Film > The Avengers
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Autore: Blackmoody    08/01/2013    1 recensioni
Nel frattempo l’agente Hill si era spostata in un angolo, la fronte corrugata e due dita premute sul proprio auricolare come se stesse ascoltando qualcosa con estrema attenzione:
«Signori, devo interrompervi. Ho appena appreso novità importanti da Boston.» annunciò infatti, e i suoi occhi grigi saettarono nervosamente da Fury a Thor.
[...] «Diversi invasori sono stati uccisi prima che la nostra squadra di ricognizione giungesse in città, e non a opera dell’esercito o dei civili. Molti testimoni hanno confermato di aver visto un’auto decappottabile di marca italiana color verde oliva sfrecciare per le strade con a bordo due persone armate che hanno attaccato i nemici in almeno due differenti occasioni per poi scomparire verso le campagne. Una di esse portava in testa un elmo cornuto.»

Erin Anwar è una midgardiana giovane, brillante e arrogante. Non ha poteri o strani segreti, solo una mente particolare – e non brama l'asservimento. Non per se stessa, sicuramente. Il giorno in cui la sua strada incrocia quella di un certo dio asgardiano sarà un giorno che almeno due mondi ricorderanno a lungo.
Post-Avengers, diciassette capitoli, EPIC BADASSERY.
microcorrezioni 2O14
Genere: Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Majestic Tale of the Mischief Maker and the Flute Maiden'
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2.

The descendant

 

 

 

 

 

 

«Altezza, vostro padre vi attende.»

Il Dio degli Inganni si voltò appena in direzione della grande porta aurea, ora spalancata, che delimitava l’ingresso alle sue stanze: sulla soglia v’era il Sommo Cerimoniere di Odino, circondato da un drappello di guardie in alta uniforme, e l’espressione pacata e quasi rispettosa con cui lo stava osservando gli procurò uno spasmo d’insofferenza.

Loki non riusciva a comprendere per quale motivo quella gente si ostinasse a considerarlo come uno di famiglia, come una persona cara. Tornando ad Asgard da prigioniero assieme a Thor – Thor che ancora lo chiamava fratello – si era aspettato parole d’odio e una punizione esemplare e lo scherno del popolo; eppure Frigga aveva pianto stringendolo a sé e il Padre degli Dei lo aveva mirato con occhio dolente e commosso, e invece di comandare la sua disfatta lo aveva fatto rinchiudere nei suoi vecchi alloggi ponendo soldati a controllare ogni suo movimento e blocchi magici a impedirgli l’uso di incanti.

Loki avrebbe preferito una pena capitale alla quale sfuggire con abili trucchi, piuttosto che quella prigione dorata e le visite inconcludenti dei suoi sciocchi parenti: l’amore che questi seguitavano a dimostrargli lo soffocava, infastidiva e confondeva, giacché per lui sarebbe stato più logico rispondere all’odio con l’odio. Invece costoro apparivano semplicemente delusi ma al contempo felici per averlo ritrovato vivo, come se mai l’avessero perduto. La loro debolezza lo rendeva debole a sua volta, e questo non poteva tollerarlo.

Per giorni e giorni si era dunque sentito una bestia in gabbia e aveva camminato da una parte all’altra della stanza, talvolta con passi violenti e talaltra con maggior lentezza, soffermandosi a guardare il cielo oltre le alte finestre e studiando opzioni per un’eventuale fuga; e aveva ripensato con rabbia al proprio fallimento su Midgard, all’occasione che aveva sprecato con tanta leggerezza e al modo in cui avrebbe potuto, magari, tentare ancora la conquista senza armate di alieni indisciplinati al seguito e, soprattutto, senza promesse fatte a folli titani.

Ma le ore erano trascorse e niente era cambiato e Loki era rimasto dov’era, intuendo che presto o tardi Odino avrebbe fatto la sua mossa. Del resto era sempre stato paziente – di certo più paziente di quello sciocco di Thor – e agire d’impulso non lo aveva mai aiutato troppo.

Rifletteva su questo, i verdi occhi puntati sulle lucenti acque e torri di Asgard illuminate dal sole del meriggio, quando la voce ossequiosa del Cerimoniere lo aveva d’un tratto raggiunto: Odino aveva infine scelto la mossa da fare.

«A cosa devo tale novità?» domandò con freddo sarcasmo.

«Vostro padre vi ha convocato nella sala del trono.» rispose l’altro inchinandosi: «Di più non mi è dato sapere, principe.»

