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Autore: BrokenAngel    13/01/2013    3 recensioni
Allison e Daniel si incontrano per la prima volta in collegio, quando lei ha 12 anni e lui 15. Si confidano fra loro, e diventano molto amici. Si capiscono, e si aiutano a superare le loro paure.
Lei si sentiva molto sola senza di lui, dato che è stata abbandonata dai suoi genitori e non ha amici. Lui è l'unico su cui adesso può contare.
Dopo due settimane di amicizia sono costretti a separarsi perché Allison viene adottata.
Si rincontreranno 8 anni dopo, quando entrambi saranno ormai molto grandi. Capiranno che molte cose nelle loro vite sono cambiate, ma che si sono sempre voluti bene e che anche dopo 8 anni, nonostante tutto ciò che succederà se ne vorranno sempre. E chissà magari potranno anche sperare in qualcosa di più.. Seguite i capitoli e lo saprete!
Spero vi piaccia.
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Once again

-You're my strenght-

 





 
Non trovate anche voi che a volte la vita sia strana? Un attimo prima sai esattamente cosa fare e poi succede qualcosa che stravolge completamente la tua vita.
La mia è sempre stata un po’ strana.. la consideravo diversa. Sono stata sempre abbastanza fiduciosa. Mi ritrovavo a pensare: se sto così ci sarà un motivo, magari devo solo aspettare il mio momento per essere felice.
E la cosa strana, ma bella era che ci credevo davvero. Ogni volta. Ogni volta credevo fosse il mio momento, per poi andare in bagno a piangere.
Vi è mai capitato di non saper nemmeno per cosa piangevate? Oppure, vi siete ritrovati a star male per talmente tante cose insieme che non sapete nemmeno più quale sia la cosa che ci faccia stare più male.
Ma non ho mai amato piangere. Le tate mi hanno sempre detto di piangere, quando ne avevo bisogno per sfogarmi ma non ho mai amato farlo. Non penso che piangere aiuta a sfogarsi, piangere aiuta solo a stare più male di quanto già stai.
Vedevo le altre bambine piangere in continuazione, ma loro sapevano bene il perché. A molti, nel collegio mancavano i genitori e piangevano, fino a che le lacrime non uscivano più. Piangevano perché gli mancava qualcuno e si sentivano soli. E ogni volta che succedeva mi chiedevo come doveva essere quella sensazione. La sensazione di avere qualcuno nel cuore.
Io non avevo mai provato quella sensazione ed ero confusa ed arrabbiata. Per me, piangere era l’ultima cosa che dovevano fare. Per me, dovevano ricordare ed essere felici.
Essere felici per aver amato davvero qualcuno e per aver avuto la fortuna di farlo.
Ma adesso non la penso più così.
Adesso, piangere vuol dire soffrire per aver amato qualcuno. Piango perché quello è l’unico modo che ho per sfogarmi e nonostante io ci provi non mi sento quasi mai libera.
Ma nonostante questo non vorrei mai smettere di amare qualcuno o non averlo mai amato.
L’amore è un sentimento che ci rende completi, a mio parere.
Amare qualcuno significa essere pronti a fare dei sacrifici, anche a costo di stare male.
Non  si sceglie di amare qualcuno, ma lo si può accettare.
A volte non ci se ne rende  nemmeno conto, fino a quando non si capisce di non poter fare a meno di quella persona.
Senza, è come se tu fossi incompleto. Come se ti mancasse un pezzo.
Io amo Daniel.
Non mi ricordo quando me ne sono resa conto, ma adesso è come se l’avessi sempre saputo e me ne rendo conto ogni giorno di più.
È sempre nella mia testa e per ogni cosa che mi succede, anche la più semplice e insignificante, il mio pensiero è rivolto a lui.
È come se ne fossi stregata, ossessionata e la cosa mi spaventa. Ma dentro di me, so che non è così. È amore.
Non pensavo mi potesse accadere una cosa del genere, ma nessuno se lo aspetta quando succede.
La mia vita sembra quella di un libro, a volte, e la cosa veramente strana è che mi guardo, lo guardo e l’unica cosa che riesco a pensare è a come si possibile.
Com’è possibile che sia successo proprio a me, fra tutte le ragazze sulla terra. Io che sono sempre stata quella sfortunata, o almeno credevo di esserlo. Improvvisamente grazie a lui, inizio ad essere veramente felice, come non ero mai stata.
Lo guardo nei suoi occhi azzurro chiaro, che mi rimarrebbero stampati nella mente anche se diventassi cieca.
Lo guardo e sorrido, anche se non c’è niente di cui sorridere. Ma sorrido.
Sorrido perché sono qui con lui, a casa della sua famiglia, pronta a festeggiare uno dei giorni che ho sempre odiato. Il Natale. Ma che adesso, come molte altre cose sto imparando ad amare.
Prima era un giorno di pura noia. Per tutti i ragazzi, questa è la settimana di vacanza, quella in cui si può restare a letto e dormire quanto si vuole, o andare a letto quando si vuole. Si può uscire con gli amici e stare fuori casa tutto il giorno, stare con la propria famiglia, farsi i regali e mangiare i dolci. Si addobba l’albero di Natale tutti insieme e si ascoltano le canzoncine tipiche natalizie.
O almeno così è come lo raccontano nei film..
Ma la verità è che così il Natale è bello, ma non come lo vivevo io. Per me era una noia mortale. Nemmeno i dolcetti ci facevano gustare.
Quei pochi che rimanevano, come me, al collegio in quei giorni, erano costretti a passare questi giorni a guardare la televisione, che la maggior parte non riceveva nemmeno il segnale per colpa del maltempo e poi andare a dormire. Ma per noi non erano vacanze, tutto il contrario.
Per me la scuola non era affatto pesante. Anzi mi piaceva. Mi piaceva imparare cose nuove, per poi non ritrovarmi ad essere un’ignorante quando uscivo di lì. Mi piaceva sapere cose nuove, che gli altri non sapevano.
Ero una delle poche a cui piaceva lo studio, ma alla fine, bene o male, un po’ tutti riuscivano a farli studiare. Alcuni, erano stati mandati lì apposta.
Ma la noia non era l’unico motivo per cui odiavo questi giorni. L’altro motivo, quello predominante era la tristezza.
I ricordi mi riaffiorano alla mente.
 
