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Autore: AndreaMesso45    09/01/2013    1 recensioni
Siamo in Italia, in un futuro apocalittico, in cui il Regime ha proibito musica e arte e schiavizzato la popolazione dell'intero mondo, la Musica salverà il mondo.
E con lei, l'inizio della Rivoluzione!
I personaggi prinicipali sono inventati e saranno loro i protagonisti di tutta la storia mentre in ogni capitolo ci sarà una "guest star" famosa (artista, musicista, cantante, una band, un attore ecc) che combatterà al loro fianco per la Rivoluzione!
Genere: Avventura, Science-fiction, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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E chi la ferma più questa ... Rivoluzione ?!


Parte II


Capitolo 01 - Il tempo crea eroi



13/02/2030
 
Italia
District general
Resistance of the II Italy

 

Ed il tempo intanto crea eroi … mentre il sole brucia ancora per i cazzi suoi

 

“Ehi! … Ehi!! … Ehi tu!!! …”
“Santo Dio!! Ti sento!! Che cosa c’è?”
“Vieni verso di me, per l’amore di Dio! Vieni più vicino, ho bisogno di te qui ora!”
“Eh, capo! Un attimo, santa la miseria”
 

Il freddo era inebriante, quasi elettrizzante … il panorama tutto bianco.
Saranno state le prime ore del mattino, con un silenzio atroce … il classico silenzio prima di un gran trambusto … la quiete prima della tempesta.
L’unico rumore che si sentiva erano i lenti passi sulla neve dello squadrone Einaudi (nome in codice datogli dal generale Mattei).
Ah, giusto … ovviamente anche le voci del capo plotone, il capitano Molini che bisticciava con un soldato dello squadrone, il suo braccio destro tenente Grotti.
Alex, poco dietro di loro, li osservava trattenendo a stento le risate.
Andare in spedizione con lo squadrone Einaudi era sempre un’avventura senza confine, piena di risate e di momenti incredibili … ma nonostante questo potesse essere simbolo di poca credibilità, era il miglior plotone di tutta la Resistenza.
Alla squadra era stata assegnata la prima vera missione della Rivoluzione targata Italia, dovevano andare a recuperare un certo Dado Bunni che, secondo il Generale Mattei, era fondamentale per la riuscita della Rivoluzione.

 

