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Autore: scifigrl47    07/01/2013    3 recensioni
Steve prende molto seriamente cose come la responsabilità personale e il rispetto. Tony paga qualcun altro per occuparsi di questo genere di cose e, ad ogni modo, è abbastanza sicuro di essere destinato a morire di qualche malattia esotica nel suo laboratorio, perché Dummy non ha ancora ben chiaro che cosa sia abbastanza 'pulito' da poter essere messo su una ferita aperta. Il resto dei Vendicatori è entrato in questa storia per guadagnarci qualcosa, tranne Clint, che si diverte semplicemente ad essere un infame.
E certe cose non dovrebbero essere un dovere.
Genere: Avventura, Comico, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Agente Phil Coulson, Clint Barton/Occhio di Falco, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man, Un po' tutti
Note: Movieverse, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Non era la prima volta che Tony rimpiangeva il fatto di non possedere l'una o l'altra azienda, e non sarebbe stata neanche l'ultima. Generalmente l'impulso del “la voglio, la voglio” scompariva quando lui realizzava di poter creare qualcosa di migliore, di più economico, renderlo degno delle Industrie Stark senza infrangere veramente alcun brevetto o sprecare il suo tempo e il suo denaro mettendo le mani sulla proprietà intellettuale di qualcun altro.
Quando l'impulso non scompariva, lui chiamava Pepper.
“Tony, hai idea di che ore siano?” chiese lei, rispondendo al telefono.
Già, quella non era buona domanda. Tony aveva imparato QUESTO tramite dolorosa esperienza personale. Non era una buona domanda, specialmente quando posta nel tono caustico e gelido di Pepper. Quel tono era quello che indicava che Tony avrebbe dovuto comprare in fretta qualche specie di complicato e costoso prodotto legato all'industria delle scarpe.
Considerò la possibilità di attaccare e fingere che tutto ciò non fosse mai accaduto, ma questa tecnica non aveva mai funzionato sul serio. “Ora... del giorno?” rispose alla fine.
Ci fu una lunga pausa. “Sei un idiota, Tony,” disse lei alla fine, ma c'era un tono di divertimento nella sua voce. “Sì, suppongo sia accurato. Tecnicamente.”
Lui controllò l'orologio. “Sei a Los Angeles?” chiese, aggrottando la fronte.
“In Francia, Tony.”
Già, sarebbe stato meglio se avesse chiamato il sito web di Jimmy Choo immediatamente.
“Meraviglioso. Tu ami la Francia.”
“E' così, in effetti. Perché mi stai chiamando, Tony?”
“Pepper, è così strano pensare che tu possa mancarmi e che desideri sentire la tua dolce voce? La tua delicata, gentile-”
“Tony.”
Lui prese un respiro profondo, considerò un'altra strategia verbale, ma lei gli avrebbe probabilmente attaccato in faccia se lui ci avesse provato. “Comprami un'azienda.”
“No.”
“No, no, ascolta, ne ho bisogno, ne ho davvero BISOGNO, sono stato sveglio per, uh, non so, trentanove ore, qualcosa del genere, e posso lavorarci sopra solo fino ad un certo punto, Pepper, ho bisogno di te, ho bisogno che tu ti comporti da uomo e che mi compri un'azienda.”
“Malgrado il tuo sia un argomento convincente, Tony, no.”
Tony sospirò e inghiottì mezza tazza di caffè. “Pepper, penso che tu abbia dimenticato chi è che firma le tue buste paga.”
“Marie, l'addetta alle buste paga.”
“Era un 'chi firma le tue buste paga' nel senso metaforico, e tu lo sai.” Gesticolò con la mano che reggeva la tazza del caffè e quasi prese in pieno Dummy. “Dummy, sai che non devi venirmi tra i piedi quando è l'ora del caffè, e no, no, non berrò quella roba, ho visto quel che hai fatto, ti ho visto farci cadere dentro un peperoncino intero, con i semi e tutto. No. Non importa quel che Barton ti dice, no. In effetti, proprio perché è stato Barton a dirtelo, no. Buttalo via.”
“Sto interrompendo qualcosa?” chiese Pepper, dolcemente.
“A dirla tutta, in questo preciso momento, sì, lo stai facendo.” Con un sospiro, Tony prese il frullato verde che Dummy gli stava agitando di fronte al viso. “Dummy sta frequentando della brutta gente. Potrei dover essere costretto a metterlo in punizione.”
“Sto tornando a letto, Tony.”
“Pepper.”
“No, Tony.”
“Ma la voglioooooo,” disse lui, godendosi il piagnucolio.