Cammino per i corridoi del collegio guardando i fili colorati che sono stati appesi per Natale. Ogni anno, gli stessi fili, gli stessi colori, la stessa tristezza.
Non mi è mai piaciuto il Natale.
Non mi è mai piaciuta nessuna festa che preveda regali, auguri, baci, abbracci.. amore.
Perché dovrei amare questa festa? È inutile per me. Io non ho mai ricevuto tutte queste cose.
Io odioquesta festa.
Raggiungo la mia stanza e vedo le valige di due delle ragazze in camera con me pronte, sul letto. Aspettano solo di essere portate via, e magari volare insieme a loro da qualche altra parte. A loro piace molto il Natale. E come biasimarle? Passeranno i migliori giorni della loro vita, magari riceveranno tanti di quei regali che non sapranno nemmeno dove metterli.
Come ogni anno del resto.
Ma non è certo colpa loro. Sono solo delle ragazze normali, sono io quella strana, sono io quella sfortunata a dover restare qui per altri 8 anni.
Sospiro pensando ai prossimi Natali, che passeranno esattamente come questo e i precedenti.
Devo ancora decidere se nascondermi in bagno o nella stanza dove c’è la televisione. Oggi pomeriggio tanti dei ragazzi del collegio partono, e Jane ogni anno vuole che li salutiamo.
Ma non voglio..
Io so come andrà se ci vado.
Non ce la faccio a farlo. non ce la faccio proprio.
Così mi nasconderò da qualche parte cercando di sfuggirle e ignorando ogni persona che mi venga a cercare.
Magari potrei andare in cucina..
Ancora non si è accorta che ho stretto un bel legame con la cuoca. Chissà, magari Anne mi aiuterà. Quella donna è davvero una forza.
Una volta ho pensato che vorrei avere una mamma come lei, anche se forse è un po’ troppo vecchia per essere mia mamma, ma non fa niente. E’ una donna dolcissima, e se mia mamma fosse lei.. sarei felice di essere sua figlia.
Ma dato che io non ho una mamma questo pensiero è inutile.
Oggi è il 23 dicembre 2004, sono le ore 5:30 e fra meno di 10 minuti, Jane, o chi per lei, passerà tra e camere a chiamare tutti.
Forse è meglio se mi sbrigo.
Esco dalla stanza e cercando di fare il più silenzio possibile, mentre passo dall’ufficio di Jane, vado verso la cucina, ma per mia sfortuna lei non era nell’ufficio. Infatti, poco dopo sento la sua voce in lontananza che mi chiama, e nonostante faccia di tutto per sfuggirle lei non molla proprio e mi ordina di andare con lei per evitare una mia fuga.
La situazione dopo è una delle più brutte che io abbia mai vissuto.
Dopo aver riunito molti ragazzi, e aver chiamato coloro che se ne dovevano andare ci mettiamo tutti ai muri, vicino alla porta d’ingresso.
Ogni volta che qualcuno suona io abbasso lo sguardo, e mi mordo il labbro.
Ogni abbraccio, ogni bacio, ogni carezza è un colpo secco nel cuore.
Ogni sorriso, ogni parola, ogni frase è una lacrima che scende.
Tutto quell’affetto, tutto quell’amore.
In momenti così mi rendo conto di non avere niente. Di non essere niente. Di non avere ragione di esistere.
È in questi momenti che mi rendo conto di quanto sono sola, di quanto non conti veramente niente per nessuno.
È in momenti così che perdo tutte le speranze che ho mai avuto, che cado a pezzi, che non posso fare altro se non piangere e piangere.
Perché la verità è che io non sarò mai così. Io non correrò mai da nessuno, io non abbraccerò mai nessuno pronto a portarmi via da qui, io non li spingerò mai verso l’uscita, perché non vedo l’ora di andare a casa.
Io non mi guarderò mai indietro, mentre i miei compagni mi salutano scocciati di essere lì.
Perché? Perché io sono qui e loro sono lì? Perché non posso essere come loro?
Quando arriverà il mio momento di essere felice?
“Perché piangi?” mi chiede Jane, apparentemente sofferente e interessata ai miei sentimenti.
“Che te frega?” il suo sguardo cambia immediatamente di fronte alla mia risposta sgarbata.
“Hai ragione. Sai? Sei proprio un’arrogante!” e sembra che stia per aggiungere altro, ma poi si blocca  come se stesse per dire una cosa inopportuna.
“Me ne vado.”
“Fa come ti pare.” Risponde sbuffando, mentre io mi asciugo le lacrime e scappo via, da lei, e da tutti gli altri, rifugiandomi in un angolo di una stanza a me sconosciuta. Non sono mai entrata qui.