Le informazioni che diede Mattei a Molini furono pochissime.
Sapevano esattamente solo l’ubicazione di Dado Bunni, dove il Regime lo teneva, ma non si trovava in una prigione, bensì lavorava in stabilimento come cameriere e spazzino.
Questo edificio era situato sulle montagne dell’Appennino tosco-emiliano, era notevolmente grande e si trovava in una sorte di valle.
Sembrava un edificio americano, tutto corrazzato, quasi delle segrete.
Molini osservava quello stabilimento con il suo binocolo vecchio modello, color nero … dietro di lui erano sparsi gli altri uomini della sua squadra.
Ovviamente aveva da ridire a Grotti che invece era sul versante opposto, leggermente spostato sulla loro sinistra … stava rientrando in posizione.
Si trovavano su questa piccola collinetta che permetteva loro di nascondersi bene e di osservare da un’ottima posizione l’intero stabilimento ed il movimento delle guardie.
“Ehi, Molini! Che cavolo ci fanno lì dentro? Cos’è questo posto?” chiese a bassa voce un ragazzo della squadra.
“Dio mio!” disse girandosi il capitano “E tu saresti nella mia squadra? Ma non ti conosco! Va bè, ragazzo, se lo sapessi probabilmente non te lo direi .. ma non lo so”.
Se ne stavano accovacciati per terra già da qualche mezz’ora e Alex sentiva il freddo che gli percuoteva le ossa.
Si erano, nonostante il budget non molto elevato che possedeva la Resistenza praticamente nullo, vestiti in modo strategico per ovviare alla neve caduta nei giorni precedenti e per mimetizzarsi con l’ambiente.
Erano tutti bianchi, estremamente bianchi, anche le armi (semplici fucili semi-automatici con una scarsità di munizioni imbarazzante) erano state pitturate di bianco.
Su quel posto erano caduti diversi centimetri di neve che era rimasta lì tutta la notte, quasi ad aspettare la squadra ed il suo arrivo che avvenne verso la mezzanotte di quello stesso giorno.
“Ehi, Molini! Cosa cavolo dobbiamo fare là dentro?” chiese ancora quel ragazzo ‘bussando’ con la mano sulla spalla del generale che si rigirò stizzito “Bè, ragazzo, entriamo e prendiamo quello che dobbiamo prendere ed il gioco è fatto”.
Tornò a fissare il suo obbiettivo con il binocolo “Comunque è la prima volta che ti vedo, non so chi tu sia” affermò sottovoce con accento fermo e rilassato.
Molini era un uomo sulla quarantina di anni, con la barba, una robusta corporatura che aveva gusti molto retrò.
Era consuetudine la sua di portarsi dietro il suo sigaro portafortuna che diventò presto una leggenda tra la gente della Resistenza Italiana, ma prima di tutto questo casino era un professore delle superiori, insegnava matematica e aritmetica, ovvero un mare di logaritmi e funzioni … forse per questo era bravo con le strategia.
Mentre il suo tenente e braccio destro Grotti era un uomo leggermente più basso e con un fisico un po’ meno snello e più rotondo … aveva un carattere simpatico nonostante molte volte fosse quasi irritante e supponente, estremamente capace anche lui, si era laureato in Architettura ed era una specie di architetto, ma non parlò mai della sua vita precedente.
Alex provava ammirazione per quei due soldati, quei due uomini, in cuor suo li rispettava … e anche questo fu un fattore che lo portò a diventare parte integrante della squadra.
Questa era la sua prima missione con l’Einaudi di Molini ed era comprensibilmente eccitato e un po’ pauroso ed insicuro.
Ma guardare quei due grandi personaggi gli dava la giusta sicurezza e tranquillità per rimanere freddo e concentrato, anche se freddo c’era già da un pezzo visto il clima non certo tropicale di quel posto.
Il fedele amico di Alex, Max, era rimasto alla base della Resistenza con la sua amica Francesca e con Valentina … ad Alex un po’ dava fastidio il fatto che il suo miglior amico potesse stare al caldo, al sicuro, mentre lui era in missione ma non ci fece più di tanto caso.
 

 

Ci si gioca il tempo dentro i bar … e si prega un Dio digerendo i guai …
Tutto ciò è la vita, amico … e tu lottando vai messaggero dei problemi tuoi …

 

“Ehi, Perruti! Perruti!! Passami di nuovo la cartina” esternò Molini.
Perruti era un altro personaggio della squadra, il sottotenente e di conseguenza il secondo braccio destro di Molini.
Lui aveva una corporatura decisamente ‘piena’, era senza ombra di dubbio obeso, grasso ma non per questo rallentava la squadra, anzi, aveva una grande agilità e precisione nelle cose che faceva, era uno dei punti di forza del plotone.
Inoltre, era famoso per la sua armonica che si portava sempre dietro e che nei momenti difficili era solito suonare per rallegrare il gruppo.
La chiamava Harley Harmoniosa, un nome … un programma.
“Certo, capitano. Ecco a te” rispose Perruti, si davano tra di loro del ‘tu’ invece del classico ‘lei’ … anche perché questi gradi erano stati ottenuti non in via del tutto ufficiale, sempre di Resistenza si parlava quindi di qualcosa di segreto ed assolutamente illegale agli occhi del Regime, quindi erano tutti semplici soldati alla fin fine.
Molini guardava e scrutava la cartina e con il dito ripercorreva il viaggio che avevano fatto per arrivare lì e dove avevano lasciato l’elicottero che gli aveva portati in quel posto freddissimo.
“Bè, ok. Sperando che non succeda niente all’elicottero, direi che possiamo proseguire con la missione” affermò  Molini riconsegnando la mappa a Perruti che se la mise nel taschino dei pantaloni e rispose “Confidiamo nel soldato Singh, signore”.
“Ah già, quel ragazzo … ho dovuto lasciarlo di guardia perché non si mimetizzava molto bene con la neve” affermò Molini facendo una smorfia, poi diede un segnale con la mano in segno di riunione e spiegò il piano per il continuo della missione
“Allora, signori, se siamo arrivati fino a qui nulla ci toglie di arrivare fino a lì” ed indicò lo stabilimento.
“Ah, capitano, non fa una piega” affermò Grotti.
“Entriamo dal cunicolo dell’aria condizionata, ho memorizzato gli orari delle guardie ed ora è il momento giusto” continuò Molini “Dobbiamo restare uniti, dentro avremo pochissimo tempo per localizzare il dottor Bunni e portarlo via con noi. Ho motivo di credere che non sia imprigionato quindi avremo certamente meno difficoltà che, per esempio, con un detenuto che è strettamente sorvegliato di norma”.
Tutti guardavano il capitano negli occhi, lui guardava nelle pupille di ogni suo soldato con una espressione di orgoglio e rispetto “Pronte signorine? Perché ci sarà da divertirsi!”.
Partirono.
 

