“Annie,
alzati”
Mi stavo decisamente pentendo di aver
dato a Kristine le mie chiavi di casa, per evitarle di entrare dalla
finestra ogni qualvolta avesse bisogno o voglia di fare quattro
chiacchere.
Non ho mai capito come facesse ad
arrampicarsi fino al primo piano per raggiungere la mia stanza ma
poco importa, fino a che non si ammazzava andava tutto bene. Per
quanto mi riguarda, io non sarei mai riuscita a fare una cosa del
genere; al sol pensiero mi veniva da vomitare: soffrivo di vertigini
da sempre.
“Annie, il sole è alto, su vieni a
fare colazione. Ho portato il frappuccino al caramello e i brownies
di Starbucks che ti piacciono tanto” aveva ripetuto alzando
leggermente la voce.
Attualmente, sto prendendo in
considerazione l'idea di cambiare di casa: non ne posso più
di avere
Kristine a cinque case di distanza, sopratutto in questo momento.
“Vattene, Kris” le avevo ruggito
io, sperando che si decidesse a darmi retta. Vane speranze,
ovviamente: la mia amica si era seduta sul mio letto. C'è da
dire
che era davvero testarda, quando voleva. Testarda e senza alcun
rispetto della privacy, o del dolore. E un sacco di altri difetti che
a me ora non vengono in mente.
“Annie – avevo sentito la sua mano
percorrere il profilo de mio fianco destro ben coperto dal pesante
piumino – per favore, alzati. Sono già passati
cinque giorni, dal
funerale. Sono cinque giorni che non vedi nessuno e che non esci di
casa. Sinceramente, non credo nemmeno tu abbia mangiato, in questo
lasso di tempo. Io e Spencer siamo molto preoccupate, lo sai”
“Kris, per favore, lasciami sola”
le avevo sussurrato nascondendo ancora di più la testa tra
le
lenzuola.
“Annie, sai che non posso farlo: sono
tua amica, anche se tendi a dimenticarlo, quando soffri. Ma non sei
sola, quindi se vuoi piangere, urlare, incazzarti, ubriacarti,
mangiare gelato o cioccolato fino a scoppiare, picchiare qualcuno o
altro, io e Spencer ci siamo. Siamo qui per questo, siamo qui per te.
E sai anche che Peter non vorrebbe che tu soffrissi”
“Come cazzo fai a sapere cosa
vorrebbe o meno? Lui non c'è, quindi non parlare di lui come
se dal
due al tre potesse uscire dal mio armadio e dirmi che va tutto bene.
Perché senza di lui niente è okay, quindi
è inutile che continui a
provare a convincermi ad uscire: non lo farò.
Perché se esco da
quella porta, a scuola o in qualsiasi luogo, per me ci saranno solo
sguardi carichi di pietà, ed io non voglio, okay? Non mi
serve la
pietà di nessuno, non se non posso riavere indietro il mio
ragazzo.”
Kris mi aveva abbracciata, stringendo
forte la mia schiena contro il suo petto.
Per qualche istante era rimasta in
silenzio, poi mi aveva sussurrato “Io e Spe non ti potremo
mai
guardare con pietà, lo sai. Sappiamo come stai...”
“No, è questo il punto, Kris: voi
non lo sapete. Non sapete come cazzo ci si sente quando il tuo
ragazzo ti lascia, ma non perché non ti ama più,
lo fa perché non
c'è più, perché un qualche
fottutissimo pirata della strada lo ha
brutalmente investito, e non si è fermato a prestare
soccorso”
“E la deve pagare per questo, Annie.
Lo sappiamo tutti che la deve pagare, che se solo vedesse come stai,
come stiamo tutti, si sentirebbe così in colpa, si
sentirebbe come
la merda che è, e si costituirebbe”
sussurrò Spencer: non sapevo
che anche lei fosse presente nella stanza, anche perché
spesso lei
si limitava ad osservare le cose in silenzio: era una persona molto
razionale, quindi calibrava al millesimo il peso delle sue parole,
sapeva bene che una parola fuori posto poteva costituire un grosso
rischio, una sola parola e probabilmente avrei negato loro il diritto
di potermi stare vicino, sebbene anche per loro non dovesse proprio
essere un paradiso, vedermi in quelle condizioni.
“Annie, ti prego, parlaci, parla con
noi, dicci come ti senti”
Scossi la testa sotto le coperte,
respingendo le lacrime con forza: ero stata per otto giorni chiusa in
camera mia, a osservare foto e piangerci sopra: avevo paura di
dimenticare il suo volto, di dimenticarmi di lui, questa era la
verità.