“Non è neanche il tuo compleanno, Tony. Se ti prendessi un'azienda ogni volta che la chiedi, diminuirebbe il valore delle volte in cui davvero, davvero ti meriti un'azienda.”
“Ma non mi merito mai un'azienda. Comunque, sono viziato e ricco e più intelligente di chiunque altro ed ho il migliore amministratore delegato del mondo, perciò forza, forza, è tempo di comprare.” Si lasciò cadere in una sedia, tenendo la tazza di caffè in equilibrio sul palmo di una mano mentre la sedia scivolava su lisce rotelle sul pavimento del laboratorio. Dummy lo inseguì, cinguettando tutto il tempo. Scalciando in aria, Tony sorrise al soffitto, praticamente in grado di sentire la risoluzione di Pepper indebolirsi.
“Tony, questo non è il momento di acquisire nuova tecnologia. Non lo è, semplicemente.”
Le labbra di Tony si piegarono verso il basso in un vero broncio. “Pepper, quand'è stata l'ultima volta in cui ti ho chiesto qualcosa?”
“Mi hai chiamato durante una riunione del consiglio di amministrazione per chiedermi dove fossero i Milano. Quando ti ho detto che non avevo idea di dove avessi nascosto i tuoi dannati biscotti per evitare che Thor li trovasse, mi hai chiesto di comprare la Pepperidge Farm, o, almeno, di 'scoprire che cos'era successo a quel ridicolo tizio con l'accento dei loro spot', tutte e due cose che mi sono rifiutata di fare.”
Tony fece una pausa, considerando le sue parole. Sì, be', suonava come qualcosa che lui sarebbe stato capace di fare. “Be', quand'è stata l'ultima volta che ti ho chiesto qualcosa di serio?”
Pepper emise un basso suono ronzante, rivolgendo la sua acuta, abile mente a quel che avrebbe potuto essere considerato 'serio'. “Probabilmente con quella questione della cauzione in Kenya.”
“Grazie per quello, giacché ci siamo.”
“Non farlo mai più.”
“Be', per amor di Dio, chi altri dovrei chiamare per pagare la mia cauzione?”
“Io propongo Steve.”
Tony si strozzò con il caffè. “Non, ripeto, NON dire a Capitan America quando vengo arrestato e trattenuto con false accuse oltreoceano. Non è un'informazione della quale ha bisogno, e posso sempre licenziarti.”
“No, non puoi, e mi piace che pensi che Steve non ne verrà a conoscenza, quando verrai arrestato. Il fatto che tu venga arrestato tende a passare sulla CNN in quindici minuti.”
“Solo sulle notizie sul web, e lui legge ancora le notizie sul giornale cartaceo, perciò sono salvo.” Tony si appoggiò allo schienale della sedia. “Seriamente, Pepper. Ho bisogno di questa azienda.”
Lei sospirò. “Qual è?”
“La iRobot.”
Questa volta la pausa fu lunga e piena di tutta una serie di parole non dette, la maggior parte delle quali erano imprecazioni. “Quelli dell'aspirapolvere robotico?”
“Sì.”
“No.”
“Pepper, seriamente, questo è fantastico, questo è qualcosa con il quale posso lavorare, non ne hai idea, non mi sono divertito così tanto con una macchina in, diciamo, anni, d'accordo, magari non anni, ma almeno mesi. Queste cose sono fantastiche.”
Un'altra lunga pausa. “Tony. Che cosa stai facendo in questo momento?”
Lui sollevò la tazza del caffè, anche se lei non poteva vederla. “E' il momento del caffè, Pepper. I dodici momenti più sacri della giornata.”
“E che cosa stavi facendo prima del momento del caffè?” chiese lei, l'anima della pazienza come sempre.
Tony sorrise, raggiante, guardando il pavimento del laboratorio, dove i suoi Roomba stavano aggirandosi in complicati tragitti, cinguettando tra di loro mentre Butterfingers li guidava in piccoli gruppi così che potessero apprendere l'uno dall'altro. “Riprogrammavo Roomba.”
Pausa. “Roomba. Più di uno. Quanti?”
“Ho cominciato con cinquanta.”
“D'accordo, bene, questo hotel deve avere un minibar.” Tony sentì il fruscio di coperte e lenzuola mentre Pepper si alzava dal letto.
“Che cosa stai indossando?” chiese, sorridendo al di sopra della tazza di caffè.
“Lo scalpo degli uomini che mi hanno infastidita mentre stavo cercando di dormire.” Ci fu il tintinnio di una bottiglia sul vetro. “So che rimpiangerò questa domanda, la sto già rimpiangendo, Tony, davvero, ma perché hai cinquanta Roomba?”