Con le mani sporche di allegria … i bambini giocano coi sassi della via …

Ed i vecchi invecchiano davanti alla tivù con la pipa ed uno ‘scommettiamo’ in più

 
 
“Aspetta un secondo … aspetta un secondo … ti ho detto di aspettare un maledettissimo secondo!! Qui non si capisce un emerito mazzo in questa mappa dell’edificio” esclamò a bassa voce Molini.
Erano dentro lo stabilimento … entrati come da programma dai cunicoli di aereazione dove all’ingresso si erano posizionato due uomini a fare da palo.
Molini bestemmiava contro la pianta dello stabilimento in cui era segnato il punto dove si trovava l’uomo da prelevare.
Erano ormai fuori dai cunicoli e si trovavano nascosti in una specie di magazzino per il cibo.
Quell’edificio sembrava una stazione di soldati del Regime, di reclutamento.
Vi erano camere da letto, stanze gigantesche per addestramenti speciali, mense enormi … ed il posto brulicava di soldati.
Alex teneva una pila puntata sulla mappa di Molini poiché in quel magazzino vi era poca luce.
“Secondo me siamo nella parte sbagliata, dobbiamo rientrare in questo altro settore” affermò Grotti fissando anche lui quel pezzo di carta ingiallito.
“Eh seee! Come no!? E allora io sono imbecille e scemo, pensi che abbia sbagliato entrata?” grugnì Molini.
“Già, l’avrai guardata all’inverso questa mappa, che vuoi che ti dica?” rispose alzando le spalle Grotti.
Mentre qui due bisticciavano, ad un certo punto, si spalancò la porta centrale di quel magazzino dove vi erano i nostri soldati e si presentò un uomo dalla statura medio alta, un pizzetto decisamente folto e pronunciato vestito da cameriere da quattro soldi.
Tutti rimasero zitti e muti, imbracciarono i fucili e li puntarono contro quell’uomo.
“Fermo! Alza le mani, mettile sopra la testa e stenditi per terra! Lentamente senza dire niente o finisci molto male” affermò Molini impugnando il fucile e gesticolando con una mano.
Quell’uomo rimase quasi sbigottito ma non impaurito, anzi, stette fermo lì ad osservarli con uno sguardo amletico, poi si girò e chiuse la porta del magazzino dietro di sé, li fissò di nuovo ed enunciò “Bene, bene. Direi che siete arrivati! Io sono il dottor Dado Bunni, vi aspettavo ma non così presto ovviamente, se no mi sarei vestito in altra maniera”.
Molini rimase a dir poco sorpreso e certamente felice, si alzò scoppiettante ed affermò “Bene, Giunni! Dai che …” l’uomo lo interruppe stizzito “Dottor Bunni”.
“Ehm … si, dai che andiamo che è tardi, non c’è da perder tempo!” finì il capitano.
Partirono con il dottore sotto braccio, ‘perché poi dottore?’ si chiese tra se e se Alex.
Tornarono ai cunicoli … ma qualcuno li notò e fece suonare l’allarme dello stabilimento.
 