Loki fu nuovamente attraversato da un brivido di fastidio nell’udire quell’appellativo:

«Mi adeguerò a ciò che Odino comanda. Fai strada.» si limitò però a dire, imperioso, e si affiancò al dignitario sulla soglia tenendo le mani intrecciate dietro la schiena.

Subito i guerrieri della scorta li circondarono, disponendosi in due file ordinate, e il Sommo Cerimoniere lo precedette lungo i vasti corridoi della reggia; traversarono le molte lame di luce solare che penetravano dai colonnati, infrangendosi in danzanti scintillii sulle armature delle guardie, e incrociarono pochi cortigiani e dame che si fecero da parte per lasciarli passare. Loki catturò i loro sguardi e si compiacque nel cogliervi timore e disprezzo, e sogghignò. Quelle erano le reazioni che lo facevano sentire a proprio agio, che gli miglioravano l’umore e gli ricordavano chi era realmente: l’affetto degli sciocchi non faceva più per lui.

 

 

La sala del trono era immersa nella penombra e solo tre figure vi si distinguevano con chiarezza. Una era quella di Odino, assiso sul suo grande seggio d’oro e con lo scettro in mano; poi la sua sposa, in piedi accanto a lui, e naturalmente Thor, alla base della gradinata. V’erano anche diversi soldati disposti lungo il perimetro del salone, immobili, mentre l’assenza di Lady Sif e dei Tre Guerrieri fece assai piacere a Loki. Qualunque decisione avesse preso Odino, e se l’aveva presa, era ovvio che sarebbe rimasta segreta ai più.

«Puoi ritirarti adesso, Cerimoniere.» annunciò l’anziano re con un gesto vago.

Il dignitario s’inchinò e abbandonò la sala in fretta, seguito dalla scorta, lasciando il Dio degli Inganni solo al centro di quel vasto spazio, le spalle dritte e le gambe ben piantate a terra.

Per una manciata di secondi nessuno parlò, ma Frigga aveva gli occhi lucidi e Thor si muoveva nervoso sul posto, incerto sul da farsi. Loki restò immobile a fissarli.

Poi Odino disse gravemente: «È giunto il momento, figlio mio.»

«Perché?» scattò il giovane dio, la voce aspra: «Perché ti incaponisci nel volermi chiamare così? Per prenderti gioco di me? O magari per negare la verità?»

Il sovrano scosse il capo canuto:

«E tu perché ti ostini nel rifiuto? Sei mio figlio, Loki. Lo sei sempre stato e sempre lo sarai, questa è la sola verità che conta.»

Loki avanzò di un passo e nell’ombra le guardie si spostarono appena, pronte ad agire qualora le cose fossero degenerate. Frigga tese le mani verso di lui:

«Amarti significa forse prenderci gioco di te?» domandò tristemente.

«Il vostro amore si basa su una menzogna.» sibilò Loki sprezzante; «Il vostro amore è una menzogna, è pietà, e io non ne ho bisogno.»

«L’affetto non è compassione, fratello.» intervenne Thor.

L’altro gli si rivolse con espressione febbrile, le braccia spalancate: «Allora è follia. Voi siete incapaci di detestarmi, e dunque siete folli. Non sarebbe più semplice rispondere all’odio con l’odio?» interloquì. Le sue parole suonavano convinte, eppure dentro di sé Loki sapeva perfettamente di non essere in grado, nemmeno lui, di detestare fino in fondo coloro che aveva creduto per un tempo lunghissimo la propria famiglia.

Odino si alzò dal trono con un profondo sospiro e disse:

«Hai ragione, figlio, e lo stesso vale per te. Tuttavia, nonostante l’amore che ti portiamo, non posso lasciarti impunito per le malefatte che hai commesso. Ho rimandato questo momento più che ho potuto e adesso non posso più permettermi di attendere.»

Loki fece un mezzo sorriso, inarcando le sopracciglia: «Finalmente. E dimmi, Padre degli Dei, quale destino hai pensato per me? Come ripagherai il male che ho seminato?» lo provocò.

Il re non rispose, non subito. Raggiunse invece la sommità della gradinata del trono e vi si pose proprio al centro, tenendo lo scettro con entrambe le mani; la regina e il Dio del Tuono distolsero lo sguardo e il sorriso di Loki svanì, mentre una cappa d’oscurità sembrava calare su Odino e concentrarsi in lui. Poi questi alzò il bastone d’oro dei sovrani di Asgard e con grande forza lo battè a terra per tre volte: una sottilissima crepa di luce parve disegnarsi sugli scalini e sul lucido pavimento, e serpeggiando raggiunse i piedi di Loki.

