naso rotto.
“E tu chi
diavolo sei?” domandò con voce nasale.
Il
destinatario della domanda era un omone robusto, non tanto grasso, nonostante
la pancia nascosta da un paio di larghi pantaloni neri tenuti da un cinturone
di dieci centimetri, incredibilmente alto e coperto da una spessa casacca
rossa, rifinita sul cappuccio e in fondo alle maniche da pelliccia scura. Ciò
che catturò subito l’attenzione di Violet fu la folta
barba bianca e un cappello da cosacco nero.
Due occhi
azzurri la osservavano, perplessi.
“Chi sono
io?” l’omone in rosso parve riprendere un po’ di contegno, raddrizzando le
spalle e incrociando le braccia sul petto con un’espressione fiera, “Io sono
Babbo Natale!”
E,
battendosi i pugni sul petto, rise di nuovo, facendo tremare anche il
pavimento. Violet alzò gli occhi al cielo, pregando
che i vicini del piano di sotto dell’appartamento in cui viveva non si fossero
accorti di nulla.
Tornò a
riconcentrarsi sull’uomo davanti. Poi sospirò, alzandosi in piedi e facendo
scrocchiare la schiena che si era abituata alla posizione a gattoni di prima. Infine
guardò storto il “Babbo Natale”, toccandosi il naso che aveva smesso di far
colare sangue.
“Senti, hai
sbagliato casa, qui non c’è nulla da rubare. Se vuoi, prova a bussare a quelli
del piano di sotto, lì troverai di sicuro qualcosa…”
“No, no, tu
non hai capito… Io non rubo, io porto regali a bambini: questo è mio compito!”
disse lui, fiero.
“Non mi
sembra molto stile Babbo Natale
infiltrarsi nelle case altrui in questo mo…” cominciò
a dire Violet, per poi fermarsi e sbattersi una mano
sulla faccia, colpendosi il naso ora insensibile.
“Già, c’è
mio fratello…” sussurrò.
“Esatto!
Porto doni per lui, ma anche per te…” aggiunse Babbo Natale, gettandole uno
sguardo divertito e avvicinandosi a un’enorme cosa nera per terra.
Violet
lo seguì con gli occhi e capì che l’enorme cosa su cui era inciampata non era
altro che il sacco di Babbo Natale, da cui estrasse almeno cinque pacchetti,
con colori sgargianti che andavano dall’oro al rosso, e li pose sotto l’albero
lì accanto, tenendone però in mano uno.
Babbo Natale
sembrò accorgersi dell’enorme punto interrogativo sopra la testa della ragazza
e, ridacchiando fra sé, le porse il regalo lasciato da ultimo. Violet lo prese, sorpresa ed eccitata allo stesso tempo –
era pur sempre un regalo, no?
“Buon
Natale, Violet!”
“Ma cos’è?
Io non ti ho chiesto nulla e… Non so nemmeno se sei Babbo Natale!” disse
velocemente Violet, cominciando a scartare in modo
convulso il regalo.
“Tuo
fratello ha pensato anche a te, e poi è ovvio che io sia Babbo Natale!”
La
commozione iniziale di Violet per la gentilezza
inconsueta di suo fratello svanì non appena tolse la lucente carta da regalo e
rivelò il contenuto del pacchetto: un bambolotto di “Cicciobello bua”, con
inclusa l’enorme siringa da somministrargli se la febbre si fosse alzata.
La faccia
che fece Violet in quel momento dovette sorprendere
molto Babbo Natale che, nella sua lunga carriera, non aveva mai visto una
faccia così delusa e schifata come la sua. Forse perché non le aveva MAI viste
le facce dei bambini DOPO aver ricevuto i regali.
“Non ti
piace?”
“Non è
esattamente il mio genere… Al primo e ultimo Cicciobello che avevo ho staccato
la testa e dipinto la faccia peggio del Joker di Batman. Ed è stato nove anni
fa” disse Violet con voce atona, guardando di sbieco
Babbo Natale.
Odiò a morte
il suo adorato fratello.
“Ho fatto
solo quello che aveva scritto nella lettera…” borbottò Babbo Natale,
rimettendosi in spalla il sacco e guardando il pavimento.
Violet
lo osservò meglio: era davvero uguale a quello del film, non c’era niente di
imperfetto. Si costrinse a pensare alla possibilità che la previsione di Jack
potesse realizzarsi e che tutto ciò che le stesse accadendo fosse reale.