“Perché Steve mi sta costringendo a spazzare il pavimento della cucina.”
“Capisco,” disse lei, quand'era chiaro che non stava capendo affatto.
“No, vedi, il fatto è-”
“No! No, Tony, non spiegarti, perché se comincio a vedere una logica nella tua pazzia avrò un esaurimento nervoso, e non ho tempo per questo proprio adesso, l'ho già prenotato per la prossima volta che Loki si fa vivo per causare problemi. Davvero, non posso occuparmene proprio adesso.” Trasse un profondo, sonoro respiro. “Dunque. Steve ti ha costretto a spazzare il pavimento. E, per questo, hai acquistato e – ne sono sicura – migliorato cinquanta aspirapolvere robotici.”
“Già. Ho impiantato una stramaledetta A.I. su ciascuno di loro. Sono piccole e malefiche macchine per pulire.” Ridacchiò mentre una schizzava attorno alla base della sua sedia su rotelle superveloci.
“E quanto a lungo ci hai lavorato sopra?”
“Uh...” Lui prese in considerazione i suoi appunti. “Che giorno è?”
“E spazzare il pavimento avrebbe richiesto, oh, faccio una stima, circa dieci minuti.”
Tony scrollò le spalle. “Immagino di sì. Non spazzo molto, perciò mi fiderò della tua stima sull'argomento.”
“E invece di spazzare, semplicemente, e poi andartene, hai speso ore del tuo tempo e centinaia, probabilmente migliaia, di dollari per comprare e migliorare Roomba.”
“Ma adesso abbiamo dei Roomba,” puntualizzò Tony. “E non devo spazzare. E poi ho anche costruito un tostapane senziente. Perché sono un'anima buona. Sono una persona generosa.”
“Tony, questo è l'uso meno efficiente del tuo tempo che io abbia mai-”
“Pepper, tu mi conosci,” la interruppe lui. “Hai lavorato per me per anni, hai commesso l'errore di uscire con me, sei riuscita ad evitare di spararmi, e sarebbe stato completamente giustificato, davvero, lo so, se mi avessi sparato in alcuni momenti della nostra relazione nessuna giuria ti avrebbe reputata colpevole ed io avrei testimoniato a tuo favore che davvero me l'ero cercata,” disse. “Perciò, non è assolutamente possibile che tu riesca a concludere quella frase senza sentirti stupida dopo. Fermati finché sei in vantaggio.”
“Tony, ho intenzione di premere il pulsante anti-panico adesso,” disse lei. “Perché le cose che stai dicendo iniziano a sembrarmi sensate, e questo significa che la Sindrome di Stoccolma comincia ad avere effetto ed io ho bisogno di aiuto.”
“Pulsante anti-panico? Quale pulsante anti-panico? Chi ti ha dato un pulsante anti-panico?”
“Buonanotte, Tony.” Lei interruppe la chiamata e Tony fissò il suo telefono con gli occhi assottigliati in un'espressione sospettosa.
“Jarvis,” disse, “chi ha dato a Pepper un pulsante anti-panico?”
“Lei, signore, tra gli altri,” disse Jarvis, imperturbabile. “La signorina Potts è, dopotutto, la preferita di tutti.”
“E' fantastica,” assentì Tony. “Aspetta, tra gli altri? Jarvis, chi-”
Il suono di passi pesanti risuonò giù per le scale e Tony si accartocciò su sé stesso. “Steeeeeve?” piagnucolò. “Ha chiamato Steve? Questo è orribilmente ingiusto. Questo è, semplicemente, semplicemente, subdolamente, spregevolmente malvagio.”
“Provvederò affinché la signorina Potts si incontri con lei dopo le lezioni per una rissa a colpi di tirate di capelli,” disse Jarvis.
“Tutto quest'odio nei tuoi piccoli, dolci circuiti, Jarvis. Non capisco. Non è il modo in cui sei stato amorevolmente cresciuto.”
“Stavo meramente cercando di distrarla per evitare che lei chiudesse il Capitano Rogers fuori dal laboratorio.”
“Aspetta-”
“Tony?” Steve indossava i pantaloni di una tuta ed una maglietta che era, tipo, due taglie troppo piccola per il suo petto e, Gesù, chi stava vestendo il ragazzo? Non riuscivano a trovargli vestiti che gli entrassero? Steve si guardò. “Mi entrano. Non mi entrano?”
“Per niente,” disse Tony, cercando di pronunciare con cura ogni parola, così che il suo cervello capisse che questa cosa della diarrea verbale non era accettabile. “Chi ti sta vestendo?”