Dopo aver continuato a piangere ininterrottamente, decido di alzarmi perché lo stomaco inizia a brontolare e mi guardo intorno accorgendomi di essere in una stanza sconosciuta.
La biblioteca.
Ho sempre amato i libri, ma vedendo tutti questi scaffali, il mio amore cresce a dismisura.
Passai le vacanze a leggere, e a vagare per la biblioteca, quasi ogni volta deserta. E lì scoprii che per un momento riuscivo a dimenticarmi chi ero, dov’ero e com’ero.
Per un momento, ricominciai a sognare.
 
Non mi ero accorta di essermi imbambolata quando Daniel non mi da un buffetto sulla guancia, ridendo.
“Ehi, ti sei incantata. Capisco, che sono un figo da paura, ma facci piano.” Scuoto la testa sorridendo. “A cosa stavi pensando?”
“A.. quando ero al collegio” fa una smorfia dispiaciuta.
“Non dovresti pensarci. Ti fa diventare triste, e non voglio che tu sia triste.” Mi accarezza la guancia con una mano mentre con l’altra mi avvicina a lui.
Siamo sdraiati sul letto uno di fronte all’altro, e ci guardiamo semplicemente negli occhi.
“Lo so.. mi dispiace.”
“Ti va di raccontarmi? Vuoi non so.. sfogarti?”
“No, non voglio far intristire anche te.” Mi lascia un bacio a fior di labbra.
“Raccontami dai.”
“Niente.. pensavo solo al Natale del 2004. È stato il peggiore. Ero abbastanza grande da capire che ero sola in un giorno in cui avrei dovuto festeggiare con la mia famiglia e troppo piccola per non soffrire di solitudine.”
“Soffrivi perché sei umana.. tutti soffrirebbero di solitudine.”
“Già.. non sai quanto.. quanto ho pianto quel giorno guardando gli altri che se ne andavano ed io che rimanevo lì.” Mi accarezza i capelli “Ho sempre voluto andarmene e pensavo che quando l’avrei fatto sarei stata così felice da toccare il cielo con un dito..” faccio un sorriso amaro “invece..”
“Invece?”
“Invece non è stato così..”
“Perché?”
“Perché in quel momento non volevo lasciarti.. tu eri il primo amico che avevo mai avuto. E lasciarti.. mi distrusse.” Fa un sorriso dolcissimo tanto che mi viene voglia di baciarlo immediatamente.
Amore.. sei dolcissima” sussurra, rendendosi conto solo dopo della parola che aveva usato. I miei occhi si illuminano.
“Mi hai chiamato amore.” Si stacca leggermente, visibilmente in imbarazzo.
“Già.. io.. ehm.. mi è venuto.. e non so se..” lo zittisco ribaciandolo e lui ricambia il bacio rilassandosi.
“Tranquillo.. amore.” Gli spettino i capelli e lui mi ricomincia a baciare, sorridendo sulle mie labbra.
 