Dunque, se lui è reale…
“Come fai a
portare a tutti bambini del mondo i regali in una sola notte? Le renne
cavalcano i cieli con la polvere magica di Peter Pan? Ti nutri solo di biscotti
e latte? Sei sposato con la Befana? Per te lavorano gli Yeti o gli elfi? Sei
amico del Coniglio di Pasqua? Quello che vedo è grasso o muscoli?”
La sfilza di
domande sarebbe continuata all’infinito se Babbo Natale non l’avesse intimata
al silenzio con una parola in russo gridatale in faccia. La guardò con severità
e le mise le enormi mani sul naso, con l’intenzione o di peggiorare o di
migliorare la situazione.
“Ah, fermo…
Che fai?”
“Sistemo tuo
naso” sussurrò e, con un colpo secco che la fece pentire di essersi alzata dal
letto, le raddrizzò il naso come le aveva promesso.
Violet,
con le lacrime agli occhi, se lo massaggiò dolorante e intanto gettava sguardi
veloci all’uomo, che si stava schiarendo la voce per fare un discorso.
“Allora,
Jack Frost è venuto a trovarti, giusto? Non c’è bisogno di rispondere, so già
tutto. Io sono il primo Guardiano a farti visita e ho acconsentito al capriccio
di quel ragazzo solo perché speravo che tu potessi darmi una mano con un
piccolo problema incorso… Anche se devo ammettere che avrei voglia di stringere
le mani attorno al collo di Jack, dato che mi ha avvertito di questo compito il
giorno prima della Vigilia di
Natale!”
Seguirono
poi una serie di imprecazioni in russo e un paio di giri in tondo per il
piccolo salotto, durante i quali Violet approfittò
per pulirsi del sangue rimasto e recuperare il vocabolario di greco, osservando
incuriosita quella strana figura che non la smetteva più di lamentarsi.
“… E poi
devo sempre venire qui come prima tappa perché è una delle poche case senza
camino, e io come entro senza camino?!”
“Ehi, scusa
tanto se noi poveri mortali non abbiamo un camino!” gli disse di rimando Violet, puntandogli la pila in volto.
Babbo
Natale, come improvvisamente ricordatosi di averla lì davanti, tossicchiò un
paio di volte e si avvicinò a lei, con occhi preganti.
Violet
ebbe paura. Non dell’Uomo Nero, o dell’assassino mascherato di “Scream”, ma di Babbo Natale.
“Ho bisogno
del tuo aiuto”
“Sento la
fregatura…”
“Molti
bambini hanno smesso di chiedere giocattoli che io posso costruire e ogni anno
richiedono sempre quegli strani apparecchi con luci e suoni assordanti, che
vibrano e parlano da soli, o mostrano immagini…”
La prima
cosa a cui Violet pensò fu che Babbo Natale si fosse
drogato. O avesse bevuto latte scaduto. Poi sorrise con tenerezza quando si
rese conto che stava parlando dei cellulari e di altri apparecchi elettronici:
oggetti troppo all’avanguardia per un uomo come lui, abituato ai giocattoli
fatti a mano.
“Benvenuto
nel XXI secolo”
“Ogni anno
porto loro altri regali, ma non credo che siano contenti. A nessuno piacciono
più i giocattoli di una volta…” ammise rabbuiandosi.
Oh, Babbo Natale depresso mi mancava…
“Mi
dispiace, ma preferiscono giocare al Nintendo 3DS, piuttosto che ai soldatini
di piombo…”
Babbo Natale
mi guardò con aria interrogativa.
“Nin… Tendo trediesse?”
“È una
console che… Lascia stare, dovresti vederla per capire”
“Allora
mostramela, così io posso capire e fare felici molti bambini, come sempre! Il
mio sacco è quasi vuoto, purtroppo… Tutti vogliono questo Nitedo trediesse!”
“Anzitutto
si dice Nintendo, e comunque… Cosa
vorresti dire che hai il sacco vuoto?!” domandò sorpresa Violet.
Babbo Natale
guardò altrove, fissando con insistenza l’albero di Natale.
“Ecco, tutti
vogliono cose strane e… Tecnologiche,
si dice? Io non ne ho!” esclamò esasperato.
