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Autore: Mushi    15/01/2013    1 recensioni
E allora che cos'è che poteva succedere?
Facile. Avvenivano le solite scenette di ogni giorno. Quelle in cui Germania diventava paonazzo e lo tirava per i piedi, mentre Giappone restava sullo stipite della porta a ridere.
Iniziavano tutte con Germania che urlava.
“Alzati idiota! Vai a lavorare invece di startene qui a ridacchiare come una iena maledetta!”
“Noooo! Germania-san! Non essere così duro, io sto solo facendo il mio dovere! Noi Italiani se ci alziamo troppo presto non riusciamo a lavorare poi!”
“Taci che sono le dodici e mezza! Hai dormito tutta la mattina, brutto imbroglione...!”
“Aaaah! Aiuto! Aiuto! Giappone, digli qualcosa! È impazzito!”
“No Giappone, dì qualcosa a lui piuttosto, e fallo scendere dal letto! Disgraziato che fai lavorare gli altri al posto tuo!”
“Germania-san invece di lamentarti e basta, potevi anche venire a svegliarlo un po' prima.”
Genere: Comico, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Axis Powers/Potenze dell'Asse, Nord Italia/Feliciano Vargas, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve! Sono 07 Kengo, e questa è la mia prima fic! Sono piuttosto emozionata – ma c’è qualcuno che sta insistendo particolarmente perché io la pubblichi, quindi eccomi qui!

Non ho molto da aggiungere, sarà divisa in due capitoli, durante i quali dovrebbero chiarirsi tutti i dubbi che potrebbero sorgere all’inizio. Il titolo sarebbe “Tramonto rosso” o “Declino rosso”, e trovo che entrambi i significati si adeguino perfettamente alla fic… Che altro dire, spero vi piaccia e sarò felice di rispondere ad eventuali recensioni!

 

Red decline

Capitolo 1

 

Aprì lentamente gli occhi e osservò intensamente le dita immobili che sfioravano le sue labbra. Il tepore delle coperte lo avvolgeva così delicatamente che sembrava l'abbracciassero. Un abbraccio, dal quale faceva molta fatica a separarsi.

Aspettò nel buio che il torpore scivolasse via dagli occhi; che la freschezza del giorno gli pungesse il viso per fargli venire voglia di alzarsi a sedere... aspettò il momento giusto. Beh... quel momento … ecco, quel momento non venne. Perché?

Ovvio, perché si ricordò che sarebbe arrivato Germania a farglielo arrivare a forza. Dunque poté concedersi ancora un po' di tempo per fingere di dormire. Sì, fingeva proprio perché sapeva che prima o poi Germania si sarebbe accorto che stava fingendo... beh, e allora che cos'è che poteva succedere?

Facile. Avvenivano le solite scenette di ogni giorno. Quelle in cui Germania diventava paonazzo e lo tirava per i piedi, mentre Giappone restava sullo stipite della porta a ridere.

Iniziavano tutte con Germania che urlava.

 

 

“Alzati idiota! Vai a lavorare invece di startene qui a ridacchiare come una iena maledetta!”

“Noooo! Germania-san! Non essere così duro, io sto solo facendo il mio dovere! Noi Italiani se ci alziamo troppo presto non riusciamo a lavorare poi!”

“Taci che sono le dodici e mezza! Hai dormito tutta la mattina, brutto imbroglione...!”

“Aaaah! Aiuto! Aiuto! Giappone, digli qualcosa! È impazzito!”

“No Giappone, dì qualcosa a lui piuttosto, e fallo scendere dal letto! Disgraziato che fai lavorare gli altri al posto tuo!”

“Germania-san invece di lamentarti e basta,  potevi anche venire a svegliarlo un po' prima.”

 

 

Ridacchiò e si coprì la faccia per non farsi scoprire. Erano sempre uguali le mattine in quella casa. Sempre uguali ma per nulla monotone.

“... pfffff!” … non ce la faceva più …. “gnnnn... ppppfff!” … stava letteralmente scoppiando. Sentiva le guance che gli pizzicavano per lo sforzo di tenere la bocca chiusa.

Basta!

Scoppiò a ridere e si conficcò in bocca il cuscino per attutire le risate.

Tirò un sospiro per riprendere fiato... soffocava.

Gettò le coperte in fondo al letto e camminò rasente al muro fino a trovare l'interruttore della luce. La stanza era incredibilmente vuota.

Certo, i mobili non erano stati spostati, ma era qualcos'altro a mancare... qualcun altro. Dov'erano finiti Giappone e Germania?