“Ho paura, ragazze. Ho paura di
dimenticarmi di lui, di tutto ciò che ho passato. Cosa
farò, se
dovessi dimenticarmi di lui? Sapete, ricordo perfettamente come ci
siamo conosciuti, dove siamo stati quando mi ha baciata per la prima
volta, ma faccio fatica a ricordare la sua voce, il modo in cui le
sue dita si muovevano sul pianoforte. Non voglio dimenticarlo, non
voglio che tutto questo finisca. Perché se tutto dovesse
sparire,
allora vorrebbe dire che io in realtà non ho amato Peter, e
io non
voglio crederci: non amerò più nessuno, non
m'innamorerò mai più.
Sapete, lui aveva iniziato a farmi credere nell'amore, stavo
iniziando a credere persino nelle anime gemelle. E lui era la mia, lo
vedevo nel suo sguardo, ogni piccolo atomo della mia anima era
convinto che lui fosse l'uomo giusto per me, la persona creata per
stare con me, per rendermi felice”
Spencer si era sdraiata sull'altro lato
del letto, stringendomi con forza contro di lei: potevo sentire i
loro respiri regolari, la loro preoccupazione era palpabile, non mi
avevano mai vista in quelle condizioni, anche perché non mi
era mai
accaduta una cosa simile prima.
“Lo sappiamo, Annie, lo sappiamo”
aveva sussurrato Spencer. Un ultimo abbraccio, e Kristine si era
alzata, avevo sentito che armeggiava con qualcosa, prima che la
musica partisse: la canzone che Peter aveva scritto per me ora si
liberava dalle casse del mio stereo. Immediatamente, allontanai le
coperte dal mio corpo, iniziando a guardare la stanza con attenzione:
non speravo in niente di particolare, dopotutto l'immagine della
salma del mio ragazzo era ancora ben impressa nella mia mente, ma non
sapevo come loro potessero essere a conoscenza di quella canzone.
“Voi... Come fate a...” sussurrai
con le lacrime che tornavano ad appannarmi la vista.
“Giusy, la sorella di Peter, ha
trovato il file nel computer, la canzone ha il tuo nome, crediamo
volesse regalartela per il tuo compleanno, tra poco farai diciannove
anni. Ti amava, Annie, di questo ne siamo sicure, e siamo anche certe
che il tuo sentimento fosse sincero, due anni e tre mesi non si
spiegano altrimenti. Ed è per lui che ti devi alzare,
è per lui che
devi combattere ancora una volta. Gli sguardi carichi di
pietà?
Fregatene, sii tu a compatire loro: non hanno mai amato, non hanno
mai provato un sentimento forte come il tuo, per questo tu sei molto
più ricca di loro. Alzati e combatti, Annie.
Perché la ragazza che
conosciamo noi, la nostra migliore amica, è una ragazza
forte, e
determinata. Soffri? Lo capiamo, ma devi reagire Annie, non puoi
lasciarti andare, è ancora troppo presto. Fallo per Peter,
fallo per
noi. Ma sopratutto, farlo per te stessa” Kristine mi aveva
guardata
negli occhi durante tutta la durata del suo discorso, mentre Spencer
mi accarezzava la schiena.
“Ce la puoi fare Annie, ce la puoi
fare. Devi solo trovare una ragione per andare avanti, e ne hai
così
tante davanti ai tuoi occhi, devi solo provare a vederle. E scoprirai
che ne vale la pena” Spencer mi aveva stretto la mano con
forza,
come a infondermi coraggio, io avevo abbassato lo sguardo,
concentrandomi sullo stereo da cui usciva la voce di Peter,; le
lacrime continuavano a sgorgare copiose: non avevo la forza di
asciugarle, o forse ero così abituata ad esse da non
percepirle
quasi, o forse ancora esse erano l'unico modo che avevo per esternare
il mio dolore: non avevo voglia di urlare, non avevo voglia di
parlare. Volevo solo piangere, piangere fino ad addormentarmi. E poi
svegliarmi e piangere di nuovo, in un circolo vizioso senza mai fine.
Ma ormai la canzone era finita, e io
dovevo reagire: Peter credeva che fossi forte, me lo ripeteva in
continuazione.
“C'è ancora il mio frappuccino?”
sussurrai asciugando con forza le lacrime con la manica del pigiama e
costringendomi a sorridere. Le mie amiche mi strinsero in un
abbraccio.
Salve!
Sono
così fogata da questa storia!
Questo
capitolo mi piace abbastanza, il prossimo invece non mi piace per
niente.
Siamo
ancora in una specie di introsuzione, lo so.
In
realtà questo capitolo non
volevo nemmeno farlo, ma poi ho pensato che era giusto far vedere Annie
come una persona umana, debole e fragile.
Perchè
questo personaggio non
è forte come tutti gli altri di cui ho scritto - sebbene
come
essi non voglia credere all'amore.
Oddio,
scrivo di personaggi così disillusi, non ci avevo mai fatto
caso.
Vado
a sbattere la testa al muro, oh sì.
Un
bacio,
-J