“Oh, vi siete staccati piccioncini!” ci prende in giro Ben.
“Zitto idiota” sbuffa Daniel spingendolo.
“Non iniziate, vi prego.” Mi lamento, e Alexis mi viene incontro approvando.
“Tu si che capisci. Vado ad apparecchiare, tra poco arriveranno tutti e mamma si arrabbia se scopre che non ho ancora apparecchiato” fa una smorfia al pensiero.
“Vuoi un mano?” le chiedo.
“Oh no, grazie Allison ma stai pure qui con loro.”
“Davvero, vengo ad aiutarti, tanto fra poco questi due si rimetteranno a bisticciare” sbuffo seguendola.
“Ti sei già scocciata?” ride.
“Di loro che litigano? Abbastanza. Ma lo posso sopportare tranquillamente, stare qui è così bello.”
“Ci fa piacere che tu sia qui..” mi apro in un sorriso grandissimo, come se fosse la cosa più bella che qualcuno mi avesse mai detto.
“E a me fa piacere esserci. Non sai quanto. Non so se beh.. Daniel vi ha raccontato la mia.. storia, ma questo è il mio primo vero Natale. Non è ho mai festeggiato uno così.. e l’idea a dir la verità un po’ mi spaventava. Ma voi mi avete accolta così bene che.. che mi sento benissimo qui.”
Mi viene incontro abbracciandomi.
“Sei come di famiglia ormai.” Risponde facendomi l’occhiolino e ricominciando a mettere i piatti.
Noto che sono più di venti e mi chiedo chi siano tutte queste persone.
“Beh.. siamo davvero in molti a quanto pare?” sussurro un po’ spaventata e lei ridacchia.
“Oh si. Mamma ha un po’ esagerato questa volta. Ha invitato persino degli amici. Cioè, il mio migliore amico e la sua famiglia” fa una smorfia e io la imito.
“Oddio, mi dispiace, insomma.. sarà una tortura per te.”
Annuisce.
“Già.. ho un po’ di paura e non so cosa dirgli. Insomma, cosa faccio quando varca quella porta? Cosa gli dico?” sbuffa, scuotendo la testa.
“Sii te stessa, è sempre la meglio cosa.”
“Già..” annuisce pensierosa.
Finiamo appena in tempo, prima che arrivino gli ospiti e moltissime persone entrano nella stanza. Mi sento in imbarazzo, non sapendo cosa dire o fare.
Daniel mi prende una mano, mi bacia la guancia e mi trascina con lui.
“Forza e coraggio.” Mi sussurra all’orecchio e accenno un sorriso imbarazzato.
Mi presenta a tutti i conoscenti così in fretta che non mi ricordo nemmeno un nome.
“Allison, mi servi. Adesso.” Alexis mi viene incontro con un sorriso enorme.
“Alexis, cosa vuoi?” sbuffa Daniel.
“Lasciala un po’ in pace. Vieni con me.” Strilla eccitata e mi prende per mano trascinandomi di sopra.
Mentre la seguo, guardo il mio ragazzo scusandomi, e lui sorride, u po’ scocciato, ma felice.
Quando arriviamo nella sua camera, inizia a saltellare.
“Mi ha baciata, mi ha baciata, mi ha baciata” continua a saltare mentre io le sorrido felice. Quando si calma inizia a raccontarmi “Mi ha trascinata fuori e si è scusato con me per avermi un po’ ignorata. E mi ha baciata. Capisci? Mi.ha.baciata.” scandisce le parole.
“E’ bellissimo”
“Si lo è. Anche se a dir la verità questo complica un po’ le cose..”
“No, non è vero. Questo vuol dire che vuole stare con te, e mi sembra di capire che è la stessa cosa che vuoi anche tu, giusto? Sono davvero felice per te.” Mi guarda commossa e si slancia per abbracciarmi stretta.
“Vieni, te lo presento.”
Scendiamo le scale di corsa e andiamo in salotto. Lui è di spalle che parla con Daniel. Lo raggiungo e mi metto vicino a lui, che intreccia la mano nella mia.
Alexis posa una mano sulla spalla del suo amico che si volta e la guarda sorridendole come se fosse l’unica in questa stanza.
Io rivolgo uno sguardo d’intesa al mio ragazzo che alza gli occhi al cielo ridendo.
“Ehi Lex” dice lui.
“Ti volevo presentare Allison. La ragazza di Daniel.”
“Perché gliela stai presentando tu?” scoppio a ridere e lui mi guarda male.
“Oh andiamo.. lasciala stare.” Sua cugina fa una smorfia e continua.
“Allison, questo è Tyler. Tyler, lei è Allison”
Ci stringiamo la mano e mentre i ragazzi ricominciano a parlare di football io a Alexis ci allontaniamo un po’.
“Allora?”
“Quel ragazzo è innamorato pazzo di te, e tu lo sei di lui.. siete.. perfetti.” Lei arrossisce e sorride come una bambina.
“Sei sicura che lui sia..?” ci giriamo entrambe verso di lui.
“Al cento per cento.”
“Grazie.”
“Di cosa?” chiedo confusa.
“Di essere mia amica. Sei.. sei davvero una bella persona.” Rimango sbalordita dalle sue parole.
“Io.. grazie a te.”
 