“Allora
procuratele, io non posso fabbricarle o produrle, non sono la Nintendo o
l’Apple…”
Violet
si bloccò, colpita da un’illuminazione improvvisa e, a suo parere, geniale. Un
sorriso alla Grinch si dipinse sul suo volto, mentre
univa le dita delle mani in una perfetta imitazione del signor Burns, cosa che
sembrò preoccuare molto Babbo Natale.
Ciò che
stava proporre forse l’avrebbe fatta finire in guai seri, ma la visione di un
uomo grande e grosso depresso e incapace di adattarsi ai nuovi tempi le faceva
provare un’immensa pietà.
Dopotutto,
era Natale, e se non si era buoni in quel momento, quando lo si poteva essere?
Le tornò
alla mente la fastidiosa pubblicità della Bauli.
“Caro Nord,
ho in mente un piano che risolleverà questo Natale in crisi e ho intenzione di
attuarlo subito. Ma necessito della tua slitta…”
“Ah, brava
ragazza coraggiosa!” ululò Babbo Natale, completamente risollevatosi di morale
come se gli avessero appena annunciato di aver vinto il milione al Supernalotto, dandole una pacca sulla spalla che la fece
cadere a terra, boccheggiante.
Dopo averla
aiutata a rialzarsi, Violet lo guardò con occhi furbi
e, sorridendo soddisfatta, continuò a esporre il piano.
“Ti aiuterò,
Babbo Natale, proprio perché sei tu e perché voglio godermi fino in fondo
l’avventura predetta da Jack. Ma ciò che staremo per fare andrà contro ogni tuo
valore: ti senti pronto?”
“Qualsiasi
cosa per bambini”
“Bene,
allora metti in moto la slitta e dammi un cappotto pesante, perché a causa di
Jack Frost fa un freddo cane. Stasera faremo il colpaccio all’Unieuro…”
Due nere
figure, differenti soprattutto per la corporatura, sgattaiolarono fuori da un
edificio di cemento grigio, con enormi insegne colorate che portavano stampati
sconti di computer portatili o di nuovi Iphone,
trascinandosi dietro quelli che sembravano sacchi stracolmi di oggetti. La
fortuita luce di un lampione rivelò le identità non tanto misteriose delle due
ombre: Babbo Natale e Violet erano appena usciti da
un’entrata di servizio appena creata
nell’Unieuro con un sacco ciascuno pieno di ogni
“cianfrusaglia vivente”, come le aveva chiamate Babbo Natale.
Violet
sembrava leggermente euforica e più a suo agio di Nord, che si guardava di
tanto in tanto intorno, temendo che potesse uscire da un momento all’altro
qualcuno a fermarli.
“Violet, sei sicura che questo vada bene?” le domandò di
nuovo, titubante.
“Beh, dal
punto di vista legale è abbastanza scorretto e io potrei finire direttamente in
riformatorio, ma dal punto di vista sentimentale questa è un’azione molto
altruista di cui dobbiamo andare fieri” asserì Violet,
trascinando un sacco più grosso di lei verso la slitta parcheggiata vicino a
una serie di alberelli.
Babbo Natale
non rispose nulla. La superò con poche falcate e caricò sulla slitta il suo
sacco, per poi aiutare la ragazza con l’altro. Le renne scalciavano a terra
nervose.
“Sembra che
per te sia la prima volta…” gli fece notare Violet.
“No, non lo
è. Ma è da molto che non facevo una cosa del genere, pensavo di aver finalmente
smesso…”
“C’è sempre
una prima volta per ricominciare!”
Poi Violet si voltò, stringendosi nel cappotto bianco di orso
polare che aveva accettato e messo con riluttanza, e osservò i vetri delle
porte scorrevoli frantumate da un potente impatto.
Quello non
sarebbe passato inosservato il giorno dopo.
In effetti, forse non è stata una buona idea
entrare nell’Unieuro spaccando i vetri dell’edificio…
E forse non è stata una buona idea nemmeno prendere in mano le redini della
slitta durante la fase di atterraggio…
“Bene,
abbiamo preso tutto! Le telecamere non ci hanno ripreso perché il tempo si è
stranamente fermato, probabilmente ci sono le mie impronti digitali sui pochi
oggetti rimasti e posso finalmente dire che sono stata sulla slitta di Babbo
Natale!” elencò soddisfatta Violet.