“Germania-san?”

… Nessuno gli rispose.

Com'era possibile... che non ci fosse nessuno in camera sua? Mmm...beh, sarà andato a far la spesa. Pensò. Giappone lo avrà convinto ad accompagnarlo per farsi aiutare a portare le borse...

Ma se oggi è il giorno della grande spesa... allora Giappone cucinerà sicuramente qualcosa di speciale!

Tendendo l'orecchio, riuscì a sentire un tenue gorgoglio che arrivava dal suo stomaco. Anche se in realtà, molto probabilmente, era stata solo la sua immaginazione che si era sforzata troppo finché non era riuscito a sentire ciò che voleva. Perché era legge, che a casa loro la fame fosse indice di troppo lavoro.

“Ahhh... che fame! Devo aver lavorato tantissimo stanotte!”

No, non credette neanche lui a ciò che aveva appena detto. Ora, a parte tutto, lavorare tanto e soprattutto di notte non erano cose che s'accompagnavano alla sua persona. E non era incredibile a dirsi.

Inciampò in una scatola per terra. Urca che disordine! Giappone non ha riordinato la stanza ieri. Dovrò farlo io... Sì, lo farò io, lo prometto... ma dopo.

Passati due minuti, Italia si era già dimenticato della promessa e stava pensando ad altro.

Andò verso le imposte della finestra e le aprì violentemente.

Stranamente, per essere mattina faceva davvero troppo caldo e... c'era davvero troppo, troppo silenzio. Già da questo poté capire che quel giorno non sarebbe stato come tutti gli altri. O meglio, pensò subito a qualche strana sorpresa che i suoi amici avrebbero potuto fargli. Conoscendo America, aveva di sicuro organizzato qualche mega party da college....

 

 

… “SORPRESAAA!”

Assieme alle urla che riecheggiarono in tutta la casa, partirono anche qualche coriandolo e strani spari da pistole giocattolo. Delle striscioline di carta gli volteggiarono allegre davanti agli occhi ed una trombetta di carta gli pizzicò il naso.

Germania sgranò gli occhi terrorizzato.

Aveva appena poggiato la valigetta 24ore all'ingresso... era stravolto... il suo unico, grande, desiderio era quello di trovare il divano sgombro ed un giornale sui cuscini. Magari con anche il caminetto acceso.... insomma, voleva ritrovare la sua casetta nelle esatte condizioni in cui l'aveva lasciata qualche  ora prima.

Ma no...no. Quel giorno i desideri non erano realizzabili...

“Germania-saaaan! Esprimi un desiderio!” urlò America saltandogli addosso “Questo è lo strepitoso giorno del tuo fantastico non-compleanno! Happy Birthday! … Forza, soffia sulla candelina and... esprimi il tuo desiderio!”

Germania fu costretto ad indietreggiare di qualche passo per non ritrovarsi con la faccia nella impasto della torta. Andò a sbattere contro la schiena di qualcun altro.

“Germania-san. Auguri!”

“Russia?! Ma io non...”

“Non essere imbarazzato, le torte di America non piacciono a nessuno. Se la rifiuti non si offende. Che ne dici di bere qualcosa invece? Ti faccio volentieri compagnia...”

Non fece in tempo a rispondergli che subito fu strattonato e spinto in un angolino della sala. Era... come dire... esausto. La giornata peggiore della sua vita.

“Neanche a me piace molto questo genere di feste. Hanno organizzato tutto loro. Però sono stati gentili ad invitarci, non trovi?” disse Cina raggiungendolo.

“Sinceramente non so cosa pensare” … già, perché pensava ad altro. A come buttar fuori tutta quella gente da casa sua... ed in seguito, a come “mettere rimedio” alle vite di Giappone ed Italia per aver permesso una cosa del genere.

“... Ecco, parlavamo del diavolo" aggiunse.

“Come?”

Germania fece cenno a Cina ed indicò la persona che li stava raggiungendo a fatica, combattendo contro la calca di persone.

“Germania! Hai visto che festone che ti ho organizzato? Buon Compleanno!” Veneziano tentò di fargli scoppiare addosso una scatoletta di coriandoli, fallendo.

“...Non è il mio vero compleanno.” gli spostò le mani dal viso. “Lascia perdere i coriandoli. È già tanto se sai parlare...”

Italia obbedì “... Allora, ti piace il party?”

“No.”

“Il cibo di Giappone?”

“No.”