Quivi si fermò e gli si dipanò attorno in un alone luminescente, e il Dio degli Inganni avvertì una fitta al petto e con un grido si piegò in avanti serrando i pugni.

«Io ti bandisco da Asgard, Loki figlio di Odino, e sottraggo i poteri dal tuo corpo immortale.» tuonò il Padre degli Dei: «Sarai esiliato su Midgard, tra gli umani che tanto disprezzi, e come tuo fratello prima di te dovrai apprendere umiltà e onore per poter fare ritorno.»

Il giovane dio crollò su un ginocchio, sentendosi debole e colmo al contempo di una furia cieca per l’onta che quel vecchio pazzo lo stava costringendo a subire. Urlò di nuovo, provando a rimettersi in piedi e a contrastare la forza che lo asserragliava, ma Odino parlò ancora:

«Impara, figlio, o la tua condanna sarà di vivere e morire da mortale tra i mortali.»

Picchiò lo scettro a terra per la quarta volta e per un istante la luce si fece così intensa da cancellare le forme della stanza e le sagome degli astanti. Thor e Frigga chiusero gli occhi.

Lentamente il fulgore scemò, e così il drappo tenebroso che gravava sul sovrano. Madre e figlio riaprirono le palpebre e il Padre degli Dei voltò le spalle al salone.

Loki era scomparso nel nulla.

 

 

Il Dio degli Inganni precipitò nel vuoto per attimi lunghi quanto una vita terrestre.

Attorno a lui vorticavano il cosmo e aurore boreali, e stelle pulsanti e altre morenti, e pianeti e galassie che riusciva soltanto a intravedere. Con mente confusa rimembrava le proprie passate cadute attraverso gli universi, i viaggi che aveva compiuto: ricordava quando si era lasciato andare sotto gli sguardi disperati di Thor e Odino, ricordava i mondi che aveva scoperto e i popoli in cui si era imbattuto – i titani, i chitauri. Gli umani.

Era stato vinto per l’ennesima volta, e vilipeso, abbandonato a una sorte ridicola e beffarda che lo allontanava sempre di più dai suoi obiettivi, dai riconoscimenti che bramava.

Precipitò nel vuoto ancora e ancora, fin quando i suoi occhi non furono colpiti da un bagliore accecante e il suo corpo oltrepassò qualcosa di vaporoso e umido che rassomigliava a una cortina di nuvole. Loki distinse, dall’alto, campi e strade e piccoli punti luminosi immersi nella penombra violetta che segue il tramonto, e seppe che Midgard era sotto di lui, in attesa.

L’impatto col suolo fu meno violento del previsto, o quantomeno tale gli risultò. Per un po’ rimase sdraiato a faccia in giù, le dita conficcate nella terra odorosa e fresca, il cuore che gli martellava furiosamente e le membra fastidiosamente doloranti: quella era la sua rovina, e non ci sarebbero state stupide lezioni da apprendere in grado di restituirgli ciò che aveva perduto, poiché lui non era Thor e non possedeva il suo debole animo.

Mille volte meglio una pena capitale cui sottrarsi, si ripeté, mille volte meglio la morte di quel ridicolo atto di clemenza! Si sollevò a fatica, maledicendo la stanchezza terrena che lo pervadeva, e rovesciando indietro la testa gridò al cielo tutta la sua rabbia e la sua frustrazione, e bestemmiò contro ognuno e ogni cosa e vagò come ebbro tra i verdi campi.

Arrivò così nei pressi del ciglio di una strada e si accorse di non essere solo: un veicolo di medie dimensioni si era fermato a poca distanza da dove si trovava lui, i fari accesi che illuminavano un’ampia zona tutt’intorno, e un’ombra esile ne era scesa.

Loki aguzzò la vista. Era una donna giovane, con indosso una maglia e dei calzoni stretti tipicamente midgardiani che ne mettevano in risalto le forme snelle, e lunghi capelli che nel chiarore morente del crepuscolo sembravano del color dell’oro brunito. Avanzava cauta ma sicura e l'accenno di un sorriso incredulo si andava dipingendo sul suo volto.

Quando fu a meno di un metro da lui la donna si fermò, lo squadrò da capo a piedi e infine sorrise apertamente: «Non posso crederci. Sei tu!» esclamò, e la sua voce tradiva emozione.