E davanti ancora tra la nebbia e la follia … ed in tasca la democrazia!
E alla gente povera rimanga l’onestà … a vantaggio di chi non ce l’ha … che comunque può comprarsela


 

Tutta la milizia si attivò alla ricerca dei fuggiaschi e del dottore scomparso, alcuni soldati cominciarono a sparare a casaccio contro le pareti, non avevano ancora finito l’addestramento a quanto pare.
Nel frattempo in tutto quel gran trambusto di suoni, spari, allarmi, sirene assordanti e urla di soldati mezzi impauriti e un po’ inesperti, la squadra arrivò all’entrata del tunnel da cui erano acceduti.
Ripresero con loro i due soldati che facevano da guardia al cunicolo che nel mentre avevano tenuto al sicuro con ottimi risultati la loro postazione.
“Forza, Clunni! Andiamo!!” affermò Molini al dottore sempre più stizzito che rispose sillabando bene “Dottor Bunni! D … o … t … t …”
“Okay, non abbiamo tempo per il gioco dei nomi e delle città, ci stanno sparando addosso quei mezzi rimbambiti là e sebbene la loro mira sia simile a quella di un orbo, non mi fido a star qui! Corriamo!” urlò Grotti.
Corsero a gambe levate con il dottore davanti a loro verso il punto di ritrovo dove avevano nascosto il velivolo per tornare alla base.
“Stanno arrivando con dei gatti delle nevi, muoviamoci!” urlò Alex, poi scoppiò un enorme bomba a mano vicino a loro.
Alex la vide arrivare quella bomba verso il capitano Molini, quindi con un colpo di reni quasi incredibile gli saltò addosso salvandolo quindi da una esplosione certa.
 

Per un momento la neve sembrò alzarsi di netto da terra per ricadere di colpo su tutti, per fortuna non ci furono feriti ne vittime ma alcuni soldati presero paura.
Il capitano si rialzò e subito e riprese la corsa, così come Alex.
Arrivarono di corsa al velivolo dove gli aspettava il soldato semplice Singh che salì subito sull’ elicottero ed accese il motore.
“Forza, forza! Salire, salire!!!” urlò Perruti.
Montarono tutti su quell’aeromobile e presero il volo con sotto di loro le guardie ed i soldati dello stabilimento che li maledicevano e che tentavano di beccarli con pallottole e palle di neve.
“Wooooo” urlò Singh andando quasi in stallo con l’elicottero ma poi riprese il volo tranquillo.
Di fianco a lui si sedette Molini e si mise le cuffie radio e tentò di chiamare il quartier generale e Mattei, in un primo momento senza avere risposte, poi si girò indietro a fissare la sua squadra esausta per la corsa … ognuno era nella sua posizione, Alex il più lontano di tutti sul fanalino di coda, alla torretta e mitragliatrice.
Poi guardò il dottore appena prelevato con un gran sorriso e gli porse la mano per presentarsi “Piacere di conoscerla Bunni” affermò Molini e, vedendo la faccia ancora più stizzita di quell’uomo, si corresse “Ah, ingegnere Bunni!” … nemmeno a dirlo … il dottore andò su tutte le furie.
Intanto che il viaggio proseguiva, con sullo sfondo un cielo azzurro aperto, un paesaggio sottostante tutto bianco, una aria fresca mattiniera … ed il suono dell’armonica di Perruti perfettamente armonioso e malinconico … Molini fissò Alex con uno sguardo paterno, quasi a ringraziarlo … gli fece cenno di avvicinarsi … lui obbedì, così appena fu vicino abbastanza da potergli parlare, gli disse “Ragazzo, mio padre diceva che il tempo crea eroi … e non solo. Ma oggi non è stato il tempo … sei stato tu, ragazzo, a diventare eroe. Sono orgoglioso di averti qui con noi” e poi gli diede una bellissima pacca sulla spalla.
Gli occhi di Alex luccicavano, si sentiva rispettato e utile … si sentiva amato ed accettato, finalmente si sentiva parte integrante del sogno … della Rivoluzione … ed era solo l’inizio.
 


Ma restate pure calmi, lì seduti al bar … con il vostro Dio ed i vostri piccoli guai …
No … non è successo niente … la vostra casa è là … e nessuno ve la toccherà!
 

 
 


To be continued …
   
 
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