Passiamo la giornata a mangiare, chiacchierare, bere e ancora mangiare. Penso di non aver mai riso così tanto. Ad un certo punto mi è iniziata a far male la pancia dalle risate.
Andiamo a letto alle 2, sfiniti dalla stanchezza. Ci fermiamo davanti alla camera dove dormo io, dopo aver augurato a tutti la buonanotte.
“Allora, ti sei divertita?”
“Non sai quanto.. è stato incredibile.” Dico entusiasta.
“Mi fa davvero piacere. Domani dobbiamo tornare” sbuffo. “Ma se vuoi possiamo venire qualche volta a trovarli. A volte mi mancano.”
“Mi farebbe molto piacere.” Annuisce e sia avvicina per baciarmi.
Quando ci stacchiamo abbiamo il respiro corto.
“Allora, buonanotte.” Dice.
“Aspetta, volevo parlarti di una cosa..” annuisce e aspetta che io continui “forse non è proprio il momento adatto, però..”
“Tranquilla, puoi dirmelo adesso.”
“Volevo chiederti, se.. se mi accompagni a New York. So che è dall’altra parte dello Stato e so anche che magari non ne hai voglia, ma io ho bisogno di vederlo almeno da lontano e vorrei che tu fossi con me. I soldi non sono un problema se è questo che ti preoccupa, io potrei..”
“Allison.” Mi blocca “Calmati, non ho ancora detto niente.” annuisco calmandomi. “Ovvio che ti accompagno, e ovvio che non ti lascio spendere un centesimo, almeno non per me. Andremo a New York e tu ci parlerai, ok? Io sarò con te e andrà tutto bene.” Sospiro, rilassandomi.
“Grazie, davvero.”
“Stai scherzando? È il minimo.” Lo abbraccio forte.
“Ma non voglio andare subito..”
“Quando vuoi” mi blocca ancora. “E adesso, a letto che non ti reggi in piedi.” Mi bacia sulla guancia e sulla fronte. “Ti amo.”
“Anch’io ti amo. Buonanotte.”
“Buonanotte.”
Mi chiudo la porta alle spalle, e dopo essermi preparata per la notte, mi stendo nel letto e chiudo gli occhi, con il sorriso stampato sulle labbra.
E per la volta, mi ritengo fortunata adaverlo e capisco di non poterne fare più a meno.
 