“I giochi di prestigio di Francia?”

“No.”

“...” Italia riconcentrò l'attenzione sulla scatola di coriandoli “... eppure prima funzionava!” sbatté il fondo con il palmo della mano... nel mentre, tentò di continuare la conversazione,’aggiustando’ i coriandoli. Che secondo lui, come scherzo, non era ancora fallito... “Non ti piaccio neppure io?”

Germania divenne dello stesso colore della bandiera cinese “Che cazz...!”

“Oh... ha fatto ‘bum’! L'avevo detto io che funzionava!” esclamò Italia completamente soddisfatto e orgoglioso di sé. Sì, lo scherzo poteva dirsi finalmente riuscito. La faccia di Germania non era di un colore umano, men che meno coi pezzettini di carta incollati ai capelli.

 

 

“Sì....! Sarà sicuramente una mega festa…” si disse entusiasta.

Guardò fuori dalla finestra. La vista che aveva dalle finestre di casa non era per nulla male. Poteva vedere le montagne sullo sfondo, e il lago poco distante. Ma quel giorno in particolare, il paesaggio era stupendo.

“Waaa! Il tramonto di mattina!”

Questo è il genere di cose che piace tanto a Giappone! Devo farglielo vedere assolutamente!

L'amore di Giappone per i paesaggi era viscerale.

Veneziano, senza neanche ricordare che fosse in casa da solo, corse nelle altre stanze a cercarlo.

Giappone?... Giappone! In cucina!

Si fermò di colpo sulla soglia della cucina urlando a squarciagola “Giappone! Vieni a vedere, presto!”

Naturalmente, non ricevette alcuna risposta. Ovvio... era a far la spesa. Un vero peccato che si debba perdere il tramonto di mattina...

Giappone...” chiamò inconsciamente. 

“Veneziano?”

La voce era diversa. Non quella timida di Giappone né quella scontrosa di Germania. Dunque in casa c'era qualcun altro. Non era solo. Ma chi...?

Si sporse in avanti per dare una rapida scorsa all'intera stanza. Sussultò solo quando due occhi chiari incontrarono i suoi a qualche centimetro di distanza.

“Romano! Sei tu, mi hai fatto spaventare!”

Veneziano tornò a sorridere all'istante. Romano invece rimase torvo in volto, con le braccia conserte e due occhi che lo fissavano disturbati. Veneziano se ne accorse ma non disse nulla. Suo fratello aveva sempre avuto un carattere difficile. Non doveva preoccuparsene.

“... Cosa fai tu qui? Ti hanno mandato ad avvisarmi che sono usciti?... Oppure sono andati ad una festa?”

Romano ci mise un po' per rispondere. “Mi stai prendendo per il culo?”

Rimase sbigottito dalla domanda del fratello.  “... No, scusa. Chiedevo solo. Se ci fosse stata una festa avrei voluto partecipare anch'io. No?” non ebbe risposta.

“Comunque dove sono gli altri? Dovevo far vedere a Giappone il tramonto bellissimo che si vede dietro casa! È bellissimo, l'hai visto?” … ancora nessuna risposta da parte del fratello. Veneziano continuò a parlare da solo. “Beh... dato che lui non c'è, lo faccio vedere a te! Vieni, seguimi! Da camera mia è bellissimo.”

Prese la manica della camicia di Romano tra le dita e tentò di trasportarlo con sé. Per risposta ricevette uno strattone tanto forte da farlo tentennare

“Non voglio vedere quel cazzo di tramonto!”

“Ma sì, dai, vieni! Ti piacerà!” lo tirò a forza fino al balcone più vicino. “Dai... visto? Visto quant'è bello?”

Romano era così contrariato che la smorfia che gli apparve in volto sembrava stesse per annunciare un conato di vomito. Tentò di rientrare in casa ma il fratellino lo trattenne ancora,

“Senti, che ne dici di andare a vederlo da fuori? Così lo vedremo meglio!”

Continuava a tirargli le maniche con così tanta foga che Romano, anche se avesse voluto davvero seguirlo, si sarebbe arrabbiato ugualmente. “Col cazzo che ci vengo là fuori!”

Veneziano non si aspettava proprio una reazione tanto esagerata. Sgranò gli occhi ed indietreggiò involontariamente. “Va bene... va bene, ci vado solo io.” disse dispiaciuto.

A testa bassa, camminò velocemente fino alla porta d'ingresso. Girò le chiavi nella serratura e abbassò la maniglia. Ma questa volta, fu Romano a strattonarlo e buttarlo contro il muro.