“Vado dallo S.H.I.E.L.D. ...”
“Oh, Dio, basta così. No, dico sul serio, non farlo mai più.” Tony si allungò per afferrare la sua tazza di caffè, trovandola vuota. Fece una smorfia. “Butterfin-” Sobbalzò quando il robot si girò di scatto, emettendo un suono estremamente irritato in direzione di Tony. “D'accordo, d'accordo, ho capito. Va bene, posso prepararmi il caffè da solo, hai problemi a sufficienza.”
Steve fece un salto indietro quando il robot gli passò accanto con il suo gregge di Roomba. “Tony, cosa dia-diamine sono questi?” chiese, gli occhi spalancati.
“I Roomba da uno a venticinque,” disse Tony, sbadigliando. “Dummy, abbiamo – No. Non voglio un frullato.” Fece una linguaccia a Dummy quando questi gli agitò davanti alla faccia il frullatore.
“Sei davvero la persona più intelligente che io abbia mai incontrato,” disse Steve, incrociando le braccia sul suo ampio petto. “Devo continuare a ricordarmelo, perché sei un idiota, certe volte.”
“Cap, sono offeso, sono profondamente offeso. Puoi alleviare il mio dolore procurandomi del caffè.” Tony sollevò la sua tazza, la sua faccia suddivisa equamente tra un'espressione speranzosa ed una da cane bastonato.
“Penso che tu ne abbia già bevuto abbastanza. Che cosa sono questi, Tony?”
“I Roomba? Piccoli aspirapolvere robotizzati. Sono disponibili commercialmente, ma sono piuttosto scemi una volta tirati fuori dalla scatola. Si limitano a pulire e muoversi in una linea retta finché non colpiscono qualcosa, e poi cambiano traiettoria, e quando hanno finito con lo spazio per il quale sono stati programmati ritornano alle stazioni di caricamento. Come robot, sono piuttosto banali. Perciò li ho migliorati. Be', alcuni di loro. Ne ho ordinati troppi ed ho dovuto cannibalizzarne alcuni, e poi ci sono stati un paio di errori, e non ne ho ancora aperto qualcuno, ma, ehi. Roomba.”
I piccoli robot a forma di disco si mossero attorno ai piedi di Steve, e lui abbassò lo sguardo per fissarli. “La cosa più triste è che questa non è la cosa più strana che mi sia accaduta in questa casa.” Tolse la tazza di caffè dalle mani di Tony. “Basta così. Andiamo a procurarci qualcosa da mangiare.”
“Sì, è una buona offerta, grazie,” disse, ruotando intorno alla panca ed allungandosi per afferrare una fiamma ossidrica, solo una piccola, il lavoro di dettaglio era il miglior lavoro, “ma sono immerso fino ai gomiti in robot finiti a metà, qui, e non è una buona idea lasciarli senza supervisione in questa fase del loro sviluppo, perciò me ne starò qui e mi occuperò della cosa, perciò ci sentiamo-” Sbatté le palpebre. Si stava allontanando dal tavolo da lavoro. Cercò di afferrarlo, ma era troppo lontano, troppo tardi; Tony realizzò che Steve non lo stava ascoltando, e stava invece dirigendo Tony e la sua sedia verso l'ascensore. “Questo è barare,” disse Tony, stringendosi al petto la fiamma ossidrica.
“Non sono molto bravo a barare,” assentì Steve, sporgendosi al di sopra della spalla di Tony per sottrargli la fiamma ossidrica dalle mani. La piazzò su un tavolo mentre lo superava. “Ma avere a che fare con te mi ha dato un sacco di ragioni per imparare.
“Mi dai sempre la colpa di tutto.”
“Be', è quasi sempre colpa tua.” Steve notò che i Roomba li stavano seguendo e sospirò. “Dummy, Butterfingers, potreste per favore tenerli qua sotto?” I robot emisero brevi suoni acuti e ondeggiarono, e Steve sospirò. “Tony.”
“No.” Tony incrociò le braccia sul petto e i robot presero ad aggirarsi per il laboratorio, confusi e preoccupati e infelici. Lui sospirò. “D'accordo, bene. Aspettate qui, ragazzi, ritornerò.” Sollevando le dita in un doppio gesto della pace, permise a Steve di spingerlo nell'ascensore. “Butterfingers, Dummy, datevi il cinque!” Rise mentre i robot eseguivano. “Non hai idea di quanto tempo mi sia occorso per insegnare loro a farlo,” disse a Steve, sempre ridendo.
“Intendi dire 'per programmarli'?”