“Cos’è
quello?” domandò Babbo Natale, indicando la confezione di “Assassin’s
Creed 3” per il computer fra le braccia di Violet.
“Un
auto-regalo” rispose semplicemente la ragazza, scrollando le spalle.
“Ma non era
in lista…”
“Neanche quel
microonde era in lista, Nord”
Babbo Natale
la osservò per un po’, con un’espressione severa negli occhi. Poi proruppe in
una fragorosa risata che fece innervosire ancora di più le renne e diede
un’amichevole pacca sulle spalle di Violet, facendola
cadere in ginocchio con i polmoni in mano.
“Sarà nostro
piccolo segreto, ragazza mia. Al Polo Nord fa molto freddo e non sempre riesco
a mantenere caldi tutti miei dolci… Ma ora basta chiacchere, sali su slitta che
dobbiamo consegnare nuovi regali a tutti i bambini!”
“Sì, va
bene, ma stavolta… Vai piano, che prima ho rimesso tutta la cena” lo pregò Violet, salendo leggermente impaurita sul veicolo.
“A tutti
piace slitta!” gridò senza un apparente motivo Nord, per poi dare una frustata
alle renne e far alzare finalmente in volo la slitta.
25 dicembre
Al
telegiornale del mattino annunciarono come notizia speciale la scomparsa di
gran parte degli oggetti presenti all’Unieuro di Roma
avvenuta a opera di una banda molto attrezzata di ladri che erano riusciti a
portare via tutto senza lasciare traccia nelle telecamere di sicurezza o
nell’edificio interno. Unica prova della loro venuta è la distruzione di tre
lastre di vetro spesse cinque centimetri.
Questa fu
una notizia che Violet apprese solo più tardi, perché
era troppo stanca e rincoglionita per alzarsi alle sette come suo fratello e
andare a controllare sotto l’albero se Babbo Natale fosse passato. I ricordi
della notte passata a consegnare regali ai bambini di tutto il mondo in una
folle corsa sulla slitta che avrebbe fatto impallidire perfino le gare
clandestine di macchine in “Fast and Furious” erano
sfocati e frammentati, eppure, come un bel sogno, non volevano abbandonare la
mente di Violet.
Quando
finalmente si decise ad alzarsi dal letto, spinta dai gridi eccitati di suo
fratello che si potevano sentire fino al Polo Nord, ciò che trovò sotto
l’albero non fu solo il suo vocabolario di greco lasciato lì la scorsa notta o
il Cicciobello chiesto per lei dal fratello. Trovò anche un pacchetto più
piccolo, sfuggito alle grinfie di Edoardo, con un biglietto con sopra il suo
nome. Perplessa, Violet scartò con precauzione il
regalo, temendo in un altro scherzo di cattivo gusto di Nord.
Una sfera di
vetro scivolò sul palmo della sua mano, fredda al tatto e incredibilmente
leggera. Il paesaggio rappresentato era un palazzo enorme, nascosto dalle
montagne e dalla neve che cadeva a fiocchi enormi, senza che lei muovesse la
sfera.
Dentro il
pacchetto, un altro biglietto, scritto in una calligrafia precisa ed elegante su
quella che doveva essere pergamena.
Un piccolo ringraziamento.
Vieni a trovarmi, così mi insegnerai a usare
questa cianfrusaglia vivente che riscalda il cibo.
Buon Natale
N.
SPAZIO DELL’AUTRICE:
Ecco qua: la
prima visita. Chi mai poteva essere in quel periodo se non quel gran
simpaticone di Babbo Natale? Non sono sicura di averlo rappresentato al meglio,
ma se l’ho fatto, è in chiave parodica, non temete ^^”… L’idea del furto all’Unieuro mi è venuta in mente dopo aver letto la storia di
Nicholas Nord, ovvero di Babbo Natale, dove dice che il nostro caro Nord era un
bandito in cerca di tesori per il mondo. Alla faccia del Santo! XD
Se vedete
che in alcuni punti Nord parla in modo strano, è per il semplice motivo che ho
cercato di rendere anche nello scrivere il suo accento russo. Spero non vi
abbia dato fastidio…
Con questo,
sarà meglio concludere, altrimenti mi dilungo davvero troppo.
Ringrazio
per la recensione: Lily Juvenile, Sachi Mitsuki, bilo99
See
you again!