Veneziano aggrottò le sopracciglia, assumendo un'espressione di totale incomprensione. Perché?

“Cosa ti prende? Stai male?”

Veneziano mosse qualche passo verso di lui, poi, indeciso, ne fece altrettanti indietro. Infine si avvicinò ancora alla porta.

“Non toccarla!”

Ritrasse la mano come se avesse subito una scottatura. Appoggiò l'altra sullo stipite.

“Cos'ha?”

“Nulla... non toccarla e basta.” disse Romano. Gli voltò le spalle e si mise a trafficare con qualche cappotto all'ingresso. Passarono degli attimi interminabili di profondo silenzio.

Veneziano guardava sconvolto le mosse del fratello, domandandosi se fossero casuali oppure avessero una precisa logica. Romano appoggiava tre giubbotti su una sedia. Poi ne riprendeva due e ne riappoggiava altri cinque. Infine li tolse tutti, ne prese un altro paio dall'armadio e sistemò un totale di otto giacche su uno sgabello minuscolo.

“Cosa... stai... cosa stai combinando?” disse Veneziano esitando.

“Metto ordine.”

Romano non fece neanche tempo a finire di dire quelle due parole che una sedia dietro alle sue spalle cadde rumorosamente. Si voltò di scatto verso Veneziano. Occhi sgranati e smorfia preoccupata in volto. Quando vide l'altro accasciato a terra che stava per morir dal ridere non seppe se provare odio, imbarazzo o frustrazione. Nell'indecisione, li accolse tutti e tre.

“Cazzo ridi idiota! Non vedi che mi concentro? … Scemo!”

“Ahahah... scusa... mmmpfff... scusa, scusa.... non ce la faccio! Muoio! Muoio! Tu che... rimetti in ordine? E per di più casa degli altri! Io te l'ho chiesto prima... stai forse male? Non è che hai la febbre?” Veneziano fece il gesto simbolico di avvicinarsi e provargli la temperatura.

“Non baciarmi in testa, razza di idiota!” urlò Romano, al colmo dell'imbarazzo, scansando il fratello.

“Ma io volevo sentire se...”

“Non sei una donna!”

“Ma Giappone dice che...”

“Giappone È una donna!”

“Eeeeeh? Davvero? Non lo sapevo! Non me l'ha mai detto! Allora perché si veste da uomo?”

Romano sgranò gli occhi inorridito da cotanta stupidità che gli si presentava davanti.

“...Spero che tutta l'intelligenza del nonno sia passata solo a me...” borbottò sottovoce. Poi, rivolto a Veneziano disse: “Vai a sederti sul divano. Ti cucino qualcosa.”

Lo spinse da dietro la schiena finche non arrivarono nel salone di ricevimento “Ecco, stai buono qui e non muoverti.”

“Cosa mi prepari di buono?”

“Scegli tu.”

“Mmm.... sushi, strüdel,...”

“No, non van bene. Non li so cucinare! … Decido io. Ti accontenti della pasta.”

Veneziano non obiettò.

Rimase in silenzio finchè non sentì che Romano si era messo ai fornelli. Ascoltò il rumore delle pentole e delle stoviglie che cadevano. Ora che ci penso... mio fratello non ha mai cucinato per me. Anzi, non ha mai cucinato affatto. Il suono sordo di un getto d'acqua seguì un imprecazione poco nobile da parte di Romano Chissà che cos'ha oggi... è così strano...

Stropicciò le mani. Passò i palmi sui pantaloni. Si grattò la testa... poi il collo... poi il mento...

No, non riusciva proprio ad aspettare. Doveva farglielo notare assolutamente. Doveva dirglielo a tutti i costi. Corse in cucina agitando le braccia

“Fratellone! Fratellone! Credo di aver capito una cosa..!”

Romano si limitò ad ignorarlo, continuando a lavorare.

“...Credo che comunque Giappone non può essere una donna, perché non ha le tette! Ci ho ragionato a lungo.... ed effettivamente tutto in lui ricorda una ragazza. Ma non lo può essere! Se no si sarebbe chiamato Giappona... oppure Giapponia o... com'è il femminile di Giappone?”

Romano si era fermato un attimo ad ascoltarlo, poi Veneziano credette di sentirgli dire qualcosa del tipo: “Perchè? Perchè? Voglio morire anch'io...!”, interrotto da qualche singhiozzo teatrale.