“No, solo insegnarglielo. Sono robot capaci di imparare. Non molto bravi, ma, che diamine.” Piegò indietro il capo per guardare Steve. “Possiamo avere frittelle?”
“E' quasi ora di cena, Tony. Non hai pranzato?”
“Innanzitutto, no, e poi, non vedo che cosa abbia a che fare l'ora del giorno con la questione se possiamo o meno avere frittelle.” Canticchiando You can drive my car, si rilassò e lasciò che Steve lo guidasse nell'ascensore.
“Sembra che tu ti stia divertendo.”
“Non è come se potessi impedirti di trascinarmi in giro; visto che ci sono, posso almeno fingere che l'idea sia stata mia,” disse Tony con una scrollata di spalle. Inoltre, se proprio doveva essere onesto, cosa che odiava essere, davvero, lo faceva solo finire nei guai, aveva fame. Una dieta a base di caffè, niente sonno e i trilli dei suoi robot era sufficiente a farlo sentire un po' stordito e parecchio intontito.
E la presenza di Steve era solida e sicura come una roccia alle sue spalle.
Ma venir spinto per i corridoi in una sedia avrebbe solamente fornito alla gente altre armi da usare contro di lui: perciò, quando le porte dell'ascensore si aprirono, Tony si alzò con un sospiro e si diresse verso la cucina, con Steve alle calcagna.
Clint aveva il mento premuto sulle braccia incrociate, appoggiate al bancone, gli occhi puntati sulla scintillante superficie metallica della nuova aggiunta alla Famiglia Stark degli Utensili da Cucina Disfunzionali. “Ascolta, amico, ti capisco. Davvero, tu non vuoi i panini con i semi di sesamo ed io non te ne faccio una colpa. I semi di sesami finiscono dappertutto, ti devi far pulire la vaschetta delle briciole, tipo, tutti i giorni, se ci sono i semi di sesamo. Anche io detesto quando mi si incastrano tra i denti, perciò ti capisco. Ma sono i soli panini rimasti, ed io ne voglio uno.”
Il tostapane emise un suono tintinnante non dissimile dalla pernacchia di un ragazzino.
“Bene, d'accordo, già, ma vienimi incontro, andiamo. Qual è il tuo punto di vista sugli Eggos?”
“Stai cercando di negoziare con il tostapane?” chiese Steve, e Clint si raddrizzò con un sospiro pesante.
“Negoziando e fallendo, il che è anche più imbarazzante.” Punzecchiò l'oggetto con un coltello da burro, ma si trattava di una punzecchiatura gentile.
“Nuovo utensile, lasciami spiegare come le cose funzionano da queste parti,” disse Tony, dirigendosi verso il frigo. “Se tu non sviluppi una personalità amabile, io ti regalerò allo S.H.I.E.L.D., e tu finirai incastrato in una sala ristoro pensata per gli agenti più giovani, quelli idioti, quelli che pensano ancora che Coulson sia un qualche genere di androide.” Tony si piegò, così da trovarsi faccia a scatola con il tostapane. “Quel genere di ragazzini traumatizzati e stupidi che cercheranno di ficcare un intero muffin ai mirtilli nei tuoi scomparti.”
Ci fu una lunga pausa di silenzio, prima che il tostapane emettesse un suono scoppiettante. “Già, era proprio quel che stavo pensando,” disse Tony raddrizzandosi. “Ho intenzione di tollerare l'intelligenza, ma, se fai il borioso con me, ti smonterò fino a ridurti ad un mucchietto di particelle. Ci siamo capiti?” Aprì la porta del freezer e lanciò la scatola di Eggos ai cinque cereali a Clint. “Smettila di incoraggiare i comportamenti da primadonna.”
Clint afferrò la scatola con una mano sola, acchiappandola facilmente. “Sai una cosa, Stark? Fottiti.” Sorrise. “Non sono un tecnofobo, ma questo posto è terribile. Ho imparato a tollerare le luci che si regolano da sole e le televisioni e i lettori DVD che mi dicono chiaramente che i programmi che scelgo fanno schifo-”
“E' così,” disse Tony, la testa all'interno del frigo.
“Sì, be', fottiti due volte,” esclamò Clint allegramente; allegro, adesso, perché il tostapane aveva accettato la sua grama offerta di cialde surgelate. “Ho fatto finta di niente quella volta che Dummy si è messo in testa il mio arco come fosse un cappello a punta, e quell'arco è il mio sangue, è la cosa più vicina ad un oggetto di culto che io abbia. Mi sono anche abituato al fatto che Jarvis mi parla quando sono nella doccia.”
