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Autore: siemdrew    15/01/2013    1 recensioni
Sono quasi 587 anni che Nightly vaga per questa terra. Dopo secoli di vagabondaggio, decide di iscriversi all'Università di Salem, la città delle streghe, per trovare quella serenità e quella calma difficili da trovare in un vampiro antico. Ma a Salem, dove Nightly si immagina una vita normale come ogni essere umano, troverà molte difficoltà e situazioni difficili da gestire. Per fortuna, con lei ci sarà Justin, giovane e ignaro studente.
-Spero che l'introduzione vi attiri, è una storia originale e non vedo l'ora di sapere che ne pensate-
Genere: Azione, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 2
recitazioni buffe

 

«Ci siete tutti?»
Il professore ci conta per verificare sul registro che siamo tutti presenti. Ho ancora lo sguardo divertito puntato sul ragazzo accanto a me, Justin, di cui so il nome senza averlo sentito. L’ho fatto arrabbiare, e ciò ha scatenato in lui qualcosa che lo ha portato a rispondermi male. Da una parte lo compatisco, sono stata una vera e propria rompiballe.
«Sì, siete in trentotto e tutti presenti», mormora il professore.
Chiude il pennarello con cui ha segnato la nostra presenza e sale sul palcoscenico. È una persona buffa – ma non lo sarà mai quanto la segretaria. È molto alto e magrolino, indossa dei jeans e una camicia a quadri. Ha i baffi alla Freddie Mercury, cantante che adoro, capelli a caschetto in stile Shakespeare e un sorriso sulle labbra.
«Benvenuti  alla prima lezione effettiva dell’anno!», ci saluta mettendo una mano sul cuore come se stesse per dire “ave, Cesare”. «Dico “effettiva” perché ci sono stati i corsi estivi, che però non fanno proprio parte del programma. Non importa! Benvenuti alla mia lezione! Mi presento, sono il professor Andrew Hive, fanatico dei Queen e amante delle opere di Shakespeare! Non si nota?»
C’è una risata generale quando il professore si indica i baffi e i capelli e imita Mercury cantando Don’t Stop Me Now.
«Insegno recitazione e canto», ci spiega sorridendo. «e mi ritengo abbastanza valido. Poi me lo direte voi. Dato che, a quanto dice il registro, trentatré di voi non hanno mai frequentato questo corso, inizieremo con qualcosa di semplice e improvviso... Aspettate un attimo»
Va dietro le quinte camminando goffamente e scatenando altre risatine divertite.
«Secondo te che ha in mente?», ridacchio voltandomi verso Justin...
      …Che non è più accanto a me. Si è sistemato qualche fila dietro. Non mi scappa, però. Sbuffo e mi siedo accanto a lui. Lo vedo irrigidirsi ed evitare il mio sguardo.
«Non fare l’antipatico», suggerisco sistemandomi la maglietta.
«Lasciami in pace», mormora. «Insomma, non ti conosco neanche. Cosa vuoi?»
Odora di rose – l’imbarazzo – e lievemente di peperoncino – la rabbia. Forse sono io che non mi so rapportare con le persone vere, e solo con i vampiri. D’altronde non è colpa mia se quasi 587 anni fa quel vampiro irruppe in casa mia e... Non ci devo pensare. Non posso. Devo trattenerlo nella parte del cervello in cui tengo tutti i ricordi che non vorrei ma più guardare.
«Pensavo di farmi un amico», bisbiglio.
Ci lanciamo a vicenda un’occhiata lunga, poi mi alzo e torno a sedermi dov’ero poco fa. Sono quasi sicura che adesso il ragazzo si alzerà e mi chiederà scusa. Cammino e raggiungo il mio posto. Dai che ora mi chiama…  Mi siedo. E quel Justin non mi trattiene. Avrei preferito un’altra battutina antipatica, anziché l’inconsiderazione.
«Eccomi!»
Il professor Hive torna sul palco con una boccia di vetro tra le mani. Dentro ci sono vari bigliettini piegati, che vedo perfettamente grazie alla mia vista.