Queste vacanze sono passate veramente troppo in fretta. Succede sempre con le cose belle, non fai in tempo a viverle che sono già finite.
E poi ci sono quei momenti che vorresti terminassero subito e non ti passano mai. Come questo ad esempio.
Sono su questo aereo da pochi minuti e vorrei già scendere. Sono agitata, nervosa, non faccio che muovermi sul sedile dell’aereo perché mi tremano le gambe dalla paura.
Sto cercando in tutti i modi di rilassarmi. Una parte di me vorrebbe scendere da questo aereo e tornare a Los Angeles, e un’altra parte di me vorrebbe arrivare il più presto possibile a New York.
“Potresti fermarti un secondo e trovare una posizione?”
“Come vuoi..” sbuffo cercando di rimanere nella stessa posizione e guardando fuori dalla finestra.
Mi passo una mano tra i capelli e sbuffo.
“Ehi..”
“Che vuoi?” sbotto voltandomi a guardarlo e pentendomi subito di avergli risposto male “Scusami, sono solo agitata.”
“Lo vedo. Ma non devi esserlo. Se quando saremo lì non te la sentirai di parlagli, non fa niente, possiamo anche tornare a casa. Adesso l’importante è che tu lo veda.”
“Io vorrei che lui sapesse di me, ma.. ma se non mi crede? Se pensa che sia una pazza? Se ha paura e scappa?” gli confesso le mie paure.
“Se non ti crede gli farai credere che dici la verità, se pensa che tu sia una pazza vuol dire che ha qualche problema serio, se scappa vuol dire che è un codardo. Ce la farai ok?” sospiro.
“Lui ha una famiglia Dan. Non voglio sconvolgere la sua vita. è sbagliato.” Mi mordo forte il labbro.
“Ma è anche sbagliato quello che ti hanno fatto, è anche sbagliato che tu non conosca il tuo vero padre, è anche sbagliato che tu non ci parli.”
“Non è colpa sua, e questo lo sai anche tu.”
“Lo so, ma non per questo non devi andare da lui e parlarci. E’ tuo padre, ne hai il diritto. E non preoccuparti ok? Andrà tutto bene.”
“Lo spero.”
Mi bacia e io mi sciolgo, come ogni volta. Quando si stacca poso la testa sulla sua spalla e chiudo gli occhi, addormentandomi.
Daniel mi sveglia quando l’aereo si prepara all’atterraggio e la morsa allo stomaco torna a farsi sentire, ma adesso sono più decisa e rilassata.
Prendiamo le nostre valige, contenenti le cose necessarie per restare a New York almeno due giorni.
Abbiamo prenotato un albergo vicino all’indirizzo scritto sulla lettera. Dato che è nel centro della città non ci vuole molto ad arrivare.
Appena arrivati all’albero andiamo nella camera e sistemiamo le nostre cose.
Guardo il letto matrimoniale e sorrido. È la prima volta che dormo con lui e l’idea mi piace.
Distolgo subito lo sguardo prima che si accorga a cosa sto pensando e mi siedo.
“Sono le 5, vuoi andare a fare una girata?” mi chiede, io annuisco.
 Usciamo e ci incamminiamo per le strade di New York.
“Sai, stavo pensando che io non so nemmeno com’è fatto. Se lo dovessi incontrare in questo momento non lo riconoscerei.”  Sospiro. “E poi cosa farò domani? Andrò a casa sua, busserò alla sua porta e gli dirò ‘Ehi ciao, tu sei Charlie Price? Io sono Allison Stone, tua figlia. Molto piacere.’ Sapevo che sarebbe stata una pessima idea.” Continuo a blaterare finché lui non si blocca per la strada. 
“Smettila, ok? Siamo qui, e lo vedremo. Vuoi vederlo, giusto?” sospiro annuendo “Bene, se poi non te la senti di dirgli niente, lo farai quando ne avrai il coraggio ma tu lo vedrai, a costo di portartelo qui, ok?”
Sospira.
“Sai perché ci tengo così tanto? Perché avere una famiglia è importante, e io voglio che tu in qualche modo abbia la tua. Avere una famiglia è fondamentale, perché sennò siamo persi.”
“Io ho te. Tu adesso sei la mia famiglia” sento i miei occhi inumidirsi.
“Lo so, amore. E tu sei a mia, ma è diverso. Avere un padre, una madre, è tutta un’altra cosa e adesso hai finalmente la possibilità di averne uno. Tu lo hai sempre desiderato, ricordi? Ricordi quando mi dicevi che ogni domenica guardavi la porta sperando si aprisse ed entrasse tua madre o tuo padre? Ricordi quanto soffrivi per non averli accanto a te?” un lacrima scende ma lui subito la raccoglie con un dito. Annuisco solamente “Adesso è qui, in questa città, vicino a te, ci pensi? Hai la possibilità di abbracciarlo, finalmente. Hai la possibilità di poter chiamare qualcuno ‘papà’.
E ti assicuro  che è la sensazione più bella del mondo..”  I suoi occhi diventano lucidi, mentre i ricordi gli ritornano alla mente e il dolore si fa strada dentro di lui.
Lo abbraccio e scoppio a piangere.
“Gli parlerò.” Gli sussurro.
“Lo farai?” annuisco.
“Hai ragione. Se non lo faccio adesso non lo farò mai più. È solo che.. ho aspettato così tanto che quasi non mi sembra vero, e ho paura.”
“Ci sono io con te.” Annuisco.
“Lo so. Grazie, di essere sempre con me.”
Siamo fatti per stare insieme, noi due.” Mi sciolgo alle sue parole.
“Si, lo siamo” annuisco sorridendo.
“Non ti abituare a queste frasi così sdolcinate però.” Sbuffo.
“Solo te puoi rovinare un momento così.” Scuoto la testa ricominciando a camminare. Lui mi raggiunge e intreccia la sua mano nella mia stringendola.
 
