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Autore: Leyton_Nenny    11/01/2013    1 recensioni
21 Dicembre 2012
Sono passati ore, giorni, settimane, mesi.
Ho perso la cognizione del tempo, quando Giusy mi ha chiamata.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Niall Horan, Nuovo personaggio, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Annie, alzati”
Mi stavo decisamente pentendo di aver dato a Kristine le mie chiavi di casa, per evitarle di entrare dalla finestra ogni qualvolta avesse bisogno o voglia di fare quattro chiacchere.
Non ho mai capito come facesse ad arrampicarsi fino al primo piano per raggiungere la mia stanza ma poco importa, fino a che non si ammazzava andava tutto bene. Per quanto mi riguarda, io non sarei mai riuscita a fare una cosa del genere; al sol pensiero mi veniva da vomitare: soffrivo di vertigini da sempre.
“Annie, il sole è alto, su vieni a fare colazione. Ho portato il frappuccino al caramello e i brownies di Starbucks che ti piacciono tanto” aveva ripetuto alzando leggermente la voce.
Attualmente, sto prendendo in considerazione l'idea di cambiare di casa: non ne posso più di avere Kristine a cinque case di distanza, sopratutto in questo momento.
“Vattene, Kris” le avevo ruggito io, sperando che si decidesse a darmi retta. Vane speranze, ovviamente: la mia amica si era seduta sul mio letto. C'è da dire che era davvero testarda, quando voleva. Testarda e senza alcun rispetto della privacy, o del dolore. E un sacco di altri difetti che a me ora non vengono in mente.
“Annie – avevo sentito la sua mano percorrere il profilo de mio fianco destro ben coperto dal pesante piumino – per favore, alzati. Sono già passati cinque giorni, dal funerale. Sono cinque giorni che non vedi nessuno e che non esci di casa. Sinceramente, non credo nemmeno tu abbia mangiato, in questo lasso di tempo. Io e Spencer siamo molto preoccupate, lo sai”
“Kris, per favore, lasciami sola” le avevo sussurrato nascondendo ancora di più la testa tra le lenzuola.
“Annie, sai che non posso farlo: sono tua amica, anche se tendi a dimenticarlo, quando soffri. Ma non sei sola, quindi se vuoi piangere, urlare, incazzarti, ubriacarti, mangiare gelato o cioccolato fino a scoppiare, picchiare qualcuno o altro, io e Spencer ci siamo. Siamo qui per questo, siamo qui per te. E sai anche che Peter non vorrebbe che tu soffrissi”
“Come cazzo fai a sapere cosa vorrebbe o meno? Lui non c'è, quindi non parlare di lui come se dal due al tre potesse uscire dal mio armadio e dirmi che va tutto bene. Perché senza di lui niente è okay, quindi è inutile che continui a provare a convincermi ad uscire: non lo farò. Perché se esco da quella porta, a scuola o in qualsiasi luogo, per me ci saranno solo sguardi carichi di pietà, ed io non voglio, okay? Non mi serve la pietà di nessuno, non se non posso riavere indietro il mio ragazzo.”
Kris mi aveva abbracciata, stringendo forte la mia schiena contro il suo petto.
Per qualche istante era rimasta in silenzio, poi mi aveva sussurrato “Io e Spe non ti potremo mai guardare con pietà, lo sai. Sappiamo come stai...”
“No, è questo il punto, Kris: voi non lo sapete. Non sapete come cazzo ci si sente quando il tuo ragazzo ti lascia, ma non perché non ti ama più, lo fa perché non c'è più, perché un qualche fottutissimo pirata della strada lo ha brutalmente investito, e non si è fermato a prestare soccorso”
“E la deve pagare per questo, Annie. Lo sappiamo tutti che la deve pagare, che se solo vedesse come stai, come stiamo tutti, si sentirebbe così in colpa, si sentirebbe come la merda che è, e si costituirebbe” sussurrò Spencer: non sapevo che anche lei fosse presente nella stanza, anche perché spesso lei si limitava ad osservare le cose in silenzio: era una persona molto razionale, quindi calibrava al millesimo il peso delle sue parole, sapeva bene che una parola fuori posto poteva costituire un grosso rischio, una sola parola e probabilmente avrei negato loro il diritto di potermi stare vicino, sebbene anche per loro non dovesse proprio essere un paradiso, vedermi in quelle condizioni.
“Annie, ti prego, parlaci, parla con noi, dicci come ti senti”
Scossi la testa sotto le coperte, respingendo le lacrime con forza: ero stata per otto giorni chiusa in camera mia, a osservare foto e piangerci sopra: avevo paura di dimenticare il suo volto, di dimenticarmi di lui, questa era la verità.
