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Autore: fuku    13/01/2013    0 recensioni
Uccidere per sopravvivere. Questa è la regola degli Hunger Games.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Distretto 3.


Era sempre la solita storia, ormai da tre anni. Ogni tre anni, il giorno della Mietitura suo padre iniziava il suo solito discorso che lei non riusciva davvero a sopportare, sin dalla prima volta. Si ritrovavano lui e lei seduti al tavolo di legno, e suo padre parlava. E Susan non trovava niente di meglio da fare che seguire i nodi del legno con le dita e guardare un punto fisso della stanza, annuendo a ogni parola del padre. Non era il tipo di persona che prestava particolare attenzione alle cose; se non gli interessavano non le calcolava proprio, altrimenti poteva capire tutto dell'argomento. Peccato che questo discorso la incitava a fare una cosa che lei non voleva assolutamente.
"E quindi devi offrirti volontaria. Perchè devi salvare tua sorella, nel caso venga estratta. Sai che lei non ce la può fare. Tu sei furba, intelligente. Sai usare bene le piante, sai guarire delle ferite, sai usare le armi. Lei no. Lei morirebbe. E' compito tuo salvarla."
Rimase interdetta ancora una volta dalla fine del discorso, sperava almeno che quest'anno evitasse di mostrare così palesemente la preferenza per la figlia più piccola. E invece lo fece un'altra volta; dopotutto suo padre gliel'aveva detto più volte che preferiva Marie, e a Susan faceva ogni volta più male. Sua madre era morta partorendo la piccola, e Susan si era sempre dovuta ritrovare a fare la padrona di casa della situazione. Ormai suo padre la trattava più come una moglie che una figlia, arrivando persino a mettergli le mani addosso.
"Non ho intenzione di farlo."
Non aveva neanche alzato lo sguardo dal tavolo, i suoi occhi non si erano mossi, solo le sue labbra avevano detto la dannata frase.
Suo padre si alzò di scatto, piantando i pugni sul tavolo, guardandola con gli occhi sbarrati.
"Susan Heartcliff, tu lo farai eccome!"
A quel punto la ragazza alzò gli occhi, guardandolo con indifferenza, per poi tornare sui suoi nodi del legno.
"Guardami quando ti parlo, maledetta!" La sua mano caricò uno schiaffo che prese Susan su una guancia, che subito si arrossò. La ragazza si alzò in piedi, e lo guardò mentre l'occhi che il padre aveva colpito era pieno di lacrime.
"Mi fai schifo!" Esclamò la ragazza, in un atto di coraggio, sputando ai piedi del padre. E poi scappò. Aprì la porta di casa e corse più veloce del vento, lontana da quella casa piena di dolore e sofferenze; fuggì da sua sorella, che doveva essere protetta. Fuggì da suo padre che avrebbe voluta mandarla alla morte. Fuggì dal ricordo di suo fratello, morto nella fabbrica dove lavorava. E fuggì da lei stessa, e dai suoi pensieri. Correva veloce, scappava dal suo passato e dal suo destino. E anche da suo padre che la inseguiva, con un bastone in mano. Quando Susan se ne accorse, prese a correre più veloce di lui; era stanco e vecchio, e lei era giovane e agile. Riuscì a distanziarlo di qualche metro, fino al punto che era sicura di averlo seminato. Proprio per colpa della sua distrazione, non si accorse del ragazzo che avrebbe fermato la sua corsa. E neanche lui se ne accorse, perchè si scontrarono.
Susan era più piccola di lui, fisicamente, e quindi fini in terra, con lo sguardo rivolto verso di lui. Non ci mise molto a realizzare che suo padre era ancora dietro di lei così, senza dire una parola, si alzò velocemente e si nascose dietro una siepe, sotto lo sguardo incuriosito del ragazzo. Il suo cuore batteva forte per la corsa e per la paura; se fosse stata presa, suo padre non avrebbe avuto pietà. Forse aveva davvero esagerato. Lo vide arrivare: affannato per la corsa, si piegò e poggiò le gambe alle ginocchia, ansimando. Susan osservava tutto dalla posizione che aveva preso, impaurita persino per poter respirare.
"Hai visto una ragazza?"
"Si signore!"