Poi però, sembrò rifletterci, e si girò. Guardando fisso negli occhi il fratello, che in quel momento sembrava un po' dispiaciuto. Sorrise ed annunciò “Sei stato bravissimo. Non ti si può proprio fregare...! Grazie!”

“Per cosa?”

“Ehm... beh...  per aver risolto l'enigma di Giappone. Sai, io proprio  non ci arrivavo.”

Aveva un tono talmente gentile e tenero, che Veneziano pensò subito che lo stesse prendendo in giro. No. Oltre che gentile, il suo tono era anche terribilmente serio.

“Romano, sei sicuro di star...”

“E’ pronto nei piatti! Ti va il sugo?”

 

 

«Prendila! Prendila!»

Spagna l'ignorò totalmente. Prese una bottiglietta d'acqua da bordo campo e la stappò, versandosela tutta in testa.

«Ehi, dai prendi questa!» Ancora una volta Spagna non diede segno d'ascoltarlo. Fece un gesto atletico per togliersi la maglietta sudata e buttarla sul prato.

«Spagna!»

«Che c'è?!»

«Dai cazzo, gioca ancora un po'! Non puoi abbandonare la partita così! Mi lasci da solo con la palla in mano!»

Spagna si voltò senza rispondere. Camminò tentennando di tanto in tanto fino a raggiungere gli spalti deserti. Si sedette all'ombra e continuò a fissarlo in silenzio con uno sguardo saccente.

Romano lo fissava a sua volta. In piedi sotto il sole cocente, con la palla da calcio in mano ed uno sguardo stanco e deluso dipinto in volto.

Infine, si decise a raggiungerlo e a sederglisi accanto.

«Ma perché? Io non sono ancora stanco!»

«Romano, perché non vai a giocare con tuo fratello? Io non ce la faccio più.»

«Guarda! Guarda che cosa fa! Risponde ad una domanda con un'altra domanda!

Quanto mi stai sul cazzo. Ti sei rinscemunito? Mio fratello è una mezza sega, io voglio giocare con te!»

«Grazie» disse Spagna ridendo. Gli passò affettuosamente una mano nei capelli. Romano parve non gradire, e si scostò ringhiando. Poi però, ritornò di nuovo al suo fianco.

«Ma sai che sei proprio fortunato ad avere un fratello come Veneziano?» disse Spagna. Fece una pausa poi continuò «Il legame che c'è tra due fratelli è qualcosa di davvero speciale. Potete capirvi senza difficoltà, avete un mondo di segreti e sottintesi che nessuno potrà mai scoprire. Senza fare alcuno sforzo, anche se siete tenuti lontani per tanto tempo, alla fine saprete sempre se l'altro è felice o triste soltanto guardandolo di sfuggita.

Potete contare sull'appoggio dell'altro. Davanti a voi i problemi si dimezzano. Tu hai sempre una spalla pronta a sorreggerti, mentre noi dobbiamo fare sempre tutto da soli. Non sai quanto ti invidio...»

All'ultima frase, la voce di Spagna prese un tono profondamente malinconico.

Romano sembrò pensare a lungo prima di rispondere. E si sforzò perfino, a trovare le parole.

«La luna è fatta di formaggio. Di grana, per la precisione. E il grana è il formaggio italiano più buono. È Il Formaggio per eccellenza... non so se mi spiego, ma è come assaggiare le stelle.»

Spagna gli scoccò uno sguardo basito «Come?... il grana?»

«Massì,» disse Romano alquanto infastidito.

«Questo era il momento filosofico delle frasi profonde. Tu hai detto la tua, allora ho voluto dirne una anch'io.»

La motivazione dell'amico fece tornare subito di buon umore Spagna «E quella del grana doveva essere una frase profonda? Tsè… Per di più temo che ti debba anche ringraziare per lo sforzo...!»

«Mi pare ovvio.»

 

 

Romano strofinò le mani nello panno appeso alla parete della cucina.

Tirò un respiro profondo per riprendere fiato. Non si era mai impegnato così tanto nel lavorare. Si chiese se per suo fratello valesse davvero la pena.

Lo raggiunse in sala, che stava ancora dormendo della grossa, sprofondato in un mare di cuscini. Si sorprese a guardarlo con dolcezza.

Tutto quello di cui gli aveva parlato Spagna, del suo invidiato “amore fraterno”... tutti quei discorsi a cui non aveva mai dato alcun peso... in fondo, non erano poi così assurdi in momenti del genere.

 

 

Capitolo 1 - Fine

 

 

See ya,

07 Kengo

  
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