«Vi spiego», ridacchia l’insegnante. «Ognuno di voi prenderà un bigliettino da questa boccia. Potrebbe esserci scritto sopra di tutto. Granchio, tavolo, befana, cabina telefonica... Dovrete recitarli»
«Quindi», riassume una ragazza alzando la mano. «Se per esempio esce granchio, come ha detto lei, dobbiamo fare finta di essere un granchio»
Il professore le punta un dito contro ed esclama: «Esattamente! Forza, vieni tu a estrarre per prima»
La ragazza sorride, un po’ spaventata, e si alza per raggiungere il professore sul palcoscenico. Lui le fa pescare uno dei bigliettini. Lei lo apre e, accigliata, lo fissa un attimo.
«Devo mimare una lattuga…?»
Hive scoppia a ridere, e quasi crolla dal palco, poi si calma e indica il backstage.
«Lì ci sono dei materiali, puoi usarli...»
Le sussurra qualcosa in privato, nell’orecchio. Lei lo guarda sorpresa e corre dietro le quinte. Spunta poco dopo con una vestaglia verde. La pelle della ragazza è verde, e così i suoi capelli e le scarpe. Oh poveri noi...
Alza le braccia al cielo e intreccia le dita delle mani. Tutta verde, si agita per il palcoscenico gridando cose come “aiuto, le lumache mi vogliono mangiare!”. Scoppiamo tutti a ridere e, voltandomi, noto che anche Justin sta ridendo di gusto.
«Bravissima, ehm... come ti chiami?»
«Rachel Fox», risponde la ragazza-lattuga.
«Rachel Fox, i miei complimenti! Per essere stata la prima ci hai proprio fatto ridere!»
In ordine per cognome ci tocca salire sul palco e inscenare qualcosa. Dopo le due ragazze il cui cognome comincia per A, viene chiamato sul palco Bieber. Ho già sentito questo nome...
«Justin Bieber», sorride il professore. «Vieni, coraggio!»
Mi volto, con un certo sospetto, e vedo Justin, rosso in volto, alzarsi dal sedile e raggiungere il palco. È così rigido, sembra paralizzato. La mia vista mi permette di notare che non respira, neanche lievemente. Sta trattenendo il respiro. Justin infila il braccio nella boccia e ci ravana dentro. Poi tira fuori un bigliettino, uno dei duecentoventisette presenti nella boccia.
«Devo interpretare...», mormora. Si lecca le labbra secche. «...la sirenetta?»
Altre risate, tra cui la mia. Non ci vedo quel ragazzo nelle vesti della rossa sirenetta del film.
«Oh, non vediamo l’ora di ridere un po’!», esclama il professore allontanandosi da Justin.
Lui si lecca di nuovo le labbra  e si posa istintivamente una mano sul torace. Ma perché respira così poco? Avrà qualche problema respiratorio, penso, ma non ne sono sicura. Poi, sorprendentemente, Justin ride e corre nel backstage. Ne esce subito dopo con una parrucca rosso fuoco addosso e una roccia di cartapesta che trascina in mezzo al palco. Ci si appoggia e incrocia le gambe. Poi canta, con la vocina di una ragazza.
«IN FONDO AL MAAAAAR! IN FONDO AL MAAAAAR! Nessuno ci frigge o ci cucina in fricassea! E non si rischia di abboccar, no, non c’è un amo in fondo al mar...»
Nessuno riesce a trattenersi, nel teatro si sentono solo risa. Justin è davvero bizzarro, in questo modo, ma lascia il palco con le guance rosse dall’imbarazzo. L’odore di rose che emana è così forte da dar il mal di stomaco. Mi lancia un’occhiata prima di sedersi e io gli mostro i pollici in su. La cosa sembra spaventarlo, ma non so spiegarmi perché. I cognomi corrono. E arrivano alla M. Sono la prima della lettera M.
«Oddio che nome strano», ridacchia il professore guardando il registro. «Nightly... Ciara... Mackintosh? Su, Sali!»