Rimase ferma, immobile. Sentì il cuore battere sempre più forte, e poi all'improvviso diminuire; il ragazzo l'avrebbe tradita? Guardava impietrita la scena, sperando che lui si fosse messo nei suoi panni e che avesse avuto un po' di buon senso.
"E' andata verso il fornaio."
Rispose infine, dando un'occhiata al punto dove era nascosta. Suo padre riprese a correre e lei riuscì finalmente a tirare un sospiro di sollievo.
"Puoi uscire fuori, è andato via!"
Susan si alzò, mettendosi una mano sul petto e iniziando a respirare regolarmente di nuovo. Il ragazzo gli porse una mano, e lei la prese, aiutandosi con essa a scavalcare di nuovo la siepe. Sentiva ancora le gambe che le tremavano per la paura; aveva più paura di suo padre che della morte.
"Bhè, grazie."
Non aveva intenzione di dare spiegazioni a uno sconosciuto sulla sua vita privata; magari neanche lo avrebbe più rivisto, quindi non gli importava nulla. Così corse via, fortunatamente ci metteva poco a recuperare il fiato di cui aveva bisogno. Sentiva gli occhi del ragazzo puntati su di lei, ma ormai i suoi pensieri erano di nuovo da un'altra parte.
Corse fino alla piazza, fino a che non aveva più fiato, Voleva che quella giornata passasse. Voleva tornare a casa con sua sorella, con suo padre per scusarsi e per dirgli che gli voleva bene, nonostante tutto ciò che gli aveva fatto passare. Si fece prelevare velocemente il campione di sangue, e poi si mise in fila; distante da Marie, che la guardava torva. Aveva ascoltato la discussione con il padre, ed era dalla sua parte; tanto in famiglia l'unica cosa importante era Marie.
Distolse lo sguardo dalla sorella, giusto in tempo per vedere la donna salire sul palco, con il suo vestito colorato e la parrucca penosa. Iniziò il discorso sui giochi, di quanto fossero importanti gli Hunger Games e di quanta gloria andasse al sopravvissuto. Poi, contro il volere di tutti, la donna iniziò a parlare di quel maledetto incendio nella fabbrica.
E Susan smise di ascoltarla.
Nella sua testa iniziano ad affollarsi solamente immagini di quella notte, delle grida.
"Estraiamo prima il maschietto."
Era tranquilla quella notte, non sarebbe dovuto esserci nessun problema. C'erano persino le stelle, cosa rara nel distretto 3.
"Rupert Windsor."
Non alzò lo sguardo, continuò a ricordare.
Secondo i Pacificatori fu colpa di una scintilla.
"E ora, la nostra femminuccia."
Prese fuoco una tenda, e fu la fine. Fiamme.
"Susan Heartcliff."
Fiamme, fuoco, calore. Persone che scappavano da una parte all'altra. Gente che riuscì a salvarsi. E suo fratello Eric rinchiuso in una stanza senza via di uscita. Lacrime, dolore.
Susan alzò la testa, mentre gli sguardi erano puntati su di lei. Era stata scelta, scelta per gli Hunger Games. Almeno suo padre ne sarebbe stato contento.
Asciugò la lacrima che era uscita prima che le telecamere la raggiungessero, non voleva essere presa per debole. Salì le scale, e il suo sguardo incrociò quello del tributo maschio. Ecco dove l'aveva già visto.
Si affiancò alla donna, stringendo la mano a Rupert. Lui era li la notte dell'incendio. Lui era sopravvissuto e Eric no.
Si guardarono negli occhi un'altra volta; non avrebbe esitato ad ucciderlo, non era giusto che lui fosse salvo e suo fratello no. Lo odiava per questo, come odiava questi maledetti giochi.
Avrebbe vinto per Eric, solo e solamente per lui. Sarebbe stata forte per il fratello che gli mancava tanto, per quella che era stata per anni la ragione della sua vita ed era scomparso.
Non avrebbe ancora raggiunto suo fratello, non in questi giochi.
Felici Hunger Games.
  
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