Parte
II – Il fiume
Lasciarsi
indietro il passato è scorrere, come il fiume.
Guardo il tram scomparire
tra le vie della città, mentre io
rimango fermo sul marciapiede, l’asfalto che, come un lingua infuocata,
ha
mangiato ogni cosa che gli sta intorno.
Cemento, catrame. È
artificiale, tutto questo. È come
l’attrezzatura di scena per una grande pièce teatrale: stupenda, creata
con
cura, ma finta. Rappresentazione del reale.
E io, del reale, necessito.
Inizio a camminare al
centro della strada, le macchine
sembrano essere scomparse tutte d’un tratto ed io vado avanti. Cammino.
Un
passo. Un altro passo. Un passo. Un altro passo.
Camminare è un po’ come
attendere, in fondo. Mi è sempre
piaciuto muovermi, sin da bambino; odiavo usare la macchina, preferivo
andare a
piedi, correre. Sentirmi vivo. Reale. Poi, con il tempo, ho imparato ad
apprezzare anche i mezzi di trasporto. Credo che sia per questo motivo
che ho cominciato
a prendere il tram.
Non c’è nessuno, in giro,
sembra tutto così estremamente
vuoto. D’un tratto, mi accorgo che l’asfalto non c’è più e nemmeno i
casermoni
in cemento armato. Dove sono? Com’è possibile che io non mi sia accorto
di dove
stavo andando? Ero troppo concentrato su me stesso per capire ciò che
stava
succedendo.
Alberi alti mi circondano,
come se fossero delle enormi e
vegetali guardie del corpo, sotto i miei piedi il terreno è fangoso ed
erboso. Sono
in un bosco. Non un bosco qualunque, ma uno di quelli che ti danno una
sensazione ineguagliabile di intimità e magia.
Continuo a camminare, ora
più lentamente, lanciando occhiate
qua e là, interessato come sono all’ambiente che mi circonda. Succede,
quando
ci si trova in un luogo nuovo, che ci si senta come un bambino alle
prese con
il suo primo giocattolo. Sorpresa, stupore, curiosità.
Il terreno diventa ripido,
ma io non mi fermo, perché sento di dover continuare.
Anche se
tutto sembra intimarmi di tornare all’asfalto, il mio cuore scalpita
per tutta
quella purezza, quella sincerità in mezzo ad un mondo di finzione. Come
si può
non rispondere al richiamo della natura?
Perché la vegetazione,
quella che crediamo sia come i sassi,
parla. Anzi, urla. Chiama con
un’insistenza senza pari, eppure la maggior parte della popolazione è
sorda.
Non la sente. Ma come si fa a non udirla? A me fa quasi venire
l’emicrania.
Sposto delicatamente una
pianta che mi intralcia il
passaggio – non voglio farle del male, dopotutto – e lo vedo.
Sta lì, a pochi passi da
me. Anche lui sta chiacchierando,
probabilmente con gli alberi seduti accanto a lui. È un vero e proprio
spettacolo, alla quale tutto il resto del bosco sembra assistere. La
foresta
sembra tacere di fronte a lui.
Lui, il
fiume. Il sovrano indiscusso della selva, con la sua maestosità e il
suo
scorrere, sempre e comunque, nonostante tutto il resto si fermi; non
importa se
gli alberi prendono fuoco: lui continua a correre, imperterrito.
Mi siedo sopra un masso
che dà sul ruscello. Mi tolgo le
scarpe e lascio che i miei piedi vengano bagnati dalla fresca acqua.
Rispondo
al richiamo della natura, sì.
«Non ti sei chiesto perché
non ci sono animali, in questo
bosco?» Alzo la testa. Sopra un albero rinsecchito, sta un piccolo gufo
dai
grossi occhi gialli. Ha l’aria fiera, incute timore, ma la sua voce è
simpatica, socievole.
«Sinceramente no.»
Ride, il gufo. Non sapevo
che potessero sorridere, ma, in
fondo, sono tante le cose che non conosco, quindi non devo stupirmi.
Sorrido
anche io e non so il perché, ma questo animaletto mi mette allegria,
con quei
suoi occhi sproporzionati.
«Poco tempo fa, vi è stato
un enorme incendio. Gli animali
sono fuggiti tutti. Non è rimasto nessuno.» Il suo tono si fa solenne.
«Gli
alberi piangevano disperati. La vegetazione era deturpata, sfigurata.
Molti
avevano perso i loro cari. E il fiume era rimasto solo.» Tengo gli
occhi fissi
sul piccolo volatile, sento che questa sua storia ha un senso profondo
ed
importante.
«Ora, però, è
ricresciuta.» affermo, guardandomi intorno:
gli alberi sono colmi di foglioline verdi e sotto di me l’erba struscia
sui
pantaloni. C’è di nuovo vita, qui. Lo vedo, lo sento.
«Credi che sarebbe potuta
rinascere se avessero continuato a
piangere le loro perdite? A leccarsi le ferite e ricordare malinconici
la loro
vita prima della catastrofe?» mi chiede l’animale, gli occhi gialli
fissi su di
me, in attesa di una risposta.
E allora capisco. «Sono
andati avanti. Come il fiume.»
Il mio amico sorride
soddisfatto e annuisce, rivolgendo la
sua attenzione al colosso che ci divide: il rio. Se la natura non
avesse
seguito l’esempio del fiume, adesso sarebbe nella stessa situazione
della donna
budino del tram, che continua a ricercarsi nel passato. E invece no, il
fiume
lascia indietro ciò che è stato e continua il suo cammino, lavando ogni
macchia
con la acqua linda e pura.
Il fiume non porta
rancore, non si attacca ai ricordi.
Il fiume è speranza. È
risurrezione.
Se solo la donna budino
potesse essere qui...
«E tu perché sei qui,
gufo?»
«Perché io non sono come
gli altri animali, scettici sul
fatto che questo bosco possa offrire loro cibo e riparo. Io ho dato una
seconda
possibilità alla foresta.»
Mi sembra chiaro ciò che
il mio amichetto stia cercando di
dirmi. Guardo la superficie cristallina del fiume e mi specchio in
esso: i miei
occhi sono sbiaditi dai fantasmi del mio passato, la mia anima è colma
di
cicatrici dovute agli eventi. E io, io continuo a vivere di questo
dolore,
crogiolandomi in esso.
Lasciarsi indietro il
passato è scorrere, come il fiume.
Lasciarsi indietro il
passato è provare, come il bosco.
Lasciarsi indietro il
passato è credere, come il gufo.
Lasciarsi indietro il
passato è vivere.
«Io sono vivo.» Mi accorgo
che il gufo è sparito, volato
chissà dove. So che il mio tempo, qui è terminato. Mi alzo.
E, mentre torno indietro
sui miei passi, do il mio saluto al
passato.
*
Angolo
Autrice
Carissimi lettori,
è con immenso piacere (e timore) che vi presento la seconda parte di questo viaggio (in tutti i sensi :P).
Spero vi sia piaciuto e lo abbiate capito, nonostante sia un po’ particolare. Che ne pensate del gufetto? :D
Non ho molto da dirvi, se non chiedervi di lasciare il vostro parere, perché per l’autrice è importante sapere cosa ne pensano i lettori della storia.
Un grande
abbraccio,
Eryca