Le ultime ore sono passate fin troppo velocemente. Abbiamo cenato e ci siamo messi a letto. Abbiamo dormito abbracciati ed è stata la situazione più bella del mondo. In quel momento mi sono sentita in pace, protetta e grazie a lui la notte è trascorsa senza troppi incubi a tormentarmi.
Ma adesso il cuore mi sta martellando nel petto e la morsa allo stomaco si fa sempre più forte. Faccio respiri profondi mentre camminiamo verso la casa di Charlie Price. Il mio padre biologico.
“Dovrebbe vivere qui” dice indicando un grattacielo altissimo.  Ci avviciniamo all’entrata per non intralciare la strada a tutti gli altri passanti che camminano frettolosamente per le vie di New York city.
“Oh bene.. non ce la posso fare.”  Mi volto verso di lui.
“Certo che puoi.” M’incoraggia. Io faccio un passo all’indietro per voltarmi e sbatto contro qualcuno che stava uscendo dalla porta del grattacielo.
“Oh mi scusi..” alzo lo sguardo verso l’uomo che mi sta fissando spiazzato e sorpreso. Sembra che abbia visto un fantasma e capisco.
Capisco che dovrei dire qualcosa, ma di tutto il discorso che mi ero preparata non riesco a dire niente.
Deglutisce e io mi schiarisco la voce.
“Lei è Charlie? Charlie Price?” cerco di dire con la voce che mi trema.
Lui annuisce appena, mentre mi fissa, come se non riuscisse a staccare gli occhi da me. Come se non credesse ancora che io sia reale.
“Io sono Allison.. sono Allison Stone.” Sono tua figlia, vorrei dire. Ma le parole non mi escono. Eppure, nonostante questo, credo proprio non ce ne sia bisogno.
 





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Salve! Sono in un enorme, enormissimo ritardo e mi dispiace tantissimo, ma vi spiego.. prima di Natale mi sono concertrata a scrivere la "OS natalizia>  che vi posto anche se Natale è già passato da un po' e poi tra mangiate, vacanze, divertimento ecc. mi sono ritrovata a scriverlo questa settimana. Devo dire anche che c'era poca ispirazione, ma poi mi ci sono messa e in due giorni l'ho finito. 
Comunque, mi scuso infinitamente davvero.
La scorsa volta non ho ricevuto nessuna recensione al capitolo,  forse è perché non vi è piaciuto molto. In questo caso mi scuso ancora, e spero questa volta di aver fatto un lavoro migliore.
Fatemi sapere, anche le critiche vanno bene. 
Un bacio, a presto. 
Virgi. 


   
 
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