Il dio caduto si lasciò sfuggire una risata di scherno: «Dunque tu sai chi sono, mortale? Ho forse accidentalmente ucciso qualche tuo congiunto nella grande città che ho invaso?»

Con sua enorme sorpresa lei scoppiò a ridere di rimando, affatto sconvolta:

«Per fortuna io vivo a Boston! E no, non so chi sei, ma ti ho già incontrato e ho sperato di poterti ritrovare, un giorno.» rispose tranquillamente.

Loki corrugò la fronte: «Non riesco a comprenderti.»

«Stoccarda.» disse la giovane; «“Voi siete nati per essere governati”.»

Quel riportare sorridendo le parole ch’egli aveva pronunciato e l’assenza di paura che ostentava fecero pensare a Loki che la donna non lo ritenesse né una minaccia né un nemico; inoltre la sua postura decisa e la luce fiera che le brillava negli occhi non gli erano del tutto sconosciute, e con rinnovato stupore la riconobbe: era la mortale che si era alzata subito prima del vecchio sciocco, nella piazza in cui gli umani si erano inginocchiati a lui. Quella sera portava un abito blu come la notte trapunto di scaglie d’argento e delicate calzature azzurre e aveva i capelli raccolti, ma i lineamenti gradevoli e gli occhi intelligenti erano gli stessi.

«Tu. Tu non sei fuggita come i tuoi simili, quella notte, e mi guardavi.»

«Ti guardavo, sì, perché ero curiosa e perché hai detto cose interessanti.»

Loki le si avvicinò, sovrastandola con la sua statura e ghignando cortesemente:

«Io sono Loki, assurda mortale, e vengo da Asgard. Qual è il tuo nome?» le domandò.

Non che gl’importasse davvero, dal momento che aveva ben altri pensieri a cui far fronte, eppure qualcosa in lei lo incuriosiva a sua volta e gli suggeriva che avrebbe potuto tornargli utile: era solo e senza poteri, e un’alleata volontaria avrebbe costituito una piacevole novità.

La donna gli rivolse l’ennesimo, incredibile, arrogante sorriso:

«Io sono Erin Anwar e vengo dall’Irlanda.» lo parafrasò; «Il piacere è tutto mio.»

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

> Note a piè di pagina

E qui si comincia a entrare nel vivo: gli Avengers hanno vinto, Loki è tornato ad Asgard insieme a Thor e al Tesseract ed Erin lo ha ritrovato. Cosa sia successo a lei dopo la notte di Stoccarda, quanto tempo sia passato da allora e come sia capitata vicino al luogo in cui è caduto sono questioni che rientreranno nel prossimo capitolo.

Qui inizio anche a delineare la mia visione del Dio degli Inganni e dell’intera famigghia reale asgardiana, ed è una parte assai delicata. So che molti immaginano crudeli prigionie e labbra cucite e chissà cos’altro, terribili punizioni inflittegli come fio da pagare per le malefatte commesse, ma è pur vero che non ritengo Odino capace di fare realmente del male al figlio adottivo – non adesso, almeno, sebbene nelle storie originali lo diventi in seguito all’assassinio di Baldr (quando incatena Loki alla roccia col simpatico rettile che gli sputa veleno in volto); inoltre secondo me esiliarlo sul mondo che ha tentato di soggiogare, rendendolo oltretutto debole come un mortale qualsiasi, è di per sé una condanna sufficientemente pesante per un dio che paragona Midgard e i midgardiani a formiche e che è nato per essere re, molto più pesante di quanto lo fu per Thor.

Soliti aneddoti tecnici:

– la “cappa di oscurità” che sembra calare su Odino fa riferimento a una cosa che Loki dice a Thor nel film, quando gli domanda “quanto potere oscuro” abbia dovuto raggranellare il Padre degli Dei per permettere al figlio maggiore di tornare sulla Terra in assenza del Bifröst;

– il titolo del capitolo è ripreso da quello del film The descendants (per noi italici Paradiso amaro) con George Clooney, e sta a indicare tanto la “discendenza” quanto la “discesa”, la  “caduta”, la “rovina” (da descent);

– una canzone che si abbina perfettamente a questo capitolo e ai personaggi in generale è Fine line di sir Paul McCartney, poiché oltre ad essere bella ha un testo che sembra scritto apposta per i due divini fratelli;

– no, Erin non è del tutto sana di mente, no :D

Ringrazio chi finora ha recensito, messo la storia tra le seguite e letto soltanto: continuate a dirmi cosa ne pensate, mi raccomando. Ossequi asgardiani e alla prossima settimana!

 

  
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