Alzo la mano e gli sorrido. Lascio la borsa sul sedile e raggiungo in fretta il palcoscenico. Anche io metto dentro una mano, ma anziché trafficare nella boccia prendo il primo del cumulo.
«Dai, dicci», mi esorta il docente.
Faccio di nuovo un altro sorriso e dai sedili si sparge un odore di limone, il desiderio. Che cosa ridicola, dai...
«Dovrei imitare...». Scoppio a ridere, non può essere una coincidenza! «…un vampiro?»
Sento qualcuno sghignazzare. Come interpreto un vampiro? Insomma, non posso davvero squarciare la gola delle persone! Faccio un sorriso d’incoraggiamento, più a me stessa che agli altri, poi corro nel backstage. È pieno di oggetti usati nella recitazione: parrucche, trucchi, abiti, macchinazioni, cose in cartapesta per imitare paesaggi, maschere... Si sente un vago odore di legno. Tra gli abiti cerco qualcosa di nero e lungo, e tiro fuori un mantello. Lo allaccio velocemente in modo che mi ricada alle spalle. Poi, dove ci sono i trucchi, mi sporco la bocca con il rossetto rosso per fare il sangue che cola. Ora mi servirebbero i canini... cerco tra vari oggetti, ma non mi sembra ci siano. Uso i miei, dunque? Sì, è meglio... Con le unghie mi ferisco un polpastrello e l’odore del sangue stimola i miei due canini, che sento abbassarsi. Prendo una crema giallastra e me la spalmo sulla dentatura, così magari sembra finta. Fatto ciò, salgo sul palco a testa bassa. Mi metto al centro e quando alzo il capo vedo letteralmente le persone rabbrividire. Vari odori invadono lo spazio. Zenzero, per l’invidia, dalle ragazze e limone, per il desiderio, dai ragazzi. Da qui sento che Justin emana un lievissimo odore di uova marce, per il ribrezzo, ma anche un po’ di limone. Sapere che prova ribrezzo verso di me mi fa arrabbiare.
Spalanco le braccia e faccio svolazzare il mantello.
«Sono il Conte Dracula!», esclamo. Qualcuno ride, e mi chiedo perché. «Mi sono appena alzato e sto morendo di fame»
Con lo sguardo vedo il professore rabbrividire, mentre mi passo la mano sulla pancia per far capire che ho fame. E ho davvero fame, è da quando sono arrivata a Salem che non mi nutro.
«Ognuno di voi potrebbe essere il mio pasto, stanotte», dico teatralmente muovendomi per il palco, ma pensandolo davvero.
Tutti si aspettano qualcosa di divertente, ma io non voglio divertire nessuno. Non lo sanno. Sono un vampiro, e so solo infliggere il terrore nell’anima delle persone.
Faccio uno scatto verso una ragazza, che urla sorpresa e poi si mette a ridere.
«Vi faccio ridere, milady?»
Lei si ricompone. Così mi muovo con passo felpato tra le persone e mi fermo davanti a un ragazzo molto carino. Com’è che in questo istituto sono tutti più o meno belli?
Sto per fare una battuta divertente che mi è appena arrivata in mente, ma le porte si spalancano ed entra un uomo. Tutti si alzano, così li imito. Il professore abbandona il palcoscenico e raggiunge l’uomo appena entrato. Confabulano un poco e noi tutti li guardiamo.
«Sembri un vero vampiro da come ti comporti», ridacchia il ragazzo a cui mi sono avvicinata.
Gli sorrido cortese e poi volgo lo sguardo all’uomo, che sale sul palco.
«Buon inizio!», esclama. «Per chi eventualmente non lo sapesse, sono il Preside Paul Henderson. Vi auguro un buon inizio dell’anno»
Lancia un’occhiata di traverso a coloro, compresa me, che sono vestiti strani o si sono colorati per inscenare il proprio oggetto o persona. Poi lascia perdere e si mette a parlare delle lezioni, della scuola, di ciò che ci offre come sbocco lavorativo. Per me è tutto inutile, visto che dopo aver frequentato questo istituto andrò a vagabondare altrove. Magari passo per il Giappone e mi fermo lì un po’. Mi piace il Giappone, in effetti.