“A me Jarvis non parla quando sono nella doccia,” disse Steve, scegliendo un frutto dalla ciotola. Prese una mela, pulendosela contro il petto come fosse qualcosa che la gente faceva generalmente, ed era una cosa così adorabile che Tony voleva scattargli una foto e incorniciarla.
“Jarvis non ti infastidisce se tu non lo infastidisci per primo,” disse Tony, e il suo tono di voce suonò difensivo; odiava che fosse così, ma non sembrava capace di impedirlo.
“E' successo una volta sola,” disse Jarvis in tono tagliente. “E lei aveva perso conoscenza, i suoi segni vitali si stavano destabilizzando e stava perdendo sangue da una ferita alla testa piuttosto impressionante. Mi perdoni per averle chiesto se aveva necessità di un'ambulanza o di un coroner, agente Barton.”
“E' irritato, ti sta chiamando agente Barton,” disse Tony, sorridendo. Jarvis era scrupolosamente educato e chiamava le persone nel modo in cui queste chiedevano di essere chiamate. Clint aveva tagliato corto con l'assurdità dell''agente Barton' all'altezza dell'atrio, più o meno dieci minuti dopo aver messo piede nelle loro nuove stanze.
“Sei svenuto nella doccia? Quando?” Steve lasciò cadere la mela sul bancone e attraversò la cucina in due lunghe, impressionanti falcate. Le sue mani si chiusero attorno alla testa di Clint, in cerca di danni, e Clint cercò di spingerlo via.
“Gesù, è tutto a posto, è stato settimane fa, sto bene. Va bene, Cap, davvero, ehi!”
“Arrenditi,” gli suggerì Tony, con un debole sorriso. “Cap è in modalità iper-protettiva.”
Steve gli lanciò un'occhiata, ma non smise di far scorrere le dita tra i capelli di Clint, cercando la ferita. “Sul lato sinistro, retro del capo, inclinato a venti gradi dalla sommità,” disse Jarvis, servizievole come sempre.
“Puoi anche smetterla, eh,” gli disse Clint. Jarvis emise un suono basso dal tono vago.
“Questa è una ferita da proiettile?” La voce di Steve era piena di orrore, e Tony si strozzò cercando di non ridere.
“Un graffio,” disse Clint, alzando gli occhi al cielo. “Accidenti, Jarvis, guarda cosa hai combinato.”
“Mi dispiace,” disse Jarvis, la sua voce colta praticamente grondante zucchero. “Quando ha fatto un'osservazione inerente al mio intervento, ho presunto che la stesse facendo affinché io provvedessi ulteriori informazioni in proposito. Se preferisce, posso recuperare la sorveglianza video.”
“No!” strillò Clint.
“Questo è il suo modo di dire 'spingimi sotto all'autobus e ti trascinerò con me',” spiegò Tony.
“Sì, l'avevo afferrato.”
“C'è una ragione per la quale stiamo inchiodando Clint al bancone per molestarlo?” chiese Natasha, scivolando attraverso la porta della cucina. Stava reggendo un annaffiatoio di un verde brillante con una mano ed un paio di guanti da giardinaggio sporchi con l'altra. “Non che io stia obiettando, sono solo delusa perché non sono stata invitata.”
Clint le lanciò un'occhiata. “Aiuto.”
“No. Qualunque cosa tu abbia fatto, ti meriti qualunque cosa ti stiano facendo.” Con un piccolo ghigno sul suo bellissimo viso, gli assestò una pacca leggera sulla guancia mentre gli scivolava accanto.
“Gli hanno sparato e non l'ha detto a nessuno,” disse Steve, sempre occupato a valutare la cicatrice sul retro del capo di Clint.
L'espressione di Natasha virò dal divertito al furioso così in fretta che Tony dovette resistere all'impulso di cercare riparo dietro al bancone e di coprirsi la testa con le braccia. O a quello di chiamare qualcuno perché gli tirasse fuori l'armatura. Natasha afferrò la testa di Clint e la tirò verso il basso, spingendo da parte la mano di Steve e cominciando a dare una ripassata a Clint in un russo dai toni bassi e violenti.
Clint sospirò. Incontrando lo sguardo di Tony dall'altra parte della cucina, sillabò in silenzio 'Aiutami' e Tony ridacchiò. “Assolutamente no,” disse. “Finché sono concentrati su di te, io me la cavo.”
“Avanti, siamo una squadra,” iniziò Clint. In quel preciso momento, qualcosa uscì dal tostapane. “Ehi, cialde!”
Mentre Capitan America e la Vedova Nera discutevano la sua tendenza a procurarsi ferite e a nasconderle, in una maniera dolorosa, imbarazzante e dettagliata, Clint recuperò un piatto e le posate e Tony gli passò lo sciroppo. “Ecco,” disse Clint, guardando Tony. “Questa è la mia vita.”