“Ho paura, ragazze. Ho paura di dimenticarmi di lui, di tutto ciò che ho passato. Cosa farò, se dovessi dimenticarmi di lui? Sapete, ricordo perfettamente come ci siamo conosciuti, dove siamo stati quando mi ha baciata per la prima volta, ma faccio fatica a ricordare la sua voce, il modo in cui le sue dita si muovevano sul pianoforte. Non voglio dimenticarlo, non voglio che tutto questo finisca. Perché se tutto dovesse sparire, allora vorrebbe dire che io in realtà non ho amato Peter, e io non voglio crederci: non amerò più nessuno, non m'innamorerò mai più. Sapete, lui aveva iniziato a farmi credere nell'amore, stavo iniziando a credere persino nelle anime gemelle. E lui era la mia, lo vedevo nel suo sguardo, ogni piccolo atomo della mia anima era convinto che lui fosse l'uomo giusto per me, la persona creata per stare con me, per rendermi felice”
Spencer si era sdraiata sull'altro lato del letto, stringendomi con forza contro di lei: potevo sentire i loro respiri regolari, la loro preoccupazione era palpabile, non mi avevano mai vista in quelle condizioni, anche perché non mi era mai accaduta una cosa simile prima.
“Lo sappiamo, Annie, lo sappiamo” aveva sussurrato Spencer. Un ultimo abbraccio, e Kristine si era alzata, avevo sentito che armeggiava con qualcosa, prima che la musica partisse: la canzone che Peter aveva scritto per me ora si liberava dalle casse del mio stereo. Immediatamente, allontanai le coperte dal mio corpo, iniziando a guardare la stanza con attenzione: non speravo in niente di particolare, dopotutto l'immagine della salma del mio ragazzo era ancora ben impressa nella mia mente, ma non sapevo come loro potessero essere a conoscenza di quella canzone.
“Voi... Come fate a...” sussurrai con le lacrime che tornavano ad appannarmi la vista.
“Giusy, la sorella di Peter, ha trovato il file nel computer, la canzone ha il tuo nome, crediamo volesse regalartela per il tuo compleanno, tra poco farai diciannove anni. Ti amava, Annie, di questo ne siamo sicure, e siamo anche certe che il tuo sentimento fosse sincero, due anni e tre mesi non si spiegano altrimenti. Ed è per lui che ti devi alzare, è per lui che devi combattere ancora una volta. Gli sguardi carichi di pietà? Fregatene, sii tu a compatire loro: non hanno mai amato, non hanno mai provato un sentimento forte come il tuo, per questo tu sei molto più ricca di loro. Alzati e combatti, Annie. Perché la ragazza che conosciamo noi, la nostra migliore amica, è una ragazza forte, e determinata. Soffri? Lo capiamo, ma devi reagire Annie, non puoi lasciarti andare, è ancora troppo presto. Fallo per Peter, fallo per noi. Ma sopratutto, farlo per te stessa” Kristine mi aveva guardata negli occhi durante tutta la durata del suo discorso, mentre Spencer mi accarezzava la schiena.
“Ce la puoi fare Annie, ce la puoi fare. Devi solo trovare una ragione per andare avanti, e ne hai così tante davanti ai tuoi occhi, devi solo provare a vederle. E scoprirai che ne vale la pena” Spencer mi aveva stretto la mano con forza, come a infondermi coraggio, io avevo abbassato lo sguardo, concentrandomi sullo stereo da cui usciva la voce di Peter,; le lacrime continuavano a sgorgare copiose: non avevo la forza di asciugarle, o forse ero così abituata ad esse da non percepirle quasi, o forse ancora esse erano l'unico modo che avevo per esternare il mio dolore: non avevo voglia di urlare, non avevo voglia di parlare. Volevo solo piangere, piangere fino ad addormentarmi. E poi svegliarmi e piangere di nuovo, in un circolo vizioso senza mai fine.
Ma ormai la canzone era finita, e io dovevo reagire: Peter credeva che fossi forte, me lo ripeteva in continuazione.
“C'è ancora il mio frappuccino?” sussurrai asciugando con forza le lacrime con la manica del pigiama e costringendomi a sorridere. Le mie amiche mi strinsero in un abbraccio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Salve!
Sono così fogata da questa storia! 
Questo capitolo mi piace abbastanza, il prossimo invece non mi piace per niente.
Siamo ancora in una specie di introsuzione, lo so. 
In realtà questo capitolo non volevo nemmeno farlo, ma poi ho pensato che era giusto far vedere Annie come una persona umana, debole e fragile.
Perchè questo personaggio non è forte come tutti gli altri di cui ho scritto - sebbene come essi non voglia credere all'amore.
Oddio, scrivo di personaggi così disillusi, non ci avevo mai fatto caso.
Vado a sbattere la testa al muro, oh sì.
Un bacio,
-J

  
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