«...Grazie per essere qui, quindi»
Il Preside ci fa un sorriso da duecentocinquanta kilowatt e abbandona il teatro. Subito dopo suona la prima campanella e tutti ci affrettiamo ad andare via.
Mi tolgo il mantello e il rossetto sul mento e poi vado a prendere la borsa.
«Come hai fatto?», mormora Justin. Di nuovo emana odore di mele. Ma che palle, questo, perché gli faccio paura?!
«Stavo solo imitando Dracula alla bell’e meglio», rido.
«No, dico... A raggiungere James così in fretta»
James deve essere il ragazzo a cui mi sono avvicinata per fare la mia battuta. Un momento. “A raggiungere James così in fretta”, ha detto? Ho usato la mia velocità? Oh cavoli, non me ne sono accorta! Mi conviene negare tutto... o mentire su qualcos’altro.
«Alle medie e alle superiori ero la prima in velocità», dico.
«Mackintosh?», mi sento chiamare.
Mi volto verso il professore, che mi mostra i pollici in su. «Eri un perfetto Conte Dracula! Davvero impressionante»
Grazie, ho aiutato Stoker a scrivere il romanzo! Ci credo che sono perfetta!
«La ringrazio», dico sorridente.
Mi affretto a seguire Justin che si sta allontanando.
«Visto che non hai il coraggio di chiedermelo, vorresti sapere perché ti seguo?», gli domando tranquillamente.
«Sentiamo»
«Perché mi sembri solo al mondo»
In realtà questa motivazione è vera solo in parte. La verità è che i vampiri si fissano con le vittime che li incuriosiscono. Non ritengo questo ragazzo una mia prossima vittima, perché in questo istituto non ho intenzione di uccidere nessuno, ma è una persona strana e difficile da comprendere e questo mi incuriosisce non poco. Ed essendo un vampiro, ora ne sono fissata. La mia coscienza da immortale continua a suggerirmi di ucciderlo per assaporare il suo sangue. Mi immagino mentre i miei denti affondano nella sua gola, mi immagino che sapore abbia ciò che gli riempie le vene.
Basta, Nightly! Smettila di distrarti!
«N-non sono solo al mondo», sussurra.
«Io credo di sì»
Odore di rose – l’imbarazzo. Lo osservo sospirare. Gli serve dopo aver trattenuto in quel modo il fiato, durante l’interpretazione della sirenetta.
«E tu vuoi sapere perché mi spaventi?»
PERFETTO! Un buon passo avanti, il fatto che si confida. Bene, bene, mi fa piacere. Bravo Justin.
Annuisco, e lui parte con la spiegazione.
«Perché sei strana», dice. «Diversa. E quindi mi metti un po’ di inquietudine»
Annuisco di nuovo e gli sorrido raggiante. Per la prima volta, mi rivolge un sorriso anche lui.

Quando entro nel mio appartamento, Cameron sta giocando alla playstation. È un patito di videogiochi e nel nostro nascondiglio in Scozia ne possiede tantissimi. Io, in compenso, lì ho un’enorme biblioteca piena di libri, la cui età va dal Medioevo fino a oggi.
«Ciao sorellina!», mi saluta Cameron senza staccare gli occhi dalla televisione.
«Ehilà», rispondo.
«Com’è andato il primo giorno? E perché sei tornata a quest’ora?»
Santo cielo, sono solamente le sette di sera.
«Perché dalle cinque alla sette ho avuto laboratorio di lingue e sono stata a pranzo fuori», spiego ricordando le ore passate in compagnia di Justin, che però è ancora chiuso in se stesso. «Comunque è andato una meraviglia! Dici che i negozi a quest’ora sono chiusi?»
«Non saprei, pensavo tornassi prima», risponde spegnendo il gioco e venendomi incontro. «Mi pare che in centro ci sia qualcosa di aperto. Hai detto che devi fare la spesa, anche, vero?»
Faccio di sì con la testa, poi lui mi prende per mano e usciamo da casa insieme. Chiudo a chiave, ricordandomi di comprare un portachiavi. Ma non passiamo dalle scale, bensì dalla finestra. Ci arrampichiamo fino al tetto, il che è semplice, anche perché siamo all’ultimo piano. Saltiamo da una palazzina all’altra, fino a raggiungere i confini dell’Università. Con un balzo superiamo i cancelli e ci troviamo in Indipendence Highway. È dall’altro lato dell’istituto quindi dobbiamo percorrerla e poi attraversare il fiume Willamette. Tra il fiume e la città di Salem c’è un enorme foresta, in cui mio fratello ed io possiamo correre liberamente, protetti dalla notte e dalle ombre. Raggiungiamo la periferia della città e scaliamo un palazzo.
«Facciamo a chi arriva prima? La meta sarà il municipio», propone Cameron.
«Sì!»
Saltiamo da un tetto di un palazzo all’altro. Non ho idea di dove si trovi il municipio, ma corro verso il centro. Cameron ed io cozziamo insieme ogni tanto, ma poi lo supero. Vedo che prende un’altra strada, ma non ci bado molto. Finisce che raggiungiamo allo stesso tempo la torre del municipio.
«Ho vinto io!», esclamiamo insieme.
«Ma che dici, io! Io ho vinto», ribatte lui.
«Non dire cavolate, sono stata più veloce io»
Inizia una litigata, finché poi non mi butto dal municipio atterrando in piedi. Lui mi segue, continuando a protestare, ma io non lo ascolto più.
«Sono quasi le otto, ho voglia di cibo umano», lo avviso.
Entriamo nel DaVinci Ristorante e ordiniamo da mangiare. Io prendo un’insalata a base di pomodori, basilico, aceto balsamico e burrata. Cameron invece prende gli spaghetti. Comincio a mangiare allegramente, ricordando i sapori italiani. La burrata è davvero squisita, merita tanto. Alzo lo sguardo su Cameron, che si sta abbuffando sporcandosi tutta la bocca di sugo. Che idiota, santo cielo.
«Scusi», dico chiamando un cameriere. «Ci riempie di nuovo i bicchieri di vino?»
«Certamente»
Il cameriere va a prendere il vino che abbiamo scelto prima e riempie i nostri calici.
«Signori», dice congedandosi.
Gli sorrido, mentre mio fratello lo ignora, e mi volto verso il mio piatto. Un momento... Mi guardo intorno e osservo le persone sedute ai tavoli a mangiare. C’è una persona che mi sta guardando. Alzo la mano e saluto. Justin arrossisce, come suo solito, e quasi si strozza con il cibo. Poi mi sorride sbrigativo e saluta anche lui.


shaaalve c: ecco a voi il capitolo number two! che ve ne pare? oddio AHAHAHAHAAHAHAH io nell'immaginare il nostro amato Bieber travestito da Ariel non la smettevo di ridere :') spero di aver fatto ridere anche voi!
siamo arrivati a quattro recensioni totali, yeah ahahah potreste fare di più eh u.u ma ringrazio di cuore chi ha recensito e anche chi ha solo letto. 
in questo chaaapter, Justin è un poco pooooco più aperto anche se ha una fifa nera della povera Nightly che non gli ha fatto nulla çç che stupido ewe be' e avete anche capito che Nightly e suo fratello Cameron sono due bambini, praticamente .-. sembrano me e mio fratello, che tenerezza :') (?)
dato che venerdì ho studiato più o meno 45564524945688146 pagine di biologia per farmi interrogare sabato - che poi la prof non ha neanche voluto e mi sono fatta un culo così per nulla qwq - non ho molti compiti per domani, visto che so già tutto ahah! quiiiindi ora raggiungerò l'undicesima pagina del mio file Word e comincerò il capitolo tre. spero che questo vi sia piaciuto, comunque.
un bacio e grazie di tutto fnvrtj <3

siemdrew

#6years
KIDRAUHL

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