“E' soprattutto colpa tua,” puntualizzò Tony.
“Sì, be', non cambia il fatto che questa è la mia VITA.” Clint assestò una pacca al tostapane. “Grazie, amico. Bel lavoro. Ehi, Tony, a questo hai già dato un nome?”
“Uh? Oh, no. Generalmente, uhm, li chiamo seguendo l'impulso del momento. E' così che finiscono per essere chiamati con cose come Dummy e Butterfingers1.”
“Forte. Metterò 'nominare il tostapane' sul tabellone delle corvè.”
“No, non lo farai. Bisogna uccidere il cartellone, non espanderlo.” Tony gli lanciò un'occhiata cupa.
“Non metterlo sul tabellone,” disse Steve; Tony gli fu grato per esattamente un secondo, prima che Steve proseguisse: “E' qualcosa che dovremmo fare insieme, come una squadra, alla prossima riunione di famiglia.”
“La prossima riunione di famiglia? No. No, non ci saranno altre 'riunioni di famiglia',” disse Tony, cercando di suonare severo. Aveva fronteggiato le commissioni del Congresso, Nick Fury, diversi supercattivi, Charles Xavier e, in un'occasione particolarmente sgradevole, Pepper Potts attraverso le sbarre di una cella sporca in una prigione straniera. Aveva fatto abbassare la cresta a miliardari, magnati, Capi di Stato e giornalisti con zanne come quelle degli squali.
Steve Rogers si limitò a sorridergli, come se Tony fosse adorabile e divertente e solo lievemente pazzo.
“Seriamente, Steve,” disse Tony, mirando ad un tono che fosse una via di mezzo tra le blandizie e l'educata persuasione. “Abbiamo riunioni prima di ogni missione e incontri di squadra e le riunioni e le strigliate di Nick Fury e le presentazioni in Power Point di Coulson sul tema di 'sai che cos'è che hai sbagliato? Tutto, ecco cos'è che hai sbagliato, tutto' e le uscite per ubriacarsi e piagnucolare. Non abbiamo bisogno di riunioni di famiglia.”
“Sì, ne abbiamo,” disse Steve, e Tony attese di sentire la sua spiegazione, per quale ragione pensasse che era così, questa cosa ostinata e confusa. Nessuna spiegazione giunse: Steve si limitò a sorridergli. E Tony resisté all'impulso di afferrare il cartellone, correre sul tetto e lanciare il cartellone di sotto: solo la consapevolezza che, così facendo, avrebbe potuto uccidere un qualche gruppo di innocenti suore di passaggio, o di cuccioli, o di suore con cuccioli, lo tenne inchiodato sul posto.
Dio, odiava il tabellone.
“No, non è vero,” disse Steve. Il suo sorriso si fece semplicemente più largo e più brillante, e Tony si chiese che cosa Steve avrebbe fatto se Tony gli avesse sibilato contro.
Natasha stava mettendo un segno di conferma accanto al suo compito sul tabellone, con la sua solita precisione, l'espressione soddisfatta. “Tony,” disse, tamburellando sullo spazio vuoto accanto al compito di Tony con una delle sue lunghe unghie curate.
“Ci sto lavorando sopra,” disse Tony. “Non puoi semplicemente saltare in piedi e spazzare. Ci sono protocolli. E, uhm, procedure di sicurezza. Non lo so, ci sto lavorando sopra. Oltretutto, non è come se-” Poteva sentirsi diventare teso mentre gli altri tre lo fissavano. “Bene, va bene, io non-”
Steve alzò gli occhi al cielo e si sporse verso Tony. Tony riuscì a produrre uno squittio estremamente poco dignitoso prima di ritrovarsi abbracciato di nuovo. Le braccia inchiodate ai fianchi, teso al punto che stava tremando, cercò di allontanarsi da Steve; non che potesse andare da qualunque parte. Era semplicemente traumatizzante, questa era la sua vita, questa era la sua stramaledettissima vita, venire abbracciato da Capitan America mentre un paio di assassini letali passavano il tempo nella sua cucina e ridevano di lui.
Seppure, ora che se l'aspettava, più o meno, non era poi così male. Dal momento che non poteva sfuggire a questa cosa, poteva quantomeno godersela. Caldo, e deciso, e più o meno piacevole. Tony si sentì rilassare, solo un pochino, la testa che si appoggiava sulla spalla di Steve solo per un secondo, e anche questo era piacevole.
“Ah! Compagni d'arme! Diventerà una tradizione, per noi?” esclamò Thor, procedendo a grandi falcate nella cucina. Prima che uno qualunque di loro potesse prevedere quel che stava per accadere, Thor aveva afferrato sia Steve che Tony in un abbraccio omnicomprensivo, sollevando entrambi gli uomini da terra.
Steve si lasciò sfuggire un debole gracidio mentre le sue costole venivano compresse. “Grazie, Thor,” riuscì a produrre. Tony, dal canto suo, si limitò a scalciare nel folle tentativo di trovare un appiglio da qualche parte, ovunque; ma era a mezz'aria e stava subendo un abbraccio di gruppo e questo era semplicemente SBAGLIATO.
“Thor, amico, mettili giù, la faccia di Tony sta prendendo un colore proprio interessante,” osservò Clint con un largo sorriso. “Avanti, amico, dà loro un po' di tregua, giù, giù!”
E in un attimo i piedi di Tony furono di nuovo sul pavimento, e lui si ritrovò impegnato a cercare di recuperare dignità ed equilibrio ed autostima, tutto insieme, e non stava andando alla grande. “Sì. Grazie,” disse, una mano sollevata in un gesto automatico perché avrebbe dovuto avere un guanto dell'armatura con un repulsore lì, proprio in quel momento, solo per amor di sicurezza, non avrebbe sparato loro sul serio, ma dovevano tutti smetterla di afferrarlo a quel modo, era semplicemente sbagliato. “Se qualcun altro cerca di abbracciarmi, oggi, distruggerò i vostri conti bancari. E, magari, i vostri progetti pensionistici.”
“Abbiamo progetti pensionistici?” chiese Clint a Natasha.
“Pensi davvero che Coulson non si sarebbe occupato della cosa alle tue spalle e non ti avrebbe preparato un piano per la pensione?” chiese lei. “A differenza tua, lui è del parere che arriverai vivo al pensionamento.”
“Sì, be', non accadrà.” Clint lanciò un'occhiata a Steve, che stava ancora risucchiando aria disperatamente. “Quand'è l'amichevole raduno di famiglia?”
“Mai!” tentò Tony, e nessuno gli prestò attenzione, e lui li avrebbe buttati tutti fuori da casa sua, questa era la goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso.
“No, non lo farai,” disse Steve, e stava mettendo un segno accanto all'“Abbracciare Stark” sul tabellone, e Tony odiava, odiava, odiava quel tabellone. “Giovedì, penso, se non abbiamo una missione.”
“Sì, prima della Notte dei Film, dovrebbe andare. Avete mai fatto caso che non veniamo quasi mai chiamati per una missione il giovedì?”
“Penso che la comunità dei supercattivi abbia imparato dopo la seconda volta che Thor si è profondamente offeso per il fatto che il suo giorno preferito fosse stato turbato così malvagiamente,” disse Natasha. “Ci sono altri sei giorni tra i quali scegliere. Giacché ci sono, possono anche prendersi il giovedì di riposo ed evitare l'ira di Thor.”
“La mia ira è sempre funesta, ma giustificata quando manifestata. Saluti, amico tostapane!” esclamò Thor, e il tostapane si diede alla fuga.
Tony si chiese se avrebbe potuto rimangiarsi la parola data su tutta questa cosa del Progetto Vendicatori.





Note dell'autrice: Be', il tostapane è ufficialmente il personaggio originale più popolare che io abbia mai creato. Non sono certa se la cosa sia divertente o deprimente.
Sembra che saranno circa quattro capitoli. Penso. Non lo so. Scusatemi.

Note della traduttrice:
(1): Per ulteriori spiegazioni, vedere le note al primo capitolo. Sì, sto parlando del papiro in fondo alla pagina, proprio quello, esattamente.

Qualche nota in aggiunta: questa storia, la prima della serie, conta un totale di soli quattro capitoli (sì, alla fine sono stati quattro! x°D), così come li conterà la prossima storia. Conto di averle pubblicate entrambe entro la fine di febbraio, ma è possibile che gli esami (e le one-shot, la pubblicazione delle quali vorrei distribuire il più possibile) intervengano a mettere i bastoni tra le ruote al progetto. Vorrei però sottolineare che, così come NON ho alcuna intenzione di abbandonare le traduzioni che ho in corso al momento nel fandom di Harry Potter, NON credo proprio che lascerò incompleta questa serie.

Si ringraziano Nemeryal e Unbreakable_Vow, che si sono fermate a lasciare una gentilissima opinione al primo capitolo; e, come sempre, dierrevi e duedicoppe, beta